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Autore: Carme93    03/08/2020    4 recensioni
Anno 1979. In Inghilterra la guerra contro Lord Voldermort è nel pieno, ma tra le sicure mura di Hogwarts è difficile accorgersene.
Felix Cohen, come molti suoi compagni, comprende veramente il significato della parola 'guerra' quando una partita di Quidditch rischia di trasformarsi in tragedia.
La colpa ricadrà su di lui e non gli resterà altro che dimostrare la propria innocenza.
[Questa storia si è classificata ottava a pari merito al contest "The one about Slytherins" indetto da Soficoifiocchi sul forum di EFP]
Genere: Azione, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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[Questa storia si è classificata ottava a pari merito al contest "The one about Slytherins" indetto da Soficoifiocchi sul forum di EFP]


 



Tutto da dimostrare
 




Nome su Efp/Forum: Carme93
Titolo: Tutto da dimostrare
Personaggi: Nuovo Personaggio
 




 
Felix ha quindici anni e nella sua vita non aveva mai assistito a una scena come quella: le gride dei Grifondoro feriti ancora echeggiavano nella sua testa.
Felix ha quindici anni e in lui si è insinuata per la prima volta la consapevolezza che la guerra non è una parola che si legge sui giornali, ma qualcosa di reale. Qualcosa di raccapricciante.
Felix ha quindici anni e non ha mai avuto tanta paura.
Il Capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde, Richard Warner, era rigido e apparentemente privo di emozioni; al contrario, David McKinnon, Capitano dei Grifondoro, era furioso. «Sono stati loro!» ringhiò puntando il dito contro Felix e i suoi compagni di squadra appena il professor Silente si avvicinò.
Felix aveva sempre ammirato Albus Silente – mago incredibilmente abile e potente, l’unico che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato temesse veramente – e si era sentito protetto dalla sua sola presenza, ma, in quel momento, gli suscitò timore.
«Sono stati i Serpeverde ad allenarsi per ultimi ieri sera. Il signor Warner ha insistito» intervenne Madama Bumb, l’insegnante di Volo. «Non hanno riposto l’attrezzatura nel mio ufficio. Questa mattina era negli spogliatoi».
«Il compito di riporre l’attrezzatura era di Cohen».
Felix sgranò gli occhi terrorizzato.
«È vero, signor Cohen?». La voce di Silente era dura.
Felix balbettò: «P-più o meno».
«Spiegati meglio».
Felix si mordicchiò il labbro. «Sono stato io a riporre l’attrezzatura nello spogliatoio e sono andato via per ultimo».
«Consegnami la tua bacchetta» ordinò Silente.
Il ragazzo automaticamente portò le mani alle tasche, ma si rese conto d’indossare ancora la divisa di Quidditch. «L’ho lasciata negli spogliatoi» mormorò.
Silente appellò la bacchetta di Felix. «È la tua?».
«Sì, signore». Il ragazzo l’osservò attentamente non comprendendo che intenzioni avesse: il preside puntò la propria bacchetta su quella di Felix e apparve uno strano fumo. Gli altri insegnanti mormorarono. Warner gli rivolse uno sguardo sconvolto e McKinnon lo fulminò.
«Cohen, aspettami fuori dal mio ufficio».
«Ma…» tentò Felix confuso e spaventato.
«Immediatamente» ordinò Silente.
Felix non ebbe altra scelta che obbedire. Giunto davanti ai grifoni che custodivano la presidenza, si sedette sul pavimento. Si coprì il volto con le mani tentando di non pensare ai Grifondoro feriti, le urla e la paura nel momento in cui si era accorto che i bolidi erano fuori controllo.
Percependo dei passi affrettati, si sollevò proprio mentre il professor Silente, in compagnia di Horace Lumacorno, Direttore di Serpeverde, e di Minerva McGranitt, Vicepreside e direttrice di Grifondoro, svoltò l’angolo.
Nessuno disse una parola finché non furono all’interno dell’ufficio circolare. Silente sedette al suo posto dietro la scrivania. Felix rimase in piedi incerto.
Il preside lo scrutò dritto negli occhi. Felix sapeva che era un ottimo legilimens e si costrinse a non distogliere lo sguardo, magari avrebbe visto che lui era innocente.
«Spiegati» chiese infine Silente.
