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Autore: Carme93    07/08/2020    1 recensioni
I nati del 1998 sono figli della guerra e della vittoria su Lord Voldemort.
La loro nascita ha simboleggiato nuova luce nel buio delle tenebre e gioia e speranza in un mondo in macerie da ricostruire. Un chiaroscuro insito nella vita di ognuno di loro.
La generazione figlia della guerra arriva a Hogwarts.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo quattordicesimo
 







 
La festa dell’Amicizia
 
 




L’ufficio del professor Lumacorno doveva essere stato ampliato con la magia. Teddy non conosceva tutti gli uffici degli insegnanti – per fortuna -, ma a rigor di logica non avrebbero dovuto essere così grandi. Vero anche che nessun insegnante si prendeva la briga di organizzare feste private. Nessuno tranne Horace Lumacorno, naturalmente.
Teddy avrebbe preferito restarsene in Sala Comune con Mark, ma non aveva trovato una valida scusa da propinare al professore. Anche se, quest’ultimo, aveva annunciato che quella sera aveva in serbo una sorpresa per loro e il ragazzino e i suoi amici erano alquanto curiosi.
Teddy per l’occasione aveva indossato una veste elegante inviatagli dalla nonna – accompagnata da raccomandazioni di comportarsi bene.
«Secondo te che cos’è la sorpresa?» gli chiese Charis, anche lei vestita elegante, mano nella mano con Shawn Lattes che si era autonominato suo cavaliere.
«Non ne ho idea» rispose il ragazzino.
«Avrà sicuramente invitato qualche personaggio famoso. Di solito lo fa a Natale. Magari qualche vecchio allievo, tanto per vantarsi un po’» disse Shawn.
«Ehi! Io scommetto che sarà Viktor Krum!» gridò Laurence Landerson attirando l’attenzione di altri studenti nel corridoio.
Teddy alzò gli occhi al cielo.
«Perché proprio Krum? Non è stato allievo di Lumacorno» commentò sorpreso Shawn, che non conosceva il compagno di Casa.
«Che fai qui?» gli chiese Teddy sospettoso: Lumacorno non lo vedeva certo di buon occhio – e come dargli torto, considerati i disastri che aveva combinato a Pozioni nelle ultime settimane.
Il ragazzino sorrise e indicò Diana Webster, poco distante da loro. «Sono generoso, non potevo mica lasciarla sola nelle grinfie di Lumacorno».
Teddy strabuzzò gli occhi e Charis ridacchiò. «Tu e Diana non potete vedervi! Avrei potuto accompagnarla io! Non è necessario essere in coppia stasera, per fortuna».
«Ma ero in debito con lei» replicò Laurence come se fosse ovvio. «Per via della punizione, no?».
«No» disse Teddy avendo difficoltà a seguire il suo discorso. «Diana era lì di sua volontà quella notte».
«Sì, ma che c’entra? Lei è la secchiona, quindi è colpa mia» ripeté Laurence, raggiungendola.
«Non ha senso» borbottò Teddy, ma nessuno gli diede ascolto. Avrebbe preferito non ricordare la punizione, che aveva finito di scontare solo il giorno prima. In quelle settimane aveva mantenuto un profilo basso e tentato d’ignorare le provocazioni dei Serpeverde.
«Perché te ne stai sulla porta, Lupin? Ti hanno degradato da studente più promettente dell’anno a portiere?».
Ecco appunto. Teddy prese un bel respiro e fissò Antonin Dolohov dritto negli occhi.  «Che fai qui? Credevo che a Lumacorno i nipoti dei Mangiamorte non piacessero» ribatté a tono.
Dolohov gli lanciò un’occhiata di sfida. «Non sono così sciocco da attaccar briga in un posto dove ci sono tanti testimoni».
«Forse non sei così coraggioso» replicò Teddy.
All’improvviso qualcuno si schiarì la voce e i ragazzini furono costretti a spostare la loro attenzione: il professor Lumacorno li fissava incerto, ma ciò che colpì Teddy furono le due coppie dietro di lui.
«Signor Dolohov, come mai qui?» chiese Lumacorno.
«Sono l’accompagnatore della signorina Gould».
