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Autore: Kiki87    02/08/2020    1 recensioni
Una giovane ragazza si trasferisce a Glasgow per concedersi un anno sabbatico, alla fine del suo percorso universitario, con la sua migliore amica. Qui incontrerà il suo amico di penna, nuovi amici ma, soprattutto, imparerà a conoscere se stessa. Perché se è vero che tutto è iniziato da un "sogno", Sara deve ancora imparare cosa sia davvero l'amore e come possa essere diverso da ciò che ha sempre immaginato.
La fanfiction è una revisione di un progetto omonimo del 2013: molti personaggi di Harry Potter sono stati sostituiti con quelli di Merlin e ci sono stati significativi cambiamenti anche nelle diverse storyline dei protagonisti.
CROSSOVER CON LA SEZIONE: "CAST DI HARRY POTTER".
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri, Bradley James, Katie McGrath, Nuovo personaggio, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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20
Spero che quando farai quel salto
non avrai paura della caduta.
Spero che quando la folla urlerà,
starà gridando il tuo nome.
Spero che se tutti correranno,
tu sceglierai di rimanere.
 
E spero che tu non soffra,
ma possa conservare il dolore.
 
Mi auguro di poter testimoniare
tutta la tua gioia e tutta la tua sofferenza,
ma finché non arriverà il mio momento,
dirò:
 
Io ho fatto tutto.
Ho posseduto ogni singolo istante
che questo mondo mi poteva donare.
Ho visto così tanti posti,
le cose che ho fatto.
Sì, le ossa rotte sono valse la pena,
giuro che ho vissuto.
 
I lived – One Republic[1]
 
“Non ho intenzione di andarmene fino a quando non avremo chiarito un paio di cose” aveva asserito Christian e l'intensità di quelle parole era confermata dal suo cipiglio corrugato.
Scese un silenzio attonito e confuso: era piuttosto evidente che fosse serio. Seppur mi avessero raccontato degli sguardi tutt'altro che amorevoli che si erano lanciati poche ore prima, non avrei mai immaginato che sarebbe giunto persino a casa di Amy e a quell'ora.
Fu Morgana a muovere un passo in sua direzione, dopo aver rivolto un'occhiata eloquente al cellulare che tenevo tra le mani. Annuii senza parlare: la brutta esperienza con Tom mi aveva insegnato a essere sempre vigile, soprattutto quando gli stati d'animo erano piuttosto “surriscaldati”.  “Scusa, Christian, ma non credo che sia né il luogo né il momento giusto”.
Lui sospirò e sembrò tornare lo stesso ragazzo garbato che gestiva amabilmente i clienti al pub. “Mi dispiace interrompere la vostra serata, ma oggi mi sono state rivolte delle critiche gravissime e infondate e non ho alcuna intenzione di sorvolare...
Scambiai uno sguardo con l'altra, domandandomi se fosse il caso di lasciarli soli o se dovessimo spostarci ma restare in allerta. Lui sembrò leggermi il pensiero perché scosse il capo. “Non c'è bisogno che vi allontaniate, visto che la vostra amica non si fa mai problemi ad accusarmi pubblicamente”.
“Va bene” sbottò Amy che era rimasta in silenzio fino a quel momento. Incrociò le braccia al petto, ma il suo sguardo era più che mai risoluto. “Sentiamo, che cosa avresti da dire?” lo sfidò.
Sembrava che il giovane fosse impaziente. Mosse contro di lei una serie di accuse e rinvangò gli episodi che lei stessa mi aveva raccontato dall'inizio delle loro diatribe, ben prima dell'estate. Fu come se avesse aperto il leggendario vaso di Pandora e stesse lasciando andare tutto, dalle piccole alle grandi recriminazioni.
“Sei una delle persone più maleducate e prepotenti che io abbia mai conosciuto!” esordì con voce distorta dalla rabbia. “Sostieni che mi fingo una brava persona, ma sei stata tu a iniziare tutto!” le ricordò con voce strozzata. “Mi hai praticamente costretto ad accettare il tuo passaggio e ci siamo schiantati contro un palo!”
Sospirai nel rendermi conto che non si era ancora ripreso dal brutto episodio. La mia amica mi aveva descritto quanto fosse stato difficile e spaventoso guidare con le strade sdrucciolevoli a causa dell'acquazzone che aveva fatto slittare l'auto fino all'impatto.  Lei stessa aveva avuto bisogno di diversi istanti per controllare il tremore e poter riavviare il motore e recarsi da un meccanico. In quel frangente lo avevo giudicato male per averla abbandonata in quella situazione.
L'accusata arrossì di sdegno e d’incredulità, strinse i pugni lungo i fianchi, ma tacque e lasciò che continuasse il suo monologo.
“Non sai guidare un'auto e non sai neppure gestire una bestiaccia al guinzaglio” alluse a Penny che sembrò quasi comprendere che si stesse parlando di lei perché s’irrigidì e lo fissò di traverso. Seppur fosse una labrador giocherellona e docile, sembrò captare la tensione ed ero certa che sarebbe stata la prima a scagliarsi contro di lui, se lo avesse percepito come una minaccia.
“Hai finito?” domandò Amy stizzita. Al suo brusco cenno di assenso, iniziò la sua argomentazione:
“Io non ti ho obbligato ad accettare il mio passaggio: per inciso volevo ricambiare una gentilezza, visto che mi avevi ritrovato il bracciale. E ho dovuto insistere semplicemente perché pensavo che fossi una persona normale e che stessi avendo delle remore! Inoltre eri già fradicio e il pub mi era di strada: solo cinque minuti e saresti arrivato!”
“Se non ci fossimo schiantati, vorrai dire!” evidenziò astioso.
“STAVA DILUVIANDO!” strillò lei. “Le strade erano bagnate, sarebbe potuto succedere a chiunque!”. Lasciò cadere le braccia sui fianchi in un gesto esasperato.
“Infatti” ribadii io, prendendo la parola per smorzare gli animi. “Amy voleva solo farti una cortesia: non ti avrebbe mai messo in pericolo volontariamente” cercai di farlo ragionare. Speravo che fosse disposto ad ammettere, a mente lucida, che stava esagerando e che certe situazioni sfuggivano al nostro controllo.
Non doveva succedere!” ribatté Christian con una tale foga nella voce che rimasi interdetta a fissarlo. “Non cercare di giustificarti o di sminuire quello che ho passato a causa tua!” la rimproverò e il suo volto, per un fugace istante, sembrò una maschera di dolore. Avevo la sensazione che non alludesse semplicemente a quell'episodio in sé.
La sua interlocutrice parve avere la stessa percezione, infatti inarcò le sopracciglia.  “Ma come diavolo farei a saperlo?!” protestò esasperata.  “Si può sapere che cosa nascondi?! Fammi capire!” lo spronò.
Il giovane si irrigidì e si passò una mano tra i capelli, prima di scuotere il capo. Sembrava che stesse sforzandosi di restare presente a quel momento e che la conversazione stesse prendendo una piega diversa da quella che aveva immaginato. “Non-cercare-di-psicanalizzarmi!” scandì con voce imperiosa, facendo irrigidire Penny.
“Lo vedi?!” ribatté l'altra con altrettanta foga. “Sei incapace di affrontare una discussione sincera: è ovvio che nascondi qualcosa! E forse è proprio per questo che sei tanto incazzato con me! Ma come posso difendermi se non mi dici il vero motivo del tuo comportamento?!”
Sembrò persino incupirsi maggiormente, ma avevo la sensazione che questa fosse un'involontaria conferma della supposizione di Amy. Sembrava l'unica spiegazione plausibile ai suoi repentini e improvvisi scatti di rabbia.
“Smettila!” le ordinò e sollevò le mani. “Sei anche paranoica per giunta!” la additò con finto divertimento. “Ce l'ho con te perché sei una pessima guidatrice e mi hai messo in pericolo!”.
Sospirai e incrociai lo sguardo di Morgana. Sarebbe stato impossibile giungere a una reale comprensione reciproca e all'eventuale riappacificazione se c'erano troppe cose in sospeso tra loro.
Amy emise un verso di frustrazione. “Una cosa la so per certo: sei uno psicopatico!” dichiarò. “Come puoi pretendere che le persone ti capiscano se non dici quello che pensi, eh?!”. Era una domanda retorica perché continuò: “Ma tanto per chiarire, è stata quella bestia di Satana ad aggredire la mia povera Penny e ho fatto tutto il possibile per trattenerla!”
Un sorriso increspò le labbra di Christian, ma non si estese agli occhi che rimasero gelidi e la sua voce grondò di sarcasmo. “Con risultati impressionanti!”
Lei lo ignorò e continuò la sua imbeccata. “Inoltre, mio caro gentiluomo dei miei stivali, smettila di fare la povera vittima innocente. Perché non parliamo di tutte le volte in cui tu mi hai provocato?!” Conoscevo abbastanza dei suoi trascorsi in Italia e in Scozia per sapere che aveva una memoria degna di un computer quando si trattava di ricordare i torti subiti. Prese a enumerare con le dita: “Hai riso alle mie spalle in palestra, hai inventato soprannomi odiosi ma, quel che è peggio, mi hai accusata di avere una tresca con Santiago! SANTIAGO! Che ha una compagna e una figlia!” rimarcò con voce strozzata per l'indignazione.
“Oh sì, il tuo amico si è difeso con foga, te lo assicuro” le fece notare Christian in tono sarcastico per poi guardarla con le sopracciglia ancora più aggrottate. “Ma voglio ricordarti che tu di certo, su questo punto, non sei tanto innocente: mi hai dato del misogino perché ho delle questioni in sospeso con te e persino del razzista per un equivoco così sciocco!”
Lei sembrò momentaneamente vacillare, dovendo forse ammettere che su questo punto avesse ragione e avendolo sentito dire poc'anzi anche da Morgana e da me.  Lui ne approfittò per riprendere la sua invettiva. “Adesso lascia che sia io a puntualizzare qualcosa. Sei stata tu la prima a farneticare sulla mia vita privata e sulla mia presunta relazione con Naomi[2], solo perché ha cominciato a frequentare il pub, dopo che le ho raccontato dove lavoro!”.
Amy sembrò voler intervenire, ma lui la interruppe: “E vogliamo parlare del fatto che ti sei ben guardata dal chiedermi se volessi un rimborso per le spese del veterinario? Adesso chi è che si finge beneducato?!”
Ma sei serio?!” gli domandò lei e ridacchiò con aria sarcastica. “Come avrei potuto sapere che il tuo mostriciattolo aveva bisogno di cure?! Ti ricordo che non eravamo più colleghi! Senza contare che è stato IL TUO CANE ad attaccare il mio!”.
“Non ne usciremo mai” commentai, sentendo pulsare la tempia.
“Solo perché sono ancora vestiti” ridacchiò Morgana ma, dopo un cenno d’intesa, ci facemmo avanti e ci frapponemmo fisicamente tra i due litiganti.
“Vi abbiamo lasciato sfogare abbastanza e mi sembra palese che così non arriverete da nessuna parte” illustrai in tono risoluto. Ma era come se fossi divenuta trasparente perché entrambi si muovevano lateralmente per continuare a fissarsi in modo torvo.
“Perché adesso non vi sedete e provate a comportarvi da adulti?” aggiunse Morgana con un sorriso serafico. “Magari smettendola di urlarvi addosso potrete riconoscere che entrambi avete sbagliato e scusarvi reciprocamente...
“Scusarmi?!” risposero all'unisono, guardandola come se fosse ammattita e, al contempo, sdegnati all'idea di dover cedere all'avversario.
Sospirai. “Se non siete intenzionati a riconoscere i vostri reciproci torti, continuerete solo a urlarvi per tutta la sera e francamente sarebbe solo una perdita di tempo per tutti i presenti”. 
“Esattamente” mi sostenne l'altra. “Senza contare che è nato tutto da un grosso equivoco che però non avete chiarito...” continuò. “Seriamente, Christian, perché sei ancora arrabbiato per l'incidente? Non è stato certamente voluto!”
“Io almeno non ho elemosinato soldi per il meccanico!” intervenne Amy con un sorriso sarcastico.
Lui rise beffardo. “Vorrei anche vedere: stavi guidando tu!” precisò. “Se poi lo si può definire così!”.
“Andiamo fuori e te lo dimostro: farò retromarcia sul tuo cadavere cinquanta volte!” gli propose ed io dovetti trattenermi dal ridere. “E comunque non lo abbiamo chiarito perché lui mente! Nasconde qualcosa, è ovvio!”.
“Sinceramente lo penso anche-”
Non riuscii a finire la frase perché il ragazzo le si rivolse nuovamente con furia: “Te l'ho già detto perché sono furioso. Non inventare cose assurde!”
Morgana levò gli occhi al cielo. “Ammesso che sia così e che tu abbia i tuoi motivi per non voler essere completamente sincero... perché non v’ignorate semplicemente?” domandò in tono ragionevole.
“E' davvero così importante ammettere di avere ragione o entrambi nascondete qualcosa?” domandai io. Rivolsi lo sguardo ad Amy: cominciavo a sospettare che non fosse stata del tutto onesta neppure con se stessa. Era come se, per qualche motivo, volessero restare aggrappati a quelle loro schermaglie e non riuscissero a passare oltre. Possibile che fosse solo per orgoglio?
“Non pensare a shondate o a complottismi: ho solo voluto vendicarmi!” mi rispose.
Scossi il capo. “Queste discussioni non fanno bene a nessuno dei due, credetemi. Starete meglio solo quando ammetterete i vostri errori e ripartirete da lì. Non dovete necessariamente diventare amici, ma almeno potreste avere un rapporto civile”.
“E' vero” convenne Christian dopo qualche istante. Sembrò essersi calmato e si strinse nelle spalle, ma guardò da me a Morgana, ignorando volutamente la nostra amica.
“Cioè?” gli chiesi interdetta. Non mi sembrava l'atteggiamento di chi fosse pronto ad accogliere il mio consiglio.
“Sto solo sprecando il mio tempo” ribatté, alludendo a quello che avevo detto poco prima. “E francamente non ne vale la pena” sibilò quelle ultime parole in direzione di Amy. “Per me finisce qui, purché tu stia alla larga da me, da ora in poi” le intimò.
“Volentieri!” replicò lei. “Ma comincia tu: sparisci subito da casa mia e non azzardarti mai più a tornare o ad avvicinarti a me! Altrimenti t’investo con l'auto!”
Christian aprì le braccia. “Stai tranquilla, non corri alcun rischio. Ho imparato la lezione dopo averti ridato quello stupido bracciale! E' la prima e l'ultima volta che cerco di essere gentile, sia mai mi ricapiti un'altra psicolabile del genere” commentò tra sé e sé con uno scuotimento del capo.
“E poi non saresti un misogino?” lo punzecchiò nuovamente. “Non hai la benché minima idea di come ci si comporti con una donna!”
Scosse il capo, indietreggiò verso la porta, senza smettere di guardarla. “Ma quale donna, sei solo una mocciosa petulante che alza la voce e pesta i piedi se le persone non l'assecondano!”
“FUORI DA QUI, VATTENE!” gli ordinò al culmine della collera, cercando di circumnavigare Morgana che la stava trattenendo per le spalle.
Sorrise con la stessa affabilità che mostrava al pub: “Molto volentieri, addio!”. Uscì rapidamente come era entrato e si premunì di sbattersi la porta alle spalle.
Lei scagliò la pantofola contro la superficie di legno con la stessa foga con cui Johanna Mason[3] avrebbe scagliato una scure contro un avversario nella lotta degli Hunger Games.  Aveva ancora le guance rosse, i capelli spettinati per la tensione e il respiro ansante. Ci mise qualche attimo per ricomporsi. “Non voglio mai più vederlo!” ruggì letteralmente.
Sospirai, ma una parte di me continuava a rimuginare sulla sua ipotesi: Christian stava omettendo volontariamente il vero motivo del suo rancore? Era anche una spiegazione a quella sua indole riservata e taciturna che negli ultimi tempi aveva lasciato intravedere un ragazzo impulsivo e irascibile? Scossi il capo. Forse solo il tempo avrebbe risposto a quella domanda. “E' paradossale ma andate d'accordo solo sul fatto di non voler andare d'accordo” le feci notare.
La mia coinquilina le rivolse un sorriso con uno scintillio complice dello sguardo: “Sai, non è una cosa del tutto negativa questa tensione che si è creata tra voi”.
“Cioè?” le domandò l'altra con espressione ancora scura in volto.
Ammiccò. “E' così che nascono le storie d'amore più appassionate”.
Lei arrossì e sgranò gli occhi, prima di urlarle: “Ma vaffanculo!” con voce acuta.
“Comunque in una cosa siete molto simili” commentai io nel porgerle nuovamente la sua calzatura. Al suo sguardo interrogativo le rivolsi un sorriso, quasi nel tentativo di stemperare la tensione.  “Sbattete le porte nello stesso modo alla fine di una disputa” ripetei candidamente. Avevo perso il conto del numero di volte in cui Amy avesse compiuto un gesto simile al pub, quasi fosse una “degna” conclusione di un'invettiva o di un moto rabbioso.
Morgana rise, ma lei strinse i pugni lungo i fianchi: “Vaffanculo anche a te!” mi strillò contro.
 
