Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken
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Autore: Redferne    04/08/2020    4 recensioni
Tre fratelli.
E una tecnica segreta che rappresenta la summa, lo stadio ultimo di una disciplina millenaria dall'incomparabile potere distruttivo.
Ed il modo in cui essa coinvolgerà le loro vite, ed i loro rispettivi destini.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jagger, Kenshiro, Raul, Ryuken, Toki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 7

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Toki si trovava a gambe incrociate nella posizione del loto, seduto su di un costone di roccia nei pressi della grande cascata.

Si narrava un'antica leggenda, su di essa. Che in principio quel maestoso getto d'acqua a precipizio provenisse direttamente dalle stelle. E per la precisione dalla costellazione che proteggeva e tutelava lui e tutti gli altri adepti che si erano susseguiti nel corso dei decenni e dei secoli della lunga e gloriosa tradizione della loro scuola.

La costellazione del Grande Carro. L' Orsa Maggiore. La Divina Arte dell' Hokuto Shinken.

Gli piaceva molto rimanersene lì in totale raccoglimento ed in meditazione. Quando non aveva niente di meglio da fare, s'intende.

Cercava di farlo ogni qualvolta ne avesse l'occasione, o un poco di tempo libero a disposizione.

Stare ad osservare e contemplare tutto quello che un uomo con le sue capacità, dalle capacità così vaste e smisurate quale era lui era in grado di poter contemplare senza interferire in alcun modo.

Fino a dove il suo sguardo poteva spaziare, ed anche di più.

Perché ormai era ben allenato. Ed aveva affinato sia il procedimento che la propria tecnica a tal riguardo, mediante l'applicazione assidua dell'apposito metodo.

Infatti non gli bastavano che pochi minuti di quella pratica per riuscire a perdersi, e ad entrare in sintonia con tutte le cose. Con ogni cosa del creato.

E a quel punto, gli occhi non gli servivano più. E nemmeno le orecchie.

Ogni oggetto, ogni pianta, ogni creatura ed ogni astro aveva una sua vista, un suo udito ed una sua voce.

E lui poteva percepire ognuna di quelle immagini, ognuna di quelle parole, ognuno di quei suoni.

E senza alcuno sforzo o fatica, ormai.

Sapeva come fare, ormai aveva imparato.

Semplicemente...succedeva. E lui si dovev a limitare solamente a non fare nulla per impedirlo.

Nulla che potesse ostacolare o ritardare oltremisura il processo.

Meditare...é una condizione naturale dell'essere umano, alla pari di qualsiasi altro essere vivente.

Guardava coi loro occhi, parlava con le loro bocche, sentiva con le loro orecchie.

Poteva espandere la propria energia e sfera di coscienza fino ad abbracciare l'intero mondo. Fino a giungere agli estremi confini del cosmo, dell'universo senza doversi nemmeno muovere da lì.

Non ne aveva, non ne sentiva particolarmente il bisogno.

Perché, quando ciò accadeva e gli accadeva...di colpo si rendeva conto di quanto poco valesse.

Di quanto fosse misera e di poco conto la sua stessa esistenza.

Meditare é una condizione naturale dell'essere umano alla pari di qualunque altro essere vivente, si é detto. Peccato solo che l'uomo sia l'unico essere in tutto quanto il creato a dimenticarsene.

La natura é lì presente. Perché l'uomo non é altro che uno dei suoi figli, fratelli ed allievi.

Né migliore, né peggiore. Soltanto il più incosciente, irriconoscente e scapestrato.

Non é una questione di abilità, il problema che lo affligge. Ma di condotta, di comportamento.

Non serve a nulla essere il discepolo più dotato, intelligente e meglio preparato se poi si é il più maleducato ed indisciplinato di tutta quanta la scolaresca.

Occorre correggersi. E regolarsi. Ma soprattutto...sapersi regolare.

In questo consiste la vera libertà. Non assoggettarsi alle regole quanto sapersele dare. E sapersele imporre per proprio conto, prima di ogni altro.

La natura ci offre il meglio che ha da donarci. E lo fa gratuitamente, senza obbligarci a portare nulla in cambio.

Con lei...basta chiedere, per avere. Ed alle volte...non serve nemmeno chiedere.

Ci dà quello che può, tutto quel che può, senza che noi dobbiamo nemmeno prenderci la briga di sprecare tanto fiato e parole.

Da sempre ci offre il meglio, e noi quotidianamente disdegniamo quello spettacolo.

Ci offre il meglio e noi lo rifiutiamo. E nemmeno ce ne accorgiamo, di quel meglio.

Essa dà vita a spettacoli a dir poco meravigliosi, ma che in fondo non valgono nulla.

Non hanno alcun valore o valenza di tipo materiale. Sono solamente l'offerta spontanea di una cosa BELLA.

Se noi vogliamo dei frutti...essa ce li dà. Se vogliamo delle perle, o dei minerali preziosi...essa ci dà anche quelli, senza risparmiarsi.

Lei non distingue. Non fa alcuna differenza. Mette tutto e tutti sullo stesso piano.

Un'alba, un tramonto, un bosco rigoglioso o un prato fiorito di primavera o d' estate. Oppure spogli e brulli di autunno e di inverno. Ma ugualmente espressivi, anche se non altrettanto vivaci.

Ci offre delle cose a dir poco stupende, che noi quotidianamente e regolarmente disprezziamo ed ignoriamo con la nostra inguaribile alterigia e superbia.

Quanto é indietro, l'uomo. Eppure, dall'alto del presunto piedistallo della sua ignoranza...dall'alto di quel misero piedistallo sopra cui ci si é praticamente piazzato da solo e per proprio conto si permette di fare la vittima e di sputare sempre sentenze su tutto e tutti.

Siamo pressoché incapaci di porre un freno alla nostra arroganza ed ambizione senza limiti.

La meditazione ne é un esempio lampante. Ore passate a faticare, a farsi venire un gran mal di testa, nel tentativo di svuotarla, per raggiungere quello stato che a ben guardare é proprio di qualunque elemento che componga il tutto. Che sia animale, vegetale, o minerale.

Persino una roccia, una foglia, una goccia d'acqua o un gatto riuscivano e riescono ad essere più meditativi dell'uomo.

Bastava prendersi, concedersi un istante di pausa e rimanersene lì ad osservarli per rendersi conto di quanto fossero pladici, quieti, rilassati. Completamente a loro agio ed immersi nel fiume dell'esistenza.

Un fiume che può scorrere tranquillo, oppure gonfiarsi in seguito ad un'improvvisa piena o burrasca e travolgere tutto quanto,ogni cosa. Ma basta affidarsi a lui, e non temere nulla.

Non si deve avere paura. La natura...é benigna. E' l'uomo ad incattivirla. A renderla e a vederla come tale. E lei reagisce semplicemente a quel che percepisce come una minaccia.

Attacca solo se viene attaccata.

Attaccala, e verrai attaccato.

Ma se prosegui dritto per la tua strada e le rivogli un cenno di saluto, essa ti ricambierà il saluto e seguiterà per la sua. Proprio come stai facendo tu.

Affidarsi alla corrente, ecco il segreto.

Da quando aveva iniziato a meditare, si sentiva di somigliare più ad un gatto che ad un essere umano. All'apparenza così sornione, lento, pigro. Ma capace di passare all'azione nel giro di un solo istante. Di compiere balzi e scatti a dir poco prodigiosi, più veloce di un fulmine. E di avventarsi e ghermire con ferocia inaudita una preda, o chiunque possa anche solo pensare di minacciare i suoi cuccioli. Per poi tornarsene a crogiolarsi al sole subito dopo, agitando appena la punta della propria coda.

Come i fiori di cui si parlava poc'anzi. Che crescono rigogliosi ai margini di un prato o di un campo coltivato tra libellule blu, verdi ed azzurro lucente.

Non si preoccupano di tessere, di filare o di lavorare. O di nutrirsi o abbeverarsi.

Semplicemente...esistono, e basta.

Certo l'uomo si può porre delle domande, a differenza di loro che invece non si chiedono mai nulla.

Poiché non siamo che canne al vento. Ma pur sempre PENSANTI.

Si pone continuamente delle domande, l'uomo. Così come può anche tentare di fornire delle risposte, a quelle domande. E ciò rappresenta indubbiamente un vantaggio, a patto di saperlo utilizzare nella maniera corretta.

Bisogna sapere quali sono queste domande. O meglio, sapersi porre le domande giuste. E per poterci riuscire...bisogna anzitutto smettere di porsele, queste domande.

Guardare. Tutto qui.

