Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Merkelig    04/08/2020    1 recensioni
Un giorno ad Arendelle arriva una pericolosa avversaria per Elsa.
Dal testo:
"Ofelia era venuta al mondo in un regno difficile, in una famiglia difficile.
Ofelia era venuta al mondo con un dono terribile e spaventoso, un dono che fin dall'infanzia aveva cercato di nascondere e dominare.
Un dono che alla fine l'aveva sopraffatta e l'aveva resa colpevole di un atto intollerabile.
Un dono che l'aveva convinta ad abbandonare l'unica persona che amava e allontanarsi da tutto e da tutti"
Genere: Avventura, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elsa, Hans, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo settimo
-
 ricordi -
 
Hans e Ofelia da bambini passavano molto tempo nelle stalle del castello, a spazzolare e nutrire gli animali. Era una sorta di rifugio felice, un luogo dove nascondersi e passare del tempo. Gli stallieri li osservavano darsi da fare con sguardo benevolo, mentre ferravano gli equini o pulivano il pavimento con i grossi forconi.
Perciò Ofelia era sicura di trovarvi il suo fratellone.
E infatti il bambino era lì e le dava le spalle, seduto su una balla di fieno. Con una mano si teneva premuto il fazzoletto, che solitamente portava al collo, sul naso sanguinante.
Ofelia gli si sedette accanto, mentre il fratello alzava lo sguardo su di lei.
- Perché non lasci che ti aiuti, Hans? Sai bene che potrei spaventarli a dovere - disse la bambina dopo un po', alzando i piccoli pugni infantili e facendo in modo che venissero avvolti da fiamme vermiglie.
Il fratello le strinse il braccio.
- Lo sai il perché, - la riprese - nessuno deve saperlo. Penserebbero tutti che sei una strega, o peggio. Potrebbero portarti via, gettarti nelle segrete. Potrebbero metterti a morte.
La bambina sbuffò, frustrata.
-Ascoltami - le disse Hans, abbassando il fazzoletto - noi due non siamo i più forti, ma i più furbi. Un giorno ti porterò lontano da qui  e saremo i principi di un regno bello e invincibile, un regno che sarà solo tuo e mio e di nessun altro. Te lo giuro, Ofelia.
La bambina guardò a lungo suo fratello negli occhi e  lo abbracciò con forza senza dire una parola, abbandonando la testolina  contro la manica di lui che profumava di paglia e di erba del prato.
 
Quella sera i sovrani delle Isole del Sud e i quattordici principi cenarono, come ogni giorno, riuniti attorno alla grande tavola di legno massiccio. Di una famiglia unita avevano almeno l'apparenza.
- Non potevano capitarmi figli peggiori - stava infatti dichiarando il re. Il rituale che si ripeteva ad ogni pasto era ufficialmente cominciato. Accanto al suo piatto, la caraffa di vino denso e speziato che veniva servita ogni sera era già vuota.
- Un figlio piccolo, gracile, che butta tutti il suo tempo dietro a degli stupidi cavalli, e una femmina - sottolineò la parola come se da sola giustificasse tutto il disprezzo di cui era intrisa la sua voce - almeno me n'è toccata solo una.
Gli altri principini sghignazzavano dandosi dei colpetti l'un l'altro. Il loro spettacolo preferito aveva avuto inizio. 
Come ogni sera Hans ed Ofelia si limitarono a fissare il proprio piatto in silenzio, cercando di non prestare orecchio a quelle parole.
- Non mi servite a nulla - borbottò scolando il fondo del bicchiere - almeno la femmina potrò farla sposare...
Usò proprio quella parola,"femmina", come se stesse parlando di una coppia di vacche da vendere al mercato.
- Mio re... - lo chiamò la consorte, con voce lieve, cercando di rabbonirlo un poco.
- Ma Hans! - proseguì ignorandola, preso dalle proprie disquisizioni - Eh? Che me ne faccio di te?
Il ragazzino non replicò.
- Allora? - lo incalzò l'uomo, innervosito - Ti ho fatto una domanda. Rispondi! E guarda in faccia la gente quando ti si parla. Sei pur sempre un principe di questa corona, che io sia dannato...
Non sortendo effetti l'uomo ricadde pesantemente contro lo schienale e batté un pugno sul tavolo, per farsi portare un'altra caraffa di vino.
Quando la cameriera se ne fu andata e lui ebbe riempito e vuotato con pochi sorsi un altro calice pieno fino all'orlo, tornò a studiare i due ragazzini seduti uno a fianco dell'altro.
- Non combinerai mai nulla nella vita - sentenziò alla fine rivolto indirettamente ad Hans, fissando il fondo vuoto del proprio bicchiere - nulla.
- Sbagli.
All'improvviso la tavolata ammutolì di colpo. Tredici teste color carota si voltarono sbalordite verso Ofelia, che, dal pallore della rabbia, era arrossita di colpo.
La parola le era sfuggita di bocca, e strizzare il tovagliolo fra le mani come stava facendo non le avrebbe ricacciate in fondo alla sua gola.