Felix gli raccontò che cos’era accaduto la sera prima. La lealtà era importante per i Serpeverde, ma si fidava ciecamente di Albus Silente e per niente di Richard Warner. Gli spiegò come avessero finito tardi l’allenamento e, per evitare di essere rimproverati, avevano preferito lasciare l’attrezzatura negli spogliatoi, ma era stata una decisione del Capitano, anche se, effettivamente, lui non si era opposto.
«Però, quando li ho posati, i bolidi erano normali» concluse in tono supplichevole.
«Felix, tu sai che cos’è il Prior Incantatio?».
Il ragazzo non aveva mai studiato quell’incantesimo, ma non voleva fare la figura dello sciocco. «Ehm, se non sbaglio, in latino significa ‘incantesimo precedente’» mormorò.
I lineamenti di Silente sembrarono distendersi e, per un secondo, a Felix sembrò di scorgere un sorriso. «Esattamente. Serve proprio per verificare gli ultimi incantesimi compiuti da una bacchetta».
Felix si costrinse a riflettere: qual era l’ultimo incantesimo che aveva compiuto? Non amava usare la magia per ogni cosa. Il giorno prima aveva studiato fino all’ora dell’allenamento ed era anche arrivato in ritardo. Appena rientrato in dormitorio, si era addormentato. Quindi non usava la bacchetta dall’ultima lezione.
«L’ultimo incantesimo che ho eseguito è stato a lezione d’Incantesimi».
«L’ultimo incantesimo lanciato dalla tua bacchetta è lo stesso usato per incantare i bolidi e non viene insegnato a Hogwarts» disse Silente.
«Ma io non…» tentò Felix.
«Mi dispiace» disse Silente. «Le prove sono contro di te».
«Professore, la prego, io non…». Felix non riusciva nemmeno a parlare: lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere! Non aveva nulla contro i Grifondoro, ogni tanto discuteva ma solo per gioco. Aborriva la violenza in tutte le sue forme, figuriamoci se avrebbe mai tentato di uccidere dei coetanei! Se avesse aperto bocca, probabilmente sarebbe scoppiato a piangere come un bambino.
«Sei abbastanza intelligente da comprendere che un episodio di questa gravità comporti l’espulsione» disse Silente. «Sicuramente i genitori dei ragazzi feriti e il Consiglio della Scuola avranno da ridire, ma al momento, considerando che non hai mai creato problemi e che il tuo rendimento è più che buono, mi limito a espellerti dalla squadra di Quidditch di Serpeverde, metterti in punizione per il resto dell’anno e sospenderti dal ruolo di Prefetto. Ti credo, però non molti daranno credito alle parole di un quindicenne, temo».
«Grazie, professore» sospirò Felix e gli consegnò la spilla da Prefetto, poi fu congedato. Si trattenne sulla soglia dell’ufficio e chiese: «Come stanno i Grifondoro?».
«Due staranno bene in poco tempo; il terzo verrà trasferito al San Mungo».
Felix ringraziò e salutò o almeno sperò di averlo fatto: non sapeva più nemmeno quello che diceva.
In Sala Comune molti lo guardarono male, altri quasi spaventati, ma nessuno gli rivolse la parola.
In dormitorio lo aspettava Adrian Beaumont, il suo migliore amico. Un ragazzo alto e grassottello, di famiglia purosangue, ricco, impacciato ma socievole.
«Che cavolo è successo?! Dicono che ti hanno spezzato la bacchetta! E che sei stato espulso! Qualcuno dice di aver visto gli Auror!».
Felix lo guardò sorpreso da tutte quelle domande, per un attimo si stupì di quanta fantasia avessero i loro compagni, poi scoppiò a piangere.
«Felix!» gridò Adrian scioccato.
Felix non impiegò molto a calmarsi e raccontò tutto all’amico.
«Ti credo» disse Adrian.
«Grazie» sospirò Felix. «Quanto vuoi scommettere che invece mio padre non lo farà?».
Adrian s’incupì. «Non ci pensare. Sai come sono i genitori».
«Non tutti i genitori! Sentiamo, i tuoi come si comporterebbero se fossi al posto mio?».
«Metterebbero sottosopra il Ministero per dimostrare che sono innocente» ammise Adrian.
«Ecco» sbuffò Felix. «Mio padre mi rinchiuderà in una cella del Ministero e butterà la chiave».
«Beh, dai, finché sarai a Hogwarts, non lo farà».
Felix sospirò e si appoggiò alla spalliera del letto a baldacchino. Non c’era speranza: suo padre l’avrebbe ucciso. Sarebbe scoppiato uno scandalo: il figlio di uno degli Auror più fedeli a Scrimgeour attenta alla vita di tre Grifondoro.
 