Nonostante la sua attenzione fosse tutta per gli ospiti, Teddy non poté non lanciare un’occhiata alla ragazzina in questione che si pose accanto al compagno di Casa. Bah, quella sera erano tutti impazziti.
«Ah, molto bene. Allora, accomodatevi, non rimanete sulla porta».
L’espressione di Lumacorno era quella di uno che si è appena mangiato un limone.
Teddy seguì i Serpeverde all’interno.
«Buonasera, buonasera a tutti!» trillò Lumacorno con il suo consueto tono da teatro. «Vi ho promesso una sorpresa, o sbaglio? Ebbene, guardate un po’ chi mi accompagna!». Gli studenti scoppiarono in acclamazioni sorprese. «Eh, sì, Harry Potter e la moglie Ginny, Hermione e Ronald Weasley».
Teddy gemette.
«Oh, perché non me l’hai detto?» gli urlò Charlie nell’orecchio.
Teddy si accigliò e la squadrò: «Che hai addosso?».
«Stai zitto, se non vuoi essere affatturato» replicò lei tirando i merletti del vestito. «Mio fratello James mi ha ricattato».
«Carino» ridacchiò e si beccò un pugno dalla compagnia. «Ahia!».
«Avresti dovuto dirmi che sarebbe venuta Ginny Potter! Non mi sarei vestita in modo così ridicolo».
Teddy si guardò bene dal fare altri commenti sui suoi vestiti.
«Ora presentamela» ordinò Charlie.
Il ragazzino fece una smorfia: non aveva voglia di affrontare il suo padrino. Non sarebbe dovuto andare a quella festa. Sbirciò gli ospiti e vide che erano accerchiati da un gruppo di studenti curiosi. «Appena si liberano un po’» borbottò.
«Ok, non mi freghi però».
Teddy sbuffò e, con Charlie appiccicata, si diresse al tavolo del buffet e si riempì un piatto.
Dopo un po’ furono raggiunti da Harry e Ginny. Il ragazzino per prendere tempo spinse avanti Charlie. «Vi presento Charlie, una mia compagna di Casa. Sai, Ginny, non vedeva l’ora di conoscerti».
Ginny sorrise e Charlie per poco non le saltò addosso. Dopotutto non era una ragazzina timida.
«Ho la divisa di quando giocavi nelle Holyhead!» strillò Charlie. «Mi firmi la pluffa? E la divisa? Ti fai una foto con me?».
Teddy si chiese se l’avrebbe mandata a quel paese, ma Ginny assentì e si lasciò trascinare via dall’esuberante Tassorosso.
«Finalmente soli» disse Harry. «O vuoi provare a evitarmi ancora?»
Teddy incrociò le braccia al petto e sfuggì il suo sguardo. «Non ci vediamo da settembre, come potrei averti evitato?».
«Le mie lettere sì, però. Le hai almeno lette?».
«Può darsi».
«Ti va se facciamo una passeggiata?».
«Tanto comandi tu, no?».
Harry sbuffò, ma non desistette. «Ho proprio voglia di rivedere la Sala Grande addobbata! Hagrid ha portato i soliti dodici abeti?».
«Sì» rispose a malincuore.
Quando furono nel corridoio deserto, Harry gli mise un braccio sulle spalle. Teddy s’irrigidì, ma non si divincolò: per quanto potesse essere arrabbiato, il suo padrino gli era mancato.
Harry non disse nulla e rispettò il suo silenzio per tutto il tragitto. Fortunatamente la Sala Grande era quasi deserta ormai. Harry non ebbe problemi a stringere la mano a un gruppetto di ritardatari e scambiò qualche parola con la professoressa McGranitt. Teddy fu sollevato che non parlarono di lui. Sarebbe stato imbarazzante!
Dopodiché Harry lo guidò nelle cucine. «La mia Sala Comune è qui» borbottò Teddy indicando le botti. «Non ho bisogno che tu mi dica dove sono le cucine».
Harry roteò gli occhi e disse: «Da quand’è che sei diventato così permaloso?».
«Non sono permaloso» ribatté Teddy scontrosamente.