Riuscire a guardare tutto senza soffermarsi a guardare qualche cosa di particolare, o qualcosa in particolare.

Questo é il GUARDARE. In questo consiste il VERO ATTO del guardare.

Basta fare così. E le domande giuste verrano fuori da sole.

Affioreranno, sgorgheranno direttamente dal flusso della coscienza. Così come le risposte.

Seguire il flusso. Rimanendo viglie ed attento ad ogni suo mutare.

Osservare. Ed osservarsi.

L'universo ci ha dato questa magnifica, meravigliosa opportunità. Di osservarsi attraverso noi, e di rimando osservarci attraverso di lui.

Occorre solo coglierla, questa possibilità. E sfruttarla sempre al massimo, ogni volta che ci viene concessa.

Suo fratello maggiore Raoul stava sbagliando tutto.

Anche lui, a suo modo, aveva sviluppato domande. A cui cercava di dare delle risposte.

E' quello che facciamo tutti. Quello che cerca di fare chiunque.

E' il nostro istinto stesso che ci porta a fare ciò. Quello che deriva dal nostro ruolo.

Quello che ci é stato affidato, e che ci appartiene.

Di semplici osservatori. Nulla più.

Ma suo fratello partiva da una premessa errata. Sbagliatissima.

Aveva commesso un gigantesco, madornale errore di valutazione. Ed ora ci si stava perdendo, in quel tragico errore.

L'errore di considerare sé stesso come un eccezione in un mondo, un universo totalmente banale.

Un mondo realizzato per puro caso, forse addirittura per sbaglio. Forse sviluppatosi contro la volontà stessa di chi lo aveva ideato e creato. E in direzione contraria ai suoi voleri e progetti.

E lui, che era l'unico...si riteneva l'essere perfetto e chiamato al compito di rimettere a posto l'intero universo ed i suoi sistemi. E di dichiarare guerra persino al suo creatore, se avesse deciso di opporsi al suo volere ed ai suoi propositi. Poiché nemmeno il grande architetto, nella sua ignoranza ed imperfezione, si stava rendendo conto dei suoi sbagli.

O magari non lo voleva nemmeno ammettere. Di non avere altre capacità, talenti o poteri in particolare, fatta eccezione per quello di dare vita ad ogni cosa esistente.

Aveva originato il mondo, e tutte quante le creature che lo abitavano. Ma subito dopo aveva perso il controllo. E la situazione, tutto quanto gli era ben presto sfuggito dalle mani.

Forse proprio per questo Dio non si sentiva responsabile di ciò che aveva fatto. Ma la sua restava comunque una colpa imperdonabile.

La colpa di non aver riconosciuto la propia fallibilità ed incapacità.

E Raoul, che era l'essere perfetto generato da un divinità imperfetta...avrebbe insegnato a Dio stesso come realizzare un mondo perfetto, a regola d'arte. E poi lo avrebbe punito per il suo misfatto.

Per questo, proprio per questo, voleva ascendere al cielo dopo aver conquistato la Terra intera.

Era così che si considerava, suo fratello. Era così che riteneva di essere. Quando, in realtà, era vero tutto il contrario.

Non un essere unico in un mondo qualsiasi. Ma un essere qualunque in un universo unico ed ineguagliabile.

Solo così si poteva diventare un messia. Non sapendo di esserlo. Rifiutandosi di esserlo.

Nell'osservazione dei loro tomi e scritture sacre, i Giudei si aspettavano ed attendevano l'arrivo di un Re.

Ma Gesù Cristo non si riteneva affatto migliore dei derelitti e dei diseredati da cui si recava per fornirgli aiuto e conforto.

Non si riteneva migliore di loro in nulla. Nemmeno degno dell'ultimo tra gli ultimi.

La gente si aspettava un sovrano magnifico, un condottiero glorioso. E invece si ritrovò davanti un uomo che considerava sé steso come lurida feccia. All'esatto pari del peggiore criminale in circolazione.

In questo consisteva la sua forza. Anche se fu la sua rovina.

La gente non lo capì. E gli si rivoltò contro.

Ma la sua fu l'attitudine corretta. Così deve fare, un autentico salvatore.

E' così che ci si deve comportare.

Un uomo, un vero uomo, combatte la sua battaglia da solo. E procede diritto per il suo sentiero. Il sentiero che si é tracciato da solo. Anche se in realtà...non é stato lui a tracciarlo, anche se non se ne rende conto.

Altri lo hanno tracciato per lui. E a lui non resta che percorrerlo, fino in fondo.

Poco importa. Ciò che conta davvero é fare ciò che si può per cominciare a percorrerlo al meglio, quando esso decide finalmente di rivelarsi.

Questo conta. Nient'altro.

Farlo, quando giunge il momento. E farlo per sé stessi, non per gli altri.

Farlo anche se si va contro alle loro aspettative. Anche se si andrà incontro alla morte.

Si farà questo ed anche altro, se sarà necessario per portarlo a compimento.

Lo scopo dell'uomo é di sbocciare, come un fiore.

Che errore.

Davvero un grave e grossolano errore, quello che stava commettendo suo fratello maggiore.

Ma la cosa peggiore era che Raoul sapeva benissimo di sbagliare, perché non era certo uno stupido.

Era solo ottuso. Ed incredibilmente orgoglioso. Al punto di non voler riconoscere di avere intrapreso la strada errata.

Sarebbe stato meglio, molto meglio, ma soprattutto più onesto verso i suoi confronti capire l'errore. Per poi fermarsi, tornare indietro e ricomnciare da capo. Scegliendo la strada giusta, questa volta.

La strada PIU' GIUSTA.

Era ancora in tempo, per comprenderlo. E per farlo.

Ma Raoul non era solo testardo. Era anche furbo.

La gente voleva un condottiero? Un Re? E lui...glielo avrebbe dato.

Gli avrebbe dato il sovrano più terribile ed insieme magnifico che si fosse mai visto. Che il mondo intero avesse mai incontrato o conosciuto. Ma stava sbagliando.

Pensava di diventare il monarca, in tal modo. L'imperatore. Ma così non avrebbe fatto altro che diventare uno schiavo a sua volta. Come e più degli altri, di tutti quanti gli altri. Se non peggio.

Si stava limitando solo a dare alla gente quel che la gente voleva.

Ma lui, in fondo...cosa voleva, davvero?

Toki aveva idea che non lo sapesse con certezza, nonostante si mostrasse sempre così spavaldo e sicuro di sé.

Stava soltanto ricalcando, copiando ad immagine e somiglianza un'immagine artefatta che si era costruito, modellandosela e cucendosela addosso.

Non stava facendo altro che recitare un ruolo, indossare un abito.

Stava ingannando solamente sé stesso. Nel disperato tentativo di compiacere il prossimo.

Voleva controllarlo. Assoggettarlo e dominarlo tramite il terrore ed il timore.

Ed invece ne veniva controllato da esso. Ed a sua completa insaputa, per giunta.

Voleva ottenere solo approvazione e consenso. Da gente che era ben disposta a cedergli tutto quanto il potere nelle sue mani. Ogni singola oncia. Per tramutarsi in schiavi pronti a combattere, sacrificarsi e morire unicamente per soddisfare le sue aspirazioni, le sue ambizioni ed i suoi interessi.

E per quale motivo, di grazia?

Oh, é molto semplice in realtà.

Lo fanno, fanno questo per non dover mai avere l'incombenza o sostenere il peso di dover prendere decisioni. Alle volte anche impopolari. Alle volte anche gravi.

Meglio lasciare il comando nelle mani di un tiranno, per poi maledirlo e lamentarsi nei suoi confronti. Piuttosto che decidere con la propria testa ed il proprio cuore.

Anche a costo di fare errori. E di commettere sbagli.

La libertà, quella vera, fa paura. Più paura di un sanguinario e crudele despota.

Si possono sopportare l'umiliazione, i patimenti, la sopraffazione. Danno sempre qualche garanzia, anche se nel peggiore dei modi.

La libertà non dà garanzie, o sicurezze di sorta. Proprio per questo va accettata, ed abbracciata.

E invece no. Meglio tanti schiavi nelle mani e tra le grinfie di un altro schiavo.

Povero Raoul.

Che stolto, che era.

Dà retta alle persone ed inizieranno a tirarti ed a trascinarti in mille e mille direzioni diverse, fino a farti a pezzi. Per poi accorgersi solo allora di non essere andati da nessuna parte.

Sembrerà di muoversi, ma in realtà...non si fatto altro che rimanere fermi.

Un triste destino, quello di suo fratello. E un gran peccato.

