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Autore: Mahlerlucia    06/08/2020    1 recensioni
{Questa OS partecipa alla #ShizuRagiWeek2020}
Quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo il privilegio di essere liberi.
(Charles Hughes)
[Hiiragi x Shizusumi || Day 5: Actors!AU]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hiiragi Kashima, Yagi Shizusumi
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Questa One-shot partecipa alla #ShizuRagiWeek2020
 
6 agosto: Actors AU




Manga/Anime: Given
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life
Rating: arancione
Personaggi: Hiiragi Kashima, Yagi Shizusumi
Pairing: #ShizuRagi
Avvertimenti: AU, Lime, Tematiche delicate
Tipo di coppia: Yaoi



 
 
 
Rivali sul set



Il nuovo copione giaceva sulla scrivania della suite che gli era stata riservata nell’albergo che condivideva con il resto della troupe. Aveva finto di ascoltare le direttive di Takeda-san, la sua storica manager e responsabile d’immagine, per poi gettare quel nuovo cumulo di carta in un punto da cui non era più stato recuperato.
Hiiragi non aveva alcuna voglia d’impegnarsi nella lettura e – addirittura – nella memorizzazione di quelle battute da quattro soldi che lo avrebbero indotto ad interpretare il solito scapestrato che tutto poteva, ma poco concludeva. Nessuna novità, poi, nel venire a sapere che il ruolo del bravo risolutore della classica situazione d’amore ingarbugliata era stato affidato ad un altro attore, fisicamente più prestante e sicuramente più soddisfatto di quanto non lo fosse mai stato lui. Aveva visto alcune sue foto tramite una rapida ricerca sul web e... tutto avrebbe potuto dire, fuorché fosse inadatto al personaggio e poco attraente per la causa. Capelli scuri ed ondulati, portati in maniera disinvolta e senza la necessità di seguire tagli alla moda o particolari dettami che potevano essere maggiormente apprezzati dalle platee femminili. I suoi occhi non erano particolarmente grandi, ma avevano un taglio piuttosto particolare, penetrate, intuitivo. Sembrava alto e, da quello che veniva scritto nelle varie didascalie rintracciate, doveva superare quantomeno il metro e ottanta. Un difetto però lo aveva: in nessuna tra le foto rinvenute aveva mai accennato un sorriso, nemmeno sollevando un solo angolo della bocca. Palesava un’aria pallida e cupa, ma senza mostrare nessuna evidente carenza fisica.
Insomma, non era di certo uno che poteva passare inosservato.

Il suono di una nuova notifica appena giunta su WhatsApp lo ridestò da quel turbine di pensieri che non faceva altro che mandarlo in uno stato di confusione ancora più importante rispetto a quello che provava già da diversi giorni, esattamente da quando aveva visto quelle immagini di tale Yagi Shizusumi. Ne aveva già sentito parlare, ma molto alla rinfusa e sempre dal poco affidabile punto di vista di una manager che non si poteva di certo considerare indifferente a cotanta presenza fisica. Beh... non che si sbagliasse a tal proposito, sia chiaro.
Hiiragi andò sul terrazzo e si accese la seconda sigaretta nel giro di soli venti minuti, ovvero da quando aveva finalmente potuto iniziare a godere di un briciolo di tranquillità. Poggiò i gomiti alla balaustra da poco riverniciata di un giallo chiaro e slavato – anch’esso capace di ricordargli quel viso chiaro e angusto che non aveva ancora avuto modo di vedere dal vivo – e disperse lo sguardo nel paesaggio circostante. Era una splendida giornata di metà primavera e le piogge dei giorni precedenti erano riuscite a rinfrescare l’aria rendendola più godibile al tatto. Socchiuse appena gli occhi mentre buttava fuori l’ennesima nuvola di nicotina in quel cielo terso, per poi tornare ad abbassare lo sguardo, puntandolo in direzione di uno strano brusio di voci che aveva attratto la sua attenzione.
Era appena giunta un’auto scura dalla quale erano scesi un donna di mezza età e un giovane uomo. Proprio quest’ultimo sollevò d’impeto lo sguardo coperto da un paio di occhiali scuri, dando l’impressione di aver adocchiato il giovane Kashima che si stava godendo il suo arrivo dalla terrazza dell’ultimo piano.
Yagi Shizusumi – sì, perché non aveva avuto il minimo dubbio su quale fosse la sua identità – riusciva a metterlo in soggezione persino da quella distanza, senza che ancora avessero avuto occasione di rivolgersi la parola. Non poté metterci la mano sul fuoco, ma gli parve che colui che sul set sarebbe apparso come il suo acerrimo rivale – il buono che avrebbe portato consolazione nel cuore della giovane fanciulla da lui puntualmente tradita in favore di una vita fatta di dipendenze e conoscenze non troppo raccomandabili – gli aveva appena rivolto un cenno di saluto alzando la mano all’altezza della spalla.
Come fa a sapere chi sono? E soprattutto... chi gli ha dato tutta questa confidenza dal nulla?

