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Autore: ljamspooh    04/08/2020    0 recensioni
Alice è una ragazza di 22 anni che insieme al suo più grande amico Ian frequentano l'ultimo anno di Università. Insieme sono complici, più che fratelli. La loro amicizia potrebbe però rovinarsi a causa di persone che vogliono entrare nella loro vita?
..."Lo guardai un attimo fisso negli occhi poi abbassai lo sguardo, lo rialzai e sorrisi. “Non passano inosservate certe persone come te” risposi.
Lui sorrise. “Non passano di certo inosservate persone con un sorriso e degli occhi come i tuoi”."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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“Cerchiamo di essere felici. Non per gli altri, ma per noi stessi”.

 

Era un lunedì mattina di Dicembre.

Il sole splendeva ma l'aria era fresca. Il rumore dello scroscio delle foglie risuonava nelle mie orecchie mentre mi apprestavo ad arrivare al college.

Ogni mattina, da ormai quasi un anno, percorrevo quella via che mi portava verso il mio futuro. Una via fatta di alberi, foglie, natura. Sopra di essa un cielo terso.

Come ogni mattina incontravo due ragazzi che però non conoscevo. Uno di essi era un ragazzo alto, biondo e sempre vestito elegantemente. Accanto una ragazza: un po' meno alta rispetto a lui, castana ed elegante anch'essa. Mi piaceva osservarli mentre camminavano a qualche metro di distanza da me mentre arrivavamo insieme al'Università. Si tenevano per mano ed era lei a condurre lui. La loro stretta era così forte che tramandavano un senso di protezione e sicurezza che io invidiavo. Ed ogni mattina, in quei dieci minuti, fantasticavo sulla loro storia: cosa avrebbero fatto nel pomeriggio, come fosse stato il loro primo bacio, dove lui l'avesse portata al primo appuntamento. Insomma, vedevo un film.

 

Arrivata all'edificio, davanti all'entrata, insieme a tanti altri ragazzi, c'era Ian che mi stava aspettando. Ian e' un ragazzo che viene in classe con me con occhi neri come il carbone. Una persona dolce e socievole, talvolta un po' presuntuosa ma sempre pronto a sostenermi in tante situazioni. La nostra amicizia era molto strana: c'erano giorni che non parlavamo affatto e giorni che non riuscivo a sopportarlo per quanto mi stesse vicino. Ma tutto quello a me piaceva.

Come ci siamo conosciuti nemmeno me lo ricordo bene. Il motivo principale era che avevo dimenticato un mio braccialetto nell'aula di filosofia e lui me l'aveva preso. Se l'era dimenticato al polso per oltre due giorni e quando io me ne accorsi glielo richiesi indietro. Lui mi disse che lo aveva imbrattato tutto col suo profumo ed io ne restai sorpresa. Sorpresa perche' aveva messo qualcosa di suo su qualcosa di mio. Da lì decisi che doveva essere mio amico.

Ogni tanto mi racconta delle sue disavventure con la sua squadra di basket. Lui gioca in questo sport che, insomma, o sai giocare o addio. E lui sapeva giocare. Una volta mi aveva invitato a vedere una sua partita contro una squadra locale nella palestra della scuola. Lui riuscì a fare canestro, venne sotto la tribuna dove ero seduta e mi disse: . Mi vergognai tantissimo ma allo stesso tempo ne fui felice.

Ian crede tanto nell'amore. Così come me.


 

“Alice, c'e' Daniele che mi chiede continuamente se tu voglia conoscerlo o no. Ti prego dammi una risposta!” esortì Ian avvicinandosi a me mentre ci avviavamo ad entrare.

“Bel buongiorno che mi dai!” dissi io.

“Mi domanda sempre se vuoi passare una serata con lui al pub qui difronte ed io mi invento mille scuse sul fatto che hai un sacco da studiare”.

“Se mi vuole veramente conoscere, viene lui a chiedermelo” dico io sorridendo sarcasticamente.

“Glielo riferisco nel pomeriggio” disse lui estraendo il suo telefono dalla tasca dei jeans.

“Ci pensi se il professore di filosofia mi da come comp...” e starnutii.

“Salute” mi disse Ian. “Ti sei ammalata?” mi domandò mente continuava a guardare il cellulare come se quella domanda gli fosse uscita dalla bocca così dal nulla, senza che gli interessasse sapere la risposta.

