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Autore: time_wings    03/08/2020    1 recensioni
[In revisione]
Da… un capitolo:
“Ci siamo trovati sotto un cielo – certo, era simulato, ma questo conta poco – e ti avrei raccontato la storia più bella del mondo, quella che nessuno si prende mai la briga di raccontare perché la tranquillità e la pace forse non fanno la fama. Peccato che, al crescere della gioia, cresceva la più complessa e particolare delle emozioni: la fiducia.
Questa storia è tragica e il mio più grande rimpianto resta quello di averci creduto.
Forse, semplicemente, per noi non c’era speranza."

Questa storia, come molte altre, parla di una grande amicizia, di un amore nascosto, di un fratello abbandonato, di difficili addii. Certe cose nascono alla stazione di un treno, altre finiscono nello stesso posto. Dove ci porteranno? Be', avanti.
O… la storia di come “alla fiera dell'angst per due soldi un malandrino mio padre comprò”.
Genere: Angst, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Regulus Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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6. Come gocce di pioggia




31 agosto, 1971
 
“SILENZIO!”
La voce della donna tuonò tra le pareti soffocanti e scure che iniziavano già a stringersi a formare il corridoio.
Sirius, poco più che undicenne, si appellò a tutta la sua forza di volontà per alzare gli occhi su di lei. La donna ricambiò con uno sguardo deciso e che non ammetteva repliche.
Sirius, però, fece l’errore di prendersela con la forza, una replica. “Ho solo detto che non puoi saperlo,” disse, scrollando le spalle, come se non si trattasse della Nobile e Antichissima Casata Black, ma di scegliere tra un calzino nero e uno bianco.
Lanciò un veloce sguardo di lato: Regulus era appoggiato al muro. Tentava di apparire il più disinvolto possibile, ma detestava quelle volte in cui sua madre lo costringeva ad assistere alle ramanzine che propinava al fratello, glielo leggeva in faccia. Lei la pubblicizzava come la migliore forma di educazione, ma Sirius sospettava che avesse più a che fare con una sottile e sottintesa minaccia che suonava tanto come, ‘se ti azzardi a comportarti anche tu così, ecco cosa ti aspetta’.
Sirius la trovava la cosa più stupida sulla faccia della Terra: Regulus non avrebbe mai mosso un passo falso. Era semplicemente ovvio. 
Quello sguardo, occhi negli occhi, durò un attimo soltanto.
Sirius tornò a guardare sua madre, questa volta una scintilla di sfida gli ardeva negli occhi altrimenti disinteressati. In quel momento, seppe di averla fatta scattare.
Walburga Black raggiunse il figlio con un paio di falcate e Sirius, in una frazione di secondo, scosse la testa quasi divertito, quando vide il fratello sussultare.
La donna afferrò il figlio per il colletto della camicia stirata, che lui aveva alzato come poco si conveniva per un nobile, e lo costrinse, in punta di piedi, a fronteggiarla. Un lampo di timore vagò il tempo della sorpresa nello sguardo di Sirius, poi si spense di nuovo per far posto alla faccia tosta che aveva meticolosamente affinato negli anni.
“Tu varcherai la soglia di quella scuola portando alto il tuo cognome,” spiegò Walburga, gli occhi iniettati di furia e minaccia, “e, quando la varcherai un’ultima volta,” il tono della donna si abbassava di secondo in secondo, “lo farai come Caposcuola della casa dei Serpeverde. Allora, e solo allora, sarai pronto a ereditare questa casa.”
Sirius alzò gli occhi al cielo e sbuffò divertito. “Poi,” continuò per lei, mantenendo il tono cantilenante della madre, “sposerò una donna purosangue, che faccia parte delle ventotto famiglie sacre, forse… Bellatrix, che dici? A quel punto mi comprerò un bulldog francese a cui lasciare l’immensa e doratissima ricchezza della Nobile e Antichissima…”
Sirius non ebbe il tempo di concludere la recita di quel progetto, perché Walburga lo lasciò andare con uno scatto e si allontanò da lui quel tanto che bastava per puntargli contro la bacchetta.
Sirius la guardò disorientato per un attimo; sapeva di essersi spinto più in là delle altre volte, ma sua madre era sempre stata incline alle punizioni ‘alla babbana’, che non prevedevano incantesimi.
Spostò lo sguardo veloce su Regulus, vergognandosi, solo per un attimo, di quanto dovesse sembrare supplichevole.
“Stai attento, sai che non ti conviene provocarmi.”
E Sirius sapeva bene che non gli conveniva, ma presto sarebbe andato a Hogwarts, avrebbe passato la maggior parte dellʼanno lontano da quella casa enorme ma asfissiante. Non riuscì proprio a evitare che la trepidazione scoppiasse in una risata derisoria.
“Dai, avanti, colpisci, capirai che...”
Stupeficium!” gridò la donna, con voce acuta e intrisa di sdegno.
E Sirius perse i sensi.
 