Il re era alticcio, ma non così tanto da lasciarsi sfuggire che fra tutti era stata proprio la "femmina" ad avere la sfrontatezza di contraddirlo. Una mancanza di rispetto doppia.
- Che cosa hai detto? 
La bambina alzò lo sguardo sulla madre, alla sinistra del sovrano. Esmeralda, la sua bellissima madre, sciupata anzitempo dalla vita in cui era rimasta intrappolata, la guardò spaventata.
- Ti ho chiesto - ripeté alterato il re, alzandosi e spingendo indietro la sedia - di ripetere quello che hai detto.
- Caro...  - cercò di fermarlo la moglie, posandogli una mano sul braccio.
- Tu stai zitta. Non andrà da nessuna parte se non imparerà a portare rispetto al suo re e padre.
- Ho detto - fece la bambina, stupendosi del proprio coraggio - che ti sbagli.
- Oh, mi sbaglio secondo te... - le fece il verso, ammansendo il tono della voce in modo ingannevole.
L'uomo fece il giro della tavola fino a trovarsi alle spalle della sedia di Hans.
- Quindi per te - chiese, posando le grandi mani sul bordo dello schienale, mentre il ragazzino impallidiva di colpo - questo buono a nulla... questo moccioso... sarebbe in grado di fare qualcosa di buono, uh? Magari perfino di diventare re un giorno!
E proruppe in una risata sguaiata.
Ofelia guardò il suo adorato e forte  fratello,  mentre la scongiurava con gli occhi di tacere, di non andare più oltre di così. La ragazzina si morse il labbro a sangue, sentendo che gli occhi le si appannavano.
- Sicuramente un re migliore di te - disse alla fine. La risata si interruppe.
I suoi fratelli ora guardavano alternativamente lei e il padre, con il fiato sospeso.
Ofelia quasi non respirava, come paralizzata, le mani strette in grembo.
Poi l'uomo ebbe uno scatto di rabbia e la afferrò per la treccia, trascinandola in piedi. La bambina strizzò gli occhi con un gemito tenendosi la nuca, mentre cadeva in ginocchio. Le lacrime che inizialmente era riuscita a trattenere cominciarono a scorrerle giù per le guance.
- Padre! - gridò allarmato Hans, balzando giù dalla sedia.
Ofelia avvertì il rumore di uno schiaffo violento e vide, oltre la gamba del re, che suo fratello era caduto a terra e si teneva il viso, ora arrossato.
- Devi imparare come comportarti! - ruggiva il re, strattonandola con violenza - Una donna deve stare in silenzio di fronte al capo famiglia! Deve imparare a tacere e a stare al suo posto!
- Mio re! - piangeva intanto la sovrana ancora seduta, non osando nemmeno alzarsi dalla tavola.
I ragazzini invece erano balzati in piedi, e fissavano la scena a bocca spalancata.
- Lasciala - ordinò Hans in quel preciso istante, con la voce che tremava appena.
L'uomo si fermò e alzò lo sguardo. Il bambino aveva sfilato la spada a una delle armature decorative nella sala, e ora la reggeva con entrambe le mani puntandola al viso del padre.
Questi lasciò andare Ofelia e si rizzò in tutta la sua statura.
- Bene bene... - borbottò, con gli occhi annebbiati da tutto l'alcool che aveva in corpo - allora alla fine ce l' hai un po' di spina dorsale...
Poi posò la mano sull'elsa della propria spada e la estrasse dal fodero.
- No! - gridò Ofelia spaventata.
Ma era troppo tardi. L'uomo mandò in frantumi facilmente la spada di Hans,che era un pezzo di anticaglia arrugginita, poi, completamente fuori di sé, alzò il braccio per mirare un colpo alla testa del figlio.
Il bambino si coprì con  le mani  per proteggersi, mentre l'arma calava.
Fu l'ultima immagine che Ofelia vide prima di serrare gli occhi, alzare le mani verso il padre e gridare con quanta forza avesse in corpo.
Seguita dalle urla  una fiammata rosso rubino eruttò da lei come fosse stata sputata da un drago e investì l'uomo alla schiena. Non fu abbastanza pericolosa da ferirlo seriamente, non con l'armatura che il re portava, tuttavia ebbe la forza di spingerlo via per diversi metri, facendolo cadere faccia a terra contro il tappeto.
Gli strilli  dei principi si fusero tra loro, mentre le fiamme  aggredivano e divoravano le tende diffondendosi poi agli arredi e ai mobili di legno. Rapidamente la stanza fu invasa dalle lingue di fuoco e da un denso fumo acre.
Hans si chinò su Ofelia e le prese entrambe le mani.
- Scappiamo! - gridò, facendola alzare. La bambina si aggrappò al  fratello, gettando un'occhiata alle spalle. Vide che suo padre si stava rialzando sulle ginocchia, prima che Hans la trascinasse via.
I due principi corsero a perdifiato lungo il corridoio sulle cui pareti erano esposte tele che ora si dimostravano un nutrimento efficace per le fiamme, le quali si propagavano con una facilità spaventosa; scesero la scalinata principale più veloci che poterono, urtando contro i servitori che scappavano in preda al panico, e, giunti in fondo, piegarono verso sinistra diretti alla porta di servizio, da dove i domestici entravano e uscivano dal palazzo.