 
~
Il sogno delle tre porte era fastidiosamente ricorrente e trovavo particolarmente frustrante che persino nel mio inconscio avessi tante difficoltà a prendere una decisione definitiva. Sostavo in un “limbo”, nonostante sapessi che, nella vita, non esistevano scelte “corrette” o “sbagliate” in assoluto, ma era sempre una questione relativa e di cui non si poteva conoscere a priori le conseguenze. Quel “mese di prova” con Bradley, se non altro, aveva creato a una routine molto piacevole: la maggior parte del suo tempo libero, naturalmente, era dedicata allo studio dei copioni, ma mi piaceva guardarlo di sottecchi mentre tambureggiava con la matita sulle pagine o evidenziava le proprie battute. Di quando in quando sembrava reagire alla narrazione con un lieve corrugamento delle sopracciglia, ma non mancavano momenti nei quali le sue labbra si distendessero in un sorriso divertito.
Da parte mia, invece, non riuscivo a essere altrettanto ligia al dovere quel Sabato: avevo già abbandonato le teorie di Piaget e di Vygotskij[4] per quel giorno, ma in compenso avevo riaperto un vecchio file nel mio portatile e mi ero lasciata immergere dall'ispirazione. Mi riscossi al suono delle campane della Chiesa: era mezzogiorno. Abbassai lo schermo per lasciare il pc in standby e pensai a cosa potessi preparare per pranzo.
“Finito?” mi domandò il ragazzo dall'altra parte del tavolo.
Annuii e mi stiracchiai le braccia e il collo. “E tu?” domandai con un sorriso.
“Quasi” replicò. Sollevò gli occhi dal copione e notai lo sguardo vacuo, quasi stesse ponderando su qualcosa. Sembrò prendere una risoluzione perché sorrise tra sé e sé. “Avresti tempo per aiutarmi?”
“Certo” acconsentii incuriosita. “Vuoi che traduca in italiano i dialoghi?” domandai divertita. Ammiravo il suo impegno nel cercare di assimilare più parole possibili persino dai menù delle caffetterie, dai cartelli stradali o dai libri che lasciavo disseminati in giro.
“Immagino che tu conosca Simonetta Vespucci”.
“L'amante di Giuliano dei Medici, certo. Nonché la Musa di Botticelli” replicai rapidamente, richiamando alla memoria alcune nozioni scolastiche, oltre alle letture sul web che avevo fatto in quei giorni per rinfrescarmi la memoria, visto il suo coinvolgimento nella serie.
Annuì con un sorriso e come sempre ascoltò attentamente il suono dei nomi nella lingua originale. “Era una donna molto affascinante, coi capelli biondi e gli occhi blu” continuò in tono non molto casuale e mi scrutò in modo piuttosto eloquente. “Sei persino alta quanto Matilda”.
Alludeva naturalmente alla bellissima interprete, Matilda Lutz, che era stata scelta per il ruolo.
“Non avrei mai perdonato i miei genitori se fossi stata più bassa di lei” replicai in tono scherzoso, ma scuotendo il capo al paragone fin troppo lusinghiero per la sottoscritta.
Sorrise con il volto inclinato di un lato: “Che ne diresti di farne le veci in sua assenza? Ti andrebbe?”
Boccheggiai e sbattei le palpebre, sorpresa da quella richiesta particolare. “Ne avresti davvero bisogno o è per puro divertimento?”
“Non scherzo mai quando si tratta di recitazione e mi hai già dimostrato di avere un'ottima attitudine, ma naturalmente conto sulla tua discrezione nel non divulgare assolutamente nulla di quello che leggerai, nel caso accettassi”.
Dovetti ammettere a me stessa che era particolarmente allettante la prospettiva di poter vedere in anteprima alcune delle sequenze che lo coinvolgevano. Ancora più importante, tuttavia, era l'investimento di stima e di fiducia che stava dimostrando nei miei confronti e che mai avrei voluto infrangere.
“Ti do la mia parola” asserii dopo essermi fatta seria al riguardo. Non avrei detto nulla neppure alle mie amiche. Solo dopo aver visto le scene in onda, magari, avrei potuto alludere al fatto che le avessimo provate insieme. “Potrei essere arrugginita però”
Quella premessa parve divertirlo e inclinò il viso di un lato. “Mi offenderebbe l'idea che tu abbia dimenticato le mie eccellenti doti di insegnante”.
Sorrisi al ricordo di alcuni dei momenti più emozionanti che avevamo vissuto nell'ufficio di Lupin.  “Non potrei mai, neanche volendo”.
Ammiccò compiaciuto e mi raggiunse, mi porse il copione e mi mostrò le due scene di cui aveva già evidenziato e imparato le proprie battute. Erano due dialoghi piuttosto prossimi nella narrazione dell'episodio in questione: il primo si svolgeva durante una festa in cui Giuliano e Simonetta avrebbero intrattenuto uno scambio di opinioni piuttosto interessante sull'amore. Ciò che era intrigante non erano le riflessioni di per sé, ma lo spiraglio che si poteva intravedere della personalità del giovane rampollo. Il secondo, invece, aveva luogo nel laboratorio di Sandro Botticelli. Sorrisi alla caratterizzazione di Giuliano le cui maniere arroganti e allusive sembravano così distanti da Bradley. Il confronto più incalzante e ritmato e quel primo bacio quasi rubato, mi procurarono un brivido al pensiero ed ero certa che si sarebbero conquistati facilmente il favore degli spettatori. Non potei fare a meno di notare delle curiose analogie con i personaggi di Elisabeth e William e sembrò leggermi il pensiero perché sorrise.
“In fondo abbiamo già recitato simili dinamiche insieme e facevamo faville” mi ricordò e la sua voce vellutata mi suscitò un'improvvisa aritmia.
“Farò del mio meglio[5]”.
 
 
Era coinvolgente e appassionante il modo in cui, in pochi minuti, riusciva a impostare una sorta di "set" domestico che ci aiutasse nell'imbastire la scena. Si appoggiò con la schiena contro il tavolo della cucina (che doveva simulare la colonna del porticato dietro il quale era nascosto Giuliano) e ed esordì con la sua battuta. Sembrava in grado, nonostante fossero quasi due estranei, di riconoscerne il passo. O forse l'aveva seguita fino a quel momento con lo sguardo e aveva colto quei momenti clandestini in cui erano lontani da occhi e persone indiscrete.
"Amore eterno gronda dai loro occhi" disse con evidente asprezza.  Si staccò dal tavolo per superarmi, senza tuttavia guardarmi direttamente. "O è ciò che credono sia amore" concluse con una nota più profonda.  Camminò verso il soggiorno e lo seguii: lui si appoggiò allo stipite della porta ed io mi misi a pochi passi e gli domandai, realmente incuriosita: "Non credete nell'amore, Messer de' Medici?"
Solo allora mi concesse un'occhiata, pur restando con le braccia incrociate al petto in una postura quasi guardinga. Tornò subito dopo a guardare di fronte a sé: "E' solo una bella parola per descrivere alcuni impulsi meschini dell'uomo, desideri, gelosia..." lasciò la frase in sospeso e volse lo sguardo in mia direzione ma già i miei occhi erano puntati altrove. "... brama di possesso".
Simulai un verso ironico e lo fissai con un sorriso divertito: "Con voi i poeti rimarranno senza lavoro".  Aveva rivolto gli occhi alla mia mano e aveva allungato il braccio, me la sollevò e finse di studiare l'anello nuziale. "Questo è molto bello" indugiò con le dita a fingere di sfiorarne la pietra ed io l'allontanai di scatto. "E' un regalo... di mio marito". Calcai le ultime tre parole, prima di tornare a osservare dinanzi a me. 
"Allora, " incalzò lui, tornando a studiare il mio profilo, "tu ci credi nell'amore?" Non era una domanda sarcastica, Giuliano sembrava realmente incuriosito, quasi quella risposta potesse cambiare ogni cosa. Finsi di assumere un'espressione assorta e guardinga, ma tornai a incontrarne le iridi per un solo istante, senza rispondere, prima di sfuggirgli di nuovo. Quasi sostare in quel momento divenisse troppo rivelatore per entrambi. A quel punto della scena, Simonetta avrebbe notato il cenno del marito affinché la raggiungesse. "Perdonatemi"
Lui inarcò un sopracciglio, allungò il braccio verso le mani che tenevo strette tra loro in grembo e lasciai che sollevasse la sinistra che si portò alle labbra per un bacio con la naturalezza che mi aveva rivolto anche la sera del nostro primo incontro. "E' stato un piacere" mormorò, prima di appoggiare le labbra sul dorso. Finse di far scivolare l'anello nuziale ed io mi allontanai.
 
Gli rivolsi un applauso d’incoraggiamento e ridacchiai: “Credo che diventerà una delle mie scene preferite” gli confessai e inclinai il viso di un lato “Devo ammettere che ti dona quest'aura... cinica e misteriosa”.
Mi diede un buffetto sulla punta del naso. “Non nasconderò che interpretare personalità così diverse dalla mia sia parecchio avvincente”. Mi prese gentilmente di mano il copione e voltò qualche pagina prima di porgermelo nuovamente. “Che ne diresti, adesso, di provare una delle mie scene preferite?” alluse al secondo dialogo.
“Come sei romantico...” lo canzonai leggermente, prima di schiarirmi la gola e tornare a leggere lo scambio di battute. “D'accordo, dammi un paio di minuti”.
“Tutto il tempo che ti serve” approvò con un sorriso.
 
