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Autore: Lisbeth Salander    02/08/2020    10 recensioni
‘Com’è che si fa il padre?’.
È stata una domanda costante nella vita di Harry, una di quelle a cui tenta di dare una risposta ogni singolo giorno della sua vita.
Non è sicuro di riuscirci sempre correttamente ma può giurare solennemente di mettervi tutto l’amore del mondo nel provarci, tentando di dare ai figli quel senso di protezione e sicurezza che i suoi genitori non avevano potuto dargli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Potter, Ginny Weasley, Harry Potter, James Sirius Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Personaggi: Harry Potter, James Sirius Potter
Prompt: “Saprai che i tuoi figli stanno crescendo, quando iniziano a fare domande che hanno delle risposte” (John J. Plomb)
Genere: slice of life  

 

In nome del padre

 

31 luglio 2020

C’è un caldo torrido nel giorno del suo quarantesimo compleanno ma Harry non sembra badarvi. Il sole non è ancora tramontato su Godric’s Hollow. A breve arriveranno i primi ospiti per la festa che Ginny gli ha organizzato. 
Solo la famiglia e gli amici. 
«Il che vuol dire almeno una quarantina di persone» aveva commentato qualche giorno addietro sua figlia.
La sua scrivania è sommersa dalla corrispondenza, lettere ed omaggi arrivano ogni anno per omaggiare il Bambino-che-è-sopravvissuto, il Prescelto, l’Eroe ed Harry riesce sempre a stupirsene.
Legge divertito alcuni di quegli auguri, riconosce nomi, osserva perplesso strambi regali che gli arrivano quando sulla porta compare la sagoma del primogenito.
James ha quindici anni, un sorriso di perenne sfida col mondo e l’aria sempre un po’ tronfia. Si avvicina alla scrivania e prende alcune delle lettere già aperte, sghignazza leggendone qualcuna e rivolgendo occhiate complici a suo padre.
Dei suoi figli è sempre stato quello con cui ha fatto più fatica: probabilmente perché, cosa volesse dire essere un padre, lo ha scoperto con lui. 
Di lui, più che di Albus e Lily, si è goduto tutto, ogni singola scoperta, ogni paura, ogni entusiasmo.
Hanno mosso insieme ogni primo passo, James nella vita, Harry come padre.
Ricorda ancora la felicità senza precedenti nello scoprire che sarebbe arrivato, un genere di gioia che non aveva mai provato prima, ma ricorda anche il senso di inadeguatezza provato nel realizzare di non sapere nulla sul mestiere di padre.
Quell’inadeguatezza l’aveva combattuta con una sbronza solitaria dinanzi alla tomba di suo padre, uno sproloquio infinito davanti al marmo grigio, parole sconclusionate sul salto nel vuoto che stava per fare nella paternità. 
Com’è che si fa il padre?’.
È stata una domanda costante nella vita di Harry, una di quelle a cui tenta di dare una risposta ogni singolo giorno della sua vita. 
Non è sicuro di riuscirci sempre correttamente ma può giurare solennemente di mettervi tutto l’amore del mondo nel provarci, tentando di dare ai figli quel senso di protezione e sicurezza che i suoi genitori non avevano potuto dargli. Del resto, l’unica volta che si è sentito dire ‘Tuo padre ti vuole parlare’ è stato in un cimitero ventisei anni prima e aveva dinanzi a sé delle sagome argentee, in una notte che era stata un terribile punto di svolta della sua vita. 
Eppure, quel briciolo di emozione e la fiducia incondizionata nel solo riflesso di suo padre erano riusciti ad infondergli un genere di forza e coraggio di cui non credeva di essere capace. Erano state abbastanza per recuperare il corpo di un amico - il primo che ha visto morire - e fuggire da una situazione che sembrava dover segnare la sua fine.
Quella sensazione, Harry, l’ha sempre rincorsa nella scoperta della paternità, cercando di essere sempre per i figli quella scintilla, quel motore di forza e coraggio che aveva provato quella volta grazie alle parole di suo padre.
Se ci sia riuscito, non ne è certo ma è una domanda che allo scoccare dei quarant’anni Harry trova giusto fare a se stesso.
«Questa ti scrive ogni anno» commenta James ripiegando l’ennesima lettera.
«Mi scrive da quando avevo la tua età praticamente. Credo sia la mia fan numero uno» replica lui sorridente.
James si siede stranamente pensieroso e silenzioso.
«Sei contento, papà?» gli chiede dopo un po’, guardandolo con una strana serietà.
«Di questa giornata? Sì, rendete sempre molto belli i miei compleanni»risponde con semplicità mentre un sorriso sincero affiora sul viso del figlio.