Quando li raggiunse  un urlo familiare si fermarono terrorizzati, sentendosi come prede in trappola, e alzarono lentamente lo sguardo.
Il re loro padre li aveva seguiti ed era stato raggiunto dalla moglie, che ora cercava di trattenerlo; l'uomo l'aveva afferrata per un braccio e urlava contro di lei con tale veemenza che le sue parole si comprendevano facilmente anche ad un piano di distanza. I due discutevano, ignari della presenza dei due bambini sotto di loro che non osavano fare un passo per paura che si accorgessero di loro.
- Strega! - ruggiva il re in faccia alla consorte - Ho sposato una strega e sono stato maledetto con un demonio per figlia!
- No, io non...
- Tu lo sapevi, vero? Lo sapevi!
- Giuro di no!
- Tu mi hai maledetto con una femmina, e strega per giunta! Come la mia prima moglie, pace all'anima sua, non avrebbe mai fatto, lei che mi ha dato tredici figli...
- Tua  moglie...
- Tu! Tu, puttana maledetta, l' hai uccisa e mi hai stregato per convincermi a prenderti al suo posto!
- Come osi!
In quel momento Esmeralda, la docile, sottomessa Esmeralda, che teneva sempre il capo chino e che si mordeva le labbra pur di non parlare, aveva rizzato la schiena e strappato il braccio dalla stretta del marito con uno scatto di rabbia.
- Prima di sposare te ero Esmeralda dell'Ovest, la miglior guaritrice delle Isole del Sud, e se tu, mio re, avessi seguito le mie istruzioni ora tua moglie sarebbe viva!
- Sta' zitta...
- Sei stato tu ad invaghirti di me, ad obbligarmi a sposarti, perché mi volevi nel tuo letto e non certo nel tuo cuore...
- Ti avverto, strega...
- Lo sai - fece la regina, con un pericoloso scintillio di follia nello sguardo - se non fosse stato per te, ora, qui a farsi insultare ci sarebbe la tua prima moglie, non certo io. È solo colpa tua, Ignavus, se lei è morta.
- Sta' zitta! - gridò il re un'ultima volta, estraendo la spada.
Ofelia fece per gridare ma il fratello fu più svelto e la strinse tra le braccia con forza, premendole una mano sulla bocca. Poi la prese in braccio e iniziò a correre verso l'uscita.
La bambina si aggrappò alle spalle del fratello e  riuscì a vedere solo un lembo della veste della madre, che cadeva scomposto dal gradino più alto, e il padre, che alzava su di loro uno sguardo allucinato, mentre le fiamme li raggiungevano fameliche.
Hans oltrepassò la piccola porta di servizio e uscì all'aperto, nella fresca serata di inizio estate, mentre Ofelia, sballottata qua e là, fissava ipnotizzata davanti a sé senza seguire con lo sguardo la strada di pietra che le scorreva ai lati della visuale, né i cespugli ben curati del giardino che correvano loro incontro.
Il ragazzino si fermò solo arrivato alle stalle e mise giù la sorellina. Poi svelto sellò un cavallo.
- Ofelia - la richiamò - ora ascoltami.
La bambina sussultò ma spostò lo sguardo sul fratello.
- Devi scappare il più lontano possibile, dove lui non potrà trovarti. Prendi una nave e vai a Sud, e  quando avrà attraccato non fermarti. Continua sempre dritto, finché non troverai un posto isolato e senza pericoli.
- E tu? - chiese lei con gli occhi pieni di lacrime, mentre il fratello la aiutava faticosamente a salire in sella.
- Devo restare per assicurarmi che non ti cerchi.
- Oh, Hans - Ofelia piangeva a dirotto - ti prego, ti prego vieni con me!
Il bambino si sporse il più possibile dalla balla di fieno che aveva usato per raggiungere il garrese dell'animale, e, aggrappandosi al pomo della sella, le  fece una carezza.
- Il nostro regno, ricordi? - le disse con un sorriso bonario - Devo trovare un posto che sia solo tuo e mio, e quando ci sarò riuscito potrai raggiungermi e lì sarai al sicuro. Capito?
- Hans... - lo chiamò allungando una mano,  mentre il bambino scendeva dal rialzo.
Lui diede una pacca d'incitamento al fianco dell'animale, che partì al galoppo. Ofelia si aggrappò alle redini voltando la testa all'indietro, non riuscendo a scorgere nulla più di una macchia colorata a causa della patina di lacrime e dei capelli che le turbinavano attorno al capo.  












 
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Note dell'autrice:
1) Le fiamme di Ofelia da bambina sono vermiglie dal momento che più una fiamma tende al rosso e più la sua temperatura è relativamente bassa; ho immaginato che in età infantile il fuoco da lei creato fosse molto meno potente di quanto non sarebbe diventato dopo i tanti anni di addestramento nel deserto.
2) Il nome del padre, Ignavus, è latino e significa "codardo".
  
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