Asilo
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“Merlino!
Quattro?”
Ginny piegò la pergamena
ricevuta da sua madre e sbuffò. Quattro proprio no. Quattro
era un numero
grandissimo. Era più della metà di una squadra di
Quidditch. Forse una classe
d’asilo. Com’era l’asilo adesso?
L’asilo era ancora come quando c’era andata
Lily? Dannazione, doveva informarsi.
Harry
guardava sua moglie brontolare
e andare avanti e indietro per la cucina. Cosa stava succedendo?
“Ginny, tesoro…” inziò,
alzandosi dal divano. “Tutto bene?”
“Sì, Harry…” La donna che
aveva sposato più di vent’anni prima, lo
guardò con uno sguardo strano. “Quanto
sono grandi le classi dell’asilo?” gli chiese.
Harry spalancò gli occhi.
L’asilo? “Come? Che intendi?” Ginny
scosse la testa, come per liquidarlo e andò
in bagno. A Harry non rimase che guardare la schiena della moglie
andarsene dal
salotto.
Ginny
si sedette sulla
tavoletta del water e rispiegò la pergamena della madre: le
aveva appena
comunicato che aveva sognato la nascita di quattro creature. Quattro! E
Ginny,
che aveva un ritardo del ciclo di cinque giorni, iniziava a
preoccuparsi. Sua
madre aveva indovinato tutte e tre le volte che Ginny era rimasta
incinta,
aveva sognato la nascita di Rose e quella di Lucy. Per Hugo e Fred,
invece
aveva avuto una visione. Dannazione! Non poteva essere. Si prese il
viso fra le
mani e sospirò.
Non si rese conto del
tempo che stava passando finché Harry non bussò
alla porta.
“Ginny…
Ginny, sicura che
vada tutto bene?”
Ginny era in bagno da
almeno venti minuti e Harry, che non aveva sentito più
nessun rumore, si stava
preoccupando.
Sua moglie aprì la porta di
scatto, lo prese per un braccio e lo tirò dentro il bagno,
chiudendo subito
dopo la porta.
“Stai bene?” Harry era
sempre più preoccupato: Ginny aveva delle brutte occhiaia e
il suo viso era
molto pallido.
“Sono incinta” sbottò lei.
“E sono quattro. Come una classe d’asilo
d’infanzia. Metà di una squadra di
Quidditch!”
Harry sbiancò in viso.
Quattro? “Una squadra di Quidditch è formata da
sette giocatori…” tentò di
spiegare il mago, confuso dalla situazione e dal ragionamento della
moglie.
Ginny
spalancò gli occhi e
le mani iniziarono a tremarle. Perché non capiva?
“Ho contato anche una
riserva! Chi sei, Hermione che deve sempre precisare tutto?”
“Come? Cosa c’entra
Hermione…” Il povero Harry non capiva.
Giustamente: era un uomo. Non poteva
proprio capire.
La strega sbuffò forte e
sospirò. Poi, come se si fosse sgonfiata improvvisamente, si
accasciò sul water.
Harry
si spaventò. “Ginny!
Ginny! Ti porto al San Mungo? Questa gravidanza…”
Harry sospirò sollevato e
Ginny si innervosì, alzandosi di colpo. “Ehi! Sei
contento? Non saresti
contento se…”
Sua moglie si accoccolò
sul suo petto e Harry la cullò come se fosse una bambina.
Pensò a qualcosa di
pratico e disse: “Spiegami tutto, sai che sono un
po’ duro a capire…”
Ginny
tirò su col naso e
si spostò dalla camicia del marito. “No, non sei
tu, scusami. Sono io che non
mi spiego bene…”
“Allora dimmi, ti
ascolto.”
Ginny iniziò a spiegare e
raccontò di avere un ritardo del ciclo di una settimana.
“Ma prendi la pozione
antigravidanza, no?” le chiese Harry, accarezzandole la testa
dolcemente.
“Sì, ma tre settimane fa
ho avuto l’influenza, ricordi? E ho vomitato…
può essere che abbia influito sul
normale corso della pozione?”
Harry
scosse le spalle.
