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Autore: Mozaik    06/08/2020    5 recensioni
Il Grifondoro tese la mano verso di lui. "Matthew Graves, secondo anno."
Dopo un po' di esitazione, Edwin si decise a stringerla. "Edwin Selwyn, primo." Il Grifondoro scoppiò a ridere. "Cosa?"
"È... È solo che..." Matthew si portò una mano davanti alla bocca, cercando di coprire le risa. "Edwin Selwyn..."
Le guance del Serpeverde si accesero di rosso. "È un nome della famiglia di mia madre." Cercò di giustificarsi. "È tradizione trasmetterlo alle generazione successive." Certo, i Carrow non avevano pensato che un giorno si sarebbero uniti con i Selwyn, questo poco ma sicuro. "Smettila di ridere!"
"Scusami, non volevo offenderti." Il giovane tossì, cercando di calmarsi. "Ed. Posso chiamarti Ed? Ed Selwyn, suona meglio."
"È un nome importante e così lo deridi, per favore non chiamarmi così. E poi... abbiamo abbastanza confidenza per usare già dei nomignoli?"
"Sono tre ore che scriviamo la stessa frase uno accanto all'altro. Credo che l'ingiustizia della punizione ci abbia già praticamente reso migliori amici."

“Storia partecipante al contest “The one about Slytherins” indetto da Soficoifiocchi (DeaPotteriana) sul forum di EFP. “
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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"Perché sei qui?"
Il Grifondoro aveva cercato di attaccar bottone fin da quando erano stati messi in punizione, nonostante non si fossero mai visti prima. Edwin lo aveva visto forse una, due volte nei corridoi ma non gli aveva mai prestato attenzione, cosa che non aveva fatto neanche adesso... almeno, fino ad ora. Si era concentrato sulle frasi da scrivere fino a quando le parole non avevano cominciato a perdere di significato ogni volta che le rileggeva sulla pergamena. Forse fu per questo che alzò lo sguardo verso di lui, per la noia mortale che lo aveva colpito nel corso dell'ultima mezz'oretta, o forse per farlo finalmente tacere.
"Ho cercato di introdurre la mia scopa personale a scuola." Rispose, non riuscendo a nascondere un tono di fastidio nella voce. "Tu?"
Il ragazzo più grande sospirò. "Qualcuno ha fatto esplodere una Caccabomba davanti all'ufficio di Gazza e io ero il primo che ha visto passare di lì." Il ragazzo cominciò a dondolarsi sulla sedia, spingendosi così all'indietro che per un attimo Edwin pensò sarebbe caduto all'indietro. "Il che mi definisce colpevole per lui al 100%, ovviamente."
"Tipico di Gazza." 
Il Grifondoro tese la mano verso di lui. "Matthew Graves, secondo anno."
Dopo un po' di esitazione, Edwin si decise a stringerla. "Edwin Selwyn, primo." Il Grifondoro scoppiò a ridere. "Cosa?"
"È... È solo che..." Matthew si portò una mano davanti alla bocca, cercando di coprire le risa. "Edwin Selwyn..."
Le guance del Serpeverde si accesero di rosso. "È un nome della famiglia di mia madre." Cercò di giustificarsi. "È tradizione trasmetterlo alle generazione successive." Certo, i Carrow non avevano pensato che un giorno si sarebbero uniti con i Selwyn,  questo poco ma sicuro. "Smettila di ridere!"
"Scusami, non volevo offenderti." Il giovane tossì, cercando di calmarsi. "Ed. Posso chiamarti Ed? Ed Selwyn, suona meglio."
"È un nome importante e così lo deridi, per favore non chiamarmi così. E poi... abbiamo abbastanza confidenza per usare già dei nomignoli?"
"Sono tre ore che scriviamo la stessa frase uno accanto all'altro. Credo che l'ingiustizia della punizione ci abbia già praticamente reso migliori amici."
Il tono dell'altro era scherzoso, ma Edwin non riuscì a non inarcare un sopracciglio e a squadrarlo dalla testa ai piedi. "Amici un Grifondoro e un Serpeverde?" Chiese, ma seppur utilizzò anche lui un tono ironico, la domanda era reale. Non aveva dimenticato come, un mese prima, tre intere tavolate gli avessero fischiato contro al suo Smistamento, nonostante tutti quegli studenti non sapessero nulla di lui. 
"Dovrebbe darmi fastidio?" Chiese confuso Matthew.
"A molti lo da."
"A te?"
Lo squadrò, di nuovo. "No." Ammise. Dei Grifondoro sapeva che erano troppo rumorosi e spacconi, e vari altri epiteti che la sua famiglia amava ripetere, ma non aveva niente in particolare contro di loro. "Non ne ho motivo."
