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Autore: _Cthylla_    06/08/2020    1 recensioni
“Tutto lascia una traccia e ha la sua importanza”, soprattutto le piccole cose in una relazione a due.
Raccolta che verrà aggiornata nei momenti di “noia”, probabilmente destinata a restare incompiuta. Verranno mostrati momenti casuali della relazione tra Nickel, alias la minicon della Decepticon Justice Division, e il mio OC Bustin, il tutto ambientato prima della distruzione della colonia di Prion (il posto dove Nickel è nata e cresciuta).
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nickel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Generation I, Transformers: Prime
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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Che ci crediate o no, siamo arrivati alla fine.
Sì, anche io pensavo che sarebbe stata un po’più lunga, però oggi ho avuto l’ispirazione per scrivere questo, e questo è :’D … ciò non toglie che, da buona disgraziata, un giorno possa trovarmi ad aggiungere altri capitoli mettendoli prima di questo (l’ultimo), ma al momento finisce così, con più domande che risposte. Grazie a coloro che hanno apprezzato questa storia e buona lettura :)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Circa
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno stava cedendo il posto alla sera, era da solo in casa e le sue valigie erano pronte. Non aveva preso troppe cose, solo quel che c’era in alcune parti del suo armadio.
 
“Io non dovrei essere qui”.
 
L’intera Prion era in fermento ed era anche più popolata del solito: era in corso una festività in onore della nascita della loro colonia, tutti i minicon sparsi per il cosmo erano tornati a casa. Quella dei prioniani una razza che teneva molto alle proprie radici, non c’era minicon che si sarebbe perso la festa, nemmeno quelli che provavano meno attaccamento verso la loro terra d’origine.
 
“Io non dovrei essere qui”.
 
Fin dal mattino era stato perseguitato da quella sensazione, ma aveva cercato di ignorarla e godersi la festa insieme Nickel.
 
“Nickel…”
 
Bustin guardò il tappeto viola peloso ai piedi del letto, il comodino della sua compagna e le poche cose essenziali che c’erano sopra, in contrasto con il numero di statuine di vetro colorato che sempre lei aveva messo su una serie di mensole; osservò gli ologrammi delle loro fotografie,  di bei momenti insieme ne avevano passati tanti, dunque erano tante anche le foto, e lui aveva nei suoi dispositivi personali la copia di ognuna di esse.
 
“Nickel, io…”
 
Tempi simili non sarebbero tornati mai più: c’era solo una Nickel il tutto l’Universo, e lui la stava abbandonando. Si era allontanato con una scusa mentre lei era ancora alla festa, lei gli aveva detto “A dopo”… peccato che per loro non ci sarebbe stato un “dopo”, non era un “A dopo”, era un addio.
Abbassò lo sguardo.
 
“Mi dispiace”.
 
Era da un mese a quella parte che aveva iniziato a pensare che forse portare avanti la loro relazione non era una buona idea.
Non perché avesse smesso di provare dei sentimenti per lei, forse non sarebbe riuscito a sradicarli nemmeno se avesse voluto e se ci avesse provato: magari Nickel non era stata il suo primo interesse verso l’altro sesso, ma era stata l’unica per cui avesse provato qualcosa di vero, o anche più di “qualcosa”. Prima di lei non aveva mai pensato di esserne in grado, non gli era mai successo.
 
“Non posso darti quello che vuoi. Non me la sento di fare il padre, non sarebbe ancora tempo in ogni caso e, anche se lo fosse, mettendomi una mano sulla coscienza non potrei comunque dirti di sì”.
 
Più volte si era espresso a sfavore del mettere su famiglia quando era venuto fuori l’argomento, lei però non demordeva, infatti era tornata alla carica anche poche ore prima. Da un lato riusciva anche a capirla: era cresciuta circondata dall’affetto di una famiglia, a Prion metterne su una era la normalità, lei ora aveva una carriera avviata, avevano una casa grande, una relazione stabile… probabilmente credeva che lui dicesse di no per paura. Non era precisamente così ma era una di quelle cose che sarebbe stato molto difficile spiegarle.
Forse avrebbe dovuto metterla una volta per tutte davanti a una scelta precisa: scegliere di restare con lui sapendo che però non avrebbero avuto figli o scegliere di andare ognuno per la sua strada. La seconda scelta avrebbe fatto male a tutti e due, tanto che Bustin non sapeva quale risposta sarebbe stato più egoistico sperare di ricevere, e-
 
“Io non dovrei essere qui”.
 