Cosa ne sapeva lui? Era un Auror, mica un medimago! Ginny
sospirò ancora.
“Perché allora hai detto che sei incinta di
quattro bambini?”
La strega sospirò e tirò
fuori dalla tasca una pergamena piegata. “Mi ha scritto mia
mamma… Ha detto che
ha fatto un sogno…”
Oh, Merlino! Quando Molly
sognava qualcosa, tutte le donne della famiglia Weasley si radunavano e
ci
ricamavano su. Molly aveva sognato un unicorno viola a cavallo di una
scopa
volante? Voleva dire che il bambino che aspettava Angelina era un
maschio.
Molly aveva visto nel fondo del caffè una macchia a forma di
barca con tre
alberi? Il Jobberknoll della vicina di casa di Percy (a cui piaceva il
caffè),
avrebbe covato un nido con tre uova.
Harry non capiva come
facessero a capire queste cose, lui ci aveva provato e qualche volta
Ginny,
Angelina e Audrey avevano provato a spiegarglielo, ma lui non aveva
seguito i
loro ragionamenti. Solo Hermione era scettica su queste cose, anche se
quando
Molly le aveva detto che Rose sarebbe stata una bambina nata a maggio,
lei che
aveva la scadenza in aprile, era rimasta sorpresa e quindi non aveva
più detto
niente e qualche volta partecipava anche lei alle varie discussioni sui
sogni
di Molly.
Però quattro bambini erano
un po’ tanti. No? Magari si era sbagliata. Magari era uno
solo… O magari
nessuno.
“Non puoi fare uno di
quei… test… Quelli che hai fatto per James, Albus
o Lily?” le chiese allora.
Ginny
annuì: giusto,
doveva fare il test. “Dobbiamo andare a Dragon Alley a
prendere la pozione”.
Harry annuì e le disse che
sarebbe andato a prenderla per lei. Ginny pensò che fosse il
marito migliore
del mondo e gli sorrise.
Lui le disse di mettersi
sul divano e di preparare il tè, così appena
fosse tornato lo avrebbero preso
insieme e avrebbero fatto il test.
Ginny mise il bollitore
sulla stufa e Harry andò a prepararsi. Quando
uscì, Ginny si mise comoda sul
divano e aspettò il ritorno del marito.
Dopo un quarto d’ora Harry
non era ancora tornato e Ginny iniziò a innervosirsi. Quanto
ci voleva a
materializzarsi a Diagon Alley e tornare indietro? Guardò
ancora l’orologio e
sbuffò, spazientita. Si alzò in piedi e
camminò nervosamente avanti e indietro
un po’. Quando si rese conto di aver guardato due volte
l’orologio nel giro di
due minuti, prese pergamene e piume e decise di distrarsi.
Scrisse a Hermione,
parlando del più e del meno. Non voleva svelare
all’amica le sue paure e la sua
situazione prima di saperne qualcosa di più.
Dopo aver chiuso la busta
e averla affidata a Roota, la civetta di casa, guardò di
nuovo l’orologio e,
accorgendosi che Harry mancava da almeno quaranta minuti,
iniziò a valutare l’idea
di materializzarsi a Diagon Alley anche lei, quando Harry apparve in
salotto.
“Harry!”
esclamò Ginny,
vedendolo.
Harry si portò una mano
fra i capelli. “Scusa, Ginny, mi è scappata
l’ora…”
“Dove sei stato?” gli
chiese la moglie.
“Ho bevuto una burrobirra
con…” provò a iniziare Harry, ma Ginny
spalancò gli occhi e si innervosì.
“Io ti aspettavo a casa e
tu ti sei fermato al pub a bere una burrobirra?” Oh, oh.
Harry capì che messa
giù in quel modo non solo non andava bene, ma era anche
equivoca, la cosa.
“Ho incontrato…” cercò
ancora di scusarsi lui. Sapeva che se avesse spiegato a Ginny di aver
incontrato Draco Malfoy a Diagon Alley che aveva bisogno di sfogarsi
perché al
ministero gli avevano giocato un brutto tiro, lei lo avrebbe appoggiato
e gli
avrebbe detto di aver agito nel modo più giusto.