Harry fece il solletico alla pera del ritratto rivelando così l’ingresso alle cucine di Hogwarts. Molti elfi si affollarono all’istante intorno a loro, salutandoli calorosamente.
«Ci preparereste una cioccolata calda con tanti biscotti al cioccolato, per piacere?» chiese loro Harry.
Gli elfi domestici, sebbene fossero impegnati a rassettare la cucina dopo la cena, fecero a gara a servirli. Teddy si accomodò al tavolo che, a occhio, doveva corrispondere a quello di Tassorosso nella Sala Grande e lanciò un’occhiata di sfida al padrino.
Harry sorrise e prese posto di fronte a lui.
«Non ti senti ‘mollaccione’ a sederti al tavolo dei Tassorosso?».
«Allora, non sei permaloso, hai solo voglia di provocarmi stasera» replicò Harry, sorridendo agli elfi che gli misero davanti una tazza fumante di cioccolata.
Teddy si strinse nelle spalle. «Non sei deluso che io sia un Tassorosso?».
Harry sbuffò. «Ancora con questa storia? Credevo fosse chiaro! Che ti prende, Teddy? Per me potresti anche essere un Serpeverde».
Il ragazzino fece una smorfia e prese una manciata di biscotti.
«Lo sai che George ha scommesso sulla Casa nella quale saresti stato smistato?».
«Davvero?» replicò il Tassorosso alzando gli occhi dalla sua tazza.
«Già. Naturalmente Molly non lo sa» specificò Harry.
«E chi ha vinto?».
«Oh, Charlie».
«Charlie?» ripeté sorpreso il ragazzino: vedeva lo zio solo un paio di volte l’anno, in quanto lavorava in una riserva di draghi in Romania e non si sarebbe mai aspettato che lui lo conoscesse più degli altri. «Ha tirato a indovinare?».
Harry ridacchiò. «È la stessa accusa che gli ha rivolto George, ma Charlie ci ha assicurato che non è vero».
«No? E come l’avrebbe capito?».
«Era molto amico di tua madre a Scuola e, secondo lui, tu le assomigli tanto».
Teddy deglutì e, pur di non parlare, bevve un lungo sorso di cioccolata calda, rischiando di scottarsi.
«E tu?».
«Io cosa?» domandò Harry.
«Tu cos’hai scommesso?».
«Corvonero» rispose Harry scoppiando a ridere di fronte alla sua espressione. «Alle volte sei così saccente, che ti avrei visto bene tra di loro. Tua nonna, invece, sperava che fossi un Serpeverde».
«Magnifico» borbottò Teddy. «Forse dovrei chiedere a zio Charlie di prendermi con sé».
«Non ci provare» lo ammonì Harry non riuscendo a trattenere un sorrisetto. «Ho sentito dire che zia Jane sia poco incline ad assecondare i capricci dei bambini».
«Io non sono un bambino!».
Harry si limitò a ridacchiare e a dedicarsi alla sua cioccolata. Quando finirono entrambi, ringraziarono e augurarono buon Natale agli elfi.
«Nevica» disse Harry osservando il paesaggio notturno fuori dalla finestra.
Teddy era stanco e si appoggiò al muro freddo per osservare meglio il suo padrino. «Sei arrabbiato con me?».
«Non più» rispose Harry. «Quando tua nonna mi ha mostrato la lettera della McGranitt, mi sono arrabbiato».
«Mi dispiace di essermi comportato in quel modo».
«Ma non di esserti battuto con quel ragazzino, vero?».
«Hai parlato con Neville?».
«Già, ma non sono potuto venire a darti una mano con i bagni».
«Ce l’ho fatta da solo» mormorò Teddy, ma non aveva più voglia di provocarlo.
«Smetti di cercare qualcosa che non puoi avere».
«Di che parli?».
«Della vendetta, Teddy».
Il ragazzino chinò il capo e strinse i pugni. «Ma…».
«Teddy, ragiona. Quel ragazzino è solo un prepotente, imbevuto di convinzioni che gli sono state trasmesse dalla sua famiglia, ma quando suo nonno ha ucciso tuo padre, lui non parlava nemmeno. Non otterrai nulla, rivalendoti su di lui. Ti abbasserai solo al suo livello. E fidati, i tuoi genitori sono stati vendicati: Dolohov è in prigione ed è troppo vecchio per nuocere a qualcuno, mentre Bellatrix Lestrange è stata uccisa quella notte stessa».