Ma forse non tutto era perduto.

Forse c'era ancora una speranza.

Questi erano i motivi che lo spingevano a recarsi in quel luogo. Alcuni tra i tanti che lo tormentavano, di recente.

Erano queste, le cose su cui rifletteva. Queste e tante altre insieme. Nella paziente attesa che i pensieri stessi defluissero e si indebolissero, fino a scomparire del tutto.

I pensieri sono paragonabili alle gocce d'acqua.

Molte gocce sono la pioggia. Oppure una cascata, per l'appunto. Ma una cascata o una pioggia non sono nessuno dei pensieri che di norma riempiono una testa fino ad intasarla.

Una volta compreso questo le nubi e la tempesta si diradano per proprio conto, senza fatica.

Ma é necessaria una comprensione profonda. Anche se é piuttosto semplice, una volta che lo si é capito.

Aveva deciso di andare lì tutte le volte che poteva. Tutte le volte che arrivava qualche patema d'animo ad affliggerlo.

Capitava anche a lui, talvolta. Anche se non si considerava incline alla tristezza per natura.

Anzi, per propria indole cercava di vedere il lato buono e confortevole di ogni cosa.

La parte più luminosa, che a malapena affiorava al pelo della superficie di un mare color pece e tenebra. Sempre più a fatica, mano a mano che passava il tempo.

Alle volte non aveva nemmeno una ragione particolare, per sentirsi così.

Non c'era nulla che si potesse fare a riguardo. Proprio niente di niente.

Sembrava proprio che il cordoglio senza limiti e senza fine facesse parte della condizione umana a prescindere.

Si poteva essere tristi anche senza un motivo preciso.

L'esistenza stessa ne era il motivo, dunque.

Era l'esistenza stessa, a generare sofferenza.

Una triste condizione. Davvero.

Soffro, quindi esisto.

Si soffre perché si esiste.

Si esiste perché si soffre.

Ripensò agli allenamenti che sia lui che gli altri suoi fratelli avevano effettuato, sotto a quei flutti gelidi che gli si paravano davanti.

Quante ore, che avevano trascorso là sotto. Nella medesima posizione in cui lui si trovava ora. E dire che cose come quelle, all'apparenza così difficili, non rappresentavano altro che le basi dell'addestramento.

Le basi delle basi, a voler essere sinceri.

Grazie alla potenza e alla violenza di quel getto d'acqua era possibile indurire il propro corpo oltremisura e lo si fortificava. E si finiva col rendere la pelle durissima e resistente ai colpi. Ed al contempo la si rendeva estremamente reattiva e sensibile. Al punto che diventava in grado di percepire ogni minima variazione da parte delle correnti d'aria circostanti.

Ed inoltre, suo padre Ryuken aveva sempre sostenuto che si trattasse di un autentico toccasana, per la salute.

In ogni caso...se si falliva l'unica alternativa comportava il morire assiderati.

Ed un uomo normale, sottoposto ad un simile trattamento, sarebbe caduto in stato di ipotermia dopo pochi minuti. Se non addirittura secondi.

Lo sbalzo di temperatura era davvero troppo forte ed impetuoso, per poter sperare di resistere.

Si diceva inoltre che si potessero affinare le proprie percezioni al punto di poter persino scorgere la presenza di un oggetto che stesse precipitando lungo l'arco della cascata. Basandosi soltanto sulla variazione della corrente e del flusso d'acqua registrati attraverso l'epidermide, mentre questi la lambivano. In modo da interpretarne sia la provenienza che la direzione dell'oggetto in questione, ancor prima che esso iniziasse la sua fase di caduta lungo la parte finale del fiume. Ancor prima che potesse colpire chi vi si trovava sotto. In modo da poterne conoscere l'esatta posizione, e così evitarlo.

Poteva essere qualunque cosa fosse in grado di cascare nei flutti e nei gorghi, per poi venirne trascinata e trasportata dal loro tumulto e fragore.

Un sasso, un ramo, una foglia. Davvero qualunque cosa.

Anche un tronco d'albero. E pure grosso e bello nodoso, come se non bastasse.

Proprio come quello che un giorno fu sul punto di travolgere suo fratello minore, il piccolo Kenshiro. Per poi spezzargli la schiena. E magari anche la testa ed il collo, come se non fosse già abbastanza.

Rendendolo in tal modo invalido a vita. O addirittura un fresco cadavere se lo avesse martoriato con il corretto quantitativo di forza e di furia d'impatto, e la giusta angolazione.

Il più piccolo tra i suoi tre fratelli aveva davvero corso un bel rischio, quella volta. Mentre si trovava alle prese con l'esercizio di indurimento, resistenza e stimolazione sensoriale in simultanea descritto in precedenza.

Ma il suo fratellino era ancora alle prime armi, a quel tempo.

Ancora giovane e inesperto. E non aveva ancora sviluppato l'attitudine, la forza di volontà e la disposizione d'animo necessarie a reggere a condizioni così estreme. E non solo a quelle, purtroppo.

Stava letteralmente morendo di freddo.

D'un tratto si ricordò che lo aveva brevemente e bonariamente schernito, per quel fatto. Ed al contempo aveva anche cercato di fornirgli qualche dritta dall'alto della sua maggiore esperienza, essendoci già passato.

 

“Ehi, Kenshiro! Come andiamo? E' dura, eh? Fatti coraggio, queste che stai affrontando non sono che le basi. Anzi...le basi delle basi, a volerla dir tutta. Se ciò ti può consolare...l'addestramento vero e proprio sarà ancora peggio.”

 

Il ragazzino aveva risposto con una smorfia, senza nemmeno girarsi a guardarlo. Sembrava rigido ed immobile come una statua.

 

“Lo vuoi un consiglio, piccolo? E' più facile se respiri con calma e ti rilassi. Ti senti come se le lame e le punte di mille spade ti stiano trafiggendo, dico bene? Non é così, forse?”

“S – si.”

“Bene. La conosco perfettamente, la sensazione che stai provando. Anche per me, quando ho iniziato, era grossomodo la stessa cosa. Cerca di fare come ho fatto io. La sensazione di cui ti ho appena parlato, Kenshiro...cerca di isolarla. E poi concentrati su di essa, altrimenti non riuscirai a sopportarla. Osservala e basta, piuttosto che cercare di bloccarla. Solo così la riuscirai a controllare a piacimento.”

“V – va bene, Toki. L – lo farò. G – grazie.”

 

Suo fratello Kenshiro era un allievo diligente, coscienzioso ed obbediente. Sin da quando era bambino.

Ma a quell'età non lo si poteva definire sufficientemente avvezzo ad una pratica così impegnativa e spossante. E non aveva di certo sviluppato l'abilità necessaria ad affrontarla e superarla con l'adeguata scioltezza e disinvoltura.

E proprio quel giorno un vecchio albero mezzo marcio, malandato e roso dagli insetti, dagli uccelli e dai parassiti, a causa anche della piena dovuta all'ultimo alluvione, aveva ben pensato di staccare le proprie radici dalla loro sede naturale e di percorrere l'intero torrente passando per le rapide fino alla grande cascata. E da lì proseguire ancora.

Chissà. Forse voleva solo vedere dove andava a finire tutta quell'acqua. O forse voleva vedere anche lui com'era fatto questo dannato mare di cui parlavano tanto i merli, i corvi, i pettirossi, le cinciallegre e tutti gli altri uccelli che componevano la fauna volatile di quella zona. Quando udiva i loro discorsi ed il loro chiacchiericcio sotto forma di insistiti e ripetuti cinguettii, tutti belli presi a narrarsi le loro più recenti scoperte effettutate nel corso dei più recenti ed ultimi viaggi.

E così, tutto preso dall'entusiasmo per essere finalmente riuscito a partire...non si rendeva conto che con la sua considerevole mole avrebbe potuto urtare, ferire o danneggiare qualcosa o qualcuno.

Allo stesso modo in cui Kenshiro non si era accorto di nulla. Nemmeno quando ce lo aveva ormai sospeso sopra a pochi, pochissimi metri di distanza, minaccioso ed incombente.

Ma per fortuna Toki, che era lì vicino, lui si che se n'era accorto.

Se n'era accorto eccome, accidenti. Così come aveva capito, al volo e nel giro di un solo attimo, com'era tutta la dannata situazione. E sul come comportarsi per potervi porre rimedio, anche se in extremis.

Non ci aveva nemmeno provato, ad avvertirlo o a metterlo in guardia. Il fragore della cascata stava coprendo tutto. E poi...era troppo tardi. Anche se lo avesse sentito e avesse capito quel che gli stava dicendo, quel tronco era davvero troppo vicino. Non si sarebbe mai spostato per tempo, e non ce l'avrebbe mai fatto ad evitarlo.

Non c'era proprio più il tempo di poter fare nulla. Niente di niente. A parte...

Non rimaneva che una cosa, da fare. E lui l'aveva fatta, senza la benché minima esitazione.

Gli si era gettato sopra e lo aveva abbrancato, coprendolo con la sua stretta di braccia e mettendolo al riparo.

Gli aveva fatto da improvvisato scudo con il suo stesso corpo.

Allungò una mano verso il dorso e la usò per grattarsi la grossa cicatrice che aveva sopra di esso, formatasi dopo il tremendo impatto.

Un uomo normale di solito sarebbe morto, dopo essere rimasto esposto ad una corrente così impetuosa e gelida per un tempo più o meno prolungato. Ma a lui non gli aveva fatto né caldo né freddo. Quando era arrivato il suo turno, tempo orsono, aveva affrontato la tremenda prova senza battere ciglio e allo stesso modo l'aveva superata in massima scioltezza e naturalezza.

E un uomo normale di solito sarebbe morto, dopo essere stato travolto da un tronco di quel peso e di quelle dimensioni. Ma a lui quel vasto e lungo sfregio che si estendeva per quasi tutto l'intero dorso, con particolare conivolgimento della zona centrale e l'asse della colonna vertebrale, al massimo causava un fastidioso prurito. E talvolata anche qualche lieve fitta di dolore, specie nei giorni di grande umidità o quando era in procinto di cambiare il tempo.

E fu proprio allora, mentre si passava le unghie sulla pelle secca e leggermente squamata in modo da donarsi per proprio conto un momentaneo quanto soddisfacente sollievo...fu proprio allora che lo poté percepire.

All'esterno e alle sue orecchie non gli era sembrato altro che una sorta di sibilo, per giunta alquanto sommesso. Poco più di un sussurro. Una libellula, una vespa, un'ape, una zanzara o qualunque altro genere di insetto volante e più o meno molesto avrebbe di sicuro generato un rumore assai più marcato, ronzando o pigolando. Ma dentro di lui la musica fu ben diversa. Lo sentì chiaramente esplodere con la forza ed il fragore di un tuono lontano che preannunciava l'arrivo delle nubi nere, gonfie e cariche di pioggia che gli avevano dato vita. Oppure di un'onda anomala provocata al largo dell'oceano da un terremoto sottomarino.

Sorrise. E guardò il cielo. Le stelle dell' Orsa maggiore gli sembravano più splendenti e luminose del consueto. Più fulgide che mai. Anche quella vicino, di fianco alla penultima.

Si, purtroppo. La vedeva, anche se non aveva fatto parola con nessuno. A parte un'unica eccezione.

Riusciva a vederla anche lui.

LA STELLA DELLA MORTE.

La vedeva anche lui. Ed era il motivo per cui si era recato di persona da Ryuken, suo padre adottivo nonché maestro, qualche giorno addietro. E senza una convocazione ufficiale da parte sua. Anche se, come il vecchio monaco avrebbe avuto tutta la premura di fargli scoprire subito dopo il suo arrivo al tempio, tale convocazione era prevista ed imminente.

Inutile immaginarsi a che che cosa potesse essere dovuta. Era fin troppo ovvio.

Tutti si aspettavano che fosse, che dovesse essere senza alcun dubbio lui l'erede designato della Divina Arte dell' Hokuto Shinken.

Persino Jagger.

Persino suo fratello minore Jagger che di solito era così tronfio, così pieno di sé, così invidioso e così vanaglorioso da rifiutarsi ostinatamente di riconoscere uno più forte di lui anche a costo di ritrovarselo di fronte agli occhi, nel suo specifico caso era stato costretto a doverglielo concedere.

Aveva ammesso la sua inferiorità, addirittura davanti al suo cospetto. Sia dal punto di vista della forza, che di quello della tecniche. Sia praticate che conosciute.

E stranamente per una volta tanto non aveva fatto tante storie o posto troppi problemi, a riguardo.

Forse per il semplice fatto che Toki era più grande di lui, e quindi lo considerava perfettamente legittimo.

Quello schizoide non aveva nulla contro i suoi due fratelli maggiori. Non nutriva alcun rancore nei suoi confronti, o in quelli di Raoul. Provava una sorta di ammirazione mista ad estremo timore reverenziale.

No. L'unico verso cui provava un odio esecrabile, quanto irrazionale ed immotivato...era Kenshiro.

Il più giovane e piccolo del quartetto.

Ironia della sorte...proprio l'unico che gli concedeva un minimo di attenzione e di considerazione.

L'unico che cercava di comprenderlo, di capirlo. E persino di aiutarlo, in qualche modo.

Perdonandogliele sempre e praticamente tutte. E chiudendo spesso un'occhio e pure l'altro sugli sgarbi, sulle vessazioni, sui maltrattamenti e sulle continue ingiurie sia fisiche che verbali a cui lo sottoponeva ormai con assidua quanto sconcertante regolarità.

Ken era l'unico. L'unico a cui importava ancora qualcosa di Jagger.

L'unico che cercava ancora di aiutarlo, nonostante fosse una battaglia pressoché persa.

Sia lui che Raoul che Ryuken, il loro padre e maestro...ci avevano rinunciato da un sacco di tempo.

Perché era inutile. Totalmente inutile.

Jagger avrebbe dovuto essergli grato. Infinitamente grato. Ed invece...

Invece lo odiava con tutte le sue forze. Lo odiava talmente tanto da volerlo vedere morto.

Era un bel problema, dunque. Davvero un gran bel problema.

Durante quell'inaspettato colloquio, con suo padre Ryuken aveva parlato chiaro e messo le proprie carte in tavola sin dal principio.

Gli aveva riferito senza mezzi termini che non sarebbe stato disposto ad accettare l'eventuale incarico di nuovo reggente. E di tenerlo cortesemente fuori dalle ultime fasi dei giochi, sin dal principio.

E alla domanda da parte del vecchio maestro sul perché avesse ponderato una simile quanto grave decisone...aveva vuotato direttamente il sacco, senza alcuna remora da parte sua.

Non poteva. Non poteva perché...

Perché lui vedeva la Stella della Morte. E quindi il suo destino era già segnato.

Non si poteva dedurre con certezza quando e come sarebbe successo, ma...la strada del suo destino era già tracciata, putroppo. E uno che é destinato a morire già in partenza non può diventare il nuovo maestro della Sacra Scuola di Hokuto. Nella maniera più assoluta.

La sua dipartita improvvisa creerebbe un vuoto di potere, da subito. E gli altri allievi inizierebbero una guerra senza esclusione di colpi, pur di ricevere un tale e prestigioso mandato.

Oppure, nella peggiore delle ipotesi, l'arte stessa finirebbe con lo scomparire. Si estinguerebbe, una volta priva di un successore ufficialmente riconosciuto o di un adeguato e degno rappresentante.

In ogni caso l'intero mondo sprofonderebbe nelle tenebre più fitte, tramutandosi in una confusa bolgia di perpetui e caotici scontri e conflitti all'ultimo sangue.

Il cielo non lo si può dividere. Il cielo, almeno quello...va mantenuto unito. Per il bene degli uomini.

Per il bene di tutti.

E sempre per la medesima ragione...Hokuto deve continuare ad esistere. Perché il male non muore mai.

Ryuken, a quella risposta dolente, aveva scosso il capo ed emesso un lungo ed altrettanto sconfortato sospiro. E aveva detto che era proprio un peccato.

Suo padre sapeva. Ma non sapeva tutto.

Lo sapeva, allo stesso modo in cui lo sapevano i suoi fratelli.

Ma c'era dell'altro.

In passato si era già sacrificato una volta, per proteggere Kenshiro in tenera età. Ma tempo dopo aveva ripetuto lo stesso, medesimo gesto. Anche se con modalità e in un contesto totalmente differenti.

Quando, durante un bombardamento a tappeto a base di armi atomiche da parte di una nazione nemica, aveva spinto Kenshiro e Julia dentro al rifugio per poi serrare le grosse porte isolanti e corazzate in piombo e acciaio dall'esterno, con le sue sole forze.

Il bunker era strapieno fino all'orlo di donne, vecchi e bambini. Ed il dispositivo di chiusura automatizzato e a tempo si era guastato. E loro due, Ken e Julia...

No, loro non dovevano morire. Non poteva permettere che morisssero.

Non c'era più il tempo di fare niente. Non c'era più il tempo di fare nient'altro. E lui, Toki...

Lui aveva fatto la cosa giusta. La cosa che riteneva più giusta.

Era rimasto chiuso fuori. E le polveri del fall – out radioattivo sollevate dalle esplosioni lo avevano investito.

Ovviamente era sopravvissuto. Ma nemmeno un combattente di Hokuto, nemmeno un essere dalle capacità come le sue poteva rimanere completamente indenne da un contatto così prolungato con delle sostanze altamente tossiche.

Da quel giorno il su destino fu segnato.

Era come se dentro, dentro di sé fosse invecchiato di molti, moltissimi anni in un colpo solo. I suoi organi interni erano ormai contaminati ed irreversibilmente danneggiati.

Grazie alla Divina Arte avrebbe potuto sopravvivere molto più a lungo rispetto ad una qualsiasi altro essere umano, ma...non avrebbe saputo dire con certezza se si trattava di una grazia oppure di un'implacabile condanna.

Lo avrebbero aspettato anni di atroci dolori e sofferenze, trattandosi di mali incurabili. Con le cellule tumorali che si sarebbero propagate per ogni dove, all'interno del suo corpo. E che, presto o tardi, avrebbero finito col mangiargli e divorargli inesorabilmente la carne, i muscoli e le ossa.

Tutto.

Questo era ciò che sapevano tutti. Suo padre e i suoi fratelli. Ma...

Ma non era la verità. Era solo una parte, della verità.

Il suo declino fisico era già iniziato molto prima. Ed il cancro non era altro che un peso, un ulteriore fardello in più che si era ammassato sulla gigantesca croce che si trascinava appresso già da qualche anno.

Il Sacro Pugno dell' Orsa Maggiore lo aveva completamente consumato.

Chi pratica questa tecnica ha accesso ad un potenziale pressoché illimitato, arrivando ad impiegare facoltà e poteri che nel resto degli altri individui giacciono sopiti. E che nei più e nella quasi totalità tali rimangono, per tutto il resto delle loro più o meno inconsapevoli esistenze.

E proprio per questo motivo...non é alla portata di tutti.

Si tratta di prendere a prestito un'energia enorme. Ed il prezzo da pagare in cambio é altissimo.

Ed é il genere di prezzo che si paga, e che si é disposti a dover pagare, per diventare l'uomo più forte sulla faccia dell'intero pianeta.

L'uomo più forte del mondo intero. E nella storia del mondo intero.

Una candela che arriva a bruciare il doppio o addirittura il triplo del normale...inevitabilmente si consuma nella metà o in un terzo del tempo rispetto alle altre.

Ed in casi come questi...bisogna saper scegliere.

Occorre saper valutare e stabilire con estrema accortezza ed attenzione da quale parte far bruciare la fiamma. Visto che sei tu la fiamma che sta bruciando.

Visto che sei TU, quello che brucia.

Solo i prescelti sono in grado di usare la Divina Arte di Hokuto senza risentirne.

Kenshiro era il discendente diretto del ramo principale della Dinastia di Hokuto. Mentre lui e suo fratello Raoul erano gli eredi della famiglia Ryu, il casato che di norma fornisce i candidati alla successione nel caso il posto spettante all'eletto del ramo principale rimanga vacante.

Ma il primogenito, in quanto più anziano, era Raoul. Non lui.

Era come se Raoul avesse ricevuto tutti i geni dominanti, mentre a lui erano toccati quelli recessivi.

Anche con il suo anziano tutore e maestro era accaduta una cosa simile, in passato.

In teoria, ai tempi...visto che lui era poco più che un ragazzino, il posto di reggente sarebbe dovuto toccare a suo fratello maggiore. Ma quest'ultimo vi rinunciò, per motivi personali. Ed allora...toccò a lui.

Svolse il suo compito al meglio delle proprie forze e conoscenze. Ma anche a lui quel tremendo potere fini col minargli la salute, e si ammalò di cuore.

Glielò spiegò, dunque. E solo allora...solo allora suo padre aveva capito.

Gli aveva rivelato il mistero. Il secondo tra i suoi figli adottivi era arrivato a comprendere persino ciò che lui aveva sempre ignorato, nel corso di tutti quegli anni.

O, meglio...che aveva finto di ignorare.

Era tutto chiaro, dunque. Ecco spiegato il motivo di tutti i suoi timori. E per cui, almeno in principio, era stato così restio e titubante ad insegnargli le sue conoscenze e a sottoporlo all'addestramento. E non certo perché lo considerasse troppo debole, timido o timoroso.

Aveva già potuto scorgere, ed in ben più di un'occasione, sotto quella sua superficie così calma e placida...un fuoco che divampava pari a quello che animava Raoul e la sua furia. Senza contare il talento e le doti innate, presenti in egual misura a quelle di suo fratello. Se non in dosi ed in quantità persino maggiori e superiori.

Aveva deciso di non farlo perché sapeva a quali rischi lo avrebbe mandato incontro.

Ma Raoul stava diventando davvero troppo forte. La sua potenza aveva raggiunto livelli esagerati. Se fosse finito fuori controllo, in futuro...qualcuno doveva essere in grado di fermarlo.

Lui non era certo di riuscirci. Ma Toki, forse...forse Toki ce l'avrebbe fatta, prima di...

Prima di fare la sua stessa fine. Prima di finire corroso dalla malattia. E dalla Divina Arte stessa.

In cuor suo sapeva. Sapeva a quale triste e terribile sorte lo stava destinando. Perché c'era già passato.

C'era passato anche lui. E per primo.

Non c'era niente da fare. Non c'era proprio niente che si potesse fare, a tal riguardo.

Solo i discendenti in linea diretta di sangue della dinastia principale e della famiglia Ryu potevano praticare quell'arte così splendida ed insieme terribile senza subirne conseguenze. Essendo i frutti di un'accurata selezione naturale iniziata quasi duemila anni fa.

In quelle due famiglie...si generavano GUERRIERI.

Gli uomini lo diventavano. E le donne li partorivano.

Perché solo chi é un assassino da quando nasce e viene al mondo...anzi, da prima ancora di nascere e di venire al mondo può ricevere la suprema arte dell'assassinio.

Così era. Così era sempre stato. Ed era così che sarebbe sempre stato.

Tuttavia...

Tuttavia era e restava comunque un grosso peccato. Ed il sommo Ryuken aveva ben motivo di ribardirlo e di continuare a pensarla così, visto che sapeva bene cosa significassero quelle parole. Soprattutto per la sorte dei suoi tre restanti fratelli e compagni di addestramento. E naturalmente, nuovi ed unici aspiranti.

Raoul era dotato di un'abilità a dir poco eccezionale. Ma di recente stava assumendo una china ed un'attitudine alquanto preoccupanti. Di recente non si riusciva più a capire cosa di preciso gli frullasse nella testa ed avesse preso di colpo ad agitarglisi nel profondo del cuore. L'unica certezza era che stava diventando davvero troppo, troppo ambizioso per essere il depositario di una tecnica tanto potente.

In quanto a Jagger...era soltanto rozzo, incauto e stupido. E pertanto estremamente pericoloso.

Non lo si poteva nemmeno prendere in considerazione, sotto quell'aspetto.

Non rimaneva quindi che una sola scelta, da fare. Così come non rimaneva che un unico candidato disponibile.

Ma non si trattava di una decisione priva di dubbi e timori. Soprattutto perché era dettata dall'urgenza. E da influenze esterne. Anche se poteva essere il destino, ad aver voluto che andasse così. E se c'é una cosa che il destino insegna...é che nulla accade mai per caso o per pura e semplice sfortuna.

C'é sempre un motivo. Ed il motivo, in quel momento, Toki ce lo aveva ben chiaro davanti ai propri occhi. E dentro alle proprie orecchie. E dentro al proprio cuore.

L'ultimo, il più giovane dei suoi quattro fratelli...era ancora inesperto. E anche avventato ed impulsivo, come tutti i ragazzi. Inoltre...era troppo sensibile. E questo non costituiva affatto come punto a suo favore.

Un vero maestro di Hokuto deve saper accogliere dentro di sé anche la bontà, oltre che la furia. Ma quando sopraggiunge il momento decisivo...deve saper mettere da parte la pietà, ed agire senza la benché minima esitazione. In caso contrario...durante l'attacco finale potrebbe bloccarsi.

Potrebbe esitare, e proprio mentre si trova in procinto di vibrare il colpo fatale. Potrebbe esitare un attimo, un istante di troppo. E questa sua titubanza finirebbe quasi certamente con il costargli la vita.

