Videogiochi > Dragon Age
Segui la storia  |       
Autore: HypnosBT    05/08/2020    0 recensioni
Ella arriva a Heaven e la sua vita cambia irrimediabilmente.
- - -
«Cassandra ha detto di passare da Adan, non so se… ».
«E tu fai sempre tutto quello che ti dicono, non è così?»
- - -
[Solavellan] La nostra storia preferita, condita di Missing Moments che avrei voluto vivere e ho scelto di condividere con voi.
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inquisitore, Solas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

 

     Mi risvegliai sussultando. Non riconobbi la stanza. Il mobilio era simile a quello della cattedrale ma più umile. Ero vestita. Non con gli stracci luridi che avevo indossato nella mia parentesi da prigioniera; ero fasciata in un completo di cuoio marrone foderato di pelliccia di fennec nei punti più sensibili al freddo. Strattonai le cinghie che tenevano unito il corpetto, anch’esso di cuoio marrone ma grezzo. Sbottonai i ganci d’argento che chiudevano la giacca e mi controllai il ventre.  Garze bianche avvolgevano la ferita. Le srotolai in fretta, impigliandomi continuamente nella foga. Dalla garza caddero una serie di erbe medicinali che dovevano costituire un impiastro curativo. La pelle candida era solcata da tre piccoli tagli quasi rimarginati sotto al seno. Era incredibile. Ricordavo il dolore e il sangue ma della ferita rimaneva poco o niente. Una piccola elfa emerse dall’angolo della stanza. Ci guardammo sgomente. Mi coprii di scatto con le bende che avevo appena sparpagliato sul letto e lei fece cadere una scatola che dal tonfo sembrò vuota.

            «Non sapevo che fosse sveglia! Giuro!», esclamò concitata.

    «Perché hai paura?», domandai, probabilmente più spaventata di lei. Forse mi attendeva il processo, perché ero così agghindata? «Cos’è successo?», chiesi ancora.

     «Ho sbagliato, vero? Ho detto la cosa sbagliata», disse lei tremante. Volevo tranquillizzarla, non aveva fatto nulla di male. Ci misi un po’ ad elaborare. Era una serva, proprio come me.

    «Calmati», dissi, «Va tutto bene».

    Per tutta risposta l’elfa si gettò a terra. Pensai che si fosse sentita male. Balzai giù dal letto per aiutarla e mi accorsi che no, non si era sentita male. Si stava inchinando. Davanti a me. «Chiedo il vostro perdono e la vostra benedizione», disse. «Sono solo un’umile serva». Oh, per gli dei.

     «Siete tornata a Heaven, mia signora», continuò, «Dicono che ci avete salvati. Il varco non cresce più e neppure il marchio sulla vostra mano. Negli ultimi tre giorni non si è parlato d’altro». Tre giorni? Ero rimasta incosciente così a lungo?

     «Quindi… adesso mi aspetta un processo, suppongo?», domandai guardinga.

     «Non so nulla a riguardo», disse lei. «Dama Cassandra vorrà sapere che vi siete svegliata. Ha chiesto di essere informata immediatamente».

     «E dov’è ora?», chiesi.

     «Nella chiesa con il Gran Cancelliere. “Immediatamente!”, ha detto». L’elfa scappò via facendo sbattere la porta alle sue spalle. Avrei voluto chiederle aiuto con le garze; mi rifasciai grossolanamente e chiusi il corpetto. Cercai delle scarpe. Un paio di alti stivali di pelle marrone erano stati preparati accanto a uno specchio da toeletta. Li infilai. Non avevo mai neppure sognato un paio di stivali del genere. Arrivavano sopra al ginocchio ed erano la cosa più confortevole che avessi mai indossato. Le stringe erano le stesse del corpetto e finivano con due ganci d’argento che mi cingevano la coscia. Mi specchiai. Le occhiaie che solitamente mi appesantivano erano quasi sparite. I benefici del dormire per tre giorni, scherzai tra me e me. Non avevo tempo per acconciarmi i capelli. Li raggruppai alla bell’e meglio in una coda alta fermandoli con l’elastico rosso che era sopra alla credenza. C’era un mantello color borgogna appeso sull’attaccapanni. Probabilmente anche quello era per me. Lo indossai, godendo della sensazione della pelliccia al suo interno. 

    Ero pronta. Non aveva senso fasciarsi la testa prima del previsto, non dopo tutto quello che era successo. Dovevo parlare con Cassandra.