«Da chi?».
Harry lo fissò severamente e il ragazzino temette che non avrebbe ricevuto risposta. «Da Molly».
Teddy sgranò gli occhi. «Molly Weasley? Nonna Molly?».
«Sì, ma non lo dire a nessuno. I tuoi cugini non lo sanno e nemmeno James, Albus e Lily. Chiaro?».
Teddy annuì, sconvolto per la scoperta ma felice che Harry l’avesse ritenuto abbastanza grande da saperlo.
«Non ti volevamo mentire, ma solo proteggere e la tua reazione ha dimostrato che non eri pronto a scoprirlo». Il ragazzino si staccò dal muro e si gettò tra le braccia del padrino, che lo strinse a sé. «Va tutto bene» sussurrò Harry accarezzandogli la testa.
«Mi dispiace».
«Lo so. Quel ragazzino ti ha ferito».
Teddy era contento che il suo padrino lo capisse. «Nonna, però, mi ucciderà appena metto piede in casa».
Harry rise e gli scompigliò i capelli. «Tranquillo, la McGranitt ti ha punito a sufficienza. Te la caverai con qualche occhiataccia».
«Grazie» disse Teddy sinceramente. «Ora che facciamo?».
«Ora torniamo da Lumacorno o Ginny mi butterà fuori di casa».
Teddy scoppiò a ridere.
«Sì, sì, ridi tu».
 
 
 
*
 
 
«E Krueger prende la pluffa, si prepara al tiro e…».
«Ops» borbottò Enan nascondendo la testa in un cuscino giallo, mentre la Caposcuola si voltava furiosa verso di loro: Charlie, anziché colpire i suoi anelli immaginari, aveva preso in pieno il tavolo presso il quale Elly e i suoi compagni stavano studiando e aveva rovesciato un paio di boccette d’inchiostro.
Zoey scoppiò a ridere di fronte all’espressione arrabbiata della Caposcuola.
«Posso spiegare» disse subito Charlie.
Mark si nascose dietro al manuale d’Incantesimi.
Teddy e Charis s’interrogavano a vicenda sulle pozioni studiate fino a quel momento e ignorarono i tentativi di Charlie di movimentare la domenica pomeriggio.
Zoey si chiese perché dovessero essere tanto noiosi.
«Ah, sì, e come?» chiese severamente Elly, stringendo la pluffa tra le mani.
«Ieri sera ho conosciuto Ginny Potter e mi ha raccontato di quando ha segnato all’ultimo secondo…».
«Questa non è una motivazione valida per mettersi a giocare a Quidditch in Sala Comune» la interruppe Elly.
«Fuori nevica» replicò Charlie.
«Infatti ci avete vietato di uscire in cortile» intervenne Zoey intenzionata ad aiutare l’amica.
«Non è colpa mia se c’è maltempo» disse Elly, la cui espressione fugava ogni dubbi sul suo desiderio di vederle molto lontane dalla Sala Comune. «Qui, però, dovete accontentarvi di attività più tranquille».
Zoey scoppiò a ridere di fronte alle smorfie di Charlie.
La Caposcuola sbuffò e disse: «La pluffa è sequestrata».
«COSA? NON PUOI!».
L’urlo di Charlie attirò l’attenzione di tutti i Tassorosso, Teddy strillò facendosi da parte quando la compagna saltò sul divano dov’era seduto per raggiungere Elly.
«Sì, che posso» sbottò la Caposcuola sempre più arrabbiata.
«Tu non capisci niente!» continuò Charlie imperterrita. «Quella pluffa l’ha firmata Ginny Potter in persona! Non sei degna di toccarla».
«Te la restituirò quando la farai firmare dalla Preside in persona» replicò Elly, dando loro le spalle e avviandosi verso i suoi compagni. Molti ridevano.
«Ci vado subito» strillò Charlie.
«Ma dove vai, stai qui» la bloccò Teddy. «Scherzava. Non puoi chiedere una cosa del genere alla McGranitt!».