Non seppe bene quanto tempo fosse passato, quando schiuse un occhio e, ancora spossato, si ritrovò ancora il viso sfigurato dalla rabbia di sua madre, che lo fissava dall’alto. “Le case, a Hogwarts, sono quattro,” spiegò la donna, come se avesse voluto essere così gentile da impartirgli una lezione su come funzionavano le cose a scuola. Sirius si tastò la testa nel punto in cui pulsava furiosamente. Aveva ancora la vista annebbiata.
“Fa’ in modo di finire in quella giusta,” aggiunse infine, sferrando il vero attacco, “altrimenti saranno guai.” Walburga girò i tacchi e si diresse al piano superiore.
Regulus, invece, sembrò contare i secondi. Quando ritenne la conta soddisfacente, corse dal fratello e si inginocchiò sulle assi di legno lucidate della casata Black.
Sirius alzò una mano e la poggiò sulla spalla di Regulus: la usò per tirarsi su, ma nel mentre pronunciò fievole: “Sto bene, tranquillo, non ho bisogno di aiuto.”
Regulus inclinò la testa su un lato e aggrottò la fronte. “Perché fai così?” domandò, ignorando le proteste di suo fratello, mentre lo spingeva gentilmente verso la parete del corridoio, per farlo stare seduto.
“Perché cerco di farla ragionare, intendi?”
Regulus soffiò una risata appena abbozzata, ma non sembrava divertito, solo seccato dalle moine del fratello. “Perché la provochi, vorrai dire.”
Sirius scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. “Io non c’entro niente qui,” esalò, tenendo ancora lo sguardo sul soffitto ed esaminando con falso interesse i ghirigori e gli intarsi. Non ebbe modo di vedere il fratello stringere le labbra, né di rendersi conto che, in qualche modo, stava ferendo anche lui.
“Già.”
Sirius riabbassò lo sguardo su Regulus, un luccichio divertito gli balenò negli occhi. “Ehi, ti va se faccio di nuovo quella cosa?”
Un nuovo sorriso piegò le labbra del ragazzino, ma non raggiunse gli occhi. Annuì, però, accennando col capo al parquet, come a dire che era pronto a vederlo procedere.
Sirius mosse una mano in avanti e piccoli fiocchi di neve caddero a cascata sulle assi di legno della casata Black.
Regulus e Sirius sorrisero all’unisono, fissando gli occhi sul ghiaccio che fluttuava.
Un velo di tristezza, però, si era posato sulle iridi gemelle.
 