"Sicuro? Non hai paura che i tuoi amici ti prendano in giro?"
Quali amici? Edwyn non se ne era fatto nessuno. I compagni del suo anno lo mettevano da parte perché era "strano", perché leggeva troppo "come un Corvonero", e i più grandi lo ignoravano per la sua età. A scuola aveva solo i suoi fratelli, ma Horatio era già al settimo anno e con Ellara, la sua gemella, non era mai andato d'accordo. "Non c'è proprio il rischio."
"E non ti da fastidio il fatto che sia un Nato Babbano?" 
A quello, Edwin si bloccò un attimo, rendendosi conto solo in quel momento che avrebbe già dovuto capire lo stato di sangue dell'altro ragazzo dal suo cognome sconosciuto. Non un Mezzosangue, ma proprio un Nato Babbano, senza un briciolo di sangue magico nelle sue vene. 
Non ti da fastidio?
Avrebbe dovuto, sì. Sapeva benissimo l'opinione di suo padre al riguardo, sapeva benissimo quali fossero gli ideali della sua intera famiglia, di suo fratello, di sua madre. 
A lui, però, Matthew Graves non aveva fatto proprio un bel niente, se non un po' di compagnia durante quella punizione così tediosa. E nonostante il suo status di sangue e la sua Casa era stato molto più amichevole di molti Purosangue, qualsiasi fosse il colore della loro divisa, che aveva incontrato nella sua vita. Scosse la testa, forse un po' incerto, ma bastò perché Matthew sorridesse. 
"Allora siamo amici." Dichiarò il dodicenne, porgendogli nuovamente la mano. Nel momento esatto in cui Edwin ricambiò e gliela strinse, tuttavia, lo stomaco di Matthew emise un rumore forte inequivocabile.
"Emh..." Il giovane arrossì. "Non è che per caso hai del cibo con te? Sto morendo di fame."
Lo aveva notato. "Ah, quindi è per questo che volevi conoscermi. Cercavi di approfittarti di me." Provò a scherzare, incerto della reazione dell'altro, ma Matthew scoppiò a ridere e così si permise anche lui un sorrisetto. "Non ho cibo con me, spiacente. Ma..." Guardò verso la cattedra, dove il Professor Rüf si era addormentato nonostante fosse stato incaricato di sorvegliarli. "...posso portartici."
Matthew inarcò un sopracciglio, perplesso. "Hai una scorta segreta di cibo?"
"Ma no, scemo. Possiamo andare nelle Cucine!"
"È permesso agli studenti?!"
Edwin ghignò. "Tutto è permesso se i professori non ti scoprono..." Si alzò, facendogli segno di seguirlo. "Dai, su, forza, cosa stai aspettando?"
"Non saprei, se la McGranitt torna e non ci trova...?"
"I Grifondoro non dovrebbero essere coraggiosi? Dai, fifone." Si sporse per afferrarlo e si permise di trascinarlo verso l'uscita.
"Tu non sei preoccupato che ti becchino?"
"No, ovviamente. Tanto se lo farò, dirò che è stata una tua idea da Grifondoro." Scherzò Edwin.
"Ahhhh, quindi è per questo che volevi conoscermi. Cercavi di approfittarti di me!" 
I due scoppiarono a ridere, e senza più nessuna riluttanze, cominciarono a correre lontano dall'aula. Un'ora dopo erano nelle Cucine, attorniati da Elfi Domestici che portavano loro cioccolata calda e dolciumi, e se diventò un abitudine prima settimanale e poi serale quella di vedersi per andare a sgraffignare qualcosa insieme, nessuno lo venne mai a scoprire.




"Io te l'avevo detto che il tuo piano faceva schifo." Si lamentò per l'ennesima volta Matthew, mentre cominciava a lucidare il primo di tanti trofei della serata. "Ma tu 'Nooo, Matthew, fidati di me. Tutto andrà per il meglio, perché IO, Edwin Ed Selwyn il Magnifico, sono la persona più astuta di tutta Serpeverde, no, di tutta Hogwarts, no, di TUTTO il Mondo Magico e i miei piani sono geniali!' "
"Prima di tutto non ho detto così, ma grazie per i complimenti." Rispose Edwin, tirando fuori da un armadietto una targa impolverata per poterla pulire. Senza magia, ovviamente, come un Elfo Domestico: sua madre, se lo avesse visto, sarebbe morta di infarto. "E secondo, il mio piano era perfetto! Se qualcuno non avesse dimenticato di portare le dosi in più di Pozione Polisucco, si intende..."
"Avevi detto che dovevi portarle tu!"
"Io?? Io l'ho fatta, io mi sono informato su chi della mia Casa non andasse al Ballo, io ho rubato loro i capelli, tu dovevi solo portarla. Era facile!"
"Beh, non avremmo nemmeno dovuto usarla. Dimentica l'essersi intrufolati al Ballo del Ceppo, se scoprono che abbiamo impersonato degli studenti più grandi ci espellono! E poi dove diamine hai trovato gli ingredienti per fare la pozione?"
"Ho i miei metodi, ovviamente." Quando Matthew continuò a guardarlo storto, Edwin cedette. "Li ho rubati dalla scorta del Professor Piton."
"COSA!? Tu sei pazzo. Altro che espellerci, Piton ci ucciderà!"
"Sciocchezze! Come se sospetterebbe mai di un suo studente. Sicuramente darà la colpa a qualche Grifondoro del furto."
"Emh... pronto?" Matthew si indicò. "Indovina di che Casa sono io!"
Edwin fece finta di pensarci, incrociando le braccia in maniera estremamente plateale. "Non saprei." Disse, dopo un po'. "Sei così un fifone che..."
Matthew lo spinse immediatamente, ma era evidente che fosse per gioco. Edwin ricambiò e spesero i successivi cinque minuti a spintonarsi a vicenda, ridendo. Quando si stancarono, Matthew si lasciò cadere a terra.
"Non è giustoooo!" Si lamentò. "Sono tutti alla festa tranne noi! Pure quelli del mio dormitorio sono stati invitati al Ballo, quindi non posso manco pensare 'gli altri sono a letto': tutti quelli che conosco no!"
"Io non sono a letto!"
"Duh, tu sei qui però, no."
"Sfortunatamente a sopportare le tue lamentele e probabilmente, fra poco, a fare tutto il lavoro anche per te."
"Come se non troverai un modo per far sgobbare solo me. Lo fai sempre!"
"Io?" Edwin spalancò gli occhi. "E quando mai lo farei?"
Matthew cominciò a contare con le dita. "Mi fai portare i tuoi libri quando ci incrociamo nei corridoi..."
"Tu sei molto più muscoloso di me, io sono cagionevole di salute-"
"In Biblioteca ti fai sempre prendere i libri..."
"Se io non ci arrivo non è colpa mia!"
"Quando andiamo nelle Cucine, mi rubi sempre il cibo dalle mani, anche se potresti prenderne altro..."
"Vale la stessa cosa per te se ti da fastidio chiama un Elfo e non lamentarti!"
Matthew scoppiò a ridere. "Visto?"
"Questo si chiama bullismo, Graves, attento che domani potresti svegliarti con dei rospi nel letto..."
"Prima dovresti riuscire a entrare nel mio dormitorio, Ed."
"Non chiamarmi così." Disse quasi automaticamente Edwin, come ogni giorno dall'anno precedente. "E te l'ho detto, ho i miei metodi."
Risero, di nuovo, poi ricominciarono a pulire i trofei in un silenzio confortevole. Dopo un po', forse per via della noia, forse perché davvero non riusciva a comprenderlo, Edwin si voltò di nuovo verso l'amico. "Senti, ma mi dici perché volevi così tanto andare al Ballo?" Sì, anche lui aveva provato il desiderio di vedere l'evento ed era stato quello che aveva progettato il piano per intrufolarcisi, arrivando a passare il mese precedente a lavorare a una Pozione difficilissima, ma l'aveva fatto principalmente perché Matthew si era mostrato così interessato. Non che lo avrebbe mai ammesso, eh. 
"Ma non lo so... è che è brutto, va bene? C'è questa cosa in cui viene coinvolta tutta la scuola ma noi no perché siamo troppo piccoli? Io compio quattordici anni fra due mesi, ma non posso andarci mentre quelli del Quarto invece sì per via del loro Campione? Che cavolata! E poi quando mai mi sarebbe ricapitato? Queste cose nel mondo Babbano esistono solo nelle favole." Matthew lo guardò. "Tu ci sei mai andato a un ballo?"
"Sì, e non sono così divertenti." Certo, Edwin aveva solo partecipato alle serate di gala dell'alta società magica, dei Malfoy, dei Nott, della sua stessa famiglia: qualcosa di decisamente diverso rispetto al poco che erano riusciti a vedere quella sera a Hogwarts. Sicuramente non avevano mai invitato le Sorelle Stravagarie a suonare! "Gli adulti parlano di politica, o di quello o di quell'altro parente. Si mangia, si balla. Basta."
"Mhhhh..." Matthew sembrava pensieroso. "Beh, ecco, avremmo potuto continuare a strafogarci al banchetto. O ballare."
"Perché, hai qualche ragazza da poter invitare a ballare? In quale gabinetto l'hai nascosta?"
Risero, Matthew gli tirò un'altra gomitata. "Uffa, adesso ho proprio voglia di tornare lì e ballare, non so nemmeno se mi piacerebbe ma adesso non riuscirò a togliermi la voglia."
"Che gran peccato. Se solo ti fossi ricordato di portare la Pozione Polisucco..."
Rimasero nuovamente in silenzio, a riflettere. Poi, Matthew gli lanciò un'occhiata indecifrabile. "Balliamo."
"C-Cosa?"
"Chi l'ha detto che dobbiamo per forza essere lì per partecipare al Ballo? Possiamo farlo anche qui."
"Beh, avresti potuto dirmelo prima che mi mettessi a fare una pozione illegalissima..."
Ma il Grifondoro si era già alzato in piedi, tendendogli una mano. "Dai, forza, almeno passiamo il tempo. Tanto non credo che Gazza tornerà a controllarci stanotte, è troppo impegnato col Ballo!"
"Non c'è nemmeno la musica!"
"Fa nulla, basta immaginarla!"
Edwin esitò, ma poi prese la sua mano. Non c'era nessuno tanto, no? "Se torna Gazza, do la colpa a te."
Il giovane Serpeverde era stato educato fin da bambino a danzare il valzer, a seguire ogni possibile melodia classica, ma con Matthew dondolò a caso, volteggiarono fuori tempo, gli fece fare un casquè azzardato che quasi lo mandò a terra, ridendo tutto il tempo, ignorando i Trofei e le Targhe lasciati a prendere polvere nei loro armadietti.




"Essenza di Purvincolo. Allieva il dolore?"
"E tu come lo sai?"
Edwin nascose le mani dietro la schiena, in un gesto che pensò essere decisamente disinvolto. Matthew, tuttavia, lo conosceva fin troppo bene ed era in grado ormai di leggerlo come un libro stampato: si sporse in avanti e gli afferrò un braccio con la mano sana, portandolo davanti a sé per guardargli il palmo. "Per il cazzo di Merlino." Imprecò.
"Come sei volgare." Mormorò Edwin, alzando gli occhi al cielo.
"Che hai combinato per far arrabbiare la Umbridge? Pensavo che non punisse voi Serpeverde. O almeno, non così."
"Punisce anche noi... evitiamo solo di farne uno spettacolo." Edwin aveva visto più di un ragazzino piangere nel dormitorio per il dolore alla mano, ma mai davanti al resto della scuola come facevano quelli delle altre Case: già tutta la Scuola li trattava come degli appestati, tutte le Serpi sapevano fin dal primo anno che mostrare debolezza davanti a un altro studente voleva dire esporsi soltanto di più agli sberleffi del corpo studentesco. "Ho risposto male in classe."
"Solo?" Matthew gli lanciò un'occhiataccia. "Ne sei sicuro?"
"Ho risposto tante volte male in classe."
"Edwin..."
"E mi sono introdotto nel suo ufficio per incantarle quei bruttissimi piatti."
"EDWIN!"
"Li ho fatti solo abbaiare invece che miagolare, nulla di che."
Matthew sospirò, squadrandogli il palmo. "Sono profonde, Ed." Disse. "Molto profonde. Quante volte l'hai fatta arrabbiare?"
"Non chiamarmi così." Protestò debolmente lui, ma non aggiunse altro. Si lasciò sfiorare la mano da Matthew, permettendogli di seguire con la punta delle dita le cicatrici, e spiò di rimando la mano del ragazzo. "Hai insultato qualcuno?"
"Lei." Confessò Matthew. "Aveva fatto piangere una del primo e... non ce l'ho fatta a trattenermi. Sono sbottato."
"Vedo che finalmente hai smesso di essere un fifone. Peccato che tu abbia deciso di tirare fuori gli attributi nel momento peggiore!"
Matthew gli tirò una gomitata, ed Edwin si ritrovò a sorridere e poggiarsi contro di lui. L'altro non gli aveva ancora lasciato la mano. "Non capisco come stia ancora lavorando." Confessò. "Sono certo che la maggior parte dei genitori degli studenti non sia d'accordo con queste... torture."
"I miei volevano venire a protestare a scuola, ma sono Babbani... chi li ascolterebbe?" Disse Matthew. "I tuoi?"
"I miei..." Esitò. Ritrasse la mano dalla presa, portandola al petto. "Ai miei non importa."
"Come fa a non importare?"
"Perché pensano che la Umbridge faccia bene. Quando ho scritto..." Esitò. Una parte di lui non voleva confessare gli affari della sua famiglia, sopratutto quando facevano così male, ma quello era Matthew. Si era confidato in lui su tutto in quei tre anni, in fondo... "...quando ho spiegato a mio padre cosa stava succedendo, mi ha scritto che me lo meritavo. Che era un bene che qualcuno stesse usando il pugno di ferro con me, visto che a casa non aveva funzionato. Che magari la Umbridge mi farà rigare dritto..."
"Ma è orribile!" Esclamò Matthew. "Qui non si tratta di finire troppe volte in punizione perché ti intrufoli nelle Cucine o fai a pagamento i compiti dei più grandi, è una tortura fisica, hai delle cicatrici che probabilmente non se ne andranno mai dalle mani!"
Edwin sospirò. "A me, e a tutta la scuola." Mormorò. "Mio padre non... è molto felice delle mie idee, ultimamente."
Lo sguardo di Matthew si indurì. "Perché non vai in giro a insultare tutti i Nati Babbani che ti capitano davanti?"
"Questo fra le varie altre cose."
Non si rese conto di avere gli occhi lucidi fino a quando Matthew non gli mise un braccio sulle spalle e lo attirò a sé, abbracciandolo. "Hey." Sussurrò. "Vaffanculo i tuoi, va bene? E il tuo caro fratellino e anche Ellara. Se ti trattano male solo perché a differenza loro sei una brava persona, non ti meritano."
"S-Sono la mia famiglia, Matthew." Mormorò debolmente lui. "Non posso di certo... fingere che non mi importi." Si lasciò sfuggire un singhiozzò, prima di coprirsi la bocca con una mano. "Lasciami, scemo, ci vedono tutti..."
"Non ci vede proprio nessuno, qui ci sono solo io e lo sai che non ti prenderò in giro perché piangi... per giunta per una cosa seria! Quante volte mi hai visto singhiozzare per cose molto più stupide?" Matthew invece di allontanarlo lo strinse più forte. "Lasciati andare per una volta tanto, scemo di un Serpeverde. Se arriva qualcuno, dirò che ti ho fatto una Fattura Lacrimante, va bene?"
"S-Sì, come se tu riuscissi a colpirmi..."
"Metterò da parte l'orgoglio Grifondoro e dirò che ti avrò preso alle spalle! Va bene, ora??"
Nonostante le lacrime, Edwin si ritrovò a sorridere. "Sei stupido..." Mormorò, affettuosamente. "E io invece... guardami. Sto piangendo come un bambino e tu sei quello ferito..."
"Ma va, non la sento nemmeno più la ferita! L'Umbridge doveva impegnarsi un po' di più, non hai idea di quante volte sono cascato nelle ortiche del giardino di mia nonna e fidati, quelle sì che fanno male!"
Nonostante tutto, Edwin si ritrovò a ridere nei singhiozzi, e poco dopo Matthew lo seguì. Non si staccarono, nemmeno quando dei primini passarono da quel corridoio e li squadrarono, perplessi dal vedere un Serpeverde e un Grifondoro abbracciati. Forse non si accorsero di loro, forse semplicemente avevano smesso di importarsene. 




"Finalmente ti ho trovato!" Esclamò Matthew, sedendosi nel banco accanto a Edwin. Aveva con sé la pergamena che Vitious aveva dato loro da compilare, due metri di punizione da svolgere quel pomeriggio. "Se fosse passato un altro giorno in questo modo... avrei quasi pensato che tu mi stessi evitando!"
Inizialmente, Edwin pensò di rimanere ancora in silenzio, di evitare il suo sguardo e di continuare per quella strada. Tuttavia si rese conto di non poterlo fare e, quasi senza volerlo, si ritrovò ad aprir bocca. "Ti sei fatto mettere in punizione pur di parlarmi?" Sussurrò, incredulo.
"Come se fosse la prima volta! Senti... non voglio impormi e costringerti a dirmi cosa sta succedendo se non vuoi, solo... ho fatto qualcosa di male? Ti ho offeso? È..." Matthew esitò. "È successo qualcosa?"
"No!" Esclamò subito Edwin. "Tu non hai fatto nulla!" Rispose sinceramente. "È solo che..."
Guardò verso il suo rotolo di pergamena: aveva cominciato a rigirare la piuma d'oca fra le mani, e l'inchiostro aveva cominciato a gocciolare sul compito, oscurando le parole e arrivando a sporcare il banco. "Ellara ha detto ai miei di te." Mormorò.
Matthew spalancò gli occhi. "Cazzo." Imprecò. "Ti hanno detto qualcosa? Ti hanno fatto del male?"
"No, no, non alzerebbero mai un dito su di me." Mentì Edwin. Se si concentrava bene, poteva ancora ricordare il cocente dolore dello schiaffo di suo padre sul viso. 
"È per questo che hai smesso di parlarmi? Perché se hai paura per la tua incolumità, Ed, possiamo tornare a incontrarci in segreto. Se per te non è sicuro..."
"Non voglio... non ho paura per la mia incolumità!" Esclamò il Serpeverde. "E non chiamarmi così, te lo dico sempre... Non è per me che ho paura."
Matthew lo guardò confuso. "E per chi altro, scusa?"
"Per te!" Sbottò Edwin. Si voltò in giro, assicurandosi che nessuno li stesse ascoltando, ma l'aula era vuota e Vitious non era ancora tornato dal bagno, a quanto pare. "Per te." Ripeté, sibilando. "Non me ne frega più nulla se la mia famiglia mi dice qualcosa, Matthew, sono mesi ormai che progetto come abbandonare quella casa il prima possibile una volta diventato maggiorenne! Ma tu..."
"Io cosa? Io non l'ho manco mai visto tuo padre, Ed. Non mi può fare del male. E per quanto sia antipatica, senza offesa, ma Ellara non mi fa così tanta paura..."
"Non essere idiota! Ti rendi conto che siamo in guerra, vero?!" Edwin avrebbe voluto mettersi le mani nei capelli: come poteva essere così stupido? "Prima eri un Nato Babbano e basta; adesso sei un Nato Babbano che ha deviato un giovane rampollo di una delle Casate Purosangue più importanti e pure! Ti rendi conto che potrebbero venire a cercarti fuori da scuola per sbarazzarsi del problema? E mio fratello, per giunta..." 
"Tuo fratello?"
Esitò. Si rese conto di avere le mani bagnate: aveva spezzato la piuma senza rendersene conto, spargendo inchiostro ovunque. Matthew, incurante della sporcizia, gliela prese delicatamente dalle mani e gliela posò lontano. 
"Si è... unito a loro." Mormorò. "E vuole che mi unisca anche io."
"Cosa!?" Matthew lo fissò con un'espressione scioccata, come se gli fossero cresciute due teste sulla spalla. "Ma... non... ma tu ovviamente non lo farai!" Protestò. "Se pensa il contrario... non ti conosce minimamente!"
"È proprio perché mi conosce che vuole che lo faccia. Perché così mi 'raddrizzerò'. Tanto per sfornare eredi per i Selwyn nel caso moriremo in battaglia ci sarà Ellara, e mamma è incinta di un altro maschio, quindi il cognome passa a lui..."
"Ma tu non lo farai!" Ripeté Matthew. 
"Ovviamente, ma non è questo il punto." Inspirò, forte. Il fiato gli mancava. Aveva evitato Matthew in questi giorni proprio perché non sapeva come affrontarlo. Non sapeva come spiegargli che gli aveva probabilmente rovinato la vita. Ora era un bersaglio molto più importante di prima, quando era solo un nome 'Sanguemarcio' come tanti altri. "Matthew... penso che non dovresti tornare a Hogwarts, l'anno prossimo."
Silenzio. "Cosa...?" Il Grifondoro lo guardò perplesso. "Che cosa intendi dire?"
"Stanno organizzando qualcosa." Mormorò Edwin. "Non so cosa... ho solo sentito i miei parlarne. Horatio è convinto che l'anno prossimo Silente non sarà più a Hogwarts e che il Mondo Magico cadrà finalmente nelle loro mani... sono corso a dirlo al Preside, ma lui mi ha rassicurato e mi ha detto di stare tranquillo, solo che..." Si guardò le mani sporche. "Tu quest'anno hai i G.U.F.O., quindi anche se lasci... puoi recuperare dopo i M.A.G.O. e... non hai quello zio in Olanda? Tu e la tua famiglia dovreste..."
"Ed. Edwin. Calmati." Matthew gli prese una mano, gliela strinse forte, ignorando l'inchiostrò e sollevandogli il mento con l'altra, per poterlo guardare dritto negli occhi. "Non mi succederà nulla." Disse, fermamente. "Nessuno verrà a cercarmi... ma se ti può rassicurare, ti prometto che non farò le mie 'cazzate Grifondoro' come dici tu e tornerò a fare il fifone, se dovesse succedere qualcosa. Ma solo se mi prometti anche tu di rimanere al sicuro, d'accordo?"
"Tu sei ancora un fifone..." Mormorò sorridendo Edwin. "Promesso?"
"Prometto su quello che vuoi, Ed. Ma solo, ripeto, se lo fai anche tu. Niente litigi con i tuoi per difendermi, va bene? Niente insulti o campagne pro Babbani. Trova una scusa legata all'eredità per rifiutare di entrare nei Mangiamorte. Che so... qualcosa come il fatto che se invece tua madre partorisce una femmina, devi portare avanti tu la dinastia, o cose del genere. Hai i tuoi metodi, no? Sei astuto. E se tutto dovesse fallire... ti proteggerò io. Intensi?"
Edwin annuì, prima di abbracciare di scatto Matthew. Il ragazzo lo strinse a sé, forte, non accorgendosi che Vitious era rientrato nell'aula ma non aveva assolutamente commentato sullo stato delle loro pergamene o sul loro parlottare invece che lavorare, forse perché aveva capito la situazione, forse perché aveva ascoltato. Invece li lasciò confortarsi a vicenda, abbandonando l'aula silenziosamente. 




"Edwin, te lo chiedo per un'ultima volta. Dove hai portato i due marmocchi di Tassorosso?"
Edwin sorrise, candidamente. "Non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo, Zio Amycus."
Amycus Carrow sbatté una mano sulla scrivania, forte. "Dannazione!" Imprecò, e se Edwin non fosse stato abituato da anni agli attacchi di ira di lui ed Alecto, i suoi zii materni, probabilmente si sarebbe spaventato, saltando dal terrore sulla sedia. "Ne ho abbastanza dei tuoi giochetti! Sei stato fortunato fino a questo momento: chiunque altro lo avremmo già spedito ad Azkaban. Vuoi fare la fine di Paciock e che ti rovini quel bel faccino, traditore?! Perché la mia pazienza è agli sgoccioli!" L'uomo si chinò in avanti sulla scrivania, alitandogli pesantemente sul volto. "Dove. Sono. I due Mezzosangue che erano in punizione?"
La verità è che Amycus poteva strepitare quanto voleva, ma Edwin non glielo avrebbe mai detto. Non quando questo avrebbe voluto dire rimandare due poveri ragazzini, colpevoli solo di aver cercato di difendere la cultura di una parte della loro famiglia, in catene nei sotterranei. 
Era tutto l'anno che Edwin sfruttava il suo sangue, la sua Casa, tutto ciò che era, per agire nell'ombra e tirare fuori dai guai tutti gli studenti più sfortunati: girava per la scuola indisturbato e poteva quindi andare a informare gli altri professori, come la McGranitt o Lumacorno, dei movimenti dei suoi Zii; si occupava di liberare studenti, proprio come era successo quella mattina, o di portare pozioni guaritive a coloro che avevano subito le torture fisiche e mentali, nonché i vari Crucio, dei fratelli Carrow. Se qualcuno sospettava di lui, gli bastava sorridere e sviolinare qualche assurdità sulla supremazia del sangue o sulla sua famiglia, e subito i sospetti si tramutavano in voci infondate permettendogli di continuare sulla sua via.
Ma quella volta nessun sorriso poteva aiutarlo, non quando era stato visto liberare i due poveri Tassorosso.
Una parte di lui si pentiva di non aver accettato l'offerta di Neville Paciock di rifugiarsi con lui e gli altri del nuovo Esercito di Silente nella Stanza delle Necessità. "Ti stai esponendo troppo." Gli aveva detto il Grifondoro, e aveva ragione. Ma Edwin non era un idiota, sapeva che il piccolo gruppetto ribelle non si sarebbe mai fidato di avere un Serpeverde fra di loro, che avrebbero sempre pensato a una spia, a un traditore.
"Io me la caverò." Gli aveva detto, perché sapeva che in un modo o nell'altro, lui e gli altri Serpeverde che si opponevano ai Carrows se la sarebbero sempre cavata meglio rispetto agli studenti delle altre Case. 
Ma la sua fortuna sembrava essersi esaurita. Quasi sentiva le urla di Matthew nelle orecchie, che lo accusavano di non aver mantenuto la sua promessa. Il Grifondoro lo aveva fatto: non era tornato a Hogwarts e dalle poche informazioni che aveva ottenuto, da quell'ultimo Gufo ricevuto mesi prima, stava cercando di scappare in Olanda. 'Mi dispiace.' Pensò. 'Forse non sono così astuto come pensavi...'
Nonostante le prove schiaccianti, nonostante la pazienza traballante dello zio, Edwin alzò lo sguardo. Lo fissò col mento alzato, l'espressione fiera. Lui non era un fifone, in fondo. Non era mica come Matthew! "Non so di cosa tu stia parl..."
Lo schiaffò gli arrivò veloce, doloroso. "Basta così!" Sbottò Amycus, e fu in quel momento che il coraggio di Edwin vacillò. "Tuo padre mi ha detto... mi ha dato l'autorizzazione a usare le maniere forti. C'è la lezione del settimo anno, più tardi: vedremo se due ore di Cruciatus ti scioglieranno la lingua." Si alzò, gli puntò la bacchetta contro e lo afferrò per un braccio, cominciando a trascinarlo via. 
Edwin si concesse di provare paura. Sua padre... sua padre non poteva aver davvero permesso questo, vero? Sua madre sicuramente si sarebbe messa in mezzo! E suo fratello... sua sorella... Matthew... qualcuno poteva...
'Matthew, dove sei? Perché non sei qui a proteggermi?'




Matthew Graves sbatté le mani contro il bancone informativo del San Mungo. "Sto c-cercando Edwin Selwyn!" Esclamò, senza fiato. "Do... Dove si trova? Sta bene?"
La donna lo guardò, impassibile, e poi annoiata cominciò a cercare nei suoi documenti. Matthew voleva urlarle di muoversi. Non riusciva a togliersi dalla testa immagini terribili, Edwin che urlava, Edwin che si contorceva a terra, che soffriva. Era arrivato a Hogwarts insieme a degli studenti più grandi con cui si era trovato durante la fuga, entrambi membri dell'Esercito di Silente, e aveva cercato di intrufolarsi nella scuola prima che la McGranitt lo fermasse. "Dove credi di andare, Signor Graves?!" Gli aveva urlato contro, afferrandolo da un braccio. "Tutti i minorenni stanno evacuando!"
"Non voglio combattere, devo solo cercare Ed!"
"Ed?"
"Edwin Selwyn! Per favore... devo solo assicurarmi che stia bene, poi ce ne andremo, la prego..."
"Selwyn? Oh." La McGranitt lo aveva guardato, improvvisamente triste. "Il Signor Selwyn non è a Hogwarts da mesi, ormai."
"Cosa... Cosa vuol dire?"
La donna assottigliò un labbro. "I Carrow hanno... premuto molto con il Cruciatus durante le punizioni." Disse. "Lo abbiamo dovuto portare al San Mungo mesi fa."
Il terrore si era preso possesso di Matthew. Aveva abbandonato la scuola, ignorato tutto, notizie sulla vittoria, sulla pace. Pur di trovare Edwin. 
'Ti prego, fa che stia bene... 
Perché non ero con lui?'
"Quarto piano, lesioni da..." Cominciò a dire la donna, ma Matthew era già corso su per le scale. Una rampa, un'altra e un'altra ancora, scalini su scalini e poi giù per il corridoio, a guardare ogni singola targetta, a cercare il suo nome e cognome, e poi finalmente...
Edwin Selwyn.
Spalancò la porta con forza, ignorando una guaritrice che gli urlava contro di rallentare. "EDWIN!" Urlò.
Per un attimo temette che fosse disteso a letto, immobile, freddo - non responsivo. Ma Ed sollevò invece lo sguardo, inizialmente confuso, prima che i suoi occhi si spalancassero.
"Oh." Mormorò, debolmente. "Matthew, sei vivo."
Il Grifondoro gli si gettò al collo. "S-Stupido idiota!" Pianse. "Ti avevo detto che avresti... che saresti dovuto... Ed, sei un idiota!"
"Mi dispiace, Matthew." Mormorò il ragazzo, non correggendolo sul nome per la prima volta da quando si conoscevano. "Lo sai che non sono un fifone come te."
Matthew, in tutta risposta, lo baciò di scatto: forse perché non voleva sentire giustificazioni stupide sul suo comportamento ed era l'unico modo per zittirlo, forse perché voleva farlo fin da quando aveva capito che non erano più bambini e che voleva passare tutto il resto della sua vita con quello stupido di un Serpeverde. Edwin riuscì in qualche modo ad abbracciarlo e lo strinse a sé, ricambiando debolmente. 
"Perché sei sempre bloccato in una stanza, ogni volta che ci vediamo?" Chiese, piangendo e sorridendo allo stesso tempo, Matthew, prendendogli una mano. Edwin rise. 
"Da questa non posso scappare, non è una punizione." Gli spiegò il Serpeverde. "Ma se vuoi farmi compagnia..."
"Non vorrei essere da nessuna altra parte al mondo, in questo momento."









*Stappa bottiglia di champagne* SONO RIUSCITO A SCRIVERE UNA FANFICTION DI HARRY POTTER CHE NON SIA SU REGULUS BLACK, SEEEEEH!
Sono due OC che avevo in mente da un bel po', ma solo ultimamente sono riuscito a tirare fuori una storia per loro. E' la prima volta in assoluto che scrivo una storia composta da soli OC (personaggi "comparse" come i professori permettendo) e devo ammetterlo che mi è piaciuto molto.
Ancora una volta, ho preferito mettere il "Tematiche delicate" perché si parla comunque di razzismo e sopratutto di torture, sia fisiche che psicologiche (magiche?).
Non so che altro dire effettivamente, non sono bravo nelle note d'autore quando non ho molto da spiegare quindi...  spero vi sia piaciuta questa piccola storiella, nient'altro!
Mozaik
  
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