Ogni 31 luglio Harry si sofferma sempre a pensare come quella giornata abbia mutato consistenza nel corso dei suoi quarant’anni. 
Per undici anni è stato un giorno di solitudine, in cui, più degli altri, gli piombava addosso la condizione di orfano, di chi non ha al mondo una persona che gli voglia bene. 
Poi è arrivato Hagrid con una lettera che ha cambiato ogni cosa nella sua vita, aprendogli la strada per il suo vero mondo. 
Dopo ha incontrato Ron ed Hermione e quella sensazione di essere solo al mondo è riuscito a scrollarsela di dosso. Da ventitré anni si è aggiunta Ginny a rendere ogni suo compleanno indimenticabile. 
Poi è diventato padre e quel 31 luglio ha assunto una fisionomia nuova: non è più una giornata soltanto per lui, è una giornata per loro, per James, Al e Lily, per la famiglia che ha sempre desiderato. 
Ad Harry basta vederli ogni anno sulla porta allo scoccare della mezzanotte con la torta preparata da loro tre per sentirsi completo. 
Non è ancora certo se sia all’altezza del mestiere di genitore ma è altrettanto sicuro di amare essere un padre.
«È sempre una bella giornata, questa» chiosa James con un tono enigmatico.
«C’è qualcosa che non va?» chiede Harry con un accenno di preoccupazione all’aria insolitamente spenta del primogenito.
James distoglie lo sguardo, si guarda intorno inquieto, poggia lo sguardo sulle foto istituzionali che compaiono sulla parete, sulle onorificenze appese ai muri. 
Harry ricorda di avergli raccontato la storia di ognuna di loro, cercando di soddisfare la sua insaziabile curiosità su storie di guerra e del dopo ed avventure che facevano brillare gli occhi scuri del figlio.
«Volevo chiederti delle cose ma forse non è la giornata giusta» risponde laconico.
«Abbiamo ancora un po’ di tempo prima della festa» lo incoraggia Harry, «La mamma è ancora impegnata con la torta».
«La nostra torta era più buona» ribatte rapido.
«Quella è solo per me. Questa è per tutti gli altri».
James sospira, lo fissa incerto con i suoi occhi scurissimi tradendo un’inedita difficoltà.
«Tu come sapevi qual era la cosa giusta da fare? Come lo sai?» chiede poi con aria seria.
Harry lo scruta pensieroso. 
È difficile rispondere alle domande di suo figlio: James, tra i tre, è sempre quello che ha posto le domande più complesse sin da quando era piccolo. 
«Cosa ti fa pensare che io sappia qual è la cosa giusta da fare?».
«Sei tu, lo so che lo sai» replica lapidario James, «Avevi undici anni quando hai detto a Malfoy senior di girare alla larga». 
«Te lo ha raccontato zio Ron?» chiede incuriosito mentre vede James annuire.
«Non ho sempre saputo quale fosse la scelta giusta. In realtà, non lo sai quasi mai. Immagino che conti l’istinto» continua.
James arriccia le labbra e tradisce un’espressione poco convinta.
«Il tuo istinto ha mai sbagliato?» chiede ancora.
«Sbagliamo tutti, James. Non sempre ho seguito i consigli giusti, non sempre ho fatto la cosa giusta» riflette serio, «ad esempio, quando ho chiacchierato con un diario pieno di magia nera o quando ho sperimentato un incantesimo che non conoscevo su un altro ragazzo». 
«Si, però…» ribatte James, esitando appena, «come facevi ad essere sicuro di una scelta?».
«Non sono mai stato sicuro delle scelte che ho preso, non di tutte almeno» replica Harry cercando di capire quali siano i dubbi del figlio.
«E delle persone? Hai sempre avuto fiducia nei tuoi amici?» chiede James arrivando finalmente al nocciolo della questione.
«Sì. Ho sempre avuto fiducia incondizionata negli amici» risponde Harry con tono deciso. Vede gli occhi del figlio correre alla foto scattata durante il primo anniversario della Battaglia di Hogwarts: Harry, Ron ed Hermione sorridono timidi con delle onorificenze.
«Non hai mai dubitato?» incalza il figlio. 
«Tu dubiti mai dei tuoi amici, James?».
«No» risponde sicuro ma abbassa gli occhi e si prende la testa tra le mani, «solo che mi hanno suggerito di farlo».
Harry si alza ed in un attimo è accanto al figlio, passandogli una mano nei capelli neri tanto simili ai suoi.
«C’è stata una volta durante la guerra» inizia, richiamando l’attenzione, «in cui pensavamo che qualcuno ci avesse tradito».
«E che hai fatto?».
«Ho pensato che ero con persone che avevano rischiato la vita per me e non avrei mai dubitato di loro. Il padre di Teddy mi diede quasi dell’ingenuo» continua Harry, con tono malinconico.
«Dell’ingenuo?».