***
 
Pssst,” James Potter, con una capigliatura interessante che vedeva metà dei suoi capelli appiccicati alla testa e l’altra metà più incasinata del solito, non riuscì del tutto a sussurrare quel richiamo, risultando curiosamente incoerente. Gli occhi scuri e divertiti brillavano da dietro le lenti quadrate degli occhiali che aveva messo di fretta sul naso e che pendevano sul lato destro. “Sirius, ehi.”
Un grugnito stanco si liberò da sotto le coperte. Ma non da quelle del letto di Sirius, bensì di Remus. “Che vuoi, James?”
“Remus Lupin!” tuonò il ragazzo, allargando le gambe come uno schermidore e alzando una mano su un fianco in una maniera che lo faceva apparire piuttosto buffo. La bacchetta puntava dritta dritta al naso dell’amico. “Oggi è tempo di duellare,” aggiunse, il che rese chiaro, agli occhi ancora annebbiati dal sonno di Remus, il perché di tanto entusiasmo. “Forza, attacca!” lo esortò, riuscendo solo a guadagnare un ennesimo grugnito da parte di Remus, che si voltò a dargli le spalle, totalmente incurante della bacchetta che gli veniva ancora puntata contro.
James alzò gli occhi al cielo e, frustrato, mosse la mano armata in direzione del letto di Peter. Con un colpetto veloce della bacchetta gli tirò le coperte di dosso.
“Avanti, Pete, è il grande giorno.”
“Vaffanculo, James,” biascicò l’altro, risollevando il piumino fin sopra alla testa, più deciso che mai a continuare a dormire.
James si preoccupò di richiamare a sé tutto il suo coraggio Grifondoro, quando alzò una mano sulla testa di Sirius, che non sembrava essere rimasto particolarmente colpito da tutto quel baccano. Sapeva che quello che stava per fare era proibito, vietato, inammissibile fra di loro, ma Sirius andava svegliato al più presto, perché James voleva duellare.
“Io eviterei,” Remus si alzò a sedere, sfregando una mano su un occhio, incapace di scrollarsi di dosso il sonno residuo. Ormai aveva capito che non c’era verso di guadagnare qualche minuto in più di sonno.
James scrollò la testa solenne e si strinse nelle spalle, perché quella era una questione importante e andava sbrigata al più presto. Così inspirò e Remus abbozzò un sorriso per la gravità che James stava deliberatamente dando a tutta quella situazione, poi si preparò a osservare la scena, perché sapeva che ci sarebbe stato da ridere.
“Ehi, Pete,” chiamò infatti, lanciandogli un cuscino e riuscendo a prenderlo in pieno sulla testa bionda. Il ragazzo si lamentò, ma continuò a dormire.
James non poteva aspettare un attimo di più: abbassò la mano sulla testa di Sirius e gli arruffò violentemente i capelli, spargendoglieli ovunque, anche nel naso.
Sirius sospirò, sembrava ancora troppo incosciente per arrabbiarsi. “James,” mormorò, muovendo una mano verso il cuscino, “scegli come vuoi morire,” sentenziò poi, con voce ancora impastata dal sonno e gli occhi chiusi. Dal tono sembrava che gli stesse chiedendo di abbracciarlo.
Remus e James risero e, per un attimo, non successe nulla.
Fu nell’attimo successivo che le cose presero una piega che i capelli di Sirius avevano perso ormai da qualche secondo.
Tolse la mano da sotto il cuscino e sfruttò il fatto che James gli fosse praticamente steso addosso per ribaltare le posizioni e sedersi sopra di lui. Pareva che Sirius avesse questa inutile abitudine a dormire con la bacchetta sotto il cuscino, perché era quella che aveva afferrato qualche minuto prima e che adesso gli puntava sulla faccia.
Il sonno sembrava aver già abbandonato i suoi occhi, che invece brillavano di rabbia e di un sadico divertimento. “Se c’è una cosa che mi dà fastidio…” iniziò il ragazzo, prima che James lo interrompesse.
“È esattamente per questo che l’ho fatto,” rispose, come se non si fosse trovato in posizione di svantaggio. A riprova della sua sfacciataggine, James afferrò il polso con cui Sirius reggeva la bacchetta e lottò per deviarla dalla sua faccia, perché era piuttosto sicuro che non avesse intenzione di limitarsi alle minacce. “È una cosa importante,” tentò di spiegarsi, “oggi ci sono i duelli.”
“Stai già perdendo il tuo, Potter,” Sirius si passò divertito la lingua sui denti, mentre continuava a lottare con James.
“La prossima volta che m’ignori te li taglio, Black,” ribatté il ragazzo, che se la stava proprio spassando.
“Tu provaci, te la faccio ingoiare,” gli tenne testa Sirius e batté la lingua contro la guancia un paio di volte, in una maniera per cui molte fanciulle avrebbero perso la testa, ma che a James fece capire in modo più che eloquente che si riferiva alla foglia che aveva dovuto tenere in bocca per svariati mesi. Rabbrividì e arricciò le labbra in una smorfia disgustata, fissandolo.
Expelliarmus,” disse semplicemente Remus, calmo e all’apparenza un po’ annoiato e Sirius vide la sua bacchetta compiere una parabola perfetta fino ad atterrare nella mano dell’amico.
“Ehi!”
Remus scrollò le spalle e ridacchiò.
“Grazie!” James si voltò felice nella sua direzione, “alla babbana?” domandò poi, ancora bloccato sotto il peso di Sirius.
Lui annuì e, senza esitare, i due iniziarono a lottare.
 