    Uscii da quella che si rivelò essere una casetta di pietra e ciò che vidi mi turbò non poco. Dozzine di persone si erano accalcate davanti alla porta per vedere me. I soldati mi salutarono come se fossi parte dei loro ranghi, tutto attorno la folla bisbigliava e mi guardava con le mani giunte in preghiera. Qualcuno piangeva silenziosamente al mio cospetto, altri si inchinarono come aveva appena fatto la piccola elfa. Iniziai a camminare, tesa come una come una corda di liuto. La folla si apriva al mio passaggio. Era la manifestazione della tipica idea andrastiana: adorare ma non toccare. Cercai di ignorarli tutti. Con la stessa espressività di una statua in processione mi feci strada attraverso il paese.

     «L’Araldo», disse qualcuno, «L’Araldo di Andraste!». Ero in imbarazzo. Accelerai il passo sperando che quella messa in scena finisse il prima possibile. Ero una serva e un’elfa. Ed ero sempre stata discriminata per entrambe le cose. Tre giorni prima tutte quelle personcine a modo che ora mi veneravano avrebbero voluto linciarmi a prescindere da tutto. Innocente o colpevole. Ora piangevano ai lati delle strade guardandomi passare. Tutta la faccenda cominciava a innervosirmi. Volevo solo sapere cosa pensava la Chiesa di me e del fatto che i fedeli mi chiamassero “Araldo di Andraste”. Il tutto probabilmente li aveva fatti infuriare.

      Arrivai alla chiesa. Un branco di sorelle aspettava di benedirmi fuori dal portale.

      «Che il Creatore vegli su di te», disse una di loro mentre cercavo di rimpicciolirmi per attraversarle senza inconvenienti.

      «Ehm… Certo», risposi io, «Sto cercando Dama Cassandra». Ella non rispose, così felice che le avessi rivolto la parola che delle lacrime avevano iniziato a rigarle il volto. La guardai con malcelato disgusto. Aprii la porticina intagliata nel portale e la chiusi dietro di me. Controllai che non vi fosse nessuno e mi appoggiai su di essa tirando un respiro di sollievo. Ero confusa ma, come come stava accadendo spesso ultimamente, non avevo tempo per riflettere più di tanto. E infatti sentii una discussione imperversare nella canonica.

      «Avete perso il senno? Dev’essere portata a Val Royeaux immediatamente per essere giudicata da colei che diverrà la nuova Divina!»

      «Non credo che sia colpevole», rispose Cassandra.

      «L’elfa ha fallito, Cercatrice. Il Varco è ancora aperto. Per quel che ne sapete potrebbe aver fallito di proposito».

      «Non credo proprio», ribadì Cassandra.

      «Non spetta a voi decidere. Il vostro dovere è servire la Chiesa»

       «Il mio dovere…». Entrai nella stanza.

       «Incatenatela», disse il Cancelliere, «La voglio pronta per il viaggio verso la capitale, dove verrà processata». Mi voltai verso le guardie.

       «Ignorate l’ordine», ribatté Cassandra, «E lasciateci soli». Le guardie omaggiarono la Cercatrice portando il pugno destro al cuore e se ne andarono. Nascosi un ghigno.

       «State tirando troppo la corda, Cercatrice», disse il Cancelliere.

       «Il Varco è stabile, ma continua ad essere una minaccia. Non posso ignorarlo», rispose lei.

       «Quindi sono ancora un sospettato?», chiesi a Cassandra. La situazione non mi era chiara, dovevo capire cosa aspettarmi.

       «Assolutamente sì» «No». Il Cancelliere e Cassandra avevano parlato all’unisono. Si guardarono in cagnesco per qualche istante.

       «Qualcuno ha architettato l’esplosione. Qualcuno di cui la Santissima non sospettava», intervenne Leliana. «Forse è morto insieme agli altri o ha degli alleati ancora in vita».

       «Io sono un sospettato?», chiese esterrefatto il Cancelliere. Dovevo ammettere che quello era inaspettato anche per me.

       «Voi e molti altri», rispose Leliana. Quella donna sapeva essere terrificante ma la apprezzavo. Dopotutto era dalla mia parte. Forse.

       «Ma non la prigioniera», ribattè il Cancelliere mentre mi guardava con disprezzo.

       «Ho sentito le voci al tempio», disse Cassandra. «La divina implorava il suoaiuto».

       «Dunque il fatto che sia sopravvissuta e quella cosa che ha sulla mano… Pure coincidenze?»

       «Divina provvidenza», rispose Cassandra, «L’ha mandata il creatore per aiutarci nella nostra ora più cupa». Ecco da dove veniva la storia dell’Araldo. In qualche modo lo credevo anche io, l’avevo sentitopoco prima di chiudere lo squarcio. Sapevo di essere uno strumento nelle mani del mondo, avevo la possibilità di bilanciare le cose e correggere quella situazione. Perché proprio io, beh, non ne avevo idea. Probabilmente sarebbe potuto toccare a chiunque altro. Si trattava comunque di un fardello non indifferente e, a differenza di Cassandra, non pensavo avesse minimamente a che fare con la religione. Anzi.

       «Non credo mi mandi il Creatore. Non credo sceglierebbe qualcuno come me», dissi con un velo di sarcasmo.

       «Il Creatore può tutto. Non spetta a me giudicare», replicò Cassandra. Sì, l’avevo già sentito da qualche parte. Com’era? Ah sì, onnipotente, onnisciente e onnivoro.

       «Il Varco è ancora lì e il tuo marchio è la nostra unica speranza di chiuderlo», intervenne Leliana.

       «Non spetta a voi deciderlo», disse ancora il Cancelliere, ormai furente.

       Cassandra prese un enorme libro dal cassetto e lo sbattè sul tavolo.

       «Sapete cos’è questo, Cancelliere? Un’ordinanza della Divina che ci autorizza a intervenire. Qui e ora proclamo la rinascita dell’Inquisizione». Detto questo il Cancelliere avrebbe fatto bene a correre.

       «Chiuderemo il Varco», continuò Cassandra avanzando verso di lui minacciosamente, «Troveremo i responsabili e ristabiliremo l’ordine. Con o senza il vostro consenso». Il Cancelliere finalmente se ne andò, oltraggiato.

       «Era una direttiva della Divina: rifondare l’antica Inquisizione», disse Leliana, «Trovare coloro che vogliono combattere il caos», fece una pausa.

       «Non siamo pronti. Non abbiamo un capo, né seguaci, né alcun sostegno da parte della Chiesa».

       «Ma non abbiamo altra scelta», intervenne Cassandra. «Dobbiamo agire. Con te al nostro fianco». Mi stavano davvero considerando come loro pari. Per la prima volta degli uomini non mi chiedevano di lavorare per loro, non mi ordinavano di fare qualcosa. L’Inquisizione chiedevail mio aiuto.

Qual era l’alternativa? Ritornare all’enclave e continuare la mia vita di stenti? No grazie. Mi si stava presentando davanti l’occasione della vita. Sarebbe stato difficile, sicuramente. Per la prima volta sapevo di potercela fare. Il destino mi aveva scelta, rivoluzionando tutta la mia vita. Chissà, forse il marchio si sarebbe rivelato una maledizione, magari la chiesa ci avrebbe annientati; tuttavia vedevo in quel barlume verde la possibilità di riscatto che avevo sempre sognato. Per me e per la mia gente. Non gli elfi: i dimenticati.

     «Se volete davvero provare a ristabilire l’ordine…», mormorai, ancora immersa nei miei pensieri.

     «Questo è il piano», mi interruppe Leliana. I suoi occhi brillavano.

     «Aiutaci», aggiunse Cassandra, «Prima che sia troppo tardi». Mi porse la mano. La strinsi e qualcosa dentro di me si sciolse. Avevo passato la vita a lottare per la sopravvivenza in un mondo ostile. Ora avrei lottato per qualcosa si più grande e, soprattutto, non sarei stata sola.

 

 

     Cassandra mi aveva congedato. La mattina seguente mi avrebbe fatto conoscere l’ultimo membro dell’entourage.

     Cominciai a vagare per la cittadina senza avere idea di cosa fare, forse per la prima volta in vita. Non ero sicura di come gestire la mia libertà in quel posto così distante da casa. In ogni caso, dopo tre giorni di coma apparente ero affamata. Cassandra mi aveva suggerito di provare alla locanda, dove solitamente veniva preparato e distribuito il cibo per i profughi. Mi feci strada tra gli sguardi ancora attoniti della gente di Heaven fortunatamente senza alcun pianto. Mentre cercavo di orientarmi una voce mi chiamò.

     «Ehi fiorellino!», esclamò Varric, «Allora come andiamo?», chiese.

     Rimasi quasi a bocca aperta. Il sollievo nel sentire che qualcuno mi trattava normalmente era enorme. Mi avvicinai a lui, accampato vicino a un piccolo fuoco. Dovevo sembrare parecchio a disagio in quanto egli cambiò subito tono, abbandonando il fare radioso per un tono più complice.

     «Adesso che Cassandra non è più nei paraggi», disse, «Mi dici come stai? Sei passata ad essere il nemico numero uno del Thedas ad esserne la scintillante eroina in armatura… Beh… Marrone!», ridacchiò. «So che non dovrebbe avere importanza e, non fraintendermi, stai bene, però per l’Araldo di Andraste mi sarei aspettato come minimo una spolverata all’argenteria». Era riuscito a rallegrarmi all’istante.

     «Ho dato ordine di colare un’armatura nuova con tutto il ferrovecchio rimasto, contando che lavoreranno notte e giorno mi aspetto di averla entro domani», dissi. Non era da me parlare in modo così disinvolto, tuttavia far parte di qualcosa di così grande tutti insieme mi aveva dato uno slancio di fiducia in me stessa e gli altri.

     «Un’ottima idea per tenerli occupati, ben fatto», rispose lui.

     «Varric, onestamente, sono impazzita o sono tutti gli altri ad essere matti? So che avere una strana magia verde che mi fuoriesce dalle mani può sembrare un’aggravante ma giuro che mi sento in forma». Varric rise.

     «Fossi in te non mi farei troppe domande. Se togli un po’ di fede e sporcizia puoi intravedere che sono persone anche loro. Magari c’è di meglio ma questo è ciò che il mondo offre oggi, prendere o lasciare».

     «Tutta questa esperienza finora mi ha di sicuro insegnato a pensare di meno e prendere di più», dissi.

     «Può succedere di avere epifanie del genere in punto di morte». Scoppiai a ridere.

     «A proposito», dissi tornando seria, «Ti ringrazio, se non ti fossi accorto di quel demone non so cosa sarebbe successo. E dopo essere sopravvissuta a un’esplosione che ha squarciato il cielo a metà sarebbe stato davvero un modo ridicolo di tirare le cuoia».

     «Fossi in te aspetterei a dirlo. Ho visto uomini schiattare in modi molto più stupidi, ti sei difesa bene. A quanto pare siamo insieme in questa avventura. Sappi però che se dipendesse da me ti direi di scappare con le gambe levate. Ho visto troppi eroi finire male e nessuno di loro aveva a che fare con qualcosa di simile». Lanciò un’occhiata pensierosa al cielo. Lasciai cadere il discorso. Mai avevo pensato a me stessa come a un’eroina e non volevo farlo adesso. Il solo pensiero mi faceva tremare le gambe.

     «Quindi resterai?», chiesi, «Ho notato che tra te e Cassandra non corre buon sangue».

     «Penso che sia necessario. Ho combattuto molte cose nella mia vita ma questo… Va al di là di ogni comprensione. La Cercatrice è troppo testarda ma ha bisogno di aiuto, tutti ne abbiamo bisogno in questo momento», rispose. Il mio stomaco sussultò emettendo un rumore orrendo. Non ebbi il tempo di vergognarmi che Varric rise. «Facciamo un salto alla locanda, sono certo che l’oste non vede l’ora di sfamare il magnifico Araldo». Annuii, grata di avere dell’ottima compagnia.

 

 

     Ne uscii al tramonto. Grazie agli dei Varric mi aveva aiutato a schivare i ringraziamenti della gente. Mi aveva anche raccontato aneddoti straordinari su Hawke, suo più grande amico nonché Campione di Kirkwall. Ero esaltata all’idea di avere al mio fianco persone così fuori dal comune. Era stata una giornata intensa e l’oste aveva continuato a riempirmi il boccale di birra; per quanto fosse leggera ora la mia mente vagava a destra e manca. Fu un sollievo ritrovare il mio letto, per quanto non lo sentissi tale. Mi sentivo ancora l’usurpatrice di una vita straordinaria che non sarebbe dovuta essere mia. Magia o no sentivo di dover ancora provare il mio valore e dimostrare che ero utile a prescindere da ciò che il fato mi aveva concesso. 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Dragon Age / Vai alla pagina dell'autore: HypnosBT