 
*
 
Il giorno dopo Felix rimase quasi tutta la mattina in camera, avvilito per quanto accaduto. A pranzo Adrian lo costrinse a recarsi in Sala Grande, ma non toccò quasi cibo. L’amico, dopo aver mangiato, dovette lasciarlo perché lo attendeva Lumacorno.
«Ciao».
Felix sollevò il capo e fissò Alexandra Wright, una Corvonero del suo anno. Si era seduta di fronte a lui e sorrideva.
«Ciao» ricambiò incerto. «Cosa posso fare per te?» chiese gentilmente, ma bramando la solitudine della sua camera.
«Verifico una teoria».
«Cioè?».
«Lumacorno vi fa avere il cibo migliore».
Felix sbuffò divertito.
«Oh, sì» insisté lei. «Ma lasciamo perdere queste frivolezze, sono qui per parlare di affari».
«Affari?» ripeté Felix.
«Sì, andiamo in un posto più discreto».
«Va bene» assentì Felix curioso.
Alexandra lo condusse nell’aula di Storia della Magia.
«Non abbiamo il permesso di stare qui» borbottò il ragazzo che non voleva altri guai.
«Rüf non se ne accorgerà» replicò Alexandra.
«Che vuoi dirmi?» tagliò corto Felix: Alexandra aveva la fama di essere molto testarda.
Lei gli porse un bigliettino da visita sul quale c’era scritto: “Alexandra Wright. Investigatrice privata”.
«Tu saresti un’investigatrice?» chiese perplesso.
«Sì e sono a tua disposizione».
«Per far che?».
«Per dimostrare la tua innocenza e possibilmente assicurare il vero colpevole alla giustizia».
«Perché?».
«Perché è quello che fanno gli investigatori».
Felix ne fu sorpreso. «Come fai a sapere che sono innocente?».
«Silente non ti ha espulso» replicò lei come se fosse ovvio.
A questo era difficile controbattere: era chiaro che tutti si aspettassero la sua espulsione e molti lo guardavano male per quello.
«Comunque non ho bisogno di aiuto, grazie».
«Ne hai bisogno eccome» ribatté lei.
«Ti dico di no, grazie» replicò Felix dirigendosi verso la porta. Quella ragazza era nota per le sue trovate assurde: un sit in di fronte all’ufficio di Silente per esprimere il suo totale disaccordo con la politica di Bartemius Crounch, per esempio. Si diceva che Silente l’avesse invitata a prendere thè e biscotti nel suo ufficio. Oppure l’ormai annuale petizione per abolire la divisa, rea di favorire un’eccessiva omologazione tra gli studenti.
«Come vuoi. Se cambi idea, sai dove cercarmi».
Felix dubitava che avrebbe cambiato idea, ma la ringraziò nuovamente e si allontanò il più velocemente possibile. Vagò per un po’ tentando di tranquillizzarsi, ma invano, così tornò in dormitorio dove trovò un Adrian furioso.
«Odio Pozioni e odio studiare!».
«Magnifico. Vedo che con Lumacorno è andata bene».
«Non ho voglia di scherzare» borbottò Adrian.
«Abbiamo i G.U.F.O., sai quanto ci tengono i tuoi genitori».
«Ma io voglio solo mangiare».
«Non credo che esista un lavoro che implichi solo quest’attività» commentò Felix beccandosi una cuscinata.
«Assaggiatore ufficiale della regina babbana, che ne dici?».
«Un’idea meravigliosa» ridacchiò Felix.
«Mi fai copiare i compiti?».
Felix gli lanciò alcune pergamene. «Sai niente dei Grifondoro? Come stanno?».
«Uno è stato trasferito ieri sera al San Mungo, ma non so altro».
«Vado a trovarli» decise Felix.
«Cosa?!» sbottò Adrian abbandonando i compiti. «Sei impazzito?».
«No, voglio vedere come stanno e spiegarli che non sono stato io».
«Ma vuoi essere ucciso?».
«Non dire fesserie! Non ho fatto nulla! Non posso nascondermi qui come un criminale».
«Come vuoi» sbuffò Adrian. «Verrei con te, ma, se non faccio i compiti, la McGranitt domani mi ucciderà e poi non ci tengo a vederti in mille pezzi».
«Grazie» borbottò Felix.
Il ragazzo si recò in infermeria ben intenzionato a chiarirsi con i Grifondoro.
«Buon pomeriggio» salutò. Madama Chips visitava uno dei ragazzi feriti, mentre l’altro rideva con due compagni, che, vedendolo, estrassero le bacchette. Non fece in tempo a parlare che provarono a colpirlo. Madama Chips gridò.
Felix odiava duellare – ed era contro il regolamento ˗, così si nascose dietro al letto più vicino.
«Nasconditi, fifone».
«Basta!» urlò Madama Chips e l’infermeria cadde nel silenzio. Felix sbirciò e costatò che i due Grifondoro erano stati disarmati.
«Cohen, vai via».
«Ma non ho fatto niente!».
«Per favore, vai via» ripeté Madama Chips.
Felix sospirò e obbedì. Non era giusto! Vagò un po’ per i corridoi per nulla intenzionato a sentire il ‘te l’avevo detto’ di Adrian.
«Signor Cohen».
Si voltò verso la professoressa McGranitt, che gli sembrò arrabbiata.
«Mi meraviglio di te! Un comportamento del genere proprio non me l’aspettavo! Soprattutto dopo quello che è successo ieri! Non ho mai pensato che fossi così sciocco e irresponsabile!».
«Che ho fatto, professoressa?» chiese sorpreso.
«Due Grifondoro mi hanno detto che sei andato in infermeria ad attaccar briga!».
«Ma non…».
«Zitto!». Alexandra arrivò di corsa facendo accigliare la McGranitt. «Il mio assistito non dirà una parola in mia assenza». Porse un bigliettino da visita alla McGranitt. «Sono il suo magiavvocato».
«Signorina Wright» sibilò la McGranitt in tono di avvertimento.
«Professoressa McGranitt» ripeté la Corvonero. Felix ne ammirò il coraggio. O era follia?
«Dieci punti in meno a Corvonero. Le concedo cinque secondi per sparire o avrà bisogno lei di un magiavvocato».
Felix si disse che la McGranitt faceva ancora più paura quando era sarcastica.
«Questa è repressione della libertà di parola» ribatté Alexandra. «Mi appellerò al Preside» si lamentò, ma ebbe l’accortezza di andarsene.
«Professoressa» ne approfittò Felix. «Io sono andato in infermeria per vedere come stavano i due Grifondoro. Sono stati i loro compagni ad attaccarmi e non ho nemmeno reagito».
La McGranitt lo scrutò per un attimo, poi disse. «Molto bene, parlerò con Madama Chips e vedrò chi di voi ha detto la verità».
«Grazie, professoressa» mormorò Felix stanco di essere giudicato per la sua divisa. Si fidava della McGranitt e sapeva che non l’avrebbe mai punito ingiustamente.
 