***
 
“Ci tengo che rispettiate le regole,” la voce cantilenante e cadenzata del professor Jigger rimbalzava tra le mura della grande classe di Difesa Contro le Arti Oscure. “Il duello non consiste in una barbara sfilza di incantesimi con cui attaccare il nemico,” continuò, ripetendo quelle parole senza la minima emozione nella voce, come se qualcuno l’avesse piazzato lì vent’anni prima e gli avesse detto di recitare quelle istruzioni da allora, “dovete essere scaltri e distinguere il momento della difesa da quello dell’attacco.”
Sirius sbuffò sonoramente, dal suo posto accanto a James. Se non fossero stati in piedi e tutti i banchi non fossero stati spostati di lato per consentire una lezione più dinamica, Sirius era sicuro che avrebbe passato metà del tempo a chiedersi se avessero intenzione di passare alla pratica.
“Vi è consentito usare qualunque incantesimo studiato finora, con alcuni divieti.”
James inspirò affranto e scambiò un veloce sguardo col suo migliore amico.
“Incantesimi che non rientrano nel programma del primo, del secondo e del terzo anno sono proibiti. Sono ammessi incantesimi che studieremo più avanti, nel corso dell’anno scolastico corrente, chi sono io per impedirvi di studiare di più?”
Qualcuno nella classe rise e Sirius pensò che avrebbe dovuto rivalutare il suo concetto di ironia. Quando notò che quel qualcuno era Lily Evans ne fu sicuro.
“Non potete appiccare incendi o attaccare il compagno avversario col fuoco, non potete interferire in altri combattimenti, non potete distruggere la classe in nessuna maniera e non potete evocare animali per attaccare.”
“Peccato, avevo proprio intenzione di evocare un lupo domestico,” scherzò Sirius e una parte consistente della classe ridacchiò. Quando Lily Evans alzò gli occhi al cielo, seccata, Sirius pensò che quella ragazza avesse bisogno d’aiuto. Tuttavia, solo altre tre persone in quella classe ebbero modo di cogliere il senso profondo della battuta. Remus ebbe una voglia matta di scambiare partner con James solo per fargliela pagare.
“Sono serio, signor Black,” Arsenius Jigger lo ammonì con lo sguardo.
“Lo sono anch’io, professore, di nome e di fatto.”
Altre risate si diffusero nell’aula e il professore decise di ignorarlo, perché conosceva bene le conseguenze di quelle discussioni: perdita di tempo e detenzioni.
“Iniziamo,” prese di nuovo parola Jigger, la voce già stanca per la noiosissima ora che lo attendeva, “posizionatevi di fronte al vostro compagno e ricordate di inchinarvi prima di dare inizio al duello.”
Un mormorio concitato si diffuse nell’aula. Peter lanciò un’occhiata preoccupata a Remus, chiedendosi se non fosse il caso di darsela a gambe. Il ragazzo, però, gli sorrise incoraggiante e si inchinò. Peter lo imitò in maniera un po’ goffa.
Everte Statim!
Come c’era da aspettarsi, James e Sirius non attesero neanche un attimo per cominciare. Nulla di ciò che aveva detto James violava le regole, ma nessuno avrebbe mai iniziato in maniera così violenta un duello amichevole. Il professor Jigger alzò gli occhi al cielo e comprese, suo malgrado, di dover tenere d’occhio quei due.
“Bastardo,” sibilò Sirius, muovendo la bacchetta davanti a sé e spedendo indietro l’incantesimo. James alzò una mano e mitigò il contrattacco. “Aqua Eructo,” sussurrò lui, che voleva evitare di dare tempo a James per capire cosa avesse in mente e cercò quindi di non farsi sentire.
Un cascata d’acqua si riversò su di lui, che, punto sul vivo, fu costretto a togliersi gli occhiali. Prima che Sirius avesse modo di sfruttare quello stallo per riversargli addosso una forma facilitata e ammessa di uno schiantesimo, James roteò la mano con cui reggeva la bacchetta alla cieca e sfruttò la gocce rimaste per rispedirgliele a mulinello.
Fu così che, dopo cinque minuti di duelli, Sirius e James erano già fradici.
“Hai freddo?” domandò James e Sirius scosse la testa e gli puntò contro la bacchetta, perché sapeva cosa stava per fare.
“Parla di meno e non rivelare le tue prossime mosse.”
Ventus,” chiamò James e, pur aspettandoselo, Sirius non riuscì a deviare il turbine d’aria che lo schiaffeggiò.
James mosse di nuovo la bacchetta, spedendo un’altra spirale di vento addosso al compagno. Sirius lo trovò un buon momento per testare la flessibilità delle regole del professor Jigger, perché questa volta si difese, scrollandosi di dosso l’aria molesta e spedendola ai lati.
La cosa ebbe chiaramente un effetto sugli altri duellanti. In particolare su Remus, che non riuscì a gestire la ventata e l’attacco di Peter insieme e cadde su un ginocchio. Fece un sorriso al suo avversario, però, perché a Peter brillavano un po’ gli occhi.
Expelliarmus!” e James si difese. Sirius riattaccò con lo stesso incantesimo, avvicinandosi a ogni attacco e dando all’amico solo la possibilità di difendersi nell’intervallo tra un tentativo di disarmo e un altro. James sorrise, ancora con la bacchetta in mano, perché era stato in grado di pararle tutte. I due si guardarono per un attimo, poi annuirono e attaccarono insieme. Dalla collisione di incantesimi volarono scintille, che si diffusero verso l’alto, scendendo a fontana.
Il professor Jigger sospirò pesantemente, battendosi una mano sulla fronte e ringraziando la sua buona stella per aver fatto in modo che quella lezione fosse stata organizzata in compresenza con i Tassorosso e non i Serpeverde. Poi si voltò nella direzione di James e Sirius e si decise a fermarli.
La lezione si concluse prevedibilmente con una cascata di scintille non necessarie, che il professor Jigger decretò troppo simili al fuoco, e due detenzioni.
 