Spense con un certo nervosismo il mozzicone di sigaretta all’interno del piccolo posacenere in metallo presente sul tavolino esterno. “Fanculo”, imprecò senza capire con chi o con cosa ce l’avesse veramente. Quell’attoruncolo avrebbe sicuramente riscosso più successo di lui nei cuori delle ammiratrici che sarebbero prima accorse sul set per assistere alle riprese e poi al cinema per commuoversi dinnanzi all’ennesima scemenza commerciale messa in piedi appositamente per i loro cuori rammolliti.
Tornò in camera e si sdraiò sull’ampio letto a due  piazze, come al solito senza alcun senso, dato che ci avrebbe dormito solo come un cane come suo solito. Perché al contrario del personaggio standard che solitamente era costretto ad interpretare – sia che si trattasse di veri e propri lungometraggi, sia che fossero fiction per la tv – lui non aveva mai avuto una vita amorosa che potesse considerarsi realmente appagante. Il suo problema prevalente non era mai stato l’aspetto fisico, ben inteso; altrimenti non si ritroverebbe a dover interpretare determinati ruoli all’interno di film piuttosto conosciuti trai più giovani. Ciò che maggiormente lo faceva penare era quell’inquietudine che partiva dal suo stesso carattere dai lati non completamente delineati. Poteva quasi definirsi come un’anima alla ricerca di quell’affetto che non era ancora riuscito a ricavare da nessuna delle persone che frequentava quotidianamente. Non c’era riuscito nemmeno con i suoi stessi genitori, perennemente immersi nei loro impegnativi mestieri e separati da quando lui aveva solamente cinque anni. Non si erano nemmeno dati la pena di lasciargli in eredità un fratello o una sorella, che spreco!

Qualcuno bussò e Kashima non ebbe alcun dubbio sul fatto che si trattasse ancora una volta della sua iper-precisa manager. Difatti Takeda-san ci teneva ad informalo che nella hall di quel lussuoso albergo era stato allestito un buffet proprio per dare il benvenuto all’intero cast e alla troupe che si sarebbe dovuta occupare a dovere della realizzazione di quel movie dai toni sicuramente non particolarmente profondi.

“Sì, fra un po’ vengo.”

“In realtà converrebbe scendere quanto prima, dato che sono già arrivati i giornalisti inviati dalle più prestigiose testate locali. Ora si stanno occupando di Shizusumi-kun, ma dopo toccherebbe a te.”

Detestava quell’uso improprio del condizionale di cortesia quando sapevano entrambi che si stava parlando di questioni che andavano comunque portate a termine, senza “se” e senza “ma”. Lo prevedeva il “protocollo”, termine desueto per non dire, molto più banalmente, “contratto”.
Ma ancor più di questo, a cui ormai era abituato, non sopportava l’idea che nominasse quel ragazzo considerandolo al pari suo, quasi come se per tutto quel tempo fosse stata la sua assistente.
Hiiragi doveva pur ammetterlo, ma in alcuni momenti diventava estremamente geloso persino delle cose che in periodi di quiete gli sembravano talmente normali da non tenere nemmeno in considerazione; un po’ come quell’affetto tanto ricercato da sua madre e mai realmente avuto.