“Sarà stato un tuo collega,
ci scommetto la bacchetta!” Harry chiuse la bocca. Forse non
era il momento di
dirglielo? Effettivamente Draco era un suo collega. Lei dovette
leggergli in
faccia la risposta perché sbuffò girandosi e
alzando le braccia al soffitto.
“Almeno
sei andato in
farmacia?” Ginny sperava, almeno, che lui avesse fatto
l’unica cosa per cui era
andato a Diagon Alley.
Harry sorrise e le allungò
il sacchetto della farmacia. La strega lo aprì e
tirò fuori l’ampolla per la
pozione del test di gravidanza. Era un boccetto giallo, più
grande di quanto si
ricordasse, con il tappo in sughero e la piccola pergamena piegata e
legata con
un nastrino. Girò il vasetto e lesse le istruzioni.
Harry
vide il viso della
moglie corrugarsi e la sua bocca diventare una linea dritta, prima di
tornare a
guardarlo e dirgli: “Hai preso quello sbagliato! Questo ci
mette cinque ore a
dare il risultato!”
Il mago spalancò gli
occhi, un po’ preoccupato. Il farmacista gli aveva fatte
vedere diverse ampolle
e lui, che era in ritardo, aveva scelto di portare a casa quella che
costava
meno: non aveva fatto domande, pensava fossero tutte uguali…
“Hai preso quella più
economica!” lo accusò lei. Harry si
bloccò. Era vero, ma se lo avesse ammesso
lei si sarebbe arrabbiata ancora di più? Decise di stare
zitto.
Ginny
sbuffò rumorosamente
e si chiuse in bagno. Mai una volta che facesse qualcosa di giusto! Una
cosa
gli aveva detto di fare! Una sola! E lui che faceva? Sbagliava la
pozione! Ma
cosa doveva fare perché tutto andasse bene?
Guardò l’ampolla e poi
lesse bene le istruzioni. Chissà se era cambiato qualcosa
dall’ultima volta che
aveva fatto un test di gravidanza…
Lesse tutto e poi sospirò:
doveva solo aspettare di dover fare la pipì, poi avrebbe
fatto il test. Si
guardò allo specchio. Era ancora una giovane strega nel
fiore dei suoi anni,
alla fine, i suoi capelli avevano giusto qualche filo grigio fra le
ciocche
rosse, che lei copriva giustamente con pochi colpi di bacchetta e la
sua pelle
aveva qualche ruga. Continuò l’ispezione lungo il
suo corpo. Non era più così
snella come la prima volta che aveva cavalcato la scopa, ma non si era
appesantita, non era sformata e si sentiva ancora in forma, anche se
sapeva che
il suo modo di affrontare i problemi era cambiato parecchio nel corso
della
vita: non era più spericolata come quando frequentava
Hogwarts e il tempo aveva
dato un freno anche ad altre cose.
Sospirò e tornò a guardare
il boccetto che aveva in mano:
seguì le
istruzioni e versò metà del vasetto nel
contenitore. Ora doveva solo aspettare.
Lasciò tutto sul lavandino
e uscì dal bagno: Harry la stava aspettando in corridoio.
Quando
Ginny uscì dal
bagno aveva un espressione strana, secondo Harry, ma lui la conosceva
da così
tanto tempo che non disse niente e aspettò che fosse lei a
parlare.
“Aspettiamo cinque ore,
adesso.”
Harry annuì e rispose
solamente: “Preparo il tè”.
Mentre preparava il
bollitore Harry vide Ginny aggirarsi per il salotto, prima di sospirare
e
sedersi sul divano.
Appena il bollitore
fischiò, Harry riempì le tazze e mise due filtri
in infusione. Preparò zucchero
latte e limone e portò tutto in salotto, appoggiando il
vassoio sul tavolino
davanti al divano.
“Non ricordo quanti
bambini c’erano in classe con Lily quando andava
all’asilo…” disse Ginny, dopo
un po’, togliendo il filtro dalla sua tazza e facendolo
sgocciolare nel
piattino.
Harry non rispose niente:
come faceva a ricordarsi le classi dell’asilo? I suoi figli
andavano tutti a
Hogwarts!