***
 
“E poi si è messa a urlare, ma non c’era più molto che potesse fare,” Sirius scrollò le spalle e si riassestò la tracolla della borsa sulla spalla.
Erano di ritorno alla Torre di Grifondoro, dopo la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure. 
Peter sgranò gli occhi, sconvolto. “L’hai fatto davvero?” Un misto di ammirazione e paura gli brillava nello sguardo e Remus, qualche passo dietro di loro, sospirò rassegnato.
Sirius annuì orgoglioso e gli occhi di Peter continuarono a crescere in volume.
“Hai attaccato poster di babbane in bikini sulle pareti della tua stanza?”
Sirius annuì ancora, un sorriso furbo che si allargava sulle sue labbra.
“Un incantesimo di adesione permanente sulle pareti della tua stanza?”
“Sì, Peter,” si intromise James, appoggiando un braccio sulle sue spalle e tirandolo a sé per arruffargli i capelli, “ora puoi smettere di sbavare.”
“Oh, no,” tubò ironico lui, “quello è un compito che lascio a Marlene McKinnon.”
L’espressione prima così fiera e rilassata di Sirius vacillò per un secondo, poi aggrottò la fronte e fissò lo sguardo su Peter, interrompendo la passeggiata per i corridoi per una lunga occhiataccia. “Che c’entra?”
“Dimmelo tu,” ribatté Peter, con una scrollata di spalle. “Secondo me le piaci.”
“E tu la incoraggi,” si unì Remus a dare man forte al suo amico e sorridendo furbo a Sirius. Il ragazzo si voltò verso di lui e scosse la testa, ma non ebbe mai modo di rispondere alla provocazione, perché James incappò in qualcosa che richiedeva la sua più completa attenzione. Ad essere più precisi, in qualcuno.
“Guarda chi si vede,” un autentico ghigno si dipinse sul volto di James. Sirius inclinò la testa su un lato e il sorriso che si formò sul suo, di volto, sembrava più ironico e strafottente. Peter conosceva quell’atmosfera e sapeva di doversi fare da parte, così raggiunse Remus e gli riservò un’occhiata consapevole.
Gli studenti che si trovarono a passare per quel corridoio gettarono sguardi fugaci alla situazione, qualcuno si fermò addirittura a guardare.
“Ragazzi,” tentò Lupin. Sapeva che era totalmente inutile, ma ogni volta ci provava. Non aveva mai avuto grandi problemi con le teste calde di James e Sirius. In primo luogo perché, anche se loro non ci facevano caso, aveva una presa sulla situazione molto più salda di quanto pensassero, soprattutto su Sirius e sui suoi scatti insani.
E poi, a essere onesti, andare in giro a fare scherzi e combinare guai era uno dei primari interessi anche di Remus. Il fatto che lo desse meno a vedere non significava in nessuna maniera che venisse trascinato o costretto a prendervi parte. E, per finire, non essere bersaglio di trucchi simpatici significava godere di quella lealtà e unione che esisteva solo tra loro quattro.
Insomma, Remus ci aveva pensato a lungo e si era reso conto che non si era semplicemente accontentato di loro perché l’avevano accettato o si erano avvicinati a lui in primo luogo: ci si trovava benissimo per davvero.
C’era solo un neo, in tutta quella situazione, ed era la loro divergenza di idee sui metodi che usavano contro Severus Piton. Quando si trattava di prendersela con l’intera casa Serpeverde gli andava più che bene. Li detestava, li trovava a dire il vero anche un po’ ridicoli e gli scherzi a loro sfavore risultavano sempre i più geniali e stimolanti, ma quando il bersaglio era solo Mocciosus le cose si complicavano.
Piton era insopportabile, su questo non c’era nulla da discutere, e non gli faceva così tanta pena da fargli venir voglia di prendere l’iniziativa e fermarli, ma erano i metodi a non piacergli affatto.
Peter sembrava solo ammirato dalla quantità diversa di incantesimi che testavano contro di lui.
Sirius aveva sempre seguito ciecamente James in quell’astio, perché per lui era un’evidente occasione per coalizzarsi col suo migliore amico e perché, ovviamente, era convinto che Piton fosse invidioso di loro. 
Ma i motivi di James non li aveva mai capiti fino in fondo, soprattutto con i suoi principi.
Sospirò rassegnato per l’ennesima volta in quei minuti, e notò ancora come le loro posture cambiassero sempre visibilmente in presenza di Piton.
“Ho sentito della detenzione, Potter, vi hanno affidato i bagni?”
Provocarli non fu una bella mossa. Era accompagnato da Mulciber e Avery, due compagni Serpeverde che indossavano un ghigno a testa e tanta voglia di mettere in pratica gli insegnamenti delle loro ultime lezioni passate a duellare.
“No, quello è il tuo habitat naturale, Mocciosus,” ringhiò Sirius, tra i denti. Il sorriso sfacciato sul suo volto si era solo affilato.
I cinque ragazzi avevano le banchette puntate tutte contro i loro avversari e i compagni nei corridoi attendevano col fiato sospeso che la tensione scoppiasse. Muoversi di lì era fuori discussione. Era come pestare un rametto in presenza di una creatura pericolosa. Remus ne sapeva qualcosa.
James e Sirius si scambiarono un’ultima occhiata complice, prima di agire.
Furono veloci in maniera impressionante.
Levicorpus!” gridò James e Sirius lanciò incantesimi alla rinfusa a Mulciber e Avery a una velocità che fece chiedere a entrambi se non stesse reggendo due bacchette.
La sorte peggiore toccò a Piton. Il ragazzo sgranò gli occhi sconvolto e non ebbe modo di replicare. Si trovò a penzolare a testa in giù nel bel mezzo del corridoio e la bacchetta gli cadde di mano.
Sirius si voltò di scatto verso James, aggrottando le sopracciglia e lanciando un’occhiata veloce a Piton. Mulciber e Avery rimasero ugualmente stupefatti.
“Quindi è questo che fa, Mocciosus. Ottima trovata, peccato che non sia più solo tuo.”
Piton si divincolò e ringhiò frustrato. James inclinò la testa su un lato e scrollò le spalle.
“Se vuoi scendere basta chiedere.”
“Potter, ti…”
La mano di James scattò verso l’alto. “Liberacorpus,” chiamò e Piton atterrò sul pavimento di pietra di Hogwarts con un tonfo.
Remus, che era rimasto a guardare la scena a braccia conserte, alzò lo sguardo su Sirius e, per un attimo, sperò che avesse trovato un po’ di senno.
Si sbagliò. 
Sirius fischiò con approvazione e alzò un angolo della bocca in un sorriso obliquo. “Fatti aiutare dai tuoi amici a rimetterti in piedi,” sibilò, accennando col capo al punto in cui Mulciber e Avery erano scomparsi, temendo di dover sperimentare sulla loro pelle un incantesimo di cui, chiaramente, non afferravano le coordinate.
James fece un cenno a Sirius e, insieme, si allontanarono verso la Torre di Grifondoro.
 