 
 
 
 
*
 
 
«Buongiorno. Tutto bene, Felix?».
Una ragazza mora e minuta si avvicinò all’ingresso dell’aula di Difesa contro le Arti Oscure. Felix s’illuminò e arrossì.
«Grazie per l’interessamento» borbottò Adrian. «Comunque è dispiaciuto perché non ha ancora ricevuta la strillettera da casa».
«Idiota» sbottò Felix per poi sorridere alla Tassorosso. «Ciao, Sarah».
Adrian gli fece il verso e Felix gli diede una gomitata mentre entravano in aula.
«Seduti» sibilò una voce. «Cinque punti in meno ciascuno per il ritardo».
Ritardo. La campanella era appena suonata! Felix evitò di guardare il professore: Raymond Wilmers lo odiava fin dal primo giorno. Il perché non era chiaro a nessuno, considerando che Felix difficilmente faceva qualcosa che potesse anche solo infastidire un insegnante. Wilmers amava usarlo come cavia per le dimostrazioni in classe e mettergli brutti voti. Era già finito in infermeria almeno quattro volte. Aveva provato a parlarne con il padre in una lettera, ma lui l’aveva rimproverato per il suo scarso rendimento in una materia tanto importante. Importante per lui.
«Oggi parleremo degli schiantesimi» esordì il professore.
Felix deglutì. All'improvviso bussarono alla porta e Gazza apparve nell’aula: «Professore, il Preside vuole Cohen».
Wilmers s’incupì. «Sparisci» sibilò rivolto al Serpeverde.
Felix non se lo fece ripetere e seguì Gazza. Era la seconda volta in tre giorni che finiva nell’ufficio di Silente, il che non era il massimo, ma meglio affrontare l’ira dell’intero Consiglio della Scuola che essere torturato da Wilmers.
«Non fare il furbo» sibilò Gazza lasciandolo solo all’ingresso della presidenza.
Felix pronunciò la parola d’ordine e salì sul primo gradino della scala a chiocciola, scuotendo la testa: davvero Gazza pensava che qualcuno potesse veramente sfuggire a una convocazione di Albus Silente? Appena arrivato bussò e gli fu subito permesso di entrare.
«B-buongiorno» balbettò. Gli occhi gli caddero sull’ospite di Silente: Auguste Cohen, suo padre. Forse sarebbero stati meglio gli schiantesimi.
«Buongiorno, Felix, mi dispiace di averti sottratto alla tua lezione, ma come vedi qualcuno desidera parlarti» disse Silente gentilmente. Parlarmi? Uccidermi piuttosto, pensò Felix terrorizzato. «Stavo giusto spiegando a tuo padre quanto è accaduto sabato mattina e di come tu ti professi innocente».
Amava Silente. «Non sono stato io» confermò.
Silente sorrise, ma, vedendo che Auguste non fiatava, sospirò e si alzò. «Bene, vi lascio soli».
Felix sgranò gli occhi e lo fissò turbato, ma sapeva di non potersi opporre.
«Lo sai che c’è una guerra là fuori?» sbottò suo padre appena rimasero soli.
«Sì, signore» mormorò Felix dopo un attimo di esitazione.
«E allora cos’è questa storia?! Hai letto la Gazzetta del Profeta? Hai pensato alla vergogna mia e di tua madre!?».
«Non sono stato io» tentò Felix.
«Non mi rifilare stupide scuse!».
Non erano stupide scuse, ma Felix preferì tacere: era inutile parlare con lui.
«Attento a quello che fai o i G.U.F.O. gli sosterrai da privatista».
Auguste Cohen prese la polvere volante e svanì nel caminetto in un turbinio verde. Del suo passaggio lì era rimasta solo della cenere sul tappeto.
Felix strinse i pugni e uscì dall’ufficio. Avrebbe dimostrato a suo padre che si sbagliava.
I Corvonero a quell’ora avevano Incantesimi con i Grifondoro, così raggiunse l’aula e attese che la campanella suonasse.
Alexandra fu l’ultima a uscire.
«Va bene, accetto. Ti assumo» le disse subito fermandola.
Lei lo fissò sorpresa e poi sorrise.
«Non ho soldi per pagarti, però».
«Tranquillo. A caso risolto ti dirò quello che voglio».
«Hai già qualche idea?».
«Qualcuna. Ci vediamo pomeriggio all’Ingresso, va bene?».
«Va bene».
 