«Mi disse che ero proprio come tuo nonno. Per lui sarebbe stato il massimo del disonore dubitare degli amici» conclude guardando il figlio negli occhi scuri.
James annuisce, ancora perso tra pensieri inespressi.
«È che io non avrei mai dubitato, sai. Non avevo mai davvero pensato alla possibilità che un mio amico potesse non essere leale nei miei confronti, il che, data l’esperienza del nonno, è ridicolo, ma ora ho un dubbio» confida.
«Nel dubbio, allora, ti resta sempre l’istinto» conclude Harry. 
«Speravo in una risposta meno ambigua».
«Più cresci, più le risposte saranno difficili da interpretare».
«È che prima era più semplice, no?» continua serio, «Era più semplice vedere cosa fosse giusto e cosa no, dove fosse il bene e dove il male, giusto? Era evidente. Adesso non è così. È sempre tutto opaco, discutibile. Sembra sempre di camminare su un confine labile».
Harry esita alle parole del figlio. Se sia più semplice discernere bene e male è una domanda alla quale non sa rispondere.
«Non è sempre stato semplice, però. Lo è diventato quando la guerra è scoppiata ma non prima. Anche prima c’era una linea sottile su cui si camminava. Non c’è una risposta corretta e non è detto che bene e male si possano realmente separare, James. Le persone non sono semplicemente o buone o cattive, sono fatte di opacità e contraddizioni. Siamo tutti così e, forse, quando non si tratta della scelta tra vivere o morire, non è così agevole separare quel che è giusto da quel che è sbagliato. È facile annegare nel dubbio».
James lo fissa assorto e poi sospira abbandonandosi sconsolato sulla sedia.
«Quindi, mi resta l’istinto» aggiunge.
«In mancanza d’altro, direi di sì» dice Harry dandogli una pacca di conforto sulla spalla.
«Era molto più facile quando ti chiedevo cosa si provasse a cavalcare un Ippogrifo, vero?» dice poi James aprendosi in un sorriso.
«Decisamente. A proposito, non dire mai alla mamma che ho detto ad Hagrid di consentirtelo» bisbiglia Harry rivolgendo un occhiolino al figlio.
«Sarebbe un po’ ipocrita visto che lei ha cavalcato un Thestral e non riusciva nemmeno a vederli» ribatte il figlio con aria di sfida.
«Fatti dare un altro consiglio dal tuo vecchio, dopo circa diciotto anni di matrimonio: non discutere mai con lei quando sai di non poterla battere».
James ride ed annuisce, aggiungendo «Povero zio Ron! Lui non riesce mai ad averla vinta con la mamma».
«Perché pensi che zio George o zio Percy l’abbiano mai spuntata con lei?». 
«Onore al merito a te e zio Bill allora!».
Harry e James ridono insieme ed Harry deglutisce appena nel pensare che sono questi momenti di quasi impercettibile felicità e normalità che ha rincorso per tutta la vita. 
È quel genere di complicità che si crea spesso tra lui e James che ha sempre immaginato di avere con suo padre. Oggi non fa più così male pensare a ciò che sarebbe potuto essere e che scopre, con toni sempre diversi, nel mestiere di genitore, ben più difficile ed imprevedibile di quello di Auror.
Nota che James traffica con qualcosa nelle sue tasche. Ne tira fuori una pergamena un po’ invecchiata, avvolta da un nastro rosso, che ad Harry ricorda una sparita diversi anni prima dalla sua scrivania. 
«Stasera avrai il regalo da tutti noi ma, visto che avevamo delle idee divergenti e che la mia era indiscutibilmente la migliore, ho pensato che a quarant’anni fanno bene regali extra».
Harry rintraccia un’inedita emozione nel figlio, da sempre poco incline ai sentimentalismi.
«Lily direbbe che i regali extra fanno bene ad ogni età» ribatte.
«Per lei non sono mai abbastanza, in effetti!» continua James intento a rigirarsi la pergamena tra le mani, «Non è quella originale, ovviamente».
«Ovviamente» sottolinea Harry.
«Non è un lavoro perfetto ma ho fatto del mio meglio» gli dice porgendogli la pergamena ed aggiungendo con tono squillante «Tanti auguri, papà».
Harry sfila il nastro rosso che la avvolge e spiega la pergamena, fermandosi a fissarla.
«Devi dirlo» ordina James.
«Che cosa?».
«Oh, andiamo, papà! Devi dirlo, sai come funziona».
Harry prende la bacchetta e la punta su quella pergamena un po’ invecchiata, che, no, non è l’originale ma che gli suscita la stessa emozione.
«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni» afferma mentre gli occhi del figlio si illuminano ed entrambi si aprono in un enorme sorriso.
È un attimo che sulla pergamena compaiono quei nomi, sempre in grado di suscitare sia sorrisi che strette al cuore.

I signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso

sono lieti di augurare al Sig. Harry Potter

un felice quarantesimo compleanno. 
 

Il signor Lunastorta porge i suoi auguri al sig. Potter 

e lo invita a non dimenticare i suoi doveri di Malandrino.
 

Il signor Codaliscia augura al sig. Potter una buona giornata

e gli ricorda di mangiare una torta anche per lui.
 

Il signor Felpato ritiene doveroso ricordare al sig. Potter

che il suo genetliaco non è una ragione per astenersi dal prossimo misfatto.


Il signor Ramoso si ritiene orgoglioso della vita da Malandrino 

del signor Potter ed aggiunge che è certo che l’allievo abbia superato i maestri.

 

Harry sorride ad ogni parola mentre James continua a fissarlo cercando di cogliere ogni espressione. 
Il messaggio svanisce per lasciare spazio a quattro figure: un lupo, un topo, un cane ed un cervo, pronti a correre nel parco di Hogwarts, ancora una volta.
«Avevo pensato di non mettere quel topo» spiega serio James, «ma non sarebbe stata la stessa cosa. Anche lui fa parte della storia».
«Hai fatto benissimo. È… perfetto» dice Harry con emozione.
«Credevo fosse giusto che avessi ancora qualcosa dei Malandrini, visto che ti ho preso la Mappa».
«È davvero bellissimo, James. È sempre emozionante vedere i loro nomi».
«Non è stato facile immaginare cosa avrebbero potuto dire, non conoscendoli, ma ho sperimentato un po’ e ho cercato qualche libro» spiega James ansioso di raccontargli come è riuscito a riprodurre l’essenza dei Malandrini, «Ho chiesto alla Preside McGranitt e penso si sia anche un po’ commossa».
«Sei riuscito a catturare il meglio di loro, davvero» conclude Harry abbracciando suo figlio.
‘Com’è che si fa il padre?’ è una domanda che rimbomba ancora nella sua mente mentre stringe tra le mani il regalo del figlio, un regalo con cui James ha voluto trovare il modo di rendere suo padre presente. 
Da padre a figlio, da figlio a padre: è uno strano scambio, la paternità.
A Harry, nell’abbraccio di James, nei gesti di James, sembra sempre di ricevere più di quanto riesca a dare, come se fosse uno scambio perennemente iniquo.
«Comunque, non è finita qui, ovviamente» aggiunge James, sciogliendosi dall’abbraccio, «Devi scegliere una malandrinata, hanno parlato chiaro. Quello che forse non è chiaro è che la farai con me».
Harry ride continuando a fissare il pezzo di pergamena.
«Ho delle opzioni?» chiede con curiosità.
«Ne ho pensate alcune… ad esempio, ti ricordi quella volta in Cornovaglia quando con zio Ron ci siamo intrufolati a casa della vicina di zio Percy? Ecco, una cosa del genere».
«Era per una giusta causa, però» sghignazza Harry.
«Si per recuperare una Pluffa. Comunque anche questa sarà una giusta causa. Altrimenti…».
«Cosa?».
«Potresti insegnarmi a guidare. Solo tu ed io, però, senza Al e Lily tra i piedi».
Mentre osserva il volto speranzoso di suo figlio, Harry mette a fuoco una serie di immagini: Dudley che sulle ginocchia di zio Vernon muove il volante, Dudley che con suo padre accanto percorre Little Whinghin. 
È strano, pensa, come un uomo che ha tanto disprezzato sia la persona che maggiormente ha osservato fare il padre e come alcune immagini siano destinate a riproporsi.
«Non lo diciamo nemmeno alla mamma» promette Harry con un occhiolino complice.
«Potremmo andare domenica mentre loro restano dai nonni» aggiunge James mentre Harry annuisce. 
Lo osserva mentre riprende a guardarsi intorno, a maneggiare oggetti che ci sono lì dentro. 
«Un idiota a scuola mi ha chiesto se a casa nostra ci fosse qualche cimelio di Voldemort» gli dice infastidito mentre Harry si scopre arrabbiato ed inorridito al solo pensiero.