«Sì, evita» le consigliò Zoey. «A chi credi che darà ragione? A te o alla Caposcuola?».
Charlie sbuffò e si buttò sul divano, costringendo Mark a spostarsi per non essere schiacciato. «NON È GIUSTO!» gridò.
«Se non la smetti, non te la restituirà prima di partire» disse Enan sperando di farla ragionare.
«Ah, proposito», intervenne Zoey nel tentativo di cambiare discorso, «conoscete il film Genitori in trappola?».
«Il titolo mi sembra familiare» borbottò Teddy infastidito.
«Io, Charis ed Enan non abbiamo la televisione» ricordò Charlie.
«Lo conosco. È divertente» mormorò Mark.
«La tua famiglia di pazzi ti faceva vedere la tv?» chiese Zoey sorpresa.
«Zoey!» gridarono in coro Charis e Teddy.  Mark arrossì e distolse lo sguardo.
«Che c’è?».
«Sei insensibile» sbottò Teddy. «Non si dicono queste cose».
«Quando mio padre era lavoro e i miei fratelli a Hogwarts, non avevo molto da fare: o leggevo o guardavo la televisione» spiegò Mark.
«Senti, dobbiamo finire di ripassare» disse Teddy sventolando il libro. «Qual è il punto?».
«Non vi viene nulla in mente?» replicò Zoey.
«Oh, uno dei tuoi piani geniali? Racconta!» la sollecitò Charlie.
«Beh, praticamente nel film le due gemelle non si erano mai incontrate, poi in un campo estivo succede. Dopo i primi disaccordi, cominciano a capire che oltre alle somiglianze fisiche, c’è altro: i loro genitori. Così capiscono di essere sorelle. Alla fine del campo estivo, si scambiano per conoscere il genitore non avuto fino a quel momento».
Il silenzio seguì le sue parole.
«Cavoli» mormorò dopo un po’ Enan.
«No» intervenne Teddy. «Non l’ascoltare: è un film! La realtà è diversa».
«Sta, zitto tu» sbottò Charlie. «Questa è la soluzione, Enan!».
«Vorreste che Enan e Mulciber si scambino?» chiese Charis.
«Esattamente! È geniale!» commentò Charlie.
Zoey fu felice della sua approvazione.
«Ci penso» disse Enan, tacitando le proteste di Teddy. «Vado in camera».
«Complimenti» borbottò Teddy lanciando un’occhiataccia a Zoey e Charlie. Loro non si scomposero.
«Un’altra cosa» trillò Zoey.
«Un’altra?» sbottò Teddy, che aveva già ripreso il manuale di Pozioni in mano.
«Che fate a Natale?».
Teddy alzò gli occhi al soffitto da cui pendevano nastri colorati e galleggiavano delle candele.   «Sicuramente, sarò alla Tana».
Anche Charis e Charlie assicurarono che avrebbero trascorso le festività in famiglia.
«E tu Mark?» chiese Teddy.
«A casa anch’io» mormorò il ragazzino.
«Se non vuoi stare con tua sorella, puoi venire da me» propose a sorpresa Charlie.
«Beh, sì, anche da me» assicurò Teddy.
Charis lo invitò a sua volta.
Zoey pronunciò il medesimo invito, ma per quel poco che conosceva Mark, era sicura sarebbe stato inutile.
«No, no, grazie».
Mark era a disagio e, prima che potessero aggiungere altro, augurò loro la buonanotte e se ne andò in dormitorio.
«Andiamo anche noi? Non ce la faccio a stare qui e vedere la Montgomery» disse Charlie a Zoey.
«Sì, ok» assentì la ragazzina, che aveva voglia di divertirsi un po’.
 
 
 
*
 
 
 
L’ultimo giorno prima delle vacanze, Mark si sentiva molto nervoso al pensiero che presto avrebbe rivisto il padre. In più a casa non avrebbe potuto evitare Alexis, come ormai aveva imparato a fare.
«Tutto bene?» gli chiese Teddy.
«Sì, sì» si affrettò a sussurrare per non farsi sentire dal professor Lumacorno.