*
 
 
Quel pomeriggio Felix, in compagnia di Adrian e Sarah, attese Alexandra come d’accordo. La Corvonero appena arrivò li trascinò nell’aula di Storia della Magia, come il giorno prima.
«Allora» esordì Alexandra. Un block notes e una piuma incantata svolazzavano all’altezza delle sue spalle. «Hai nemici?».
La domanda lo prese di sorpresa. «Non saprei».
«Beh, dai» intervenne Adrian. «Warner ti odia, se non fossi bravo non ti avrebbe nemmeno ammesso in squadra».
«Grazie tante» borbottò Felix.
Alexandra si accigliò e la piuma prendiappunti segnò qualcosa.
«Venerdì sera avevi con te la bacchetta quando sei tornato in dormitorio?».
Felix rifletté, poi annuì: «Sì, ne sono sicuro. Faceva freddo e, mentre tornavo al castello, mi sono riscaldato facendo uscire aria calda».
«Quindi ti è stata rubata dopo. Hai incontrato qualcuno?».
«No, era tardi. Il coprifuoco era scattato».
«Quindi mi sa che dobbiamo aggiungere anche i tuoi compagni di stanza».
«Escluso me» ci tenne a specificare Adrian.
«Compreso te, Beaumont» replicò Alexandra. «Non si escludono nemmeno i migliori amici in un’indagine».
Adrian s’imbronciò.
«Dai, toglilo» borbottò Felix.
Alexandra alzò gli occhi al cielo e la piuma cancellò qualcosa. «Tanto, se devo, indagherò anche su di lui». Adrian la fulminò con lo sguardo.
«Ma come vorresti indagare su di loro?» chiese Sarah perplessa.
«Questo è un problema mio. Ora andiamo, Felix mi devi mostrare il luogo del delitto, anche se sono già trascorsi tre giorni».
«Il luogo del delitto?» replicò Felix perplesso.
«Lo spogliatoio. Voglio vedere esattamente dove hai lasciato l’attrezzatura e le vie di ingresso e di uscita».
«Sì, ma senza permesso non dovremmo…» iniziò Felix poi vedendo l’espressione di Alexandra capì che avrebbe parlato a vuoto.
In quel momento si stavano allenando i Tassorosso e, nonostante la presenza di Sarah, non furono contenti di vederli. Felix mostrò ad Alexandra dove aveva lasciato l’attrezzatura.
«Solo voi ne eravate a conoscenza?» domandò la Corvonero.
«Tutti i Serpeverde. Warner si vanta sempre in Sala Comune. Non era la prima volta e ripetutamente siamo stati rimproverati da Madama Bumb».
«Che fate qui?» sbottò una voce severa alle loro spalle.
«Madama Bumb» disse Felix sorpreso.
Alexandra subito le mostrò il suo biglietto da visita.
Madama Bumb si accigliò e le lanciò un’occhiataccia. «Non avete il permesso. Fuori da qui. Cinque punti in meno ciascuno».
«Ma…» protestò Alexandra.
«Immediatamente» la tacitò Madama Bumb. «Cohen, non sei abbastanza nei guai?».
«Sì, ci scusi» mormorò Felix che avrebbe voluto scomparire pur di evitare il suo sguardo da falco.
«Il tuo piano è farci finire tutti in punizione?» chiese Adrian mentre si avviavano verso il castello.
«Come se Lumacorno punisse i suoi amati Serpeverde» replicò la ragazza.
«Madama Bumb, sì» ribatté Adrian.
«Felix, ti contatterò nei prossimi giorni quando avrò abbastanza informazioni e mi sarò fatta un’idea su di esse» comunicò Alexandra ignorando Adrian.
«Va bene, grazie» mormorò Felix.
«Ti fidi di lei?» gli chiese l’amico.
«Non ho altra scelta» sospirò Felix.
 