“Allora puoi andare di sotto per vedere quanto ci mette. Solo quando avrà finito mi manderai un messaggio e io scenderò.”

“Kashima-kun!”

“Cosa?! Non cominciare per favore!”

“Volevo solo chiederti quale fosse il problema con quel ragazzo.”

Problema... con quel ragazzo? Quale ragazzo? Quel Shizusumi? E chi ha mai parlato di problema? Io non ho problemi e... mi auguro nemmeno lui con me. Intendo dire... beh, cosa intendevo dire?! Che casino, Takeda-san! Che ne vuoi sapere tu che sei tutta casa, lavoro e marito.

“Ne-nessun problema. È giusto che finisca, dato che è già in ballo con l’intervista, no?! Che avranno mai da chiedergli di così interessante?”

“Le stesse cose che suppongo poi chiederanno anche a te.”

“Hai concordato?”

“Sì, niente domande sulla tua vita privata, tranquillo.”

“Ok, allora ora scendo.”
 
***

L’intervista si era rivelata un vero strazio per il povero Hiiragi. Bandite le domande personali, era stato costretto a fingere di essere lusingato per essere stato scelto per quel ruolo, di ammirare molto il regista e tutti i suoi colleghi, con molti dei quali – in realtà – non aveva mai avuto niente a che fare. A partire proprio da Shizusumi.
Nel momento in cui decise di trovare un po’ di sollievo almeno in ciò che veniva offerto dal banchetto allestito dallo stesso personale dell’albergo, cominciò a guardarsi in giro. Si voltò prima a destra e poi a sinistra, arrivando persino a roteare su sé stesso in maniera alquanto buffa. Ma non avrebbe mai ammesso per nessun motivo al mondo la ragione per cui lo stesse facendo. Era di difficile ammissione persino per sé stesso... figuriamoci.
Riuscì a voltarsi – per l’ennesima volta – appena in tempo per vederlo salire su uno dei due ascensori centrali, completamente solo e con l’atteggiamento di chi non ne poteva più di tutta quella gente che gli ronzava attorno. Le mani in tasca e la testa bassa... Non male il suo didietro.
Eh?! Ma cosa diamine vado a pensare?

Attese qualche minuto seduto su una poltrona della hall in compagnia di Kaori, colei che avrebbe dovuto interpretare la sua ragazza nella pellicola che si stava avviando. Lunghi capelli castani e sguardo languido, perennemente in cerca di qualcosa che la facesse rinvenire dal suo mondo disincantato. Era piuttosto carina e, a tratti, le ricordava una delle Blackpink, ma non ricordava precisamente quale; poco importava, dato che era abituato ad ascoltare tutt’altro genere di musica.
Di tanto in tanto gli faceva qualche considerazione su alcuni attori che aveva avuto modo di conoscere in passato, fino ad arrivare a domandargli direttamente cosa ne pensasse di Shizusumi, lasciandolo chiaramente di stucco.

“Non ho mai lavorato con lui, per cui non posso ancora farmi un’opinione precisa di lui.”

“Non hai visto nessuno dei suoi film?


Sì, in realtà uno l’aveva visto. E proprio tra una ricerca su Google e l’altra.
Scosse la testa per continuare a farle credere che non gl’importasse granché di quel bellimbusto e, soprattutto, per cercare di troncare quella discussione il prima possibile.

“Scusami, mi sono ricordato che ho una telefonata urgente da fare. A dopo.”