In assenza di un interprete per Sandro Botticelli che potesse aiutarci, esordii con questa battuta: “Perdonatemi, Maestro, mi hanno detto che avrei trovato qui Giuliano de' Medici" dissi in tono severo e stizzito. Lui si schiarì la gola e non sembrò affatto intimorito e neppure troppo sorpreso, ma io lo fissai con sdegno. "Devo parlarvi in privato".
Mi rivolse un sorriso impudente, inclinandosi verso sinistra e indicandomi un altro vano. Senza smettere di fissarlo con la stessa ira, lo superai. Attesi che mi si ponesse di fronte.  "Avete qualcosa che è mio: mio marito si accorgerà che è sparito" dissi in tono secco, anche di fronte a quel sorrisino beffardo.
"Non vorrei crearti fastidi, non sia mai". Di fronte al mio sguardo incredulo, finse di sfilarsi l'anello dalla sua mano destra e lo lasciò cadere sul palmo della mia. "Sandro dice che poserai per lui".
"Perché v’interessa?" lo interrogai con la stessa freddezza.
Dondolò la testa: "Lo convincerò a farmi posare con te”.
Prima ancora che finisse la frase, avevo sollevato la mano per schiaffeggiarlo con la stessa energia che avevo usato nei panni di Elisabeth, ma lui mi bloccò il braccio con una stretta decisa, seppur attento a non farmi male. Un sorriso leggero gli curvava ancora le belle labbra. Abbassò lo stesso arto e ne approfittò per trarmi a sé.
Avevo il pugno chiuso, le labbra leggermente dischiuse per la sorpresa che lui continuò a osservare come incantato e inebriato dalla tensione di quei momenti. Dovetti, non solo in virtù del copione che stavamo seguendo, cercare di mantenermi lucida, seppur gli rivolgesse uno sguardo spaventato e insieme turbato per le proprie emozioni che stava cercando di celare. "Siete come tutti gli altri" lo accusai con aria disgustata al pensiero.
Non si scompose, ma ricambiò il mio sguardo e parlò in un sussurro: "Ti sbagli, non lo sono affatto" sussurrò e cercò nuovamente di avvicinarmi, strappandomi un verso adirato, seppur non potessi distogliere gli occhi dai suoi. "Non è la maschera ad attrarmi... ma quello che c'è dietro" parlò in un soffio, senza smettere di fissarmi la bocca.
Eravamo a una distanza così ravvicinata da percepirne il profumo, il respiro caldo e da ricordare fin troppo bene che cosa avessi realmente provato al nostro primo bacio. Lentamente, senza smettere di osservarmi, quasi mi stesse sfidando e, al contempo, cercando un consenso, inclinò il volto di un lato e appoggiò le labbra alle mie. Socchiusi gli occhi solo per un breve secondo e dovetti ignorare i miei battiti incessanti e l'istinto di trarlo più vicino o di stringergli le braccia al collo e ricercare la solidità del suo corpo.
Mi staccai bruscamente, ignorarne lo sguardo ancora fisso su di me, e con un misto di turbamento e di rabbia finsi di allontanarmi.
 
Mi voltai con un sorriso, tornando alla realtà. “Non sta a me dirlo, ma è stato perfetto e... ” non riuscii a finire la frase perché lo sorpresi con lo stesso sguardo che Giuliano rivolgeva alla sua Simonetta. Non disse nulla ma, con un movimento fluido, mi cinse il fianco e mi attirò nuovamente a sé. Sulle labbra era increspato un sorriso insieme suadente e tenero: “Preferisco la conclusione dei nostri baci” mi disse a fior di labbra. Sorrisi nel suo bacio e mi lasciai attirare maggiormente al suo petto, lasciando cadere il copione ai nostri piedi per intrecciare le braccia al suo collo e trattenerlo.
“Mhm, dovrò chiedere a Matilda di contenersi” mi sussurrò all'orecchio con voce divertita e gli diedi un pizzicotto sul braccio a mo' di risposta, ridendo al suo verso di dolore. Non ero certamente indifferente alla bellezza dell'attrice che era stata scelta e non avevo dubbi che sullo schermo sarebbero stati una coppia d’incredibile fascino e carisma, ma non mi sarei neppure lasciata troppo suggestionare da un'istintiva gelosia. Si trattava pur sempre del suo lavoro e avrei fatto di tutto per sostenerlo. Ciò non toglieva che a quelle provocazioni, provassi a difendermi altrettanto giocosamente.
“Immagino di poter contare su di te per altre prove” mi domandò con sguardo furbo.
Annuii senza esitazione: era elettrizzante stargli vicino mentre muoveva quei primi passi verso la sua carriera ed era il minimo che potessi fare per ricambiare il sostegno che lui mi aveva dato costantemente, da quando era entrato nella mia vita. Gli rivolsi un sorriso sornione: “Purché non provi a baciarmi anche qualora mi chiedessi di interpretare un uomo”.
“Ci proverò” promise con voce ridente.
 
~
 
Nei giorni seguenti l'umore di Amy era piuttosto volubile: a tratti era letteralmente ossessionata da Christian e passava al vaglio tutte le possibili teorie, più o meno realistiche, sul suo “segreto”. In altri momenti, invece, si comportava come se non esistesse e non voleva neppure sentirlo menzionare. In ogni caso sembrava ben lungi dall'essergli completamente indifferente. Se non altro, anche spronata dall'esplicita richiesta di Riddle, nel pub non si erano più verificate liti e i due, molto semplicemente, sembravano concordi nel volersi ignorare.
Quella sera eravamo ospiti di Neville che aveva organizzato una cena per festeggiare il suo nuovo appartamento: grazie ai suoi risparmi e agli stipendi accumulati, era riuscito finalmente ad andare a vivere da solo. Non avevo mai visto Luna così raggiante e orgogliosa e chiunque li guardasse poteva solo asserire che erano una coppia affiatata e deliziosa.
I tavoli del buffet erano stati riccamente apparecchiati con prelibatezze e piatti della tradizione britannica ma, con mio grande sollievo, anche qualche ricercatezza italiana che ci aveva dedicato. L'atmosfera era molto piacevole: il nostro anfitrione aveva invitato molti colleghi del pub oltre a Morgana e a Sean.
Eravamo in attesa dei dessert e stavamo chiacchierando in piccoli gruppi: io ero insieme ad alcune colleghe e alle mie amiche.
“Che pecato che Bradlì non sci sia[6]” pigolò Gabrielle con aria dispiaciuta. “Lui adora la torta di mele di Neville”.
Risi al ricordo delle sue parole al riguardo. “Credimi, nessuno ne è più dispiaciuto di lui”.
E' felisce en Italie?” mi domandò e riportai loro qualche aneddoto che mi aveva raccontato nelle nostre video-chiamate.
Et toi, invesce, Emì?” le si rivolse con un sorriso. “Stai uscendo con qualcuno d’interessonte, adesso?” domandò curiosamente.
Assunse un'espressione piuttosto eloquente, prima di scuotere il capo. “No comment” borbottò e immaginai che stesse ancora rimuginando sull'ultima delusione. Naturalmente Morgana non aveva mancato di mostrarmi il profilo Instagram del suo ex, nonché lo scambio di messaggi incriminante.
“Pardon?” chiese la francese con aria confusa.
“Che cosa hai detto?!” scattò Amy, facendoci sussultare, prima di renderci conto che non stava parlando alla biondina. Solo allora mi accorsi che Christian si era avvicinato al tavolo alle nostre spalle per servirsi di qualche stuzzichino. Evidentemente, come accaduto al pub, aveva borbottato qualcosa a mezza voce e la mia amica aveva confermato un udito quasi bionico. Lui non reagì, intento a ignorarla bellamente.
“Sì, sto parlando a te, Coulson!” lo incalzò. “Allora? Dimmelo in faccia se hai il coraggio!”.
Morgana levò gli occhi al cielo: “Ecco che ricominciano” borbottò.
“Dai, Amy, lascia stare... ” cercai di farla tornare alla nostra conversazione.
“Oui, oui!” rimarcò Gabrielle. “Non ti asgitare, parliamo del tuo lavoro”.
Il ragazzo, da parte sua, con il piattino ancora tra le mani, le rivolse uno sguardo stoico e scosse il capo lentamente. “Se proprio lo vuoi sapere, Miss Paranoia, stavo solo esprimendo il mio sollievo, a nome della popolazione maschile”. Lo disse in tono così calmo che non sarebbe neppure sembrato offensivo senza quel finto sorriso cordiale.
“Ma come osi?!” strillò Amy che sembrò nuovamente dimentica di tutto il resto.
La mia coinquilina sollevò le mani per interromperli sul nascere: “Perché non vi prendete la camera da letto e la fate finita?” suggerì maliziosamente. “E non provate a negare che tra voi c'è quel tipo di tensione” commentò con la sua solita sagacia che fece sospirare me e ridacchiare Gabrielle.
Christian la guardò con faccia stralunata: “Ma chi la vuole questa?!” protestò in tono irriverente.
“Cafone!” ribatté la ragazza. “E poi chi vorrebbe te?!” ribatté e non potei darle torto se quella battuta infelice le aveva dato fastidio.
“Chi disprezza compra” intervenne Morgana. “E vale per entrambi!”
“Oui, oui!” aggiunse Gabrielle.
“Dovreste essere caute con questi commenti…” ribatté Christian amabilmente, guardandole entrambe. “La vostra amica è già incline ai film mentali. Sia mai che si convinca che sono anche uno stalker psicopatico che la provoca per avvicinarla” aggiunse in tono sarcastico.
"Sai che ti dico? Non ti sopporto più!” sbottò Amy.
La povera Susan sussultò per la foga della sua reazione e si allontanò dal nostro gruppetto. Vidi Sean sgranare gli occhi da lontano e avvicinarsi rapidamente.
“Non hai idea di quanto io rimpianga di averti dato quel maledetto passaggio! Sarebbe stato molto meglio se avessi avuto da sola l’incidente!” commentò in tono amareggiato e visibilmente stanco.
Un nervo vibrò sulla mascella di Christian. Scosse il capo, guardandola con riprovazione: “Non sai quello che stai dicendo, sta zitta!”  ringhiò le ultime parole.
No, non sto zitta!” esplose lei con voce ancora più acuta. “Sarebbe stato meglio morire che avere ancora a che fare con te!” aggiunse con una vena più “drammatica”, segno che fosse talmente arrabbiata da aver valicato ogni forma di razionalità.
La reazione del giovane mi parve un pericoloso déjà-vu: i suoi lineamenti si erano irrigiditi e gli occhi erano divenuti più foschi. Sembrava pronto a replicare ma non gliene fu dato il tempo.
“Che diavolo sta succedendo?!” ci giunse la voce alterata di Sean. Il suo sguardo si riempì di mero disappunto dopo essersi soffermato sui due contendenti. “Ora basta! Andatevene via, tutti e due!” ordinò in tono brusco.
Cosa?!” domandò Amy stordita.
“Non vi permetterò di rovinare questa serata a cui Neville ha dedicato tanto tempo e cura” alluse al padrone di casa che stava guardando la scena con espressione quasi mortificata. “Questa storia è andata avanti per le lunghe e francamente abbiamo avuto fin troppa pazienza!” continuò in tono esasperato. “O cominciate a comportarvi come adulti o eviteremo di invitarvi nelle nostre serate: via, fuori da qui!”.  Indicò la porta d’ingresso con un gesto imperioso.
La nostra amica sollevò il mento con aria risentita ma non replicò e si allontanò con le guance arrossate. Christian, invece, appoggiò di malagrazia il piatto sul tavolo e impugnò un coltello che conficcò, in un gesto repentino e brusco, contro una pila di tovaglioli di carta puliti, prima di uscire.
Neville aveva seguito la loro uscita con aria ancora più frastornata e perplessa, prima di parlare alla sua ragazza: “Non avevi detto che era questa la serata ideale e che Marte non interferiva con Saturno?!”
“E' la serata giusta” confermò con un sorriso. “Ma solo se guardi il disegno di insieme” aggiunse con aria misteriosa.
Morgana si sventolò la mano davanti al viso a dimostrazione del suo gradimento: “Ti ho già detto che ti trovo super eccitante quando ti arrabbi così?”
Sean sembrò doversi far forza per non sorridere compiaciuto, ma scosse brevemente il capo: “Scusami, Neville, ma qualcuno doveva prendere in mano la situazione e devo ammettere che non mi è dispiaciuto prendere l'iniziativa”.
“Te lo dicevo che era appagante intervenire e a ragione nella vita altrui” gli disse la sua ragazza con un sorriso complice.
Scosse il capo. “Domani proverò a parlare con lui. Sono anch’io persuaso che ci sia qualcosa che non vuole dirci e che ha collegato ad Amy” si rabbuiò con aria pensierosa. “Finché non si deciderà ad affrontare la verità, le cose non potranno che peggiorare ulteriormente”.
Annuii con altrettanta serietà. “Di te si fida e sono sicura che riuscirai a farlo ragionare... ” gli dissi a mo' d’incoraggiamento. Mi voltai verso Neville con un sorriso intenerito, notando quanto apparisse ancora spaesato, nonostante ci trovassimo in casa sua. Quella avrebbe dovuto essere la sua serata e avremmo dovuto fare del nostro meglio per tornare a un'atmosfera più festosa. “Non so voi, ma tutto questo parlare mi ha fatto tornare un bel languorino”.
“Oh sì!” ribatté con calore la biondina, stringendosi al suo braccio. “ Abbiamo bisogno dei tuoi dessert per ritrovare il sorriso!” trillò e gli baciò teneramente la guancia. 
“Ben detto...” approvò Morgana. “E che ne dite di alzare il volume della musica?”
 