***
 
Peter stava sudando tutta l'acqua che aveva bevuto a cena.
Allineò la sua falena con l’apertura della fiala, poi strizzò gli occhi dal disgusto e la lasciò cadere. Un sonoro ploff gli annunciò che aveva fatto centro.
James, accanto a lui, diede una piccola scossa alla sua fiala e la osservò attraverso la luce fievole di una delle lanterne che illuminavano il corridoio.
Erano passati sei mesi da quando si erano appiccicati in bocca la foglia di mandragora ed erano sette giorni che si svegliavano all’alba per recarsi nella Foresta Proibita in cerca di rugiada da aggiungere alla pozione, protetti chiaramente dal mantello dell’invisibilità di James. La foglia sarebbe dovuta rimanere in ammollo solo per un mese, ma avevano avuto vari incidenti di percorso e, una volta, avevano dovuto addirittura ripetere la procedura, perché a quanto pareva nella fiala di James era entrata della rugiada che era stata toccata dal sole. La sua pozione aveva preso un colore blu intenso che non era in nessun modo previsto dalle istruzioni.
Avevano ricominciato tutti daccapo per pura solidarietà.
Finalmente, però, all’alba di maggio, quella lunga serie di rituali apparentemente privi di senso era finita e una stagione spoglia di acquazzoni era appena iniziata.
Grandioso.
L’aggiunta di una crisalide di sfinge di testa di morto alla fiala era l’ultimo essenziale ingrediente. L’accozzaglia di libri e informazioni che avevano messo insieme per oltre un anno, a quel punto, prevedeva la fase più complessa e aleatoria del processo e Peter non era sicuro che nascondersi in una classe del castello rendesse le cose più tranquille.
“Bene, previsioni del meteo dei prossimi mesi?” domandò Sirius, chinato su uno spigolo di un banco, perché era arrivato il turno della sua falena.
James lo squadrò per un attimo impensierito. “Mi spieghi perché devi fare tutte le cose delicate in bilico?” gli domandò, poi, con un sopracciglio inarcato e un sorriso sulle labbra.
Sirius si voltò verso di lui di scatto, sfiorando con il gomito la fiala in posizione precaria. Peter per poco non si mise a urlare. Sirius notò compiaciuto che lo scherzo era andato a segno e sorrise furbo, prima di tornare al suo compito.
“Bene,” esalò, dopo qualche attimo di concentrato posizionamento di falena. “Ora abbiamo un problema.”
James alzò una mano ad arruffarsi i capelli, in un silenzio concentrato.
“Un Oblivion?” propose Peter, stringendosi nelle spalle e aspettando un verdetto. James e Sirius sembrarono pensarci su.
Il problema di quella fase così delicata del processo per diventare Animagi era che questa fiala pareva andasse nascosta in un posto tranquillo e buio. A Hogwarts non era certo difficile trovare un luogo che rispondesse al criterio, ma il nodo era che, a quel punto, avrebbero dovuto aspettare il temporale successivo e, nell’attesa, non visitare in nessun modo il luogo in cui era stata nascosta la fiala. Oltre che trovare un posto per cui non sarebbero mai passati, neanche per caso, i ragazzi avrebbero avuto un incredibile e insormontabile impedimento: non avrebbero potuto neanche pensare alla fiala.
“Sarebbe anche una buona idea,” considerò James, riferendosi all’incantesimo di memoria che aveva proposto Peter.
“Il problema è che se io cancello la memoria a te e James la cancella a me, nessuno potrà più cancellarla a lui,” spiegò Sirius, che aveva lasciato la sua fiala ancora in bilico e aveva raggiunto i suoi amici, seduti a gambe incrociate sul pavimento. La luce tremolante del fuoco gli si rifletteva negli occhi in una maniera un po’ sinistra.
“E poi, anche se riuscissimo a trovare un modo per dimenticare temporaneamente la fiala, nessuno potrebbe annullare l’incantesimo e ce ne dimenticheremmo per sempre,” continuò James, che adesso aveva entrambe le mani nei capelli e i gomiti a terra, frustrato.
Seguì un silenzio snervante. Se Gazza fosse passato lì davanti, sarebbe probabilmente riuscito a sentire il ronzio dei loro cervelli che si spremevano come forsennati.
All’improvviso, senza alcun preavviso, Sirius mosse veloce la bacchetta verso un armadietto della stanza, evocando silenziosamente un pennarello blu. Peter e James alzarono uno sguardo interrogativo su di lui. Le sue labbra si piegarono in un sorriso furbo. “Facciamo scommesse?”
“Eh?”
“Non dobbiamo pensare alle nostre fiale, dico bene?”
James e Peter annuirono in contemporanea, ma un sorriso strano andava già espandendosi sul viso di James. Non aveva del tutto inteso dove volesse andare a parare Sirius, ma sembrava averlo capito intuitivamente al volo. Quella specie di connessione, ultimamente, non era una novità.
“Benissimo, se trovassimo un modo per non avere idea di com’è fatta la fiala non avremmo assolutamente modo di pensarla, ma riusciremmo comunque a mantenerne il ricordo.”
James annuì, iniziando ad afferrare sempre più velocemente e illuminandosi di secondo in secondo.
“Scommettiamo,” Sirius fece spallucce e porse il pennarello blu ai ragazzi.
“Non ti seguo, Sirius,” si intromise Peter, la fronte aggrottata per lo sforzo e la concentrazione.
“Vuole fare scommesse sulle nostre future forme da Animagus,” spiegò James, lanciando un’occhiata divertita a Sirius. “Se le scriviamo sulle fiale di un altro, saremo in grado di ricordare le nostre solo per com’erano prima che si riempissero di scritte.”
Peter comprese al volo. “E a quel punto chi l’ha manomessa andrà a nasconderla in un posto buio e tranquillo, come da manuale!” concluse il ragazzo.
James annuì, perché finalmente il loro piano era concluso, quando un pensiero stupido ma necessario gli attraversò la mente. “Passiamo la maggior parte del tempo insieme, ma se c’è qualche luogo in cui andate spesso che non conosciamo dovreste dirlo,” li avvertì e Peter si limitò a scrollare le spalle.
Per qualche attimo, nessuno parlò.
“Ehm, con me evitate la Torre di Astronomia,” disse Sirius, in un sussurro.
James inarcò un sopracciglio. “Perché?”
Sirius si limitò a scuotere la testa, come se assieme a una pozione stesse fabbricando anche un nuovo segreto. “Evitate,” comandò semplicemente e James si limitò a scrollare le spalle.
“Allora niente Torre di Astronomia per Romeo, con me evitate il dormitorio delle ragazze,” scherzò James, guadagnandosi un pennarello dietro la nuca da parte di Sirius.
“Bene, i termini della scommessa verranno redatti in seguito, scriviamo?”
La fiala di Peter andò nelle mani di James, la cui pozione, invece, finì suo malgrado in mano a Sirius, lasciando un’ultima coppia disponibile.
“Pete, stai attento, lì dentro ci sono la mia saliva e i miei capelli, qualcuno potrebbe clonarmi,” lo avvertì Sirius, quando gli consegnò la sua fiala.
“Credo che un solo Sirius sia abbastanza,” considerò Peter, accettando tra le mani la fiala che era stata più in bilico nella storia delle fiale. 
Dopo aver scribacchiato di fretta qualcosa sui vetri, i ragazzi intascarono il bottino e si guardarono per qualche attimo. “Ingegnatevi,” diede istruzioni James. “Se il luogo che avete in mente verrà aperto solo domani, non ditelo e basta. Fingete di andare a nasconderla.”
Sirius, James e Peter uscirono silenziosi dalla classe in cui si erano rintanati, si diedero un ultimo sguardo attorno e pregarono con tutto il cuore che Gazza non avesse intenzione di disturbarli durante la loro prima missione seria.
A un incrocio di corridoi si liberarono del mantello dell’invisibilità e presero tre direzioni diverse.
 