Per il nuovo successore non sarebbe stato facile. Ma proprio per niente. Perché se le cose avessero preso la piega che aveva previsto...ben presto il suo compito gli sarebbe stato rivelato. E ancora prima del previsto.

Si sarebbe ritrovato a fronteggiare i suoi fratelli maggiori. E a sconfiggerli. E forse addirittura a doverli uccidere.

Due di loro tre, quasi sicuramente. Poiché mai e poi mai avrebbero ceduto, e riconosciuto il suo ruolo. Equivaleva ad ammettere la propria inferiorità nei suoi confronti, e ritagliarsi una posizione di assoluti subordinati.

E questo non avrebbero mai pouto accettarlo. Erano troppo orgogliosi, e convinti della loro forza e delle loro capacità. Inoltre...sapevano essere entrambi spietati.

Ma il destino di un maestro, del nuovo maestro...é quello di annichilire tutti i suoi rivali, se questi tentano di opporsi a lui. Persino i suoi stessi compagni o fratelli, usando le tecniche che loro stessi gli hanno insegnato.

Lo hanno preparato con lo scopo apposito di venire sconfitti per sua mano, un giorno.

E' quello che accade, che deve accadere, se lui dimostrerà di essere il vero erede e depositario.

Kenshiro aveva l'animo troppo tenero. Ma era anche posato, cauto e riflessivo. Molto più di quel che normalmente ci si aspetta da uno della sua età. E si sa che i giovani hanno il bruttissimo vizio di parlare e agire senza prima mettersi a riflettere.

Guai, se non fosse così. Non sarebbero giovani.

Ma Ken era dotato di una presenza mentale e di una forza di spirito non comuni. E questo lo faceva ben presagire. Ma...dal punto di vista dell'abilità?

Beh, da quel punto di vista...la prova del suo indiscusso talento gliela stava fornendo proprio ora, in quel preciso momento.

Si. C'era ancora.

Poteva esserci ancora una speranza, dopotutto.

“Finalmente si é rivelato il degno e legittimo successore” mormorò tra sé a voce bassa, senza smettere di sorridere.

Ed in quel momento la sua mente, completamente spoglia da un qualsiasi pensiero mondano, venne attraversata da un'immagine alquanto curiosa.

Tornò a quella mattina, quando aveva accompagnato Julia in periferia, nell quartiere che ospitava la comunità cristiana. Vi si recava talvolta a fare del volontariato, ed in quell'occasione non se la sentiva di recarsi fin laggiù da sola.

Gli aveva chiesto cortesemente d accompagnarla. E lui si era offerto di farlo ancor prima che lei gli potesse rivolgere la richiesta. E lei, con un gran sorriso entusiasta, lo aveva ringraziato di cuore e gli aveva assicurato che si sarebbe divertito un mondo.

Quella ragazza aveva una dote particolare, un potere tutto suo.

Già era bella. Molto bella. Ma quando sorrideva...sembrava illuminarsi, circondarsi di un'aura splendente. E non solo.

Sembrava illuminare qualunque cosa si trovasse tutt'intorno a lei. Sembrava illuminare il mondo intero.

Erano stati accolti da un nugolo di bambini schiamazzanti, urlanti e felici. Usciti all'unisono come l'acqua di un ruscello in aperta campagna. Che d'improvviso irrompe dentro ad un lotto coltivato per irrigarlo.

Julia aveva avuto ragione. Quei bimbi erano davvero adorabili. Toki aveva giocato un po' con loro, e poi li aveva aiutati a mettere in ordine e a fare pulizie nel cortile situato dietro alla vecchia chiesa. Ed infine, durante la pausa per lo spuntino mattutino, non appena era corsa la voce che fosse un praticante di arti marziali aveva mostrato loro qualche mossa e qualche forma di movimenti e colpi concatenati mentre erano intenti a rifocillarsi.

I bambini avevano osservato tutti quanti seduti, composti ed in perfetto silenzio. Qualcuno di loro lo aveva asservato trattenendo il fiato, come rapito dall'eleganza delle sue movenze. Persino Julia ed il parroco, che fino ad un attimo prima si trovavano lì nelle vicinanze a discorrere del più e del meno.

Poi uno dei ragazzini aveva indicato una delle immagini sacre sul muro della parrocchia e gli aveva detto che somigliava tantissimo a Gesù. E un altro gli aveva chiesto se erano fratelli. E un altro ancora gli aveva domandato se sapeva combattere anche lui, e perché non aveva preso a botte i soldati che erano venuti nell'orto di Getsemani per arrestarlo, processarlo e metterlo sulla croce.

Il resto della combriccola era scoppiato a ridere di gusto. Il tutto sotto lo sguardo sorpreso e anche un poco sconcertato del sacerdote, che non sapeva più in che direzione guardare. E di quello ilare di Julia.

I bambini sanno essere molto ricettivi e perspicaci. Alle volte dimostrano dei flussi di coscienza a dir poco incredibili.

Toki gli si era avvicinato e lo aveva accarezzato sulla testolina, scompigliandogli la piccola zazzera di capelli nero corvino. E gli aveva spiegato che Gesù era una persona molto coraggiosa, aveva il coraggio di un leone. Perché ci vuole un gran coraggio, ma molto molto, per perdonare chi ci vuol fare del male senza motivo invece di aggredirlo e fargli del male a nostra volta.

Si. E' necessario un gran coraggio, per prendere senza ridare.

Per prenderle e basta, senza reagire. Se non per offrire l'altra guancia, addirittura.

Ci vuole un gran coraggio.Ancor più che per ridarle indietro.

In effetti, però...quello di quel ragazziono era stato un paragone divertente, per quanto temerario. E molto più azzeccato di quanto si potesse pensare.

Perché i bambini, oltre ad essere incredibilmente perspicaci...dicono sempre tutto ciò che pensano.

I bambini sono la voce della verità. Perché parlano e vedono con la voce e gli occhi del cuore.

Per loro il Re é nudo, anche se indossa oppure finge di indossare il più costoso e sfarzoso dei vestiti.

Lui e Gesù Cristo avevano davvero molto in comune.

Anche lui si sarebbe sacrificato. Anche lui, ben presto, sarebbe morto per il bene e la salvezza dell'intera umanità.

Ed esattamente come il figlio di Dio...anche nel suo caso, prima di allora, ci sarebbe stato un compito molto importante da portare a termine.

C'era ancora del lavoro, da fare. C'era un mucchio di lavoro ad attenderlo, da qui fino all'ora della sua fine.

Ma più che a Gesù Cristo avrebbe preferito paragonarsi a Giovanni Battista.

Secondo il più recente dei tomi che compongono la Bibbia, il libro sacro per tutti i cristiani...costui era ultimo profeta inviato al popolo d' Israele dal Signore, mandato per preparare il terreno alla venuta del Nazareno. E morto per causa e colpa della bella Salomé.

Giustiziato in seguito ai suoi complotti, intrighi e macchinazioni.

Ucciso per un suo puro capriccio. Come premio per aver eseguito una danza leggiadra al cospetto del sovrano reggente nonché suo zio, Erode Antipa.

In realtà si tende a non colpevolizzarla troppo. La si ritiene un semplice strumento della volontà divina, indipendentemente dalle azioni che avrebbe suggerito e consigliato di propria spontanea iniziativa.

Giovanni Battista aveva esaurito il suo compito. Doveva semplicemente ascendere al cielo e tornare al Padre Suo, tutto qui.

Non gli rimaneva altro, da poter fare.

Ma un vero uomo di fede non accetta tutto passivamente senza contestare, no.

Il vero uomo di fede scompone, osserva, analizza, commenta ma soprattutto chiede.

Ha il coraggio di chiedere, invece di prendere tutto per buono evitando di fare domande. E, cosa ancora più importante...non giudica.

Forse le sacre scritture non raccontano tutta la verità.

Forse la bella Salomé era attratta dal Battista. Senz'altro più maturo di lei, ma con una saggezza e un'esperienza che lei non avrebbe trovato un nessun altro baldo giovane. Guerriero, principe, comandante o semplice soldato che fosse.

Forse il Battista la ripudiò. Magari la corte da parte di lei non l'aveva lasciata indifferente, ma ormai aveva consacrato la propria vita ad un amore ancora più grande. Il più grande che si potesse mai immaginare. Il più grande che potesse mai immaginare una mente limitata quale era quella dell'essere umano.