La maggior parte degli invitati si stava già congedando ma alcuni di noi si erano trattenuti per aiutare a sparecchiare a ripulire la stanza.
“Niente, Amy ha il telefonato staccato” dissi, prima di rimettere il cellulare nella borsetta. 
“Meglio lasciarla sbollire in solitudine” commentò Morgana.
“Povero tristo figuro” aveva mormorato Luna tra sé e sé, mentre gettava le stoviglie e i piatti di plastica in un sacco della spazzatura, a pochi passi da noi.
Ci voltammo bruscamente in sua direzione per la sorpresa: “Cosa?!” le domandammo all'unisono.
Sembrò stralunata di fronte ai nostri sguardi avidi. “L'ho detto ad alta voce?” ci domandò quasi pigolando mentre, per la prima volta da che la conoscevo, sembrò arrossire d’imbarazzo. Emise una risatina nervosa. “Non fate caso a me, stavo solo pensando a un mio conoscente” farfugliò ma in modo poco credibile.
“Oh, no, non ce la darai a bere così facilmente!” intervenne Morgana che le artigliò il polso. “Sappiamo che c'è solo un tristo figuro in circolazione!”
Mi lasciai sfuggire un verso di sorpresa quando mi resi conto della coincidenza sospetta a cui non avevo mai prestato attenzione. “Hai cominciato a parlare del tristo figuro poco dopo che lui era stato assunto![7]
La moretta boccheggiò: “Vuoi dire che per tutto questo tempo tu sapevi che-”
“SCHHHH!” ci fece tacere e parve farsi più pallida e ansiosa, mentre ci guardava con occhi sgranati, nonostante fossimo appartate in un angolo del salotto. “Dovete giurarmi sulla vostra Carta del Cielo che non direte una parola ad Amy! Fatelo!” ci spronò, guardando dall'una all'altra.
“Giurare su cosa?” domandai io perplessa.
L'altra levò la mano come se si fosse trovata in un'aula di tribunale. “Giurerei anche su mia madre!” ribatté in tono pratico. “Quindi, confermi che io ho avuto ragione fin dal principio?!” le domandò con foga.
“E' davvero Christian?” chiesi esplicitamente, pur premunendomi di sussurrare.
Lei si guardò attorno prima di annuire, senza smettere di fissarci con aria solenne: “Sono seria, ragazze! Non dovete farne parola con nessuno, soprattutto coi diretti interessati!” si raccomandò vivamente. “Se lo faceste, rischiereste di spezzare il legame, ancora prima che possa formarsi”.
“Sempre che prima non si uccidano a vicenda” commentò Morgana con un sorrisino ironico.
“Lo ha avuto sotto agli occhi per così tanto tempo” dissi a metà tra il divertito e l'incredulo. Le parole di Luna, inoltre, non facevano che confermare il mio pensiero circa un inconfessato interesse della mia amica per Christian. Dopotutto, qualche mese prima, non si era persino infastidita dei modi leziosi di Emma nei suoi confronti?
“Con tutti i casi umani che ha collezionato, non posso biasimarla se questa infatuazione se la sia voluta tenere per sé” commentò la moretta. “Sarà divertente quando finalmente lo dovrà ammettere”.
Scossi il capo. “Il tuo altruismo è pari soltanto al tuo romanticismo” la canzonai.
“Sei tu quella dalle parole all'acqua di rose” replicò in italiano e con uno scrollo di spalle.
 
 
~
 
“Oh, di nuovo qui, mia cara?” mi salutò Silente in tono allegro e con una garbata strizzatina d'occhi.
Annuii con consapevolezza.  “Credo che sia giunto il momento di prendere una decisione”.
“Ti senti pronta?” mi domandò premuroso.
Non risposi immediatamente. Tornai a osservare le tre porte e ricordai le istruzioni che mi aveva dato: la prima mi avrebbe mostrato cosa sarebbe potuto accadere con Matteo, la seconda mi rilevava un presente alternativo con Tom e la terza mi avrebbe svelato l'estate alternativa con Bradley a Londra. Di fronte a me vi erano i dubbi che mi avevano tormentato e talvolta tenuta sveglia la notte, quando con la mera curiosità di ciò che avrebbe potuto essere, quando accompagnati dal rimpianto che ciò non fosse accaduto, quando al mero sollievo.
Additai il primo uscio. “Non posso modificare il mio passato o la vita di un'altra persona che ha preso le sue decisioni e affrontato le sue esperienze di vita: non sarebbe giusto”.
L'uomo assentì con un cenno del capo e mi invitò a continuare la mia riflessione.
“Ho ammesso più di una volta che avrei potuto innamorarmi realmente di Tom” sussurrai con lo sguardo fisso sulla seconda superficie. “Ma non sarebbe stato legittimo né per lui né per Emma e non sarebbe stato giusto per me: sarei stata schiacciata dal suo bisogno di affermarsi anche a mie spese e dubito che sarebbe stato pronto a spronarmi a lottare per il mio futuro. Almeno non in questa fase della sua vita” ammisi serenamente. Naturalmente auguravo a Tom, con tutto il cuore, di trovare la propria strada e una persona che potesse camminare al suo fianco. Non alle sue spalle e neppure di fronte a lui. Mi era sembrato, la sera dello spettacolo, di aver visto nel suo sguardo una nuova risolutezza e speravo che il tempo lo avrebbe aiutato a realizzarsi nella vita professionale e sentimentale.
“Molto bene” commentò alla fine del mio ragionamento. Congiunse le dita affusolate e mi rivolse un lungo sguardo. “Non resterebbe che una porta”.
“Per quanto le parole di Bradley mi sembrassero insopportabili quando le ha pronunciate, adesso sono abbastanza lucida da capire che cosa intendesse. Avrei continuato a vivere di fantasie, seguendo i suoi successi, ma scomparendo nella sua ombra. Forse con il tempo ci saremmo allontanati ed io lo avrei biasimato”. Era una prospettiva orribile il pensiero che l'affetto per una persona venisse corrotto dalla rabbia, dal risentimento o dalla sensazione di essere stati privati della propria individualità.
“Quale credi che sia la lezione nascosta?”
Sapevo che rispondere a quella domanda significava anche trovare “il senso” di questa narrazione onirica ricorrente.
“Credevo di dover scegliere una di queste alternative per avere il cuore sereno e per andare incontro al mio futuro, ma erano solo scuse per tergiversare. Non ho bisogno di selezionare uno di questi possibili destini per dirmi che devo farmi coraggio e rischiare, anche a costo di sbagliare” mormorai e lo guardai con una maggiore determinazione. “Non ho più intenzione di restare ferma e inerte”.
Il suo sguardo parve baluginare di approvazione. “Qual è dunque la tua decisione finale?”
“Non sceglierò nessuna di queste porte” dichiarai con un sorriso. “ Ritornerò alla mia vita”.
Mi scrutò a lungo e mi rivolse parole che, lo sapevo, avrei portato sempre con me: “Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere[8]”.
Annuii. “Continuerò a sognare, è nella mia natura,” replicai con un sorriso, “ma lascerò solo la testa tra le nuvole e terrò i piedi ben saldi a terra” L'ultimo anno di vita sembrava avermi impartito una lezione fondamentale: i sogni potevano essere un dolce rifugio dalla sofferenza del presente, uno stimolo per intraprendere un nuovo percorso. Avevano tuttavia un alone oscuro: si poteva correre il rischio di restarne ostaggio e preferirli alla realtà, tanto da lasciare che la vita scorresse senza mai cercare di crescere, ma restando fermi e limitandosi a sopravvivere.
“So di averlo già chiesto... ma tutto questo è reale?” gli domandai infine.
Si accarezzò la barba ma mi rivolse una strizzatina d'occhi indulgente. “Se anche non lo fosse, pensi che abbia realmente importanza?”
“Immagino di no, ma grazie lo stesso”. Mi congedai con un ultimo sorriso e un cenno del capo. Mi volsi e scoprii che le scale si stavano muovendo, mi aggrappai istintivamente alla ringhiera e sgranai gli occhi quando mi resi conto che la scalinata non conduceva più all'ingresso dell'Accademia. Vi era un giardino e un gazebo. Boccheggiai e sgranai gli occhi nel realizzare che tutto aveva avuto inizio proprio lì. Discesi gli scalini e mi avvicinai alla costruzione, quasi aspettandomi di percepire nuovamente uno scalpiccio di passi, una brezza improvvisa, una rosa abbandonata su una panchina. Niente di tutto questo. Aggrottai le sopracciglia e solo allora mi accorsi che avevo ancora addosso le mie vesti ordinarie.
“Sembri delusa, Milady”.
Il sorriso che mi affiorò alle labbra testimoniava tutt'altro stato d'animo, ma sgranai gli occhi quando lo vidi a pochi passi. Teneva tra le mani delle redini di un cavallo bianco che stava brucando l'erba pigramente. Mi avvicinai con un sorriso e allungai la mano a sfiorarne la criniera e il muso.
“Sei sempre stato tu?” domandai.
Inarcò le sopracciglia. “Non saprei, non sono io a scrivere il copione, ma te lo avevo detto che ero irresistibile con un cavallo bianco” ammiccò, prima di carezzarlo a sua volta.
“Sono pronta” mormorai dopo un lungo attimo di silenzio.
Incontrò nuovamente il mio sguardo e sorrise.
“Lo so”.
 
Mi svegliai con una risatina e mi presi qualche istante per rimuginare sui dettagli più particolari. Allungai il braccio verso il cellulare e notai che, oltre ai messaggi nella chat di gruppo con le ragazze, ve ne era uno di Bradley. Inarcai le sopracciglia nel leggerne l'ora mattutina, ma ne ricambiai l'augurio di una buona giornata e gli proposi di raggiungermi quella sera per cenare insieme. Mi aveva chiesto di andare in un ristorante, ma avevo insistito, invece, per cenare a casa e mi ero cimentata nella preparazione della sua adorata torta di mele, naturalmente dopo aver chiesto a Neville di inviarmi la sua ricetta e qualche trucco del mestiere. Lasciai che si rilassasse e che mi raccontasse della sua giornata sul set, condita di qualche aneddoto divertente sul cameratismo che si era creato tra lui e i colleghi, in modo particolare con Daniel Sharman e con Sebastian de Souza[9].
“So che non sarà buona quanto quella di Neville, ma spero che la gradirai comunque” mormorai, prima di mostrargli il dessert che ne fece letteralmente brillare gli occhi.
Inarcò le sopracciglia, tuttavia: “Ho la sensazione che tu debba dirmi qualcosa”.
“Nulla che riguardi un finto fidanzato, promesso” replicai scherzosamente.
Mise da parte la torta: “Sentiamo”.
“D'accordo” convenni con un sorriso più emozionato. Volevo che lui fosse il primo a saperlo, dopo quello che era accaduto. “Ho preso una decisione e posso assicurarti che non sono mai stata così sicura prima d'ora”.
Indugiò nel mio sguardo: “Non è ancora scaduto il mese” mi fece notare pur parlando in tono pacato. Sembrava persino più nervoso di me alla prospettiva e non potei fare a meno di sorridere.
“Sappiamo entrambi che ho passato troppo tempo a rimandare e non voglio lasciare la mia vita in sospeso ancora a lungo, per quanto queste ultime settimane siano state perfette” allusi a noi due.
Mi carezzò la mano, ma annuì. “Ti ascolto e questa volta davvero” mi promise solennemente.
“Prima di tutto voglio ringraziarti per avermi sempre incoraggiata e spronata, soprattutto quando non ero pronta ad ammettere di essere bloccata” mormorai.
Scosse il capo con un sorriso: “Te l'ho promesso: da me avrai solo la verità, anche quando è scomoda”.
Di fronte al suo cenno d’incoraggiamento, continuai. “Tornerò a Glasgow” mormorai. “Per quanto mi spezzi il cuore l'idea di separarci nuovamente, ho deciso di iscrivermi a un Master di letteratura e di scrittura creativa” gli dissi con la voce più tremula e il cuore quasi in gola. Non per il timore, ma per autentico entusiasmo alla prospettiva. “Mi finanzierò con i risparmi, i guadagni delle ripetizioni e magari un lavoro part-time al pub, se Riddle mi vorrà ancora con sé”.
Fu repentino il cambiamento sul suo volto: lo sguardo azzurro sembrava aver assunto una sfumatura più vivida e il sorriso ne aveva reso i lineamenti persino più belli e armonici. Si era sporto ad abbracciarmi con foga. “Ne sono felicissimo” mi confermò e anche la sua voce parve più rauca e altrettanto emozionata. Si scostò a guardarmi con una punta di divertimento. “Quindi ho buone speranze di leggere il finale?” mi domandò con un sorrisino allusivo che mi fece inarcare le sopracciglia. Ridacchiò. “Mi sono accorto che l'ispirazione è tornata, ma cercherò di non prendermene tutto il merito”. Aggiunse con aria insolente.
Lo guardai intensamente e ne sfiorai la gota. “Sì, ci sono delle ottime speranze” mormorai, ma sapevo che non mi stavo riferendo solo alla mia protagonista.
Era evidente che per lui fosse lo stesso, perché strinse la mia mano e annuì. “Che sono certo diventeranno realtà”.
 