«Tu che gli hai risposto?».
«Gli ho detto di no ma ho detto che conserviamo veleno di Basilisco da somministrare agli ospiti indesiderati» ribatte con un sorriso.
«James!» esclama non trattenendo una risata.
«Se lo è meritato» afferma lapidario, aprendo distrattamente un’altra lettera.
«È difficile?» chiede Harry d’istinto, «Essere mio figlio, intendo».
James lo guarda accigliato ma esita un secondo prima di rispondere.
«No, pa’. È bello essere tuo figlio» afferma, poi, con convinzione.
«Ma…?».
«Non c’è un ma. Forse è stato soltanto difficile scoprire che il tuo eroe è anche quello di tutti gli altri» sentenzia con una semplicità tale da lasciare Harry senza parole.
Probabilmente non ha mai realizzato prima di essere stato l’eroe di suo figlio. Soffermandosi più sulle loro differenze che sulle loro somiglianze, non ha pienamente colto il modo in cui James lo ha sempre visto.
Del resto, anche per lui da ragazzo la somiglianza con suo padre era sempre stata un motivo di orgoglio, adorava sentirsi paragonare a suo padre. Soltanto crescendo e scoprendo i difetti del genitore, aveva dato una sorta di umanità al padre che prima vedeva come una sorta di divinità.
L’arrivo di Ginny interrompe i suoi pensieri e gli impedisce di rispondere. La moglie li invita a prepararsi per la piccola festicciola che ci sarà a breve.
«Vado a farmi una doccia prima che Lily entri di nuovo in bagno, altrimenti non sarò mai pronto» annuncia James, uscendo dalla stanza con aria melodrammatica facendo ridere i suoi genitori, consci entrambi della estrema lentezza di Lily Luna nel prepararsi.
«Domenica dai tuoi genitori James ed io vi raggiungiamo dopo. Abbiamo da fare» dice Harry a Ginny rivolgendo un’occhiata complice al figlio prima di vederlo scomparire su per le scale.
«Che cosa?» chiede sua moglie con aria inquisitoria.
«Questioni tra uomini, tra padre e figlio» ride Harry rigirandosi la pergamena tra le mani.
«Non fatevi male e non fate niente che disapproverei» commenta perentoria mentre legge una delle lettere sulla scrivania con aria di profondo disappunto.
«Posso farti una domanda?» chiede Harry a bruciapelo, riconquistando l’attenzione della moglie che annuisce incuriosita, «Hai mai notato che James mi considerasse il suo eroe da bambino?».
Il tono incredulo con cui pronuncia quelle parole fa scoppiare Ginny in una risata genuina, mentre gli allunga una carezza fissandolo con tenerezza.
«Harry, James ti considera ancora adesso il suo eroe».
«Io avevo sempre creduto che fosse Ron. Sai, lo zio divertente che lavora al negozio di scherzi e lo fa divertire…» commenta con ovvietà.
«Non è suo padre, però. Rassegnati, Potter. Sei l’uomo con cui tuo figlio misura il resto del mondo e non è facile essere alla tua altezza» conclude Ginny baciandogli la guancia e lasciandolo solo.
‘Com’è che si fa il padre?’ è una domanda costante, gli rimbomba in testa oggi più che mai. 
È padre da più di quindici anni ma non crede che avrà mai davvero una risposta definitiva. Per lui essere un padre è, più di ogni altra cosa, una questione di istinto con James, con Al, con Lily. 
È con l’istinto che risponde alle domande scomode dei suoi figli, che cerca di indicar loro una strada, di infondergli coraggio, di farli scoprire forti. 
Non saprà mai dire con certezza come si fa il padre. 
Ci saranno sempre domande nuove che i suoi figli gli porranno e non pensa di saper rispondere a tutte.Ormai è certo che la paternità, per lui, significa questo: tentare di dar loro risposte e certezze, andando a istinto, come ogni volta.

 

Figlio di chi è padre ormai,

libero camminerai,

e quando un padre tu sarai,

in tuo figlio un padre scoprirai.

Phil Collins - Figlio di un uomo
 


Note: Questa OS è nata dall'iniziativa Scrivimi del Gruppo Facebook Caffè e calderotti. La mia cara Traumerin_ mi ha assegnato questo prompt. 
Personaggi: Harry Potter, James Sirius Potter (obbligatorio!)
Prompt: “Saprai che i tuoi figli stanno crescendo, quando iniziano a fare domande che hanno delle risposte” (John J. Plomb)
Genere: slice of life .
Ho sempre avuto un po' un debole per Harry padre ma immagino che si sentirà sempre ancor più inadeguato in questo ruolo, non avendo sperimentato sulla propria pelle l'amore genitoriale. Dall'altro lato, nella mia mente James Sirius Potter ha sempre voluto vivere "come papà", molto più di Albus, che immagino del tutto diverso, e per questo ho sempre associato al loro rapporto la canzone che ho utilizzato in chiusura, che è la colonna sonora di Tarzan. Inoltre, la battuta di Ginny su ‘l’uomo con cui misura tutti gli altri’ è tratta dal film ‘Il matrimonio del mio migliore amico’.
Grazie ancora a chiunque avrà avuto la pazienza per leggere l'ennesima storia senza pretese.
F.

 
   
 
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