Forse aveva tentato di spiegarglielo. Ma una donna respinta può non conoscere ragioni. Nel qual caso non cerca conforto con le lacrime e la rassegnazione, ma col sangue.

Lui non aveva accettato i suoi sentimenti, magari anche apprezzandoli. E lei si era vendicata. Se quell'uomo non poteva essere suo...non sarebbe stato di nessun'altra.

Di nessun altro. Nemmeno di Dio.

Una donna o un uomo furenti per un rifiuto ricevuto possono arrivare ad affrontare anche Dio.

E suo fratello maggiore avrebbe potuto aggiungere qualcosa, a riguardo. Avrebbe ben potuto dire la sua, in tal merito.

O forse poteva darsi che il Battista avesse deciso di ricambiare il suo amore. Ma il loro idillio non poteva durare. Si trovavano entrambi in una posizione compromettente, per il ruolo che occupavano.

Lei era figlia di nobili mentre lui era un plebeo. Per quanto profeta, e i regnanti d' Israele preferivano tenerseli buoni i profeti e non inimicarseli. Erano pur sempre gli inviati sulla Terra del signore, e l' Altissimo parlava per loro bocca e vedeva coi loro occhi. E, fattore non meno importante quanto decisivo...vere o non che fossero le dicerie nei loro confronti, quando intervenivano con i loro sermoni la gente si fermava ad ascoltarli.

Avevano quindi il potere di guidare le persone. Di radunarle. Di soggiogarle.

Di sobillarle.

Il Battista restava quindi una figura di spicco, da tenere di conto. Ma sarebbe scoppiato uno scandalo, che li avrebbe travolti.

La loro relazione, se mai iniziò, dovette rimanere segreta. Ma quando non fu più possibile mascherarla al resto del popolo,e della famiglia reale...dovettero rientrate brutalmente nei ranghi. Recitando un'ultima, atroce commedia.

Fu il Battista a sacrificarsi. Accusò e biasimò la madre di lei per la relazione adulterina col cognato, e quest'ultimo lo fece imprigionare. Poi la nipote, soffocando il dolore, completò l'opera.

Chiese al Re suo zio la testa del Battista.

Perché fu proprio il profeta, a decidere di sacrificarsi?

Fu ingannato e persuaso dalle sue moine, forse? O lo fece perché Salomé era una principessa mentre lui era poco più che un cencioso mendicante da quando aveva iniziato a predicare la parola del Signore, pur proveniendo da una famiglia di sacerdoti ed eruditi per quanto modesta?

O forse...decise così perché avrebbero messo a morte anche lei, ed invece Salomé doveva a tutti i costi sopravvivere?

E se così era...per quale motivo doveva sopravvivere?

Forse per quella dote innata che le donne posseggono ancor prima di venire al mondo? Per via di quella capacità che é di loro esclusivo appannaggio, e che solo loro posseggono? E che di fatto determina il loro ruolo nel mondo?

E cioé la facoltà di poter essere madri? Di accudire, allevare e crescere un discendente?

Salomé attendeva forse un figlio, dal Battista?

Del resto...non sarebbe affatto la prima volta.

Qualcosa di simile ed altrettanto crudele avvenne anche con la nascita del fondatore della Divina Arte, Shuken.

Fu un tacito accordo tra due sorelle, di cui una era sua madre. Shume e Ouka.

La volta in cui l'amore si manifestò in una delle sue forme più meravigliose ed insieme terribili.

Ma nel caso di Salomé e del Battista la verità si perde nella notte dei tempi, ed é finita col venire inghiottita dal lato oscuro della storia.

Se Toki si vedeva davvero come il Giovanni battista, allora...Julia doveva essere senza dubbio la sua

Salomé. Ma non l'avrebbe condotto alla rovina, anzi.

Della bella principessa della Giudea, Julia condivideva giusto la straordinaria quanto struggente bellezza. Ed inoltre disponeva di un animo buono, generoso e magnanimo. E di questo Toki poteva star più che certo. Poiché la conosceva bene, la frequentava e stavano insieme sin da quando erano bambini. Mentre sul carattere di Salomé le voci e le fonti risultano spesso contraddittorie.

Una cosa era certa, indipendentemente da come fosse andata a finire e per quale motivo.

I sentimenti, e forse l'amore che il Battista nutriva per la bella ragazza se li sarebbe portati con sé, una volta asceso al cielo. E sarebbero stati solo suoi.

Per sempre.

Amava Julia, con tutto il suo cuore. Ma non si sarebbe mai dichiarato. Non lo avrebbe mai fatto. L'immagine di un futuro con loro due insieme non esisteva. Anzi...non era mai esistita.

Ma aveva scoperto, grazie alla meditazione e alla trascendenza, che esisteva anche la pura e semplice contemplazione del proprio amore.

Il potersi semplicemente godere la presenza, il ricordo della persona che si ama. Anche se essa non ricambierà mai quel che si prova per lei.

Chissà...forse anche per il Battista era così. Gli bastava solo pensare alla bella Salomé, o ai suoi sentimenti.

E proprio come lui, se li sarebbe fatti bastare.

E poi...Julia aveva già fatto la sua scelta.

Aveva scelto il più giovane tra i suoi fratelli.

Aveva scelto Kenshiro.

Se il più piccolo tra i candidati fosse sopravvissuto...avrebbe trovato senz'altro un ulteriore terreno di scontro, con suo fratello maggiore.

Kenshiro e Raoul si sarebbero dovuti affrontare anche per questo motivo, oltre che la lotta alla successione.

Come carattere ed aspirazioni personali non avebbero potuto essere più differenti. Ma almeno in questo erano molto simili. Più simili di quanto loro stessi potessero o volessero essere disposti ad ammettere.

In fondo erano entrambi due passionali. A loro non sarebbe rivolgersi e rifugiarsi all'interno di sé stessi per limitarsi semplicemente a constatare e riconoscere l'esistenza di quel tenero sentimento.

Loro...lo volevano anche soddisfare, quel sentimento.

Cercavano una figura che fosse anche una sostanza visibile, tangibile, pemanente, Da poter associare a quel che provavano.

Non solo amavano Julia. La volevano, anche.

La desideravano, con tutte le loro forze.

Si. Anche Raoul non era rimasto indifferente alla sue grazie. Ed una volta stava persino per giungere alle vie di fatto. E proprio in quella diocesi dove si erano recati in mattinata.

Non aveva avuto il coraggio di dirglielo. Ma era quello il motivo, il vero motivo, per cui aveva deciso di chiedergli di andare con lei. Ed il motivo per cui lui aveva deciso di seguirla e scortarla senza nemmeno pensarci su due volte.

Temevano entrambi che Raoul ci volesse riprovare.

Se la ricordava molto bene, l'ultima volta. Suo fratello maggiore era piombato lì come una furia, in mezzo ai bambini, senza preoccuparsi minimamente di spaventarli o terrorizzarli.

Come un vero e proprio animale, guidato solo dai più biechi e ciechi istinti primordiali. Come un'autentica bestia.

Non guardava nulla, non considerava nulla. Sembrava un toro furioso davanti ad un drappo rosso che gli veniva continuamente agitato e sbatacchiato davanti agli occhi iniettati di sangue.

Non faceva caso a niente, a parte il drappo. Ed il drappo lo costituiva Julia.

L'aveva presa tra le braccia e stretta fino a farla gemere di dolore, intimandogli che doveva amare solo lui. Come una cosa, un oggetto inanimato. E poi stava per portarla via.

Meno male che lui si trovava nei paraggi, e lo aveva fermato.

Suo fratello Raoul, pur pensando e ritenendo di essere il più forte, in minima misura aveva dimostrato di temerlo ancora. E forse non riteneva che fosse il momento propizio per uno scontro diretto tra loro due. Anche se Toki gliele avrebbe suonate ben volentieri, vista la condotta a dir poco vergognosa ed oltraggiosa che aveva dimostrato.

Un comportamento davvero indegno, sia per un guerriero che per un uomo.

Almeno lì, in quell'occasione, avrebbe voluto tanto rifilare una bella ridimensionata al suo ego ipertrofico e smisurato.

Suo fratello maggiore era un combattente davvero eccezionale. Ma sui rapporti con le persone in generale e con particolare riferimento alle esponenti dell'altro sesso aveva dimostrato in ben più di un'occasione di essere ai livelli di un carvernicolo, o giù di lì.

Un vero, autentico e rozzo troglodita appena uscito dalle caverne.

Tanto abile con le arti marziali quanto ignorante con gli uomini. E con le donne.

Quella volta, con quella povera fanciulla...si era davvero superato in termini di crudeltà, brutalità e barbarie.