A Mark non piaceva per nulla Pozioni e il fatto che Alexis cercasse di metterlo nei guai non consegnandogli il calderone quando toccava a lui, lo rendeva sempre nervoso. Solitamente il professore non mancava di rivolgergli occhiate infastidite e, nel caso, togliere anche punti a Tassorosso. Quel giorno, però, era stato diverso: Lumacorno si era rivolto a lui in maniera gentile e quasi allegra – un’allegria a suo parere fuori luogo e che, di solito, riservava ai suoi prediletti –, non l’aveva rimproverato e gli aveva permesso di lavorare con Teddy. La scusa era stata che a Natale si è tutti più buoni, ma dalle occhiate, quasi bramose, che l’insegnante continuava a lanciargli, Mark aveva dei dubbi.
Nonostante questo strano comportamento di Lumacorno, le due ore trascorsero molto velocemente e i Tassorosso presero posto in un’aula al secondo piano, messa loro a disposizione in quanto non potevano uscire all’esterno a causa della neve e del freddo intenso.  
«Non era strano il professore oggi?» chiese Mark agli amici.
«Lumacorno è sempre strano» borbottò Enan mangiando un grosso pezzo di cioccolata, facente parte della scorta fornitagli dai suoi cugini all’ultima gita a Hogsmeade.
«Non era strano» disse Teddy quasi divertito. «Ti stava valutando».
«Ma come!? Ha detto che non avrebbe messo voti!» esclamò Mark preoccupato.
«Sì, infatti» sbottò Enan. «Non può fare così».
Teddy sbuffò. «Non valutare in quel senso. Ti stava osservando, Mark, soppesando».
«Non capisco» ammise il ragazzino.
«Nemmeno io» disse Enan.
«Ma secondo voi la McGranitt non ha detto a tutti i professori quella cosa?».
«Quale cosa?» replicò Enan.
«Quella capacità di Mark» ribatté Teddy abbassando ancora di più la voce per non farsi sentire dagli altri ragazzi presenti nell’aula.
Mark non ci aveva proprio pensato e fissò l’amico spaventato. Tutto sommato era logico: la Preside doveva avvertire tutti i professori. Anche se a lui non piaceva.
«Quella cosa non è da poco» insisté Teddy. «Scommetto quello che volete che al prossimo incontro del Lumaclub sarò invitato anche Mark!».
Il ragazzino gemette alla sola idea. Per il resto dell’intervallo si estraniò dalle chiacchiere dei due compagni e rilesse la lettera ricevuta a colazione. Suo padre finalmente gli aveva scritto, anche se solo poche righe, affermando che naturalmente doveva tornare a casa per le vacanze. Personalmente, il ragazzino non lo riteneva scontato, ma l’ultimo dei suoi desideri era contraddire il padre.
«Dai, andiamo» disse Teddy a un certo punto.
Mark recuperò lo zaino pronto a seguirlo.
«Dobbiamo proprio? È l’ultimo giorno prima delle vacanze!» si lamentò Enan.
«Non credo che alla professoressa interessi» replicò Teddy.
«Infatti è un’arpia, lei non conosce il vero significato del Natale, la bontà…».
«Dacci un taglio» sbottò Teddy ridacchiando.
Anche Mark sorrise.
«Dovrete trascinarmi!» decise Enan.
«E va bene» disse Teddy tirandolo per un braccio. «Mark, prendi l’altro».
Mark obbedì divertito, mentre Enan continuava a lamentarsi.
«Siete perfidi anche voi!» si lagnò il ragazzino, quando finalmente si mise in piedi e li seguì. «Babbo Natale non vi porterà regali».
«Ah, sì?» ribatté Teddy. «Mi sembra che quello che non voleva andare a lezione fossi tu».
Enan gli fece la linguaccia.
Mark sorrise ancora: a volte in loro compagnia si sentiva così leggero e felice!
Quando entrarono in classe la professoressa MacKlin era già seduta alla cattedra e rispose ai loro saluti con la solita fermezza. Charis li rivolse un sorriso di sollievo: non doveva essere divertente arrivare per prima e stare in classe da sola con l’insegnante. A maggior ragione se la professoressa in questione era Candida MacKlin.