“Non credo. Sarà uno starnuto così per caso” risposi mentre vidi Giulia avvicinarsi a noi.

 

Giulia: siamo nella stessa squadra di pallavolo ma capitò che un giorno mentre eravamo negli spogliatoi io fossi in doccia e lei, nel frattempo, prese il mio borsone e lo nascose in palestra. Inutile dire che, aspettando che arrivasse qualcuno, dovetti rimanere abbastanza lì. Con solo l'asciugamano indosso. Poi un tonfo in palestra ed io mi affacciai dalla porta per vedere. Vidi Ian, per fortuna, e lo chiamai. Gli spiegai come mai ero lì, con l'asciugamano, sola e disperata. E lui rise. Mi portò il borsone e me ne andai. Uno dei peggiori momenti che ho condiviso con lui. Ho scoperto che il colpevole della mia 'disavventura' fosse stata Giulia perche' lei non sa parlare piano e deve sempre raccontare tutto a qualcuno. E l'ho sentita. Ne e' venuta fuori una discussione senza fine dove lei mi incolpava di cose insensate e che la storia del borsone fosse la sua 'rivincita'.

 

“Ian” disse Giulia dandogli un bacio sulla guancia. “Mi ha detto la Vale che mi cercavi!”. Mi gettò poi un'occhiataccia di quelle che stanno a significare “vattene” e così feci: me ne andai.

 

Era ormai giunta l'ora di entrare in classe e mi avviai.

Come in tanti di quei film, girai l'angolo e andai a sbattere con un ragazzo. Ma non un ragazzo qualsiasi. IL RAGAZZO. Il ragazzo che mi interessava da circa due mesi. Il ragazzo appassionato di mostre d'arte che una sera avevo incontrato per caso nella galleria vicino casa. Il ragazzo che osservavo di nascosto ogni volta che usciva di casa perche' abita vicino a me. Il ragazzo che credevo fosse quello perfetto per me. Non era di quella bellezza statuaria classica dei “bei ragazzi” ma aveva il suo fascino: simile ad un metro e settantacinque, capelli che davano sia sul mosso che sul riccio, moro, occhi verdi e quattro tatuaggi (almeno credo).

Mi aveva incuriosito due maschere che aveva disegnate sul braccio sinistro.

 

Lo scontro portò ad un sorriso comune e a due libri a terra: i suoi.

Li raccolse, tornò su e mi sorrise di nuovo. Ed io immobile a fissarlo. E lui a fissare me.

Sorrisi e me ne andai. Ero abbastanza in imbarazzo. Mi girai a guardarlo e lui stava continuando a fissarmi sorridendo. Svoltai a sinistra ed entrai nel bagno delle ragazze. Meglio uscire da quella situazione o sarebbe andata a finire in qualche figuraccia vergognosa.

 

Mi bagnai le mani ed uscii.

Lui era ancora lì.

Continuai però a camminare.

Anzi, a correre.

 

Mi ritrovai così in aula di filosofia da sola. Al centro della fila senza nessuno accanto. Le altre persone o mi stavano davanti o dietro. Nessuno vicino a me.

L'ora e mezza di lezione passò velocemente e potemmo uscire.

Mentre mi dirigevo verso l'uscita notai il ragazzo appoggiato ad una colonna precisamente nel posto dove ci scontrammo qualche ora prima.

Lo guardai e sorrisi. Lui mi vide e mi venne incontro.


“Io e te ci siamo già visti da qualche parte?” mi domandò con fare curioso. Fece un mezzo sorriso.

“Alla mostra d'arte di Van Gogh” risposi schietta.

“E come ti ricordi?” mi chiese con uno ghigno.

“Tu come mai mi hai chiesto se ci eravamo visti da qualche parte?” risposi allo stesso modo.

“Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda” disse lui.

Lo guardai un attimo fisso negli occhi poi abbassai lo sguardo, lo rialzai e sorrisi. “Non passano inosservate certe persone come te” risposi.

Lui sorrise. “Non passano di certo inosservate persone con un sorriso e degli occhi come i tuoi”.

Abbassai di nuovo lo sguardo e immaginai la mia faccia rossa come il libro che avevo in mano.

“Giacomo” disse porgendomi la mano.

“Alice” risposi stringendogliela.

 

  
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