 
*
 
 
Felix gemette sbattendo contro il banco. Il fiato si mozzò e il ragazzo si accasciò a terra per il dolore alla schiena.
«Alzati, incapace!» gridò Wilmers.
Aveva perso il conto di quante volte l’aveva mandato a tappeto dall’inizio dell’ora, ma stavolta aveva fatto più male.
«Sta male» mormorò Sarah chinandosi su di lui.
«Alzati e non fare la femminuccia».
Era così simile a suo padre. Odiava gli Auror! Strinse i denti, ma quando provò a sollevarsi una fitta gli percorse la schiena e lo costrinse a bloccarsi.
Sarah era nel panico e non sapeva come aiutarlo. «Deve andare in infermeria». Eppure la sua mano poggiata sul suo braccio era così piacevole e confortante!
Anche Adrian si avvicinò e aiutò a Sarah a rimetterlo in piedi.
«Va bene, imbranato, vai in infermeria» concesse Wilmers divertito. «Da solo. Beaumont e Norris non muovetevi».
«Ma non si regge in piedi!» sbottò Sarah.
«Può anche strisciare» replicò incurante Wilmers. I due fecero per protestare, ma lui li zittì. «Il vostro amico è già abbastanza nei guai».
Felix comprese la minaccia sottesa e fece cenno agli amici di lasciar perdere. Nonostante il dolore alla schiena uscì dalla classe tentando di sembrare forte, fuori però si appiccicò al muro, incapace di andare oltre.
«Felix? Che hai?».
«Alexandra!» biascicò in tono lamentoso.
«Ti aiuto».
Alexandra lo sostenne finché raggiunsero l’infermeria. Attese che Madama Chips lo curasse, poi pretese che Felix le raccontasse tutto.
 
*
 
Felix prese posto nell’aula di Storia della Magia e appoggiò la testa sul banco.
Alexandra camminava avanti e indietro sotto gli occhi attoniti di Sarah e Adrian.
«Hai scoperto qualcosa? O vuoi che ti ammiriamo?» sbottò Adrian, poco paziente.
Alexandra lo fulminò con lo sguardo. «Credo di sapere chi sia il colpevole».
«Fantastico! Andiamo da Silente!» gridò Adrian alzandosi.
«Non così in fretta. Non abbiamo le prove».
«Le trova lui» ribatté Adrian.
«Non puoi accusare le persone a caso» sbuffò Alexandra.
«E che facciamo?».
«Stai zitto e mi ascolti».
Adrian la fulminò, incrociò le braccia e non disse più nulla.
«Il primo punto da considerare è il movente. Tutti i nostri sospettati ce l’hanno: Felix li sta sulle scatole, per un motivo o per un altro. Ma nessuno di essi è abbastanza per uccidere quasi tre ragazzi sotto gli occhi di Albus Silente. Senza contare che per il vostro caro Capitano il Quidditch è la cosa più importante, quindi non avrebbe mai fatto qualcosa che rovinasse Serpeverde. E lo stesso i vostri compagni. Sai che ora sono terrorizzati da te?».
«Sì» mormorò Felix.
«È divertente» commentò Adrian. «E i Grifondoro li hai considerati? Vogliono metterci sempre in cattiva luce».
«Sì, ma i bolidi li avrebbero spediti contro di voi non contro sé stessi» rispose Alexandra fissandolo come se fosse irrecuperabile.
«Sono solo pregiudizi» mormorò Sarah.
«No» disse Alexandra. «Negli ultimi anni non sono solo pregiudizi. Molti ex Serpeverde sono adesso Mangiamorte e non erano santi qui a Scuola».
«Non siamo tutti in quel modo» disse Felix che odiava quell’immagine della sua Casa.
«Non sarei qui in caso contrario» replicò Alexandra.
«Abbiamo finito i sospettati. Sei venuta a dirci che ti arrendi?» sbuffò Adrian.
«No. Ho aggiunto un altro nome alla lista. Qualcuno che non ha nulla da perdere».
«E chi?».
«Ascoltate: la bacchetta quando è stata rubata a Felix?».
«Durante gli allenamenti» rispose subito Adrian.
«Ce l’avevo quando sono tornato in camera» lo corresse Felix.
«Forse uno dei loro compagni è complice» propose Sarah. «Hanno preso la bacchetta durante la notte e poi l’hanno rimessa al posto prima che si svegliasse».
«È quello che ho pensato all’inizio, ma ho interrogato i Serpeverde e non sono stati loro» disse Alexandra.
«Hanno mentito naturalmente» disse Adrian. «Sei ingenua».
«So usare la legilmanzia».
Adrian sgranò gli occhi. «Non puoi».
«Sì, che posso» replicò lei. «Quando salto le lezioni di Rüf, non vado ad abbuffarmi nelle cucine».
«Allora quando gliel’hanno presa?» chiese Sarah per evitare che litigassero.
«Secondo me durante la partita» rispose Alexandra.
«Ma la partita è durata poco più di dieci minuti e i bolidi erano incantati!» disse Felix.
«Infatti i bolidi sono stati incantati durante la notte» disse Alexandra. «Ma non con la tua bacchetta».
«Ma il preside in persona ha usato il Prior Incantatio» obiettò Felix.
«Sì, ma il colpevole ha usato la tua bacchetta a inizio partita, approfittando della distrazione generale, in modo da incastrarti».
«Quindi ci sarebbe un’altra bacchetta ‘incriminata’ nella Scuola?» chiese Sarah.
«C’è, ne sono sicura. Ho bisogno solo delle prove».
«Non vorrai controllare le bacchette di tutti gli studenti!?» sbottò Adrian derisorio.
«Potremmo iniziare dalla tua» ribatté Alexandra.
«Non ci provare» sbottò il Serpeverde.
«Dai, smettetela» intervenne Felix. «Chi è il vero colpevole?».
«Raymond Wilmers».
«Cosa?!» sbottarono in coro Sarah e Adrian.
Felix s’irrigidì: non era possibile! Che cos’aveva fatto per farsi odiare tanto da quell’uomo?
«Perché? È pur sempre un insegnante della Scuola» disse Sarah.
«Che non ha provato il minimo rimorso a spezzargli quasi la schiena. Quell’uomo nasconde qualcosa» replicò Alexandra.
«Va bene, come dimostriamo che hai ragione?» domandò Adrian.
«Le opzioni sono due: o rubiamo del Veritaserum dalle scorte di Lumacorno e lo mettiamo nei calici della cena, così Wilmers confesserà davanti a tutti; o lo affrontiamo direttamente, lo disarmiamo e portiamo lui e la bacchetta da Silente».
«Frena, frena» sbottò Felix. «Ma sei impazzita? Non puoi fare una cosa del genere! Lui è e rimane un insegnante della scuola! Non puoi attaccarlo e basta! Senza contare che lui è un Auror ed è addestrato a combattere!».
«E cosa suggeriresti?» replicò Alexandra.
«Possiamo andare a parlare con Silente» propose Sarah.
«Certo, Silente ci ascolterebbe» convenne Alexandra. «Ma non muoverebbe un dito contro uno dei suoi insegnanti».
«E non lo faremo nemmeno noi» disse Felix con forza.
«Hai paura?» lo provocò Alexandra.
«No, ma sarebbe peggio. Mi prendo io la colpa e via».
«Non hai capito niente» sbottò Alexandra. «Se io ho ragione, quello non ha scrupoli, chiaro? Potrebbe farti male sul serio o finire quello che ha iniziato con i Grifondoro. Non possiamo moralmente lasciarlo libero. Felix là fuori c’è una guerra, svegliati! Dobbiamo schierarci».
Felix deglutì e la fissò turbato. «Ne parleremo con un insegnante» insisté. «Non permetterò che vi mettiate in pericolo per me».
«Io lo farò che tu voglia o no» disse Alexandra. «E non lo faccio per te, ma per me stessa. Gli uomini come Wilmers non li tollero».
«Ti aiuto» disse sorprendentemente Adrian.
«No!» gridò Felix. «L’indagine si conclude, io non ti pago più».
«Non me ne frega niente» replicò Alexandra. «La riunione è finita» disse e se ne andò furiosa.
«Felix» tentò Sarah.
«Non mi piace dirlo, ma la Wright ha ragione» disse Adrian. «Quel verme deve sparire».
Felix scosse la testa: perché erano tutti così testardi? O era solo un fifone?
 
*
 
 
Erano trascorsi diversi giorni dalla riunione e Alexandra aveva messo a punto il piano. Felix era sempre più arrabbiato con sé stesso per aver messo gli amici nei guai. Aveva persino litigato con Adrian; Sarah, per fortuna, si era tirata indietro. A quel punto, però, non aveva altra scelta che raggiungere Adrian e Alexandra: non poteva lasciarli soli.
«Cohen».
Sobbalzò e si voltò: la McGranitt lo fissava severamente.
«Ho bisogno di parlarti».
Felix obbedì confuso e la seguì nel suo ufficio, prendendo posto nella rigida sedia di fronte alla scrivania.
«Cohen, io e i miei colleghi abbiamo notato che sei stato molto distratto negli ultimi giorni».
Felix non dormiva bene da giorni perché aveva avuto incubi popolati da bolidi impazziti.
«Quest’anno hai i G.U.F.O. e non vorrei che quanto avvenuto incida sul tuo rendimento. Comprendo le tue difficoltà in questo momento, ma il professor Silente ti ha accordato fiducia e non dovresti sprecare l’opportunità che ti è stata concessa».
«Mi dispiace, professoressa» mormorò Felix.
«Stai bene?».
Felix sollevò gli occhi su di lei, non avrebbe saputo spiegarne il motivo ma si ritrovò a parlarle di quanto accaduto negli ultimi giorni: suo padre che non aveva nemmeno provato ad ascoltarlo, la decisione di dimostrare la propria innocenza, la richiesta ad Alexandra d’indagare, il coinvolgimento di Adrian e Sarah, la scoperta del possibile colpevole e il piano per smascherarlo.
«Prendi un biscotto».
«Cosa?» chiese con voce roca.
«Prendi un biscotto» ripeté la professoressa.
Felix obbedì e si sentì meglio.
«Bene, andiamo a vedere dove sono Wright e Beaumont».
Felix avrebbe preferito nascondersi in dormitorio, consapevole di aver tradito i suoi amici, che, a causa sua, si sarebbero beccati una bella strigliata dalla McGranitt.
I sotterranei erano deserti, ma quando furono più vicini all’aula di Pozioni, sentirono strani rumori. Lo sguardo della McGranitt divenne più severo. Felix deglutì: Adrian l’avrebbe odiato?
Un urlo rimbombò improvvisamente.
«Adrian!» sbottò Felix.
«Fermo» ordinò la McGranitt estraendo la bacchetta.
Felix obbedì. La porta dell’armadio delle scorte era spalancata: Wilmers troneggiava su Adrian e Alexandra lo colpiva con le ampolle più vicine.
In un angolo Lumacorno era privo di sensi – o almeno Felix lo sperò – con la fronte insanguinata.
«Che succede qui?» chiese con fermezza la McGranitt. Felix invidiò il suo sangue freddo.
«Oh, Minerva» disse Wilmers voltandosi verso di loro. «Questi due hanno tentato di rubare dalle scorte di Horace. Guarda come l’hanno ridotto».
«Non è vero!» urlò Alexandra fuori di sé.
«Zitta» sibilò Wilmers.
Felix fremette.
«Professor Wilmers, per cortesia, deponga la bacchetta e mi segua dal Preside. Sono sicura che ci aiuterà a dirimere la questione».
«Oh, al diavolo» sbottò Wilmers attaccandola. Felix urlò, ma la professoressa bloccò senza problemi l’incantesimo ostile, così come quello successivo. Wilmers, però, era forte e non sembrava perdere un colpo e quel posto era troppo angusto per un duello di quella portata.
Felix avrebbe voluto essere d’aiuto, ma non aveva idea di quale incantesimo usare contro un uomo che riusciva a mettere in difficoltà persino Minerva McGranitt. Alla fine puntò la bacchetta contro il pavimento e pronunciò: «Glisseo».
Wilmers, Adrian, Alexandra e Lumacorno scivolarono in avanti e sarebbero caduti su di loro se la McGranitt non avesse avuto la prontezza di spostarsi dalla loro traiettoria, tirar via Felix e rallentare i due ragazzi. Wilmers andò a sbattere contro i banchi.
La McGranitt disarmò all’istante il collega e lo legò. Poi lanciò un’occhiataccia al Serpeverde.
«Non è stata una grande idea» ammise Felix.
Lumacorno, Adrian e Alexandra furono portati in infermeria. Wilmers fu trascinato in presidenza dalla McGranitt. Silente si sorprese, poi si fece raccontare tutto e interrogò Wilmers di fronte a Felix, che meritava delle risposte. Si scoprì che l’integerrimo Auror Raymond Wilmers era passato dal lato oscuro e aveva avuto il compito di portare scompiglio dentro Hogwarts, in più aveva un conto in sospeso con il padre di Felix, perciò voleva vendicarsi su di lui.
All’arrivo degli Auror, Felix uscì dall’ufficio ignorando il padre.
Sarah aveva raggiunto gli altri in infermeria e Felix l’abbracciò di slancio, poi raccontò quanto scoperto su Wilmers.
A una certa ora, Madama Chips li mandò via. Sarah e Felix obbedirono, ma furono subito raggiunti da Alexandra.
«Aspettate. Il mio pagamento!».
Felix sorpreso annuì. «Cosa posso fare per te?».
«Sabato prossimo. Hogsmeade. Uscita a quattro».
«Non ho capito».
«Un’uscita a quattro. Tu e Sarah e io e Adrian».
Felix arrossì.
«Non stiamo insieme» borbottò Sarah imbarazzata.
«Datevi una mossa allora».
I due balbettarono risposte sconnesse.
«Allora, mi raccomando, dillo tu ad Adrian» tagliò corto Alexandra, che tornò in infermeria senza dar loro il tempo di ribattere.
«Posso?» chiese Felix.
Sarah annuì e lui le prese la mano.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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