C'era mancato solo che la tramortisse con un colpo di clava sulla testa. Per poi caricarsela sulle spalle, rapirla e poratarla dentro la sua grotta. Ed infine possederla con la forza e contro la sua volontà.

Che tanto, giunti a quel punto...che lei fosse d'accordo o meno non avrebbe importato più nulla.

Era al livello di un bambino che vuol a tutti i costi qualcosa. E che arriva persino a rubarlo, anche con la violenza, quel qualcosa.

E che una voltascoperto, piuttosto che ammettere lo sbaglio e ridarlo indietro preferisce ROMPERLO, quell'oggetto.

L'avrebbe meritata per davvero una bella lezione, una volta o l'altra. Come gli scapaccioni o le sculacciate ben date che si assestano ed appioppano ad un ragazzino maleducato ed insolente.

Ma per quelli come lui non serviva.

Per un bufalo o un somaro le busse non servono. Finiscono col fare il callo anche alle bastonate più dure. Gli rendono solo la pelle più aspra e gli fanno chiudere ancora di più sia la mente che il cuore.

Suo fratello maggiore aveva desistito, quella volta. E se l'era battuta in ritirata.

Ma non avrebbe mai rinunciato. Né a lei, né al cielo.E nemmeno al titolo di successore.

L'esito di quella battaglia era già scritto, e presto o tardi si sarebbe rivelato.

Toki avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere, pur di preparare Kenshiro al suo arduo compito. Ed in quanto a ciò che nutriva nei confronti di Julia...se lo sarebbe portato con sé.

Dentro di sé, nascondendolo al resto del mondo. Fino alla tomba. E anche in un'altra vita o nella prossima vita, se mai ve ne fosse stata una.

Per sempre.

Era compito di Giovanni Battista battezzare e preparare Gesù Cristo, il nazareno. Con l'amore per la bella e giovane Salomé serbato nel profondo della propria anima, insieme a quello che provava per Dio.

Per l'eternità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Come va?

Spero bene.

E siamo giunti ad Agosto, dunque.

Tempo di ferie e di vacanze. Ma...

Ma NON PER IL SOTTOSCRITTO, in un certo senso.

Intendiamoci...le mie due settimane di pausa dal lavoro me le daranno come sempre. Ma...

NIENTE MARE, per quest'anno.

Era già tutto pronto, ma purtroppo...dei gravi problemi di salute da parte di un mio parente stretto lo hanno costretto ad un improvviso ricovero.

Diciamo solo che ha rischiato davvero grosso. E lo hanno preso giusto per un pelo.

Di conseguenza...TUTTO ANNULLATO.

Si resta a Milano, per quest'anno. A casa.

Oh, beh...in passato, da ragazzino, quando non c'erano i soldi per partire, ho trascorso un mucchio di estati qui nella metropoli. E a memoria mia...me la sono spassata lo stesso. E mi sono riposato ugualmente.

Mi spiace solo per la mia piccola: un po' di mare le avrebbe fatto bene.

Però...non ce la siamo sentita di fare le vacanze separati.

Penso...pensiamo che l'importante, quel che conta davvero, é di stare TUTTI INSIEME.

Ma ce la caveremo alla grande lo stesso, dai. Specie se consderiamo il fatto che, almeno quest'anno, non fa poi questo gran caldo esagerato.

Non come gli anni scorsi, almeno.

Merito degli strascichi del Lock – Down, della chiusura forzata?

Era davvero tutta colpa dell'inquinamento? Ed ora, visto che si muove meno gente e molti lavorano da casa...si produce meno smog?

Difficile stabilirlo. Indubbiamente mi sembra di essere tornato alle care, vecchie estati di decenni or sono.

Faceva caldo anche lì, certo. Ma non così tanto da impedirti di inforcare la bicicletta e partire alla ventura a suon di pedalate!

Ma veniamo a quest'ultimo episodio.

Allora, che ne dite?

Siamo passati all'analisi di un altro dei cari “fratellini” del protagonista.

Uno dei miei personaggi preferiti, tra l'altro.

Dopo i toni crudi, volgari e persino oltraggiosi dello scorso capitolo siamo tornati alle atmosfere precedenti. Anzi...di più.

In questo capitolo Toki, nella sua descrizione, é quasi circondato da un'aura di sacralità.

Sembra quasi un santo. Un apostolo. Un angelo delle schiere celesti, addirittura.

Certo, qualcuno potrebbe trovare il paragone con LUI un po' azzardato.

Persino BLASFEMO, a dirla tutta.

Ma non potevo fare altrimenti.

Come dicevo, Toki é e resta uno dei miei personaggi preferiti in assoluto.

Non IL PREFERITO. Quelli rimangono a pari merito Rei e Shu.

Il primo per aver donato alla donna che ama ( e a noi spettatori) la più grande dichiarazione mai fatta in punto di morte. E con cui le ha letteralmente cambiato il destino.

Senza contare il modo in cui si é ritagliato una fine da autentico eroe, nonostante la sorte tragica che lo attendeva al varco. E che era ormai imminente quanto inevitabile.

L'unico rammarico...l'unica cosa che mi é spiaciuta é che lui e Mamiya (il mio personaggio femminile preferito, di Ken. Una donna coraggiosa e per certi versi moderna, che ha saputo reagire e riscattarsi da un passato di violenze e abusi. Ma che non ha rinunciato alla sua fragilità) avrebbero potuto avere un figlio, prima dell'ora fatale...

Riguardo al grande Shu...voglio solo citare una frase.

 

Giuro che in vita mia non avevo mai visto un uomo morire così.”

 

Augh. Parole sante, Maestà.

Puro Vangelo.

A proposito...manca il buon Raoul, all'appello.

Oh, non temete. Arriverà anche lui, tra poco. E sono curioso di sentire il vostro parere.

Del resto un assaggino su come la penso lo avete avuto nella mia storia auto-conclusiva RE SENZA CORONA (VIRUS).

Ok, non arriveremo a quelle punte di demenzialità.

Ma di sicuro considero il maggiore tra i fratelli di Hokuto come un uomo caparbio e risoluto. Ma anche terribilmente ottuso e testardo.

Intanto...torniamo a Toki.

Allora...a detta dei due autori, il paragone non sarebbe affatto fuori luogo.

Loro stessi per primi, hanno ammesso di essersi ispirati alla più grande figura della cristianità.

E in effetti di punti in comune ne ha parecchi.

Oltre alla bontà e al desiderio innato di fare del bene al prossimo possiamo dire che il secondo tra i figli adottivi di Ryuken, nel corso della sua vita, ha avuto pure lui un bel carico di croci da portare.

Tra malattie e sfighe tra le più svariate...si é sparato il suo Golgota personale. Che non era mica male, tra l'altro.

Per farla breve...vuoi che ai tempi ero in ballo col catechismo, ma quando ho visto in tv Toki per la prima volta, con quei capelli e quel volto...

Insomma, impossibile non fare paragoni.

Sono rimasto FOLGORATO, a dir poco.

Ed infatti mi sono chiesto:

Ma chi é? GESU'?!”

E in effetti se il Gesù di cui parlano i Vangeli fosse stato un po' più simile a QUELLO IPER-POMPATO CON LA FACCIA DA ROBERT POWELL, per dirla alla ZeroCalcare...

Insomma, forse non lo avrei trovato così noioso (parere personale, eh).

Anzi...mi sarei divertito un sacco.

Vedere Gesù che viene arrestato e portato via tra botte, calci e spintoni per venire condotto alle prigioni e alle torture l'ho sempre trovato molto, molto triste.

Ma d'altra parte...era il suo destino. E lo sapeva.

Ma se per una volta avesse fatto come Toki, e dopo aver cercato di convincere inutilmente i suoi aguzzini avesse iniziato a gonfiare i bicipiti e a distribuire schiaffazzi e cartoni a centurioni e farisei vari...beh, sarebbe stata un'altra storia, non vi pare?

Ma vi confesso che l'ho immaginato, ogni tanto.

Va beh, diamoci un taglio con le fesserie. Che a toccare con leggerezza certi argomenti si corre sempre il rischio di offendere qualcuno.

Si fa per ridere, eh. Nessun rancore.

Prima di concludere, passiamo al consueto angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a Kuumo no Juuza, Devilangel476, innominetuo e vento di luce per le recensioni all'ultimo capitolo.

Ci sentiamo presto. Intanto, che si parta o meno...

 

Buone vacanze a tutti!!

 

E fate attenzione, mi raccomando.

 

Alla prossima, e...

 

 

See ya!!

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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