“Quattro è un numero
strano comunque, Ginny. Dubito che siano molte gravidanze da quattro
gemelli…”
Ginny lo guardò senza dire
niente e poi aggiunse un po’ di zucchero al suo
tè. “Anche solamente uno
sarebbe tanto, adesso, Harry…”
Lui annuì: aveva ragione.
Un figlio in quel momento, dopo così tanto tempo dagli
altri…
“Ti ricordi quando James
ha spinto Albus giù dalle scale dentro alla cesta della
biancheria?”
Harry annuì ancora alla
domanda della moglie. I suoi figli erano stati un po’ vivaci.
Un po’ molto,
pensandoci. “E quando hanno lanciato Lily giù dal
balcone della tana per farla
volare?”
Ginny
spalancò gli occhi e
il respiro le si fermò in gola, come quando, richiamata
dall’abbaiare del cane,
era uscita in cortile e aveva visto il fagottino della figlia cadere
verso il
basso.
“Almeno le avevano legato
il lenzuolo sotto le ascelle, ricordi?” Ginny sorrise
malinconica, contenta che
quella volta Hermione avesse spiegato molto bene come funzionava il
paracadute
fra i babbani.
“Per
non parlare degli
attacchi di magia involontaria! Ricordi quando James, preso dalla
gelosia, ha
fatto sparire la scopa mentre facevo vedere ad Albus come si
cavalcava?” Poi,
un altro ricordo affiorò nella mente del mago. “E
quando Albus ha spaventato
Lily a Halloween e lei ha gridato così forte che sono
scoppiate tutte le uova
che erano sul tavolo in cucina?”
Harry vide Ginny ridere
con la mano davanti alla bocca. Sapeva cosa si stava ricordando:
avevano riso
tutti dello spavento della bambina e lei si era arrabbiata
così tanto che aveva
generato un eccesso di magia che aveva stravolto la cucina e fatto
scoppiare le
uova e le zucche. Dopo, mentre ripetevano in continuazione la formula
del
“Gratta e netta”, si erano divertiti molto meno, ma
quella storia veniva
raccontata ancora, ogni volta che si parlava della
permalosità di Lily (che
Harry diceva avesse preso da Ginny) o quando a Natale si raccontavano
aneddoti divertenti.
“Insomma,
siamo fortunati
che siano ancora in vita e non si siano uccisi da
piccoli…” disse Ginny dopo un
po’, bevendo un po’ di tè. Si
accarezzò la pancia e sospirò. “Non
penso, però,
di poterlo fare di nuovo…”
Harry
si avvicinò alla
moglie e appoggiò un braccio sulle spalle, sbirciando
l’orologio: mancavano tre
ore al risultato. “Siamo stati bravi. E vedrai, saremo bravi
anche con questo”
mormorò, vicino al suo orecchio e posando la mano sulla sua,
ancora adagiata
sul ventre.
Ginny appoggiò la testa
nell’incavo della sua spalla. “Ci sono stati anche
momenti belli,
effettivamente…”
Harry sorrise ai ricordi.
“Ricordi quando volevano far crescere i fiori in camera
nostra per il tuo
compleanno?”
Ginny rise. “Abbiamo fatto
evanescere terra fino allo svenimento, ricordi? Non sono riuscita a
dire
“Evanesco” per tre ore, dopo che avevamo finito di
pulire…” Si accoccolò meglio
fra le braccia del marito e continuò:
“Però ti ricordi che bello quando la
domenica mattina saltavano nel lettone svegliandoci? O quando ci
raccontavamo
storie di paura tutti e cinque sotto le coperte? I nostri figli sono
cresciuti
e fra un po’ se ne andranno per la loro strada. Cosa faremo
con un piccolo
mago? Prima eravamo giovani, con tanta forza in
più…” Una lacrima le scivolò
sulla guancia e subito la cacciò via: stava diventando
nostalgica come sua
madre e iniziava a sentirsi vecchia.
Harry
le accarezzò la
guancia, asciugandole la scia senza dire niente. “Non siamo
vecchi” disse,
leggendole nel pensiero. Quando la moglie tremò leggermente,
la strinse ancora.