~
 
Quella Domenica mattina non avevamo particolari programmi, quindi c'eravamo alzate con calma e stavamo ancora indugiando a fare colazione, quando bussarono alla porta.
“Sono io” si annunciò Amy, prima che potessimo interrogarci su chi potesse essere, dal momento che non attendevamo visitatori.
La facemmo accomodare in cucina e le offrimmo una tazza di the, mentre le raccontavamo brevemente di come si era conclusa la festa.
“E tu? Sei riuscita a dormire?” le domandai alla fine del resoconto.
Si strinse nelle spalle, ma con sguardo rabbuiato. “Alla fine sì” dichiarò in tono secco. “Ma mi aspetto delle scuse da parte del tuo ragazzo” aggiunse in direzione di Morgana.
Quest'ultima le scoccò un'occhiata tutt'altro che colpevole, mentre si portava la tazza alle labbra e si gustava l'ennesima sorsata. “Adoro quando si arrabbia in quel modo” commentò in tono suadente. “Comunque devi essere obiettiva: vi stavate rendendo ridicoli e stavate guastando l'atmosfera della serata”.
Alla menzione si lasciò sfuggire un sospiro: “Ho già telefonato a Neville per scusarmi” ci rivelò, prima di tornare a guardare la moretta con aria stizzita. “Ma, tanto per essere chiari, tutto questo non sarebbe successo se Sean non avesse cominciato a coinvolgerlo in tutto”.
L'altra non si scompose ma inarcò le sopracciglia in un'espressione scettica. “Sarebbe colpa del mio ragazzo se non riuscite a ignorarvi? Prenditela con le tue ovaie piuttosto”.
“Non ricominciare!” l'ammonì con aria minacciosa.
“Stai facendo tutto da sola” ribatté Morgana, sollevando le spalle. “E poi...” non finì la frase perché il suo cellulare iniziò a vibrare e indicò il chiamante. “Lupus in fabula” sorrise prima di rispondere in modo caloroso. 
“Sì, è qui con noi” la sentimmo dire. “Perché?” lo incalzò, ma la risposta di Sean fu breve. “D'accordo, vengo ad aprire”.
“A quanto pare le scuse arriveranno prima del previsto” gongolò Amy in tono compiaciuto, ma il verso ironico che si lasciò sfuggire Morgana sembrava affermare il contrario. La seguimmo nel soggiorno e attendemmo l'arrivo di Sean.
“Buongiorno” ci salutò tutte con un sorriso e baciò la guancia di Morgana. “Scusate il disturbo, ma la questione deve essere risolta con una certa urgenza”.
“Assolutamente!” rimarcò la moretta. “Prego, Christian, accomodati” lo invitò, dopo aver lanciato un sorriso soddisfatto in direzione di Amy che sbiancò e arrossì nell'arco di pochi secondi.
Il ragazzo sulla soglia era tutt'altro che rilassato: sembrava persino più pallido del solito mentre ci rivolgeva un cenno di saluto, prima di soffermarsi sulla nostra amica.
“Christian ed io dovremmo parlarti” annunciò Sean.
“Sul serio?” domandò lei con espressione sospettosa. Incrociò le braccia al petto e rivolse uno sguardo penetrante al suo contendente. Quest'ultimo sospirò, ma la guardò intensamente prima di annuire.
“Possiamo usare la camera di Morgana” suggerì Sean.
“Prego, dopo di voi” fece strada e accese la luce.
“Grazie” le sorrise Sean che entrò per ultimo. La baciò brevemente e si chiuse la porta alle spalle con decisione, facendola cozzare contro la stessa.
Dovetti ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non scoppiare a ridere di fronte alla sua faccia sconvolta e scandalizzata. Indicò la stanza, con gli occhi sgranati: “M-Ma ti rendi conto?!” farfugliò con voce strozzata.
“Se avessero voluto pubblico sarebbero rimasti qua” le feci notare in tono ragionevole, prima di indicare la cucina. “Andiamo, ti offro un po' dei miei biscotti per riprenderti”.
“Questa me la paga” sancì con aria puerile, superandomi e camminando in rapide falcate.
 
Erano passati pochi minuti, ma continuava a fissare la porta che dava verso il soggiorno e, dopo aver addentato un altro biscotto, sbuffò con aria polemica. “Non capisco perché si siano isolati!” borbottò risentita. “In fondo Sean è il mio ragazzo e lei è nostra amica: ovviamente lo verremo comunque a scoprire a breve.  Tanto valeva includerci nella conversazione... e poi è la mia stanza!” ripeté per l'ennesima volta come se quel dettaglio fosse fondamentale.
Seppur a mia volta stessi morendo di curiosità, le scoccai un'occhiatina ironica: “So che per te il concetto di privacy è ancora un mistero, ma le persone discrete amano avere i loro spazi, soprattutto se si tratta di una questione privata. E dalla faccia di Christian sono pronta a giurare che sia così”.
“Lo so che stai smaniando anche tu!” mi incalzò quasi infastidita dal mio aplomb.
“E' vero” confermai tranquillamente. “Ma capisco che per Christian sia già difficile così, figurarsi con altre persone” cercai di farla ragionare.
Risi dopo qualche istante.
“Che c'è?” mi domandò.
“Sean è sempre stato così pieno di scrupoli quando si trattava di me e di Tom” ricordai con affetto. “E guardalo adesso: si ritrova a fare da moderatore tra quei due. E' evidente che hai avuto una grande influenza su di lui” convenni.
Quelle parole parvero addolcirla e farla sorridere con un misto di orgoglio e di tenerezza. Sembrò in procinto di aggiungere qualcosa, quando sentimmo l'uscio schiudersi. In sincronia, ci alzammo e andammo da loro. Sembrava che la conversazione fosse stata piuttosto intensa perché tutti e tre erano piuttosto seri, Christian sembrava stremato e Amy frastornata.
“Christian, possiamo offrirti un caffè?” fu Morgana a rompere gli indugi.
Quasi richiamato dalla sua voce, il giovane le rivolse lo sguardo e scosse il capo: “Devo andare, scusate per il disturbo e buona domenica” si congedò, dopo aver stiracchiato un sorriso, ma i suoi lineamenti erano ancora piuttosto tesi.
“Anche a te” lo congedai a mia volta.
Morgana chiuse l'uscio, attese qualche istante per precauzione e si volse agli altri due con le mani sui fianchi: “Qualcuno si degna di dirci qualcosa?”
Amy neppure la guardò ma si diresse verso l'attaccapanni e s’infilò la giacca: “Vado anch'io” annunciò.
“Va tutto bene?” le domandai io, notando quanto apparisse ancora scossa. “Sei sicura di riuscire a guidare? Puoi restare ancora un po' se vuoi” le proposi, anche se non sarebbe stato facile trattenere Morgana dal farle un interrogatorio.
Scosse il capo. “Credo che andrò a fare una passeggiata: ho bisogno di prendere aria” borbottò e si affrettò a uscire.
Ci voltammo verso Sean che ci rivolse un sorriso sbarazzino: “Potrei averlo io quel caffè?”
 
“Allora?!” lo incalzò Morgana, seduta al suo fianco. Aveva resistito circa cinque minuti.
Lui svuotò la tazzina e sospirò. “Christian si è scusato sinceramente del suo comportamento e ha chiarito 'origine della sua ostilità, questo era fondamentale perché si chiarissero” spiegò semplicemente.
Tutto qui?!” domandò lei in tono stizzito. Lo guardò offesa e incrociò le braccia al petto: “Io ti racconto sempre tutto quando succede qualcosa del genere!” gli fece notare.
“Sì” le concesse lui con un sorrisino ironico. “Se prima non sono stati gli altri a supplicarmi di provare a contenerti” le rispose con la tipica compostezza che mi strappò un sorriso, nonostante tutto.
“Bene” incassò la frecciatina, pur rivolgendogli uno sguardo di sbieco. “Non te lo chiederò di nuovo: tanto ce lo racconterà Amy, quando si sentirà pronta” ribatté con il mento sollevato.
Lui si dichiarò dubbioso: “Non ne sarei così sicuro: non è un suo segreto”.
La mia amica emise un verso esasperato: “Così mi distruggi!” gemette.
“Eri sincero, prima?” gli domandai io, cercando una rassicurazione, ma senza metterlo in difficoltà. “Pensi che potranno appianare le cose, dopo quello che si sono detti?”
Lui ricambiò il mio sguardo, ma non sembrò indugiare e tanto meno cambiare opinione. “Ne sono sicuro: Amy ha solo bisogno di assimilare, ma l'atmosfera tra loro è decisamente più distesa” ribadì con profonda convinzione.
“Questo è l'importante” commentai e mi sentii più sollevata.
“Parla per te” borbottò Morgana che sembrava ancora crucciata, come se le fosse stato fatto un torto personale. “Prima o poi lo scoprirò, con o senza la collaborazione dei diretti interessati”.
 
 
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La scena sembrava incredibilmente familiare e al contempo diversa. Avevo già effettuato il check-in e stavo solo attendendo che venisse annunciato il mio volo, ma sarebbe stata questione di minuti. Sospirai e allungai le braccia al suo collo. Sentivo il cuore pesante all'idea di ciò che stava per accadere. “Sta diventando una spiacevole abitudine quella di salutarsi”.
“Lo so” mormorò, dopo avermi scostato una ciocca di capelli. “Almeno adesso siamo pari, visto che sarò io a guardarti andar via” replicò con una nota scherzosa che riuscì a farmi sorridere. “E spero che tu non abbia bisogno di ulteriori conferme sul fatto che non sia un addio”.
Annuii. “Immagino che questo sia il momento ideale per dirti che potrei aver lasciato delle bozze nuove nella tua stanza d'albergo” lo informai e gli svelai il “nascondiglio” che avevo usato.
Sorrise con espressione soddisfatta: “Non vedo l'ora di darmi alla lettura”.
“Sono in italiano però” lo ammonii e risi del suo verso d’incredulità. “Non ho dimenticato la tua determinazione a imparare la lingua”.
Sospirò. “Crudele ma giusto” commentò, prima di sorridermi con un baluginio più dolce nello sguardo. “Ho anche io qualcosa per te”.
“I copioni di tutta la seconda stagione dei Medici?” azzardai a chiedergli in tono febbrile. “Perché non abbiamo provato molte scene insieme”.
Scosse il capo, dopo aver ridacchiato. “Qualcosa di meglio, o almeno spero”. Estrasse dalla giacca una scatolina rettangolare di velluto. Inarcai le sopracciglia, ma la presi e la dischiusi: sgranai gli occhi e sentii un verso d'emozione sgorgarmi dalle labbra. Una catenina simile alla sua, ma sul cui ciondolo era impresso un simbolo inedito: una spada e una penna stilografica intrecciate. Sembravano una versione “moderna” di un blasone antico.
“Mio Dio, è bellissimo” sussurrai, accarezzandone la superficie e studiandolo per qualche istante. “E se invece avessi davvero deciso di fare l'insegnante?” lo punzecchiai.
“Potrei avere preso un altro ciondolo di scorta” rispose di getto, ma rise alla mia occhiata incredula. “Sto scherzando” mi informò, prima di indicarmi il regalo. “Voltalo” mi incoraggiò.
Vi erano alcune parole vergate in una calligrafia elegante e le lessi: “A dream becomes a goal when action is taken towards its achievement”. Avrebbe potuto tradursi in: “Un sogno diventa un obiettivo quando s’intraprende un'azione per il suo raggiungimento”.
“E' perfetto” mormorai con voce tremula e lasciai che me l'allacciasse al collo. Sarebbe stato un souvenir e, al contempo, una fonte di motivazione continua, soprattutto nei momenti di nostalgia o di fronte ai primi ostacoli.
“E' quello che stai facendo” alluse a sua volta alla citazione. “E non potrei esserne più fiero”.
Sospirai quando l'altoparlante annunciò il mio volo e mi sollevai sulle punte a baciarlo.
“Grazie” mormorai al suo orecchio e lo strinsi con foga. “Di tutto quanto”.
Mi strinse a sé più intensamente, salvo divincolarsi con un sorriso più amaro. “Vai...” mi incoraggiò.
“A presto” sussurrai, gli diedi un ultimo rapido bacio e mi misi in fila. Nonostante la malinconia, questa volta non avevo alcun dubbio che sarebbe stata una separazione solo temporanea.
 
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Inspirai ed espirai profondamente, prima di socchiudere gli occhi. Il mio cuore non voleva smettere di scalpitare rapidamente, ma era un piacevole nervosismo. Accarezzai il monile che mi pendeva dal collo, come ogni volta che mi sentivo in preda a quel tipo di emozione.
Percepii un profumo familiare e mi sentii avvolgere dalle braccia del giovane che mi cinse da dietro, inducendomi ad appoggiarmi al suo petto. Ne sentivo il battito regolare contro la mia schiena. “Rilassati” mi suggerì, dondolandomi appena.
Risi. “Mi sembrava di avertelo già detto: questo tipo di attenzioni non sono ideali per tranquillizzarsi, non che me ne stia lamentando” precisai. Inclinai il busto di un lato per riuscire a scorgerne il sorrisetto compiaciuto.
“Sempre lieto di averne conferma, Milady” ammiccò, prima di sfilarmi gentilmente dalle mani il libro. “Come disse Shakespeare, quel che è fatto è fatto[10]” mi ripeté, muovendo il volume con un sorriso allusivo. Lo schiuse e lasciò vagare lo sguardo sulle pagine, prima di indugiare sul retro e sulla fotografia che personalmente detestavo (non che fosse una novità per me) per poi sfiorare il titolo inciso sulla copertina.
Once upon a dream.
“Devi ancora scrivere una dedica speciale sulla mia copia” mi ricordò con un sorriso vispo.
“Lo sai che le parole hanno bisogno d’ispirazione” risposi, prima di riprenderne la copia e continuare a sfogliarla, quasi cercando un errore di punteggiatura, la ripetizione di una parola nella stessa pagina o una scena che avrei potuto omettere, descrivere con più dettagli o, al contrario, riassumere.
Andrà tutto bene...” ripeté in italiano e sorrisi a quel suo modo di gesticolare notevolmente più marcato rispetto a quando c'eravamo conosciuti.  Non finiva mai di sorprendermi quel suo desiderio di assimilare anche quegli aspetti più curiosi e peculiari della mia cultura.
Ora posso crederci” risposi nella mia lingua madre. “Se non venisse nessuno?” mi chiesi con un sospiro e mi mordicchiai il labbro. “Voglio dire, a parte i nostri amici”.
“Potrei pagare qualche passante per occupare le sedie” mi punzecchiò.
Non feci in tempo a trovare una risposta ironica perché la Miss Pince[11] mi informò che eravamo quasi pronti a cominciare e che avrei dovuto raggiungerla alla postazione che mi era stata assegnata.
“Buona fortuna” mi sussurrò Bradley, lasciandomi un bacio e si affrettò a raggiungere una delle sedie lasciate libere da Morgana che si era assicurata dei posti in prima fila.
La direttrice della libreria aveva esordito con una breve sinossi del racconto ed era stata la prima a rivolgermi alcune delle domande che mi aspettavo: quando era nata la mia passione per la scrittura, quale era stata la mia fonte d’ispirazione, se vi erano caratteristiche dei protagonisti che richiamavano le mie e quelle dei miei cari. Mi ero permessa di indugiare qualche minuto nel fornire una risposta esaustiva, poiché avevo diversi aneddoti che potevo raccontare e che riguardavano anche il coinvolgimento indiretto delle mie amiche che mi fornivano sprazzi di quotidianità che potevo “reinterpretare” nel contesto della narrazione.
Naturalmente mi fu anche chiesto se avessi già delle idee in serbo per futuri progetti, dopo quell'esordio nel mondo dell'editoria. A quel punto aveva lasciato la parola alle persone che si erano raccolte: avevo osservato i miei amici e Morgana mi aveva fatto cenno di continuare a sorridere, Sean mi aveva rivolto un cenno di assenso, promettendomi che avrebbe posto uno dei quesiti che avevamo concordato, nel caso fosse sceso un silenzio imbarazzante. Ci furono, tuttavia, dei quesiti interessanti da parte di una ragazza che aveva già letto il tutto e di una che era in procinto di comprarlo.
“Abbiamo tempo per un'ultima domanda” illustrò Miss Pince. “E sembra che provenga da una giovanissima lettrice” alluse a una bambina seduta all'ultima fila. Aveva allungato il braccino verso l'alto, come se si trovasse a scuola seppur dall'aspetto dovesse avere circa quattro anni. Aveva i capelli scuri, le guance paffute e un sorriso gioioso. Parlò con vocetta acuta ma con grande spigliatezza. “Ti piacerebbe se il tuo libro diventasse uno...” sembrò cincischiare con la gonna, evidentemente cercando di ricordare una parola in particolare, prima di sorridere. “Spettacolo?”
Sorrisi. “Sinceramente non ci ho mai pensato, anche se mi viene spesso fatto notare che dovrei imparare a essere più ambiziosa... ma credo che sia il sogno di tutti vedere realizzare concretamente qualcosa che si è creato. Quindi sì, certo, ne sarei onorata”.
La piccola non sembrava aver capito molto delle mie parole, ma sorrise con evidente entusiasmo: “Allora lo dico al mio papà!” mi promise in tono solenne, strappando una risata intenerita e sorpresa da parte di tutti gli avventori.
Lasciai che la direttrice congedasse i presenti e a mia volta porsi dei ringraziamenti, ma continuavo a osservare la giovanissima spettatrice: qualcosa nei suoi lineamenti mi era familiare, seppur faticassi a capirne il motivo. La risposta arrivò quando mi sentii chiamare per nome da una voce che apparteneva al mio passato, ma non troppo lontano. Fui presa da un moto di sorpresa e di commozione di fronte all'uomo che la teneva in braccio.
“L'ho detto al papà!” mi confermò con un gran sorriso.
L'uomo annuì dopo averle stampato un bacio sulla guancia e mi rivolse un sorriso insieme orgoglioso e gioioso. “Ciao Sarah, è un piacere rivederti”.
“Professor Lupin!” lo richiamai con voce commossa, usando lo stesso appellativo, anche se erano passati anni da quando avevamo lavorato insieme. Lo abbracciai brevemente, attenta a non farlo sbilanciare con la figlia tra le braccia. “Che bellissima sorpresa!”
“Mai quanto la mia quando il Professor Silente mi ha regalato questo libro” commentò con calore e il riferimento all'uomo mi fece sorridere con maggiore tenerezza. Non mancavo mai, almeno in occasione delle feste, di fare una telefonata di auguri o di inviare qualche leccornia in Accademia. “A questo proposito, mi ha chiesto di porgerti i suoi calorosi saluti, sarebbe venuto di persona se non fosse stato impegnato con gli esami di fine anno”.
“E' una delle sorprese più belle che potessi farmi ed è stato un vero piacere conoscerti” mi rivolsi alla bambina e le diedi un buffetto sulla punta del naso. L'ultima volta che avevo visto la Signora Lupin era ancora in attesa del parto.
“Dora e io siamo molto esigenti in fatto di spettacoli, non è vero, tesoro?” le domandò con un sorriso devoto.
“Verissimo!” confermò.
Inarcai le sopracciglia e lo guardai con le labbra schiuse per la sorpresa: “Lei stava dicendo sul serio?”
Sorrise di fronte al mio stupore e mi guardò più intensamente, inclinando il viso di un lato, prima di annuire con vigore. “Silente mi ha mandato con il preciso compito di riferirti la nostra proposta: vorremmo scrivere una sceneggiatura ispirata al tuo libro e saremo felicissimi di metterla in scena il prossimo anno, naturalmente se sei interessata e se fossi disponibile a collaborare con noi...”
Sentii la testa girarmi e fui sopraffatta dall'emozione, tanto da non riuscire neppure ad articolare parola, ma continuando a guardarlo come se mi aspettassi che fosse tutto frutto di una fantasia.
“Perché piangisci[12]?” mi domandò la bambina con espressione interdetta.
“Vedi, Dora, può succedere quando le persone sono molto felici o parecchio tristi” le spiegò pazientemente, prima di tornare a osservarmi. “Voglio ben sperare che si tratti del primo caso”.
Annuii con vigore. “Continuo a temere di svegliarmi nel bel mezzo di un sogno” gli confessai.
Assunse un'espressione fintamente seria e cerimoniosa. “Naturalmente dovrai recarti da lui per parlarne e definire i dettagli dell'accordo, ma su un punto è stato categorico”.
“Mi dica” commentai dopo aver sbattuto le palpebre.
Un sorriso gli increspò nuovamente le labbra: “Non ti riceverà senza un vassoio di paste proveniente dal pub del Signor Riddle”.
Risi di cuore: “Credo sia possibile”.
 
~
 
Lo spettacolo della sera precedente era stato un successo e avevo particolarmente apprezzato la performance della giovane che aveva aderito al programma di Silente e di Lupin e, da attrice amatoriale, aveva dedicato un intero anno alla preparazione del personaggio. Avevo contribuito nello sfoltimento del libro affinché divenisse una sceneggiatura che riuscisse a racchiudere gli aspetti salienti dell'intreccio ed ero stata sempre disponibile a chiarire alcuni aspetti della psicologia dei personaggi. La protagonista, nata nell'epoca contemporanea, era letteralmente “tormentata” da dei sogni ricorrenti nei quali percepiva la presenza di un gentiluomo vittoriano che le proponeva di raggiungerla nella propria epoca. Il passaggio avveniva attraverso una copia di Orgoglio e Pregiudizio. Seguivano una lunga sequenza di avvenimenti nei quali la giovane cercava faticosamente di adattarsi a quei costumi e a quel contesto storico, ritrovando persino i suoi familiari che sembravano perfettamente calati nella parte. Avrebbe poi scoperto, con grande sgomento, di essere promessa fidanzata di un uomo le cui maniere le erano insopportabili, ma avrebbe finito con l'invaghirsi di un altro gentiluomo che, tuttavia, era già promesso a un'altra donna. Soltanto nelle pagine finali si sarebbe potuto evincere che era stato tutto frutto di un lunghissimo sogno della protagonista. In una delle ultime scene, tuttavia, vi era l'incontro fortuito con un ragazzo dalle sembianze identiche a quello del secondo gentiluomo. Avevo deliberatamente lasciato libera interpretazione ai lettori: era stato solo un sogno o si trattava dello stesso uomo per opera della stessa magia che l'aveva trascinata nell'epoca vittoriana?
Come di consueto, il Signor Riddle e lo staff della Camera dei Segreti si erano occupati del catering e Sybilla Thompson aveva lavorato assiduamente con la giovane a un paio di canzoni che erano state composte per arricchire la sceneggiatura, poiché era usuale che le giovani di alto rango sociale si esibissero al pianoforte durante le serate in società.
 
Non potevo fare a meno di osservare ognuno dei miei amici e provare un moto di affetto e di orgoglio per i cambiamenti che si erano verificati nelle loro vite nel corso degli ultimi anni. Erano cresciuti come singoli individui ma avevano anche consolidato le loro relazioni.
Morgana aveva abbandonato il suo lavoro come commessa ed era divenuta una delle stiliste di riferimento di Mrs Fox: il suo marchio cominciava a farsi strada nel mondo per il suo stile dinamico, elegante, seducente e frizzante, proprio come lei. Negli ultimi tempi, tuttavia, aveva cominciato ad allargare i suoi orizzonti e dedicarsi anche alla moda maschile. Lei e Sean ormai vivevano insieme stabilmente: quest'ultimo aveva ottenuto un importante ingaggio in Consenting Adults ed era in lizza per un premio istituito dal BAFTA Scotland come “miglior attore” [13].
Neville non era più un semplice sguattero e aspirante pasticcere. Mrs Sprite era andata in pensione, lasciando il suo posto a Penelope Light che lo aveva aiutato a ultimare la sua preparazione. Il prossimo mese inaugurerà la sua pasticceria, di cui il Signor Riddle sarà socio e non ho potuto che ammirare i suoi progetti fin nei minimi dettagli. L'esercizio commerciale avrà una sua identità dall’emblema che raffigurerà un grifone (che secondo Luna è un simbolo di coraggio e di lealtà) e i colori predominanti delle divise del personale saranno delle sfumature sgargianti di rosso e di oro[14]. Amy affermava con tutto calore che fosse uno dei suoi maggiori successi e che ne fosse comprensibilmente orgogliosa.
Luna aveva ottenuto e vinto un provino per una delle compagnie scozzesi più prestigiose del Regno Unito, la Scottish Ballat che ha sede a Glasgow, ma nel tempo libero non è venuta meno la sua dedizione al prossimo e si dedica al volontariato, in particolare nella cura degli animali abbandonati e randagi.
Rivolsi un cenno di saluto a Rankin che era compunto ed elegante nella sua nuova divisa: dopo il pensionamento di Madame Bumb ne aveva preso il posto ed era divenuto uno dei collaboratori più fidati del Signor Riddle. Aveva da tempo dimesso i panni del collega spione, ruffiano e petulante. Seppur fosse ancora esigente, aveva imparato a contenere i suoi comportamenti, a riprendere in modo più diplomatico, a illustrare pazientemente le procedure e a coordinare il personale in modo determinato ma giusto. Un cambiamento che era stato innestato dal ritorno dell'unica ragazza che gli avesse mai realmente rubato il cuore. Avevo accolto con un sorriso commosso la sua partecipazione per il loro matrimonio, ma ancora ridacchiavo al ricordo del giorno in cui li vidi insieme per la prima volta.
 
Ero entrata nel bagno per indossare la divisa e avevo sorpreso Hannah e Gabrielle nel pieno di una conversazione che aveva loro strappato delle risate piuttosto divertite. Al mio arrivo mi avevano informato che la sera precedente mi ero persa una scena memorabile: tra i clienti era giunta una giovane graziosa che aveva salutato Percy con grande confidenza. Quest'ultimo, potevano testimoniare, era arrossito e impallidito e aveva quasi fatto cadere le stoviglie che stava portando in cucina e che avrebbe dovuto lavare a mano.  Aveva supplicato il Signor Riddle di potersi prendere una pausa per accompagnarla alla sua auto, alla fine della sua cena e, per tutto il turno di pulizie del locale dopo la chiusura, aveva continuato a canticchiare allegramente.
Quella sera fui io stessa partecipe dell'epocale cambiamento del nostro collega: tra i tavoli che dovevo servire, vi era quello con una bella ragazza dai capelli scuri, il viso tondeggiante e il sorriso affabile[15]. Avevo notato che gli altri camerieri si stavano dando di gomito e avevo cominciato a sospettare che si trattasse della “misteriosa” amica di Percy.
“Buonasera” salutai le ragazze e porsi i menù. “Se avete qualche domanda o richiesta particolare, sono a vostra disposizione”.
Una delle sue commensali le fece un cenno d’intesa e la giovane arrossì, prima di trovare il coraggio per formulare la richiesta. “Potrei chiederti un favore che non ha a che fare con la cena?”
Sbattei le palpebre ma sorrisi. “Se mi è possibile, sarò felice di aiutarla”.
“Percy è in servizio questa sera?” mi domandò parlando a voce bassa.
Assunsi un'espressione pensierosa. “Sì, ma al momento sta lavorando in un'altra stanza” le dissi vagamente, non volendo umiliarlo circa le mansioni “punitive” del periodo. “Posso andare a chiamarlo, mentre decidete che cosa mangiare”.
Il suo viso sembrò illuminarsi e mi rivolse un ringraziamento sincero che mi strappò un sorriso.
Madama Bumb mi osservò sospettosa, quando mi vide dirigermi verso l'uscita di servizio: Rankin quella sera era addetto allo smistamento della spazzatura. “Dove stai andando?”
“Una cliente mi ha chiesto di chiamarle Rankin” spiegai.
La donna non nascose il suo shock. “Rankin?” ripeté quasi certa di aver frainteso. “Stiamo parlando del nostro Rankin?!”
Di fronte al mio cenno d'assenso, parve ancora più sbigottita, ma riprese presto i suoi modi pragmatici: “Sbrigati, la signorina Abbott si agita quando vede tanti clienti”.
Trovai il ragazzo con indosso una brutta e malconcia tuta da lavoro di un colore grigio topo e con macchie di candeggina e toppe nei punti più consumati del tessuto. Raggrinzii il naso per il fetore tutt'altro che piacevole dei rifiuti. Gli comunicai che una ragazza aveva chiesto di vederlo. 
“U-Una cliente?!” ripeté in tono eccitato e incredulo insieme. Si lasciò cadere dalle mani un sacco della spazzatura. Dal suono mi resi conto che aveva appena spaccato almeno una dozzina di bottiglie di vetro. Una di queste era caduta sul piede di Smith che si lasciò sfuggire un'imprecazione. “Ha detto come si chiama?” m’incalzò, senza prestare attenzione al collega.
“No...” risposi, ma gli fornii una descrizione dettagliata.
 Il suo volto si trasfigurò, un sorriso ne fece scintillare gli occhi e parve persino più alto. “Mi cambio e sarò subito da lei!” annunciò e si precipitò letteralmente fuori, lasciando Smith da solo e parecchio seccato.
Ritornai al tavolo e assicurai le clienti che Percy sarebbe arrivato entro pochi minuti e raccolsi le loro ordinazioni. Stavo finendo di annotare i dessert, quando il ragazzo sfrecciò fuori dal bagno con tale impeto che urtò la povera Susan. Quest'ultima impallidì visibilmente, sia per la sua natura timida sia per i loro precedenti negativi. “S-Scusami” gemette letteralmente, evidentemente terrorizzata all'idea che le facesse una scenata pubblica.
“Oh, no!” esclamò Percy che le appoggiò una mano sulla spalla. “E' stata solo colpa mia, sono stato io a urtarti: perdonami Susan”. La giovane sbiancò e boccheggiò come se avesse assistito all'apparizione di una divinità.
Avrei dovuto complimentarmi con lui per la rapidità con cui aveva indossato i suoi abiti informali, ma non potei fare a meno di notare l'incontro tra i loro sguardi. La giovane si tese sulla sua sedia e sembrava che si stesse trattenendo dall'alzarsi e dall'abbracciarlo.
“Consegno subito il vostro ordine” annunciai, volendo lasciare loro privacy.
“Grazie, Sarah” rispose Percy, strappandomi uno sguardo costernato. In verità non ero neppure consapevole del fatto che conoscesse il mio nome di battesimo. Mi indicò alle ragazze: “E' una delle mie colleghe più premurose e zelanti: sono sicuro che si raccomanderà con la Signora Weasley perché dia il meglio di sé”.
Seppur imbarazzata a quella lode, sorrisi e promisi loro che lo avrei fatto, ma il ragazzo mi trattenne ancora un istante: “Forse non te l'ho ancora detto ma bentornata tra noi”.
“Grazie” mormorai quasi senza fiato.
Madama Bumb, le mani sui fianchi, non si era persa un attimo di quell'insolita scena: “Deve essere un miracolo” mormorò con voce incredula, quando le passai accanto.
In cucina spiegai che si trattava dell'amica di Percy e la reazione fu comica: lasciarono tutti, compresi gli adulti, la loro postazione per sbirciare dalle doppie porte.
M-Ma che cos'ha la sua faccia?!” domandò il Signor Weasley in tono sgomento, osservandolo mentre chiacchierava amorevolmente con la ragazza.
“Quello, signori, è un sorriso!” affermò Seamus, additandolo con foga.
“Ewww,” gemette Neville, “è quasi inquietante: stai flirtando con una ragazza, non stai per uccidere Batman, Rankin![16]” commentò.
“Io lo trovo terribilmente romantico” cinguettò Susan.
“Ma allora è capace di sorridere” intervenne la Signora Sprite.
“Parola mia, è la prima volta che lo vedo da quando è stato assunto” aggiunse Madama Bumb, per un attimo dimentica di sgridarci e di invitarci a riprendere il nostro lavoro.
“Comincio seriamente a credere che in questo pub tutto sia possibile” conclusi io. Mi presi un istante per riflettere sulle coppie che si erano create o avevano condiviso momenti speciali in questo luogo, come Neville e Luna, il Signor Riddle e la signora Thompson. Io stessa custodivo dei ricordi preziosi e romantici di quelle pareti. Sapevo che, anche se avrei lasciato definitivamente quel lavoro, avrei ricordato quel luogo con autentico affetto. Alcune delle lezioni più importanti sul dovere, sull'impegno e sull'amicizia le avevo imparate proprio lì.
 
Colin, il più caro amico di Bradley, si era dedicato soprattutto a progetti teatrali tra i quali: “Gloria”,  “Translation”, “All my sons” e “A Number” e non mancava di riempirci di orgoglio. Nonostante il suo fascino e la sua simpatia, le sue vicende amorose erano state decisamente più travagliate: dopo aver conosciuto Michelle Ryan[17], un'aspirante stilista e collega di Morgana, se ne era perdutamente innamorato. Sembrava che il suo interesse fosse ricambiato ma la giovane gli aveva inaspettatamente spezzato il cuore, inducendolo a chiudersi in se stesso e a dedicarsi al lavoro. Fino a quando, sul set di uno spettacolo, non aveva incontrato Laura Donnelly[18]  con la quale era nato un rapporto di reciproca stima e di amicizia che era presto sfumato in un sentimento più romantico.
Senza ombra di dubbio, la coppia che ci aveva più sorpreso nell'ultimo anno, a dispetto della previsione di Luna, era quella che avevo di fronte in quel momento. Non mancavano mai di punzecchiarsi a quella maniera giocosa e flirtante che era divenuta una componente costante del loro rapporto.
Amy e Christian.
Il ragazzo aveva affrontato un percorso di terapia che lo aveva aiutato a fronteggiare il suo doloroso segreto. Al pari di Sean e Amy, quando il giovane aveva voluto confidarsi anche con me e Morgana eravamo rimaste profondamente turbate, ma non potevamo che ammirarne la forza d'animo e il coraggio necessari a riprendersi. Era appena ventenne quando, in seguito a una notte di balli e di alcool, lui e i suoi amici avevano fatto ritorno a casa. Si imbatterono tragicamente in un'altra auto e a causa dell'impatto violento, il loro veicolo uscì dalla carreggiata. Nonostante i tempestivi soccorsi, tutti i ragazzi, ad eccezione di Christian, morirono. Lui ne uscì gravemente ferito e con delle cicatrici che ne erano un doloroso ricordo. In tutti quegli anni aveva cercato di superare il trauma ma il senso di colpa e l'incapacità di spiegarsi per quale motivo o merito fosse l'unico superstite avevano continuato a logorarlo, seppur all'esterno esibisse una facciata composta e impassibile. Si era trasferito a Glasgow e aveva chiesto aiuto al Signor Riddle, un amico di famiglia, che gli aveva concesso orari vantaggiosi affinché potesse rientrare a casa coi mezzi pubblici e riprendere gli studi universitari. L'incidente con Amy aveva, a sua insaputa, riaperto quella ferita e si era ritrovato rabbioso e tormentato, fino a quando un secondo percorso di terapia gli aveva insegnato a convivere con il suo background[19]. A Sean andava riconosciuto il merito di aver colto uno spiraglio di quel ragazzo giocoso e affabile che era stato e che si nascondeva dietro quella maschera di compostezza e di garbo. Con il tempo e con nostro grande sollievo, era letteralmente “rifiorito” e appariva molto più energico e vitale. Aveva ripreso la sua carriera, ultimato il tirocinio e si stava affermando come architetto.
Amy era divenuta un'arredatrice di spicco e, dopo la ristrutturazione del pub e l'ottima pubblicità che ne era derivata, aveva ottenuto altri incarichi di rilievo e di prestigio: aveva lavorato per alcune delle famiglie più facoltose della città ed era spesso richiesta da altri gestori di locali. Tuttavia, al di là delle ambizioni professionali, aveva affrontato, ancora una volta, i fantasmi del passato e accettato i suoi sentimenti contrastanti per Christian. Seppur avesse ammesso a posteriori di essersi infatuata di lui fin dal primo incontro, aveva lasciato che i sentimenti fossero seppelliti, si era ritrovata catapultata in situazioni rocambolesche perché, in ultima istanza, aveva il terrore di provare una delusione simile a quella subita con Daniel, dopo anni di silenziosa ammirazione. Seppur ogni relazione abbia la sua storia, avrei potuto affermare che la svolta decisiva al loro rapporto era nata in seguito al loro chiarimento di cui Sean era stato un vero e proprio “mediatore”. Le cose tra loro erano sensibilmente cambiate: dapprima erano divenuti cortesi e affabili nei confronti dell'altro ma, evidentemente “nostalgici” dei loro battibecchi, erano tornati a punzecchiarsi, ma in modo più complice e giocoso. Superfluo dire che ciò avesse alimentato i nostri sospetti circa l'evoluzione che sarebbe potuta avvenire nella loro interazione. La rivelazione avvenne solo successivamente alle festività natalizie, dopo che Bradley aveva finito le riprese. Ero di turno al pub, quando Christian era entrato, salutando tutti i presenti, ma esibendo un livido scuro sotto l'occhio destro.
"Che cos'hai fatto alla faccia?" gli aveva domandato Hannah con gli occhi sgranati e le labbra schiuse, additando il segno scuro.
Avevo evitato di guardarlo, mentre borbottava qualche scusa e si affrettava a dirigersi verso gli spogliatoi. Aveva incrociato Amy che stava uscendo dal bagno con Morgana e, alla sua vista, si ritrasse come se avesse paura di essere contaminata dalla sua sola vista: “Stai lontano da me!” lo rimproverò.
“Con immenso piacere!” aveva borbottato Christian, dopo aver levato gli occhi al cielo.
Morgana aveva riso mentre prendeva posto al tavolo che avevo appena sparecchiato: “Quante storie per un bacio!”
"Vorrei vedere se avesse baciato te!" aveva sbottato Amy in risposta ma con le guance arrossate, evidentemente ancora incredula al ricordo.
"Di cosa state parlando?!" aveva chiesto Hannah in tono avido.
 
Avevo riso al ricordo della sera precedente, a una consueta serata tra amici in pizzeria.
 
“Eccoti” l'aveva accolta Morgana con una punta di rimprovero per il lieve ritardo.
“C'era traffico” sbuffò per risposta, togliendosi il cappotto, prima di sedersi accanto a Luna.
“Va tutto bene?” le avevo domandato io, incuriosita poiché appariva piuttosto nervosa.
“Hai notizie di Christian?” l'aveva incalzata Sean con le sopracciglia inarcate. “Mi ha scritto un'ora fa per disdire tutto, ho provato a chiamarlo ma ha il telefono staccato”.
Amy gli rivolse uno sguardo piccato e gli strappò di mano il cellulare, quasi a volersi assicurare che non stesse mentendo.
“Lo sapevo!” affermò la moretta, additandola. “E' successo qualcosa, vero?!”
“Avrei dovuto immaginarlo...” cinguettò Luna, mentre Neville osservava la scena con faccia smarrita. Sembrava sempre cadere dalle nuvole quando succedevano cose simili. “Venere sta transitando nel tuo segno finalmente”.
Lei sospirò e si mise seduta, ma solo dopo che il cameriere si fu allontanato per il nostro ordine, si decise a parlare. “Christian ed io ci siamo visti oggi pomeriggio al parco coi nostri cani” esordì. Da quando avevano chiarito il malinteso, erano divenuti piuttosto comuni quegli incontri e spesso si mettevano d’accordo per far giocare i loro animali e prendersi un caffè insieme.
“E avete discusso?” domandò Bradley.
“Sì” ammise con uno scrollo di spalle. “Niente di serio” si affrettò a precisare, prima di sospirare e passarsi una mano tra i capelli. Tentennò per qualche istante, forse temendo che quella rivelazione potesse costarle caro.
“Per farla breve, stavamo parlando dei nostri progetti futuri e... mi ha baciata” borbottò in tono infastidito ma era piuttosto evidente che non volesse scendere nei dettagli.
A quell'affermazione seguirono i nostri versi di sorpresa e di entusiasmo, ma Morgana allungò la mano in direzione di Bradley con espressione gongolante. Quest'ultimo sospirò ma, sotto il mio sguardo incredulo, estrasse il portafoglio e le porse cinque sterline.
“E non ne sei stata contenta?” le domandai, notando che esitava a continuare.
Non sembrava ancora in grado di processare realmente le sue emozioni, ma si mordicchiò il labbro inferiore. “Gli ho dato un pugno” ci confessò.
“Aha!” gongolò Bradley che si riprese la banconota, mentre Morgana imprecava tra i denti, rivolgendo alla nostra amica uno sguardo di puro biasimo e di rancore.
Sean ed io ci scambiammo uno sguardo d’intesa e, quasi in sincronia, punimmo il partner dell'altro con uno scappellotto sulla nuca.
 
In un momento successivo, mentre eravamo solo tra ragazze, Amy aveva confessato che una parte di sé era stata incredibilmente felice e che avrebbe voluto ricambiare il gesto con lo stesso slancio. Non poteva, tuttavia, ignorare le paure che erano alimentate dalle sue esperienze negative, coronate di delusioni e di tentativi di ridimensionare le sue aspettative romantiche. Ci eravamo tutte impegnate, cercando anche attraverso i nostri vissuti, di incoraggiarla a non lasciare che la paura la bloccasse.
 
“Nessuna di noi, purtroppo, può garantirti che Christian sia la persona che stavi aspettando”, aveva mormorato Morgana. “Anche se sono pronta a rilanciare la mia scommessa” aggiunse scherzosa.
Luna le aveva stretto il braccio con un sorriso: “Il futuro non è scolpito nelle pietre: sei tu che devi prendere in mano la tua vita e costruire quello che desideri”.
Avevo annuito alle loro parole e aggiunto: “E' naturale volersi proteggere da altre delusioni e scottature, ma così facendo ci togliamo anche la parte migliore della vita. So di averti detto qualcosa di simile molto tempo fa, ma ne sono ancora convinta, anche se allora non ha funzionato. Una persona saggia una volta mi ha detto che bisogna spesso prendere delle deviazioni sbagliate per trovare la propria strada” ricordai con un moto di affetto.
“Se te lo stessi chiedendo quella persona ero io” soggiunse la moretta con evidente autocompiacimento. “Ma lo credo fermamente: io non avrei dato un'occasione a Sean se non avessi cercato qualcosa di diverso. Sara non avrebbe mai trovato Bradley, senza aver conosciuto Tom. Persino Rankin non si godrebbe la sua relazione, se non fosse venuto a patti con la brutta versione di se stesso che era diventato. Tu non potrai avere alcuna occasione con Christian, se neppure ci provi”.
Amy era stata silenziosa a lungo, prima di drizzarsi in piedi e prendere cappotto e borsa per uscire dall'appartamento.
“Allora?” la incalzammo.
“Se anche questa volta andasse male, la terapia la pagherete voi tre e Sean!” dichiarò in tono minaccioso.
 
Mi permisi per un attimo di pensare anche ad altre persone che avevo conosciuto nel mio primo anno sabbatico a Glasgow. Daniel aveva riscosso un grandissimo successo a teatro grazie all'opera: “How to Succeed in Business Without Really Trying” e ha recentemente ottenuto l'ingaggio in una sit-com: “Miracle Workers”. Tom era apparso in televisione: dapprima come presenza ricorrente nella terza stagione di “The Flash” ed è stato scelto come comparsa in “Rise of the Planet of the Apes” il cui protagonista era James Franco. Sembra che al momento stia lavorando a una serie fantascientifica di cui sarà uno dei personaggi principali: “Origin”. A quanto mi aveva detto Morgana, attraverso il suo gossip e la sua lungimiranza nello studio della “concorrenza”, Emma aveva definitivamente abbandonato la carriera d'attrice, ma era divenuta la modella di punta di una delle case di moda più famose, la “Burberry[20]”.
 
“Un penny per i tuoi pensieri”.
Sbattei le palpebre e incontrai lo sguardo azzurro del giovane e ne osservai il sorriso indulgente.
“Dov'eri finita questa volta?” mi domandò complice. Uno degli aspetti che più adoravo di Bradley era che non mi faceva mai pesare il fatto che talvolta mi capitasse di distrarmi o perdermi nelle mie riflessioni. Gli sentivo spesso asserire che non avrei mai dovuto rinunciare a quella parte più “estrosa” e “fantasiosa”, soprattutto se desideravo che i miei scritti fossero “vivi”.
“Stavo pensando a quanto siamo cresciuti in questi ultimi anni” gli confessai. 
Annuì, ma arricciò le labbra in un sorriso più suadente: “Spero che tu stessi pensando anche a me”.
“Naturalmente” confermai e ne baciai la gota.
Bradley aveva davvero saputo crearsi una bella fetta di pubblico e mi rendeva non poco orgogliosa che, anche in virtù del successo riscontrato in “I Medici”, avesse una particolare predilezione per l'Italia. Lo notavo ogni volta che mi chiedeva un consiglio quando registrava un breve video o scriveva un tweet nella mia lingua madre o nel modo in cui si divertisse, durante le interviste, a improvvisare qualche frase, riscontrando il plauso degli intervistatori e dei fan. Entro pochi giorni sarebbe dovuto partire per l'inizio delle riprese di The Liberator, una serie tv Netflix nella quale interpreterà un ufficiale statunitense, ambientata durante la seconda guerra mondiale.  Non era inusuale che fossimo lontani per un periodo più o meno lungo di tempo e, nonostante il distacco, mi ripetevo che fosse un ottimo espediente affinché la nostra relazione venisse rinnovata e si consolidasse, senza dare mai per scontato i momenti trascorsi insieme ma assegnando loro il giusto valore.
“Attenzione a quel che dite... ” commentò Morgana, indicandomi con un cenno del mento. “E' a caccia d’ispirazione per un nuovo libro, ma non illudetevi perché la prossima protagonista sarà la sottoscritta”.
“Naturalmente...” le fece eco Amy con un sorriso ironico. “Se volesse intraprendere un suicidio letterario con un personaggio antipatico e snob”.
“Perché dovrebbe?” intervenne Christian con un baluginio scherzoso negli occhi. “Soprattutto se può scegliere un'imbranata che non sa guidare o andare a tempo durante le lezioni di zumba”.
“E' inutile che discutiate” intervenne Sean compunto, prima che nascesse uno dei loro proverbiali bisticci. Ci rivolse un sorriso compiaciuto. “E' ovvio che il prossimo protagonista sarà qualcuno ispirato al sottoscritto” dichiarò in tono altisonante.
Risi insieme agli altri ma lasciai che continuassero a fare congetture al riguardo.
Benché amassi la scrittura, continuavo ad ammonirmi e a ripetermi che nessuna narrazione, per quanto preziosa e accattivante, avrebbe mai potuto superare la realtà, soprattutto quando si sceglieva di diventarne protagonisti.  Nessuna fantasia, per quanto fatata, avrebbe mai potuto darmi le stesse certezze della vita che stavo costruendo con quelle persone. Cercai istintivamente, con le dita, il ciondolo che mi pendeva dal collo, fin quando Bradley non le intrecciò alle sue. Le strinsi di rimando e sorrisi di cuore: non era più solo un sogno.



 
 
The End.
Ci sarà amore stasera,
quando tutti staranno sognando,
per una vita migliore?
 
In questo mondo
diviso dalla paura
noi dobbiamo credere che
ci sia un motivo se noi siamo qui.
 
La nostra fiducia può essere infranta
e le nostre mani possono essere legate,
ma apriamo i cuori e riempiamo il vuoto.
Non lasciamo che qualcosa ci fermi.
Non vale la pena rischiare?
 
Perché questi sono i giorni per i quali
vale la pena vivere.
Questi sono gli anni che ci hanno dato,
questi sono i momenti,
questo è il tempo,
sfruttiamo al meglio le nostre vite.
 
Our lives – The Calling[21]
 
Mi accingo a salutarvi per un'ultima volta con emozioni contrastanti: sono passati ben due anni da quando la mia amica ed io, quasi giocosamente, abbiamo iniziato delle vere e proprie “consultazioni” sui cambiamenti che avrebbero caratterizzato questa revisione. Francamente, non avrei mai immaginato che sarebbe passato così tanto tempo ma, soprattutto, che ne sarebbe nata una storia parallela per una prima parte di capitoli e poi completamente diversa.
Sì, il mio primo obiettivo era un semplice miglioramento nello stile e qualche cambiamento legato ai personaggi più o meno rilevanti, ma ha finito con il divenire un vero e proprio “crossover” tra due universi magici e meravigliosi. Non solo. Sono finalmente orgogliosa di poter affermare che sono stati affrontati temi importanti e delicati che vanno oltre la mera “storiella d'amore” della protagonista e delle sue amiche. Ogni personaggio ha avuto una sua evoluzione e posso quindi lasciarlo andare con un sorriso e un pizzico di commozione.  Mi auguro di essere riuscita a farvi affezionare almeno ad alcuni di loro, di aver saputo proporvi momenti di riflessioni, alternati a momenti più leggeri e sbarazzini per non rendere il tutto troppo “shondiano”.
Complice e prima sostenitrice è stata la mia amica Evil Queen che ringrazio ancora di cuore: non solo per aver elaborato tutte le trame rocambolesche che riguardano il suo alter ego, ma anche per avermi dato spunti di riflessione, suggerimenti e sostegno, anche di fronte alle decisioni più controverse. Mi riferisco in particolare al finale con Bradley. Vi confesso che dapprima avevo immaginato di includere un “finale alternativo” per lui e lasciare che fosse Tom, come nella prima versione, la scelta definitiva della protagonista. Ma più tempo andavo avanti e più mi rendevo conto che non era più ciò che realmente volevo. Ho adorato scrivere questa interpretazione di Bradley e, per tanto, immaginare ogni dialogo e momento cruciale, comprese le incomprensioni che lo riguardavano. Non potevo andare contro questa inclinazione o non avrei realmente “amato” queste pagine. 
Altrettanto cruciale è stato il suo sostegno nel decidere di enfatizzare alcuni aspetti negativi di Tom e di Emma ai fini della trama generale.  Ci tengo ancora una volta a precisare che si sia trattata solo di  un “ruolo” che ho loro attribuito e non ha nulla a che vedere con chi siano realmente. 
Posso dire, parafrasando il testo dei One Republic, di aver letteralmente “vissuto” in forma narrativa ognuno di questi capitoli e spero che possiate dire lo stesso.
Grazie a chi è arrivato fin qui, a chi ha mi ha accompagnato in questa rivisitazione e a chi si imbatterà in questa fanfiction.
Un abbraccio a tutti,
 
Kiki87
 
[1] Potete ascoltare il testo e leggerne il testo originale qui
[2] Si tratta di Naomi McDougall Jones che ha lavorato con Christian Coulson nel film: "Bite Me" (2019). Qui potete vederli in una scena del film.
[3] Personaggio del secondo e terzo volume della saga di “Hunger Games” che era nota per la sua abilità nell'infliggere colpi mortali con l'ascia.
[4] Due dei principali pedagogisti che ho avuto realmente occasione di studiare al liceo e in una materia universitaria :D
[5] Devo confessarvi che quando ho guardato queste scene in tv per la prima volta, mentre ero alle prese con la revisione di questa fanfiction, mi sono ripromessa che avrei dovuto trovare un espediente per riproporle, sfruttando il lavoro di Bradley come attore ;)  Sono tratte dal terzo episodio della seconda stagione. In verità gli attori sul set recitavano in inglese, ma sinceramente, anche volendo, non sarei stata in grado di tradurre in un linguaggio adeguato :P Ho cercato di descrivere il più fedelmente possibile le espressioni di Bradley e le intonazioni  usate dal doppiatore :)
[6] Mi sono resa conto che ho nominato Gabrielle nei primi capitoli ma non le ho mai dato una mezza scena :D Rimedio adesso, meglio tardi che mai :P I piccoli errori che trovate sono voluti per imitare l’accento francese.
[7] Christian compare nella storia, per la prima volta, nel capitolo 11 e Luna inizia ad alludere a un certo "tristo figuro" a partire dal 12 ;)
[8] Come ricorderete senz'altro, è una battuta pronunciata da Silente alla fine del dodicesimo capitolo di "Harry Potter e la pietra filosofale".
[9] Rispettivamente gli attori che hanno interpretato "Lorenzo il  Magnifico" e "Sandro Botticelli" nella seconda e terza stagione di "I Medici".
[10] Si tratta di una battuta tratta da McBeth: "What's done is done".
[11] In assenza del nome del direttore/direttrice del "Ghirigoro" nei libri di Harry Potter, ho scelto sfruttare la temibile bibliotecaria di Hogwarts.
[12] Errore intenzionale per imitare qualche errorino di pronuncia dei bambini :P
[13] Sean Biggerstaff ha effettivamente vinto questo premio, grazie a quel film. Il riconoscimento è elargito dalla British Academy of Film and Television Arts (BAFTA) , un’organizzazione britannica che premia ogni anno opere cinematografiche e televisive.
Di seguito troverete citati diversi titoli di film o opere teatrali che sono state effettivamente interpretate dagli attori corrispondenti. Ma, per ragioni di trama, non ho tenuto conto dell’effettiva tempistica di ognuno di questi progetti :P
[14] Con tutto rispetto per i Serpeverde di cui non ho mai amato la generalizzazione eccessivamente negativa, stimo al punto il personaggio di Neville da ritenere che sia un Grifondoro nell'anima. Non potevo quindi lasciare i paramenti di Serpeverde :D
[15] Per descrivere questa ragazza mi sono ispirata alle fotografie della reale compagna di Chris Rankin che ho visto dal suo account Instagram. Ho deciso di non citarne il nome, in quanto non si tratta di un personaggio famoso.  
[16] Queste battute sono tratte da “The Bing Bang Theory” quando i protagonisti si burlano di Stuart e della sua storia d’amore. Invece il riferimento al sorriso inquietante era una canzonatura nei confronti di Sheldon :D
[17] Michelle Ryan interpretò Nimueh, antagonista di Merlin, nella prima stagione della serie tv omonima.
[18] Laura Donnelly invece impersonò Freya, la Dama del Lago. Fu l’ interesse amoroso di Merlin nella seconda stagione.  I due in realtà non hanno mai lavorato insieme a teatro, ma per ragioni di trama fingiamo che sia così :P
[19] Nel capitolo 17 Percy lo stava sgridando e in una battuta maligna allude al fatto che sia un bene che il ragazzo non guidi. E’ quella provocazione a farlo reagire in modo inaspettato, rovesciando le stoviglie in un moto di rabbia. Ovviamente Percy, come Amy quando allude al fatto che avrebbero preferito subire da sola l'incidente, era completamente ignaro del suo trauma e non poteva sapere di star risvegliando dei tragici ricordi.
[20] Non me ne vogliate, ma non me la sono sentita di attribuire a Emma una carriera legata alla tv o al cinema, in coerenza a come ho rappresentato il personaggio in tutta la storia.
[21] Non ricordo neppure quando Evil Queen mi ha suggerito di usare questa canzone per i “titoli di coda” ma non posso che convenire che sia perfetta. Se volete ascoltarla e vederne il testo originale, potete cliccare qui. 
   
 
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