***
 
31 agosto, 1971
 
Regulus osservava con ammirazione le gocce di pioggia che cadevano silenziose sul marciapiede di Grimmauld Place. Si era rintanato nella sua stanza subito dopo cena e nessuno aveva mosso particolari obiezioni. Non aveva neanche avuto bisogno di parlare, a dire il vero, perché un’altra cena terribile era stata consumata in casa Black e Walburga si era limitata a sparecchiare con un gesto stizzito della bacchetta, invitando tutti a togliere il disturbo.
Sua madre aveva rivelato a Orion della lingua lunga di suo fratello di quel pomeriggio e Sirius non si era lasciato scappare l’occasione di dimostrare di nuovo… qualunque cosa ci tenesse tanto a dimostrare.
Regulus era particolarmente infastidito da quella sua innata voglia di provocare e, soprattutto, non ci vedeva alcuna ragione. Spesso trovava il suo modo di fare mille volte più snervante di quello che tanto denunciava. Non gli mancava niente, aveva letteralmente tutto e trovava comunque il modo di lamentarsi. Non lo capiva, quella continua negazione in fondo lo offendeva, colpiva anche lui e gli sembrava tutta una messa in scena, inventata di sana pianta per il gusto di andare contro ciò che gli veniva detto di fare, come se questo l’avesse potuto rendere più intelligente.
Eppure, quando erano soli, Regulus ci cascava sempre. Suo fratello aveva un’innata tendenza a farsi voler bene, quando decideva che qualcuno gli andasse a genio e la lealtà che ne seguiva costringeva spesso Regulus a perdonargli tutto, anche le non troppo velate ammissioni sull’odio che provava su qualunque cosa appartenesse alle quattro, immense mura del numero 12 di Grimmauld Place.
Peccato che a quelle quattro, immense mura appartenesse anche lui! 
Una sonora bussata alla porta lo costrinse a distogliere lo sguardo dalla finestra appannata, dove alcune gocce di pioggia si erano attardate su un percorso che si divertiva a indovinare.
“Si può?” Sirius non attese una risposta per sgusciare nella stanza del fratello. Regulus però aveva annuito. “Non si scappa così facilmente,” scherzò ancora, ma Regulus scrollò le spalle e tornò a osservare le gocce di pioggia che gareggiavano sul vetro.
“Sei arrabbiato con me, vero?” Sirius sorrideva consapevole, una traccia di ironia gli striava il tono, ma non lo rendeva spiacevole.
“Non hai fatto nulla di nuovo,” lo colpì velatamente Regulus, con un’ennesima scrollata di spalle incurante solo per un occhio non esperto.
Sirius si lasciò cadere sul letto del fratello e sospirò. “Ma sei arrabbiato con me.”
Regulus si voltò di scatto, negli occhi c’era riflessa con chiarezza tutta l’irritazione che negava. “Non aspetti altro che andartene. Finalmente potrai farlo. Sei felice, no?”
“Da morire.”
Regulus si lasciò scappare un suono a metà tra uno sbuffo e una risata. “Appunto.”
Sirius sembrò capire e ridacchiò, il che mise a dura prova i nervi di suo fratello. “Ascolta,” il ragazzino tornò serio e un velo di imbarazzo gli si posò sulle guance, “quando dico con tutta questa leggerezza che detesto questo posto e, soprattutto, quando lo dico a te,” specificò, abbassando il capo e alzando gli occhi su di lui, con un sorriso a metà, “lo faccio perchè ovviamente rientri nelle cose che non odio,” Regulus alzò uno sguardo sconcertato sul fratello, che intanto si era avvicinato a lui. “Non vedo l’ora che arrivi anche la tua lettera, così avremo un posto tutto per noi per essere felici,” concluse, portando una mano ad arruffargli i capelli.
Regulus si scrollò di dosso la mano del fratello e si lasciò scappare una risata.
Osservò il percorso curioso di due gocce che, a metà finestra, si incontrarono a fondersi in una.
“Quindi non vuoi abbandonarmi?”
Sirius rise sguaiato. Avrebbe fatto venire i brividi e altre cinque rughe alla madre, se l’avesse sentito. “Scordatelo. Sei mio fratello,” disse poi, dirigendosi verso la porta e facendo scattare il pomello per uscire. “Vado a preparare il baule per domani, perlustro la zona prima che arrivi anche tu,” promise, strizzandogli un occhio e richiudendosi la porta alle spalle.
Regulus rise tra sé, tornando con lo sguardo sul viale per godersi uno degli ultimi temporali estivi.
Proprio sul fondo della finestra, tra i riquadri in ferro battuto, giunsero in quel momento le gocce che si erano unite al centro. Regulus notò con sorpresa che a un certo punto si dovevano essere separate e aver preso percorsi diversi, perché si arrestarono ai due angoli opposti del suo davanzale, infrangendosi sul cemento.
Un brivido che non riuscì a spiegarsi gli percorse la schiena.






 

Note di El: Ciao, note rozze.
Il finale della prima scena è liberamente ispirato a due cose: frozen palesemente e questa fanart qui, ovviamente con ambientazioni e situazioni diverse perché ho realizzato dopo che mi stavo ispirando a qualcosa. Ok, basta. Salutate Jigger, che i professori di difesa contro le arti kttv cambiano ogni anno. Ciao, Jigger, sarà difficile sostituirti. Ah, e lo so che non si dovrebbero fare battute sul nome di Sirius in italiano, ma ragazzi, vi giuro che è capitata, non l'ho prevista. Sorry.
 Per i più curiosi, l'incantesimo per far muovere le cose a mulinello si chiama "Circumrota", potete andare a circumrotare tutti.
Ah, ultima cosa, la questione di levicorpus ha una spiegazione, datemi tempo.
Vabbbbè, detto ciò davvero grazie come al solito per aver letto <3
Adieu,


El.


 
   
 
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