Forse avrebbe dovuto parlarle prima che quel pensiero iniziasse a pungolarlo, perché ormai era troppo tardi.
Lui non avrebbe dovuto essere lì.
Riflettere sul da farsi in tutto l’ultimo mese, il pensiero urgente che fosse tempo di andarsene via proprio il giorno in cui avrebbe avuto più tempo e miglior modo di farlo senza che, nel caos della festa, non ci si badasse granché, non subito almeno: evidentemente era destino.
Sul suo datapad giunse la conferma che il trasferimento di proprietà della casa -con tutto quel che conteneva- da lui a Nickel aveva avuto successo.
 
“Ti lascio, ma non ti lascio senza casa”.
 
Lei non avrebbe meritato di essere abbandonata in quel modo, avrebbe quantomeno avuto il diritto di poter dire la sua: desiderio di figli a parte, che poi era la ragione per cui lui stava letteralmente fuggendo, era stata la miglior compagna che avesse mai -e avrebbe mai- potuto sperare di avere al proprio fianco. Bustin si stava comportando da carogna e lo sapeva benissimo, quindi aveva pensato che il minimo che potesse fare era darle una buonuscita, che in verità a parer suo restava sempre poco.
Nickel vrebbe potuto tenere la loro casa o venderla, quella decisione sarebbe spettata a lei; in ogni caso riusciva già a immaginare che l’opzione scelta sarebbe stata la seconda e che sarebbe riuscita a ricavare molti shanix coi quali avrebbe potuto comprare un’altra casa dove voleva, o quattro più piccole allo stesso prezzo, magari affittandone tre e mettendosi ancor più “a posto” di quanto fosse col lavoro da medico.
 
“Ti ringrazio per tutto quello che mi hai dato, è molto più di quanto potrai mai immaginare. Non lo dimenticherò. Se solo certe cose fossero state diverse, io…”
 
Carico di valigie, Bustin uscì sul balcone e prese il volo.
 
“Addio”.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Bustin? Sei qui a casa?... no, non c’è… comincio a preoccuparmi, ormai è sparito da qualche ora» borbottò Nickel, abbastanza allarmata, girovagando in casa e non trovando nessuno.
 
Il suo fidanzato sembrava essere scomparso dalla faccia di Prion senza lasciare traccia, era sera e nessuno aveva la più pallida idea di dove fosse finito, nessuno l’aveva visto, nessuno sapeva niente.
 
“Forse è già tornato alla festa. O forse potrebbe essere lì…
 
 
 
 
 
 
.:: Poco al di fuori di Prion, tempo addietro ::.
 
 
 
 
 
 
 
«Che posto… curioso».
 
«“Curioso”? Non “in rovina”, abbandonato, disastrato?»
 
Appena oltre il confine di Prion, nascosta da ammassi di rocce e piante tecnorganiche, c’era quel che rimaneva di una casa. Lei non era un’appassionata di architettura ma non serviva un occhio allenato per notare che lo stile di quelle rovine era diverso rispetto a quello usato in quel periodo o qualche decina di vorn prima, vagamente simile ma ben più antico. Edifici così vecchi dentro Prion non ne aveva mai visti, neppure quelli con una particolare valenza storica.
 
«Sì, senza dubbio è anche tutto questo che hai detto, però è come se…» si strinse nelle spalle e si massaggiò le braccia «Non è la prima volta che mi porti in angoli sconosciuti di Prion e solitamente li apprezzo, ma questo posto mi dà sensazioni che non capisco».
 
«Buone o cattive?»
 
«Non le capisco bene, te l’ho detto» ripeté Nickel continuando a guardarsi attorno.
 