“Mi piacerebbe avere un altro bambino. Siamo più
maturi, sì, ma non vuol dire
che non saremmo bravi comunque. E poi, se sarà da solo,
sarà più facile; siamo
in maggioranza ora: due contro uno!” disse scherzando e
facendo ridere Ginny.
“Avrà tre fratelli che lo
adoreranno e non saranno gelosi perché sono
grandi” iniziò a spiegare Harry.
“Magari ci aiuteranno” osò, ma vide
Ginny arricciare il naso sorridendo
dubbiosa. “Beh, almeno non tenteranno di lanciarlo in giro e
non attenteranno
alla sua vita!”
“Magari
questa volta non
sarà così vivace. Magari sarà un
bambino tranquillo che…” Ginny si
fermò:
com’erano i bambini tranquilli? Lei non lo sapeva proprio.
“Andrà tutto bene, te lo
prometto. Saremo bravi e ce la faremo” promise suo marito.
Ginny lo guardò con
gli occhi colmi d’amore e si sentì veramente
fortunata ad averlo accanto.
Quando l’orologio scoccò
le famose cinque ore, Ginny si rese conto che il tempo era volato.
Aveva
passato il tempo rimanente per la fine del risultato della pozione fra
le
braccia del marito, vicini, senza neanche baciarsi, tenuti insieme dai
ricordi
felici e dai pensieri positivi.
Si alzò e andò verso il
bagno: aprì la porta e subito dopo la stanza si
riempì di fumo. Fumo nero:
risposta negativa. Prese la bacchetta e fece evanescere la nebbia scura
con un
sospiro.
Strano a dirsi, ci aveva
quasi creduto e… sperato. Forse era giusto così.
Richiuse il boccetto e
riordinò sul lavandino.
“Mi dispiace…” La voce di
Harry riempì il silenzio e Ginny si voltò verso
di lui: le lacrime, copiose, le
rigavano il viso e la fecero singhiozzare.
Harry
coprì con due passi
la distanza che li separava e strinse la moglie in un abbraccio stretto
e
ristoratore. Non si rese conto di essersi commosso anche lui,
finché non vide
una piccola macchiolina scura sulla camicetta della moglie,
lì dove era caduta
la sua speranza.
“Ti ho fatto piangere
tantissimo, oggi” disse ancora, appena ebbe di nuovo
controllo sulla sua voce.
“Sei stato meraviglioso,
Harry. Non avrei potuto scegliere un marito migliore di te”
gli rispose lei.
Harry stava per dire
qualcosa di spiritoso sulle scelte, per sdrammatizzare la situazione,
ma Roota
entrò dalla finestra del salotto, si diresse verso di loro
battendo le ali a
gran velocità e si posò sul bordo del lavandino:
in bocca una busta che porse
alla strega. Harry aggrottò la fronte mentre Ginny si
sporgeva per prendere la
posta. A chi aveva scritto la moglie?
Ginny aprì la busta e poi
sorrise. “Hermione dice che la classe d’asilo di
Lily e Hugo era composta da
sei bambini, mentre in quella di Albus e Rose ce n’erano
cinque”.
“Visto? Ti sbagliavi”
disse, abbracciandola e chinandosi a darle un bacio sul collo.
Avrebbero potuto
far l’amore. Avrebbero anche potuto cercare un altro bambino.
Sarebbe stato
divertente provarci, pensò, mentre le slacciava il primo
bottone e le posava un
altro bacio lì in quel triangolino di pelle.
“Dice altro di
interessante?” chiese mentre con la lingua disegnava piccoli
cerchi sulla sua
pelle candida.
Ginny
gemette e cercò di
mettere a fuoco la lettera. Cos’altro diceva? Iniziava a far
fatica a leggere.
“Oh! Dice che la loro
gatta ha partorito quattro gattini oggi
pomeriggio…” Harry si tirò su e la
guardò negli occhi: pensarono tutti e due la stessa cosa.
“Usiamo
precauzioni”
dissero insieme e poi scoppiarono a ridere prima di riprendere a
baciarsi.