In realtà aveva solo voglia di tornare in camera, gettarsi sul letto e non pensare più a nulla. Impresa decisamente ardua visto e considerato che poche altre volte nella sua ancora giovanissima vita si era sentito così accaldato e su di giri.
Salì sullo stesso ascensore che pochi minuti prima si era inghiottito il motivo della sua agitazione interiore. Sperava solo di non incontrarlo in nessun angolo di quell’hotel che improvvisamente gli parve troppo ampio per i suoi gusti; e lui ne aveva testati di ben più lussuosi in giro per il mondo.

Una volta giunto dinnanzi alla porta della sua suite, vide che era rimasta semi-aperta. Eppure era convinto di averla chiusa per bene e il fatto di avere la card ancora in tasca gli aveva dato ulteriore conferma di ciò che pensava. Che fosse stata la sua assistente? Lei chiedeva sempre un passepartout in caso di necessità. Già, soprattutto da quella volta che all’Hilton Hotel di Londra era scivolato nel bagno e aveva sbattuto la testa contro il lavabo, perdendo i sensi.

“Takeda-san, di cosa hai bi- ... eh?!”

Ciò che si trovò davanti una volta aperto completamente l’uscio, non era esattamente il viso gentile e perfettamente truccato della sua manager, ma ben altro. In pratica fu accolto dallo stesso “panorama” che poco prima aveva visto disperdersi tra le porte scorrevoli dell’elevatore. E se ne stava lì, poggiato alla balaustra, esattamente nella stessa posizione in cui sostava lui poc’anzi; oltretutto fumando una sigaretta presa da quello stesso pacchetto che lui aveva lasciato sul tavolino in acciaio.
Cosa diavolo ci fa qui, in camera mia?

Hey, tu. Si può sapere cosa ci fai nella stanza che è stata riservata al sottoscritto?”

Non esattamente il migliore dei modi per presentarsi, coglione.
Il ragazzo dai soffici capelli scuri tossì appena, per poi girarsi con una lentezza che lo impressionò; ogni suo movimento sembrava studiato nei minimi dettagli e tremendamente naturale allo stesso tempo.
Spense il mozzicone nello stesso posacenere da lui usato nemmeno un’ora prima, evitando di alzare lo sguardo nella sua direzione. Rientrò portando ancora le mani in tasca, tenendo la testa bassa e gli occhi socchiusi. Come facesse a non cadere e a non scontrarsi con nessun mobile, solamente lui poteva saperlo.

“Le nostre manager si sono accordate affinché dividessimo questa suite. Purtroppo l’albergo è al completo.”

Eh?! No... scusa?! Takeda-san, tu... tu cos’è che hai deciso senza nemmeno consultarmi?

“Spero che non ti dispiaccia...”

“Non è che mi dispiace... non mi era stato detto, è diverso.”

“Purtroppo lo abbiamo scoperto anche noi solamente oggi. Ho lasciato Shinida-san intenta a discutere col direttore. Non mi attirano molto questo genere di diverbi.”

E cosa ti attira, invece?
Avrebbe tanto voluto chiedergli di puro istinto. Ma si limitò ad annuire con fare poco convinto.

“Non ho molti cambi con me, posso anche lasciare tutto in valigia se hai bisogno di spazio.”

“Dei vestiti non m’interessa. Il problema è che di letto ne abbiamo uno solo.”

“Lo so.”

‘Lo so’. Non hai nient’altro da dire? Cazzo, non ci conosciamo, siamo dello stesso sesso e finiremo per dormire a pochi centimetri l’uno dall’altro. Ti pare normale?! No chiedo, eh!

“Ah, ok.”

Sono un Coglione con la ‘C’ maiuscola!
 
***

Quella notte Hiiragi, come aveva potuto facilmente prevedere, non riusciva a chiudere occhio. Tentò in tutti i modi di mantenere le dovute distanze di sicurezza da colui che pur cercando di non darlo a vedere, stava facendo altrettanto dall’altro capo dell’enorme letto matrimoniale.

“Sai, una volta mi hanno dato un ruolo di questo genere.”

“Qualcuno ti ha fatto intendere che avessi intenzione di attaccare bottone?”

“Kashima-san, non stai dormendo. Esattamente come me.”

“Che palle! Ok... ok, intendi dire che ti hanno già affidato il ruolo del bravo ragazzo che ricompone i cuori spezzati delle ragazze? Chissà perché la cosa non mi stupisce.”

Hiiragi s’irrigidì non appena udì il fruscio insistente delle lenzuola che stava ad indicare il suo imminente e pericolosissimo avvicinamento. Non poteva quantificare la differenza, ma sì, poteva udire la sua voce in maniera più limpida e prossima. Dal canto suo, ovviamente, non aveva ancora trovato il coraggio necessario per voltarsi per continuare quella conversazione – dai toni apparentemente vuoti – come se nulla fosse.

“No, il ruolo del ragazzo a cui non piacciono esattamente le ragazze. Non in quell’accezione perlomeno.”

Hiiragi scattò lanciando in aria le coperte e rannicchiandosi su sé stesso nell’angolo più remoto del letto. Accese d’impeto l’abat jour e, pur mantenendo lo sguardo basso, non riuscì a staccare le sue iridi ambrate da lui, che ricambiava il tutto senza alcuna esitazione percettibile. Non voleva dare l’impressione di essere spaventato o, peggio ancora, di essere omofobo o cose infingarde di questo tipo. Proprio lui, che da anni lottava contro le proprie pulsioni ai margini dell’esaurimento nervoso; senza contare i numerosi sogni erotici in cui l’oggetto del suo desiderio era sempre più alto e prestante di lui e senza le consuete fattezze femminili.

“Non volevo spaventarti. Era solo un progetto a cui non potevo dire di ‘no’, per quanto fossi coinvolto in prima persona.”

In che senso?
Kashima avrebbe voluto chiederglielo senza alcun indugio, ma finì solamente per annuire, mantenendo la sua espressione attonita e costantemente pronta a difendersi da eventuali crepe che si sarebbero potute creare all’interno della sua corazza personale. Si avvicinò appena, poggiando la schiena sulla testiera del letto e ponendo il cuscino tra il petto e le ginocchia. Improvvisamente sentiva freddo, ma meno timore.
Shizusumi si sollevò e si sistemò nella stessa posizione, ad eccezione del cuscino che si limitò a spostare da un lato.

“Perché fai tutto quello che faccio io?”

“Perché mi piace osservarti.”

“E perché? Cos’ho di tanto speciale?”

“Tutto.”

“Potrei anche essere omofobo.”

“Non lo sei.”

Gli posò una mano su di un ginocchio, facendolo diventare rosso dalla punta dell’alluce a quelle di entrambe le orecchie. Si voltò lentamente verso di lui, notando quanto si stesse vergognando per la sua stessa reazione fisiologica. Fortuna che c’era il cuscino ad “attutire” il tutto. La stessa mano raggiunse la spalla più lontana, con l’obbiettivo di attirare il suo esile corpo a sé. Impresa che riuscì a compiere non senza qualche piccola protesta.
Hiiragi si lasciò andare a quella sottospecie di abbraccio mai richiesto, non esplicitamente almeno. Poggiò la testa al suo petto e avvertì un ritmo cardiaco tutt’altro che tranquillo.
Che anche lui...?!

“Da quanto tempo lo sai, Kashima-san?”

“Cosa?”

“Sai a cosa mi sto riferendo.”

“Più o meno da sempre.”

“Ne hai mai parlato con qualcuno?”

“No.”

“Puoi parlarne ora, con me.”

Lo baciò tra i capelli e gli carezzò la gamba da sopra il pigiama. Questa volta non oppose resistenza e si lasciò guidare dal suo istinto, il quale gli stava candidamente suggerendo di potersi fidare di qualcuno che finalmente non lo stava mettendo a disagio giudicandolo.
Senza comprendere appieno come fosse successo, si ritrovò supino sul materasso, con il calore del suo corpo a fargli da scudo da non sia sa bene cosa; probabilmente dalle malelingue, da tutti coloro che non avrebbero mai accettato la loro natura e da quello che, con ogni probabilità, stava per succedere in quella stanza. Sorrise appena, scostando lo sguardo di lato, sulla mano su cui si stava reggendo per non fargli male.
Portava un braccialetto intrecciato con fili di diversi colori, il ché risaltava parecchio sul suo abbigliamento dalle tonalità prettamente scure.

“Iniziavano sempre così quei sogni. Solo che non riuscivo mai a vederti in viso.”

“Provavi piacere quando sognavi?”

“È una domanda un po’ imbarazzante...”

Si abbassò fisicamente sino alle sue labbra e se ne impossessò, tornando ad accarezzargli i capelli chiari e morbidi. Portò un ginocchio tra le sue gambe leggermente divaricare e poté constatare facilmente quanto fosse eccitato; esattamente come si aspettava. Avvertì la sua mano stringersi intorno all’avambraccio su cui portava il famoso braccialetto acquistato all’unico Pride a cui avesse mai partecipato, a New York, circa un anno prima. Ad ogni shooting era costretto a nasconderlo sotto le maniche o a toglierlo, come imponeva il mercato cinematografico.

“Non vale così!”

“L’ho scoperto da me.”

“Sì, però ora ti tocca far qualcosa, Shizusumi-kun...”

Abbassò rapidamente la parte anteriore dei suoi pantaloni, assieme alla biancheria. Carezzò il suo sesso turgido, lasciando che la sua mente si facesse inebriare dalle prime ondate di piacere a cui sicuramente non era stato ancora abituato; quanto meno non in presenza di un altro uomo. Ne leccò il glande, sino a spingersi lungo la sua intera superficie talmente tante volte da indurlo a urlare di soddisfazione nel momento in cui venne, sporcandogli appena le labbra carnose.

“Sei pazzo, Shizu... sumi...”

“Mi piace ‘Shizu’.”

“Ecco perché... ecco perché temevo il letto in condivisione. Doveva succedere... me lo sentivo. E comunque tu chiamami Hiiragi. Non me ne frega niente dei suffissi onorifici.”

“Con me puoi usarli.”

Shizu-chan?! Troppo confidenziale?”

“No, mi piace. Proprio come te.”

Non pensò a niente di più conveniente che stringersi a lui per perdersi ancora una volta nel profumo della sua pelle, questa volta in maniera più totalizzante. Gli baciò il collo e lo vide sorridere. Un sorriso talmente raro che non ricordava di averlo visto mai in alcuna immagine promozionale.
Il giorno dopo sarebbero stati rivali in amore, ma solamente sul set.










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio anticipatamente tutti coloro che passeranno a leggere questa mia piccola one-shot!

Ho scritto questa piccola scemenza perché ci tenevo a partecipare alla #ShizuRagiWeek2020 nonostante il poco tempo a disposizione (sto partecipando a pieno ritmo anche ad un’altra ‘Week’ che si sovrappone a questa per le tempistiche). È stata scritta un po’ di fretta, per cui chiedo venia per eventuali errori o strafalcioni.

Prompt scelto: Actors AU (5° giorno, 6  agosto)
Hiiragi e Shizu sono due attori di successo, seppur giovanissimi. Vengono entrambi scelti per interpretare due “rivali” in amore all’interno dello stesso film. Finiscono per incontrarsi e... trovarsi reciprocamente “interessanti”. Non aggiungo altro, sperando che questa breve one-shot vi possa piacere almeno un pochino. :)

Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.
Le parti di testo pubblicate in corsivo corrispondono ai pensieri di Hiiragi.

Un ringraziamento speciale va agli ideatori di questa fantastica iniziativa. Grazie per aver permesso tutto questo! **

A presto,


Mahlerlucia


 
   
 
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