Oltre che antica quella doveva essere stata una casa grande, forse anche bella. Le strutture sopravvissute a… qualunque cosa fosse successa -Nickel non riusciva a capire se qualcosa fosse precipitato lì sopra o piuttosto se qualcosa fosse uscito da sotto, o se fosse esploso, facendo poi collassare tutto- suggerivano almeno quattro piani, bei colonnati e alti soffitti. Una larga scalinata consumata dal tempo era stata risparmiata dal disastro, ma il buio che riusciva a intravedere nei punti in cui i piani superiori non erano crollati non la invogliava troppo ad approfondire l’esplorazione, nonostante la curiosità che provava e che restava comunque innegabile. Trovava anche curioso il modo in cui le piante tecnorganiche circondavano la casa ma, allo stesso tempo, non si fossero riappropriate del terreno su cui era stata costruita. Non c’era neppure un piccolo arbusto in mezzo alle rovine, c’erano solo polvere e calcinacci.
 
«Provo come una sensazione di… non so, familiarità? Il che è assurdo, perché io qui non ci sono mai stata» continuò Nickel «E allo stesso tempo mi sento inquieta come se ci fosse qualcosa di strano, o di pericoloso, o tutti e due».
 
«Non c’è niente che possa farti del male qui dentro» disse Bustin «Tra i vari angoli sperduti di Prion, o Prion e dintorni in questo caso, credo sia quello che preferisco! Se non fosse per la lontananza verrei qui più spesso. Capita che in alcuni tipi di caos ci sia un tipo di pace che è introvabile in qualsiasi altro posto».
 
«Se lo dici tu. Quindi posso essere sicura che non mi porterai in punti dove rischia di crollarmi qualcosa in testa?» domandò la minicon, guardandosi attorno.
 
«Puoi stare tranquilla, Nanetta».
 
«Conosci bene questo posto?» chiese poi lei, avvicinandosi alla scalinata «Quanto tempo fa l’hai trovato?»
 
«Abbastanza, però non saprei darti una data precisa. Ricordo solo che ci sono finito perché avevo sentito dei vecchi che ne parlavano, e sai come sono fatto quando si tratta di certe cose» rispose Bustin, facendo spallucce «Per il resto, posso dire che lo conosco bene quasi come conosco casa mia. O meglio, casa nostra» sorrise «Sono davvero contento di averti lì».
 
Nickel sorrise a sua volta.
 
Tutto sommato quei piani superiori bui non sembravano più così pericolosi, se era possibile avrebbe anche potuto salire su a vederli, avendo lui vicino.
 
 
 
 
 
 
.:: Prion, casa di Nickel e Bustin, ora ::.
 
 
 
 
 
 
“Nei posti che frequenta abitualmente non c’era, nei posti ‘sperduti’ più vicini che mi ha mostrato non c’era, il datapad è muto e in quel posto fatica ad arrivare il segnale, se ci arriva, l’ho visto quando mi ci ha portata. Certo, non so per quale ragione avrebbe dovuto andarci, ma dove altro potrei cercarlo?” pensò Nickel, decisa a non arrendersi “Forse gli è successo qualcosa, non lo so, quando si è allontanato si comportava come suo solito…”
 
Pensò perfino che forse fosse tornato in mezzo alla calca e la stesse cercando come lei lo cercava, ma una cosa simile avrebbe mantenuto inspiegabile il datapad muto. Si stava preoccupando sempre di più, il livello di ansia aveva raggiunto un picco non da poco, al punto che si ripromise di prenderlo a botte con un cacciavite appena l’avesse ritrovato e avesse verificato che stava bene.
 
Sarebbe andata a cercarlo tra le rovine di quella casa, aveva deciso.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Prion venne distrutta quella stessa sera.
 
Aver deciso di raggiungere le rovine ed essersi infilata quanto più profondamente possibile nei sotterranei semi distrutti della casa fu una salvezza e una condanna per Nickel: ebbe salva la vita e, allo stesso tempo, la maledizione di ricordare.
 
Ricordare i volti felici della sua famiglia e dei suoi amici durante la festa, ricordare la sua casa e tutto quel che aveva perso, ricordare un saluto che per colpa di un’organizzazione anti mecha era diventato un addio.
 
Ricordare di essere rimasta la sola prioniana in vita di tutto l’Universo.
 
Circa.
   
 
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