Alla spicciolata giunsero anche i Grifondoro e proprio al suono della campanella entrarono anche Charlie e Zoey, beccandosi un’occhiataccia dall’insegnante, che però, stranamente, non le rimproverò, ma si rivolse a tutta la classe: «Ora, che siamo tutti», esordì ghignando, «ho pensato, per concludere bene questa prima parte dell’anno, di fare una verifica scritta sul programma svolto».
«Oggi?» chiese Charlie.
Mark fissò il banco, terrorizzato all’idea che la compagna facesse infuriare la professoressa come molte altre volte.
«Esattamente, Krueger».
«Ma non può» intervenne Zoey. «Non ci ha avvertito».
La MacKlin la fulminò con lo sguardo. «Credevo fosse chiaro che dovete essere sempre preparati».
«Ma domani iniziano le vacanze» si lamentò Jason Audley di Grifondoro.
«Ne sono a conoscenza» replicò la MacKlin. «A proposito di questo, vorrei ricordarvi di aprirli i libri e di non lasciarli a Hogwarts fino al vostro ritorno».
«Professoressa, mia madre è un’avvocatessa e dice che i compiti a sorpresa sono illegali» intervenne Hannah Carson.
Mark si chiese perché la professoressa, solitamente inflessibile, li stesse assecondando nelle loro lamentele.
«Gli insegnanti di Hogwarts godono di piena autonomia, Carson» rispose la MacKlin annoiata. «Ora, permettimi Turner», disse tacitando la protesta di Zoey, «non ho problemi ad ascoltarvi per tutta l’ora, ma non vi farò recuperare il tempo che state perdendo. Se, invece, questa è la vostra tattica per trascorrere l’ora senza lavorare, sappiate che mi limiterò a valutare la verifica come se me l’aveste consegnata in bianco».
Mark sollevò gli occhi dal banco e la fissò: ecco dov’era la trappola!
Nessuno fiatò mentre l’insegnante distribuiva le pergamene con le domande.
«Questo è profondamente ingiusto» disse Charlie scorrendo le domande.
«Venite a Scuola per imparare, Krueger. Non c’è nulla d’ingiusto».
Mark con un sospiro diede un’occhiata alla verifica e quasi sorrise nel rendersi conto di conoscere le risposte e si mise a lavoro.
«Turner, Krueger e Carson se non tacete, vi ritiro la verifica».
Mark ignorò gli sbuffi infastiditi di Charlie e continuò a scrivere.
«Mark», sussurrò a un certo punto Enan, «fammi leggere».
Il ragazzino lanciò un’occhiata alla MacKlin che passeggiava tra i banchi, si raddrizzò e spostò leggermente il foglio verso destra.
«Palmer, siediti composta» sibilò la MacKlin a un certo punto. La Grifondoro si era alzata in punta di piedi pur di leggere il compito di Peter Lux. «Oggi, siete davvero impossibili! Lo comunicherò ai vostri Direttori».
Magnifico, pensò Mark che sperava di non vedere il proprio Direttore fino a gennaio: li avrebbe rimproverati? I direttori come si comportavano in questi casi?
Alla fine dell’ora tutti consegnarono la verifica e uscirono dalla classe, chi lamentandosi della professoressa chi pensando al pranzo.
Enan mise un braccio intono al collo di Mark, che sussultò sorpreso. «Grazie, sei la mia salvezza!».
Mark arrossì.
«Sì, grazie, Mark» disse inaspettatamente Teddy che, però, sembrava infastidito.
«E dai, Teddy, non essere esagerato» lo redarguì Enan. «Hai pensato un brutto periodo, è logico che Trasfigurazione non fosse tra i tuoi pensieri».
«No, che non lo è» replicò il ragazzino, i cui capelli erano tra il rosso e il nero.
«Pensate che la professoressa parlerà veramente con McBridge?» chiese Charis avvicinandosi e, probabilmente, mal interpretando le loro espressioni.
«Secondo me sì» replicò Enan. «Una che fa una verifica l’ultimo giorno prima delle vacanze, figurati se non ci fa anche rapporto».
«E McBridge che farà?» chiese Mark preoccupato all’idea che potesse mandare una nuova lettera a casa.
«Non m’interessa» replicò Teddy. «Andiamo a mangiare».
«Che ha?» chiese perplesso Laurence Landerson che gli aveva raggiunti.
«Non sapeva alcune domande e gliele ho passate io» sospirò Enan.
«E tu le sapevi?» chiese sorpreso Laurence.
Enan gli lanciò un’occhiataccia. «Io le ho copiate da Mark» ammise sinceramente.
«Ah, ok» commentò Laurence. «Beh, allora vado a stuzzicare un po’ il mio secchione preferito».
Mark sgranò gli occhi. «Forse non avresti dovuto dirglielo».
«Laurence è geloso di me. Non sia mai che tenga un segreto con Teddy» replicò Enan. «Su, andiamo a mangiare anche noi. Non vedo l’ora di andare da Hagrid pomeriggio. Vuoi venire con me?».
«No, mi aspetta il professor Vitious, grazie».
«Ah, giusto. Fate sempre esercizi di concentrazione?».
«Sì, ma a gennaio dovremmo cominciare con qualcosa di diverso».
La lezione con Vitious fu impegnativa come di consueto, ma il professore sembrò apprezzare i miglioramenti del ragazzino.
«Mi raccomando, continua a esercitarti, specialmente la sera prima di dormire».
«Sì, professore».
«Buon Natale, Mark».
Il ragazzino sorrise leggermente per la gentilezza dell’insegnante. «Grazie, professore, auguri anche a lei».
Sentendosi stanco, Mark rientrò subito in Sala Comune, sperando che Enan e Teddy avessero preso qualche cosa da mangiare. Quella sera la Sala Comune era molto affollata e chiassosa, il ragazzino sorrise e tentò d’individuare i suoi compagni: li scorse in compagnia di Elly, che non sembrava molto contenta.
«Ciao» mormorò raggiungendoli.
«Ciao, Mark. Ti aspettavo» replicò Elly.
Il ragazzino prese posto accanto a Enan, che gli fece una smorfia.
«La professoressa MacKlin si è lamentata con il nostro Direttore perché ultimamente studiate di meno e stamattina eravate irrequieti durante la verifica. E con irrequieti intendo che cercavate di copiare, anche quelli dai quali non se lo sarebbe aspettata».
Mark fu sollevato dal fatto che McBridge non si fosse preso la briga di andare a rimproverarli, Teddy al contrario sembrava ancora più depresso di qualche ora prima. Era dispiaciuto per l’amico e lo comprendeva: fino a quel momento era stato il migliore in Trasfigurazione, dover chiedere aiuto all’improvviso doveva aver ferito il suo orgoglio.
«McBridge aveva altro da fare e noi dovremmo ascoltare la tua predica?» chiese in tono alquanto insolente Charlie.
Elly assottigliò gli occhi e sibilò: «Non mi provocare, ragazzina».
«Non ho paura di te» replicò Charlie.
Mark si chiese perché dovesse sempre comportarsi in quel modo con le persone più grandi.
«Cinque punti in meno per Tassorosso».
«Cosa?» sbottò Charlie. «Certo che sei stupida! Non puoi togliere punti alla tua Casa».
«Sì, che posso e, se non ti dai una calmata, ti becchi una punizione».
Charlie divenne paonazza per la rabbia, alla fine sbuffò: «Ah, sì? Allora mettimi in punizione, se ci tieni tanto!».
«Molto bene», replicò Elly arrabbiata, «Allora, ti aspetto domani pomeriggio».
«Domani pomeriggio?» ripeté Charlie sgonfiandosi.
«Sì, alle tre in punto».
«Ho già un impegno domani» tentò Charlie che sembrava aver perso la baldanza di prima. Mark e gli altri la fissarono sorpresi: non si era mai comportata in quel modo.
«Avresti dovuto pensarci prima» ribatté Elly severamente. «Quanto a voi altri, comportatevi bene e studiate. Le regole della Scuola valgono anche a Natale».
I ragazzini annuirono compuntamente, anche perché nessuno di loro avrebbe voluto provocare ulteriormente la Caposcuola.
«Beh, ci è andata bene» sospirò sollevato Enan.
Teddy si passò una mano tra i capelli e annuì.
«Bene, un’accidenti!» sbottò Charlie alzandosi e avviandosi a grandi passi al proprio Dormitorio.
«Ma che le prