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Autore: Asia Dreamcatcher    06/08/2020    3 recensioni
[Storia partecipante alla #BokuAkaWeek 31/07 - 09/08]
(day 7 - illness)
"«E poi–» un altro piccolo colpo di tosse lo interruppe; abbassò lo sguardo, le iridi di Kōtarō si erano fatte troppo luminose, troppo ardenti per lui, i suoi sentimenti vi trasparivano in maniera troppo limpida e ogni volta Keiji se ne sentiva sopraffatto.
«E poi Akaashi?»"
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '#BokuAka Week 2020'
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1day

#BokuAka Week (31 luglio – 09 agosto)

Day: 7
Prompt: illness
Parole: 1446

Retrouvailles

Quel fastidioso rumore non cessava. Le palpebre di pergamena si schiusero con fatica, le iridi cristalline vagarono cercando stancamente di mettere a fuoco la stanza, il respiro era breve e appena accelerato, come se avesse da poco terminato una corsa, mentre stava solamente cercando di svegliarsi.
Ancora quel ronzio. Akaashi si portò le mani alle tempie come se comprimendosele potesse giungere una qualche sorta di sollievo. Inutile. Sbuffando cercò di levarsi quanto meno a sedere sul letto, i muscoli si ribellarono immediatamente e il giovane sentì le ossa pesanti e al tempo stesso fragili come velina.
Un'imprecazione silenziosa si arenò sulle labbra aride, guardò la stanza dalle linee pulite e moderne datagli dall'università. Non era grande, il letto a una piazza e mezza era addossato alla parete di un sofisticato grigio scuro, al lato opposto c'era la scrivania a muro, candida e ordinata con varie mensole colme di libri e quaderni e una piantina rigogliosa – regalo di sua madre –, il cassettone per i vestiti vicino all'entrata a scorrimento del minuscolo bagno, e l'appendiabiti accanto alla porta completavano il suo piccolo mondo di studente di letteratura. In quel momento però, le distanze gli parevano altresì esagerate.
Sospirò piano, imponendosi calma, non era certo tipo da crogiolarsi nell'autocommiserazione, era sempre stato maturo per la sua età, e controllato. Non era la prima volta che la febbre lo coglieva lasciandolo in un tale stato di spossatezza – anche se per un misero labile istante rimpianse di non essere rimasto a casa con i suoi, invece di voler, risoluto, cercare la propria indipendenza -, scosse il capo e alcune ciocche corvine gli rimasero appiccicate alla fronte imperlata e calda. Fece un piano mentale: doccia, aspirina, letto; i suoi proposti di studio erano decisamente – e con enorme disappunto personale – rimandati all'indomani. Perché lui non avrebbe concesso alla malattia più di ventiquattrore.
Barcollante si diresse verso il bagno, un ulteriore ronzio ebbe il potere di irritarlo a morte, pensando quasi fosse la febbre a fargli percepire rumori inesistenti.
Mentre si infilava sotto il piumone scuro – dopo la breve doccia bollente – e con lo sguardo annebbiato rivolto alla finestra, da cui osservava – senza vedere – gli evanescenti e immacolati fiocchi di neve scendere muti dal cielo plumbeo; gli sembrò di essersi dimenticato qualcosa di importante.
Le palpebre si abbassarono esauste, e sulla piccola mensola – che fungeva da comodino – accanto al letto, il cellulare vibrò e si illuminò per l'ennesima volta.

~

Kōtarō Bokuto era a una passo dalla disperazione più nera.
Il ritiro con la squadra era terminato, lui e i suoi compagni stavano tornando, di buona mattina, in corriera a Tokyo.
Le iridi dorate del giocatore erano sporcate da ombre di inquietudine, i capelli sale e pepe ricadevano flosci lungo il volto dai lineamenti affilati, ora irrigiditi per la tristezza e l'angoscia. Il cellulare fra le mani non dava cenni di aver ricevuto messaggi o squilli.
«Bokkun che hai?», il sorriso obliquo sul volto del setter dei Black Jackals scomparve per lasciare spazio a un'espressione vagamente perplessa.
«Agaaasheee–» gridò Bokuto con voce lamentosa stringendo spasmodicamente il cellulare, «Ag– che?», Atsumu aveva raggiunto nuovi livelli di confusione di fronte al proprio compagno in evidente afflizione.
«Akaashi non risponde! Tsum Tsum! Sapeva che oggi sarei tornato. Dovevamo sentirci per incontrarci più tardi, ma continua a ignorare le mie chiamate e messaggi. E se–? E se–?»
«–Si fosse stancato?» concluse brillantemente l'alzatore, ma si pentì nemmeno un istante dopo della battuta – che comprese al volo essere stata orribile, oltre che di un tempismo pessimo anche senza lo sguardo disgustato di Sakusa seduto dal lato opposto -, il viso pallido e lo sguardo annichilito dello schiacciatore lo colpirono.
«Ehi Bokkun scherzavo! Dai, dai non essere così tragico. È Akaashi, no? Avrà sicuramente un buon anzi- ottimo motivo per non risponderti», ma Kōtarō non lo stava più ascoltando.
E se davvero Akaashi, il suo Akaashi non volesse più avere niente a che fare con lui? Era consapevole che la sua carriera sportiva gli portasse via molto tempo e impegno, d'altronde Akaashi aveva gli studi, a cui si dedicava con passione e attenzione, tanto che erano molte le volte in cui gli era capitato di doverlo aspettare fino a tardi all'uscita della biblioteca della facoltà, in cui vi si attardava, ma innumerevoli erano le volte in cui era proprio l'universitario a doverlo attendere fino a sera inoltrata a causa degli allenamenti.
Lo schiacciatore non riusciva a pensare una vita senza Akaashi al suo fianco, e sinceramente non la voleva nemmeno, non riusciva nemmeno a ricordarla la sua vita prima di lui, era l'unico che gli era rimasto sempre accanto, momenti buoni e non.
Era vagamente conscio di possedere svariate debolezze – e certo che Keiji le conoscesse tutte – ma quella più grande di tutte era proprio l'ex setter. E se avesse incontrato qualcuno di meno complicato? Qualcuno meno confusionario, umorale e volubile? Qualcuno più simile a lui, elegante, posato e acculturato... Al solo pensiero il cuore pulsò violentemente terrorizzato nel petto, tanto che gli sembrò che il dolore fosse diventato fisico. Sarebbe riuscito a accettarlo? Forse– se fosse stato davvero in grado di far felice il suo adorato Akaashi.
In quel caso gli avrebbe detto che lo amava per l'ultima volta...

~

Keiji si svegliò diverse ora più tardi, ma fu un continuo bussare alla porta a strapparlo alle riposanti braccia di Morfeo. I tonfi attutiti lo riportarono lentamente alla realtà, ma impiegò qualche istante a capire che qualcuno lo stava chiamando da oltre la porta, tese l'orecchio cercando di capire chi mai potesse essere... Finché non riuscì a distinguere nitidamente quella voce che gli arrivò dritto al petto, emozionandolo.
Avvertì il cuore dilatarsi in uno spasmo di gioia e si alzò di scatto, ma barcollò, dimentico dello stato febbricitante in cui versava. La voglia, però, di aprire quella porta era troppa.
«Agaaasheee!»
Akaashi sussultò alla vista di un Bokuto disperato, i cui occhi erano incendiati da lucide lacrime.
«Bok-kuto-san», replicò con voce esitante e fragile, resa tale per l'emozione e la malattia. Come aveva potuto scordarsi che sarebbe tornato oggi?
«Akaashi, io volevo solo dirti che ti amo e ti amerò per sempre – singhiozzò – non importa se tu ami un altro ora...»
«CoOsA!?» esalò il moro costretto però, a piegarsi in avanti a causa di un acceso colpo di tosse. Solo in quel momento il giocatore si rese conto che il suo amato ragazzo non stava affatto bene e quando lo vide incespicare sui propri piedi si mosse avvolgendolo fra le sue braccia.
«'Kaashi ma tu scotti» mormorò sconvolto.
«Già, ho bisogno di tornare a letto, non è che mi aiuteres–?», non ebbe bisogno nemmeno di completare la frase che immediatamente Bokuto lo prese fra le braccia – ignorando bellamente il suo imbarazzo – e lo poggiò con delicata premura fra le lenzuola.
«Bokuto-san mi spiace. Sono davvero mortificato ho completamente scordato che saresti tornato oggi – un altro colpo di tosse lo scosse – cos'è comunque questa storia che ora amo un altro?» chiese perplesso, osservandolo oltre il fosco velo della febbre.
«Io, – si grattò il capo a metà fra il colpevole e l'imbarazzato – non rispondevi ai miei messaggi e chiamate, e poi Tsum Tsum ha detto cose strane e io beh... sai come sono fatto, la mia mente ha iniziato a viaggiare e–», la mano di Keiji lo colpì piano ma decisa dritta in testa. Quanto era ingenuo il suo Bokuto.
«Bokuto-san quante volte ti ho detto di non dar troppo peso alle battute di Atsumu-san?» mormorò dolcemente, accarezzandogli delicatamente i crini sale e pepe, un gesto che amava compiere «E poi–» un altro piccolo colpo di tosse lo interruppe; abbassò lo sguardo, le iridi di Kōtarō si erano fatte troppo luminose, troppo ardenti per lui, i suoi sentimenti vi trasparivano in maniera troppo limpida e ogni volta Keiji se ne sentiva sopraffatto.
«E poi Akaashi?»
«E poi sei l'unico che io possa amare così intensamente» continuò, mentre il suo viso si colorava di un emozionato rosso. E no, non per la febbre. Bokuto tirò su col naso e poi gli rovinò addosso travolto da quelle parole, «Agaaasheee!».
«Bokuto-san per favore! Non sono nelle condizioni migliori al momento» trillò il minore, cercando di tenere a bada quel tumulto che aveva nel cuore.
«Oh 'Kaashi perdonami, hai ragione! Adesso tu stenditi e penso io a tutto!»
«No Bokuto-san non vorrei che ti ammalassi anche tu, non–», ma lo sguardo terso e deciso del suo ragazzo non gli lasciò diritto di replica.
Chiuse gli occhi e sospirò sollevato, avvolto nell'amorevole calore delle braccia del suo Bokuto-san, non c'era medicina migliore di quella.






___________________________________________________Asia's Corner
Settima giornata check! Waaa è stata dura ma sono riuscita a terminarla per tempo ^^ Ma quanto sono dolci? No vabbé se con loro due non cado nel fluff più malsano non sono contenta, beh spero che anche questa storia vi sia piaciuta, vi do appuntamento al prossimo prompt!
Stay tuned!

Grazie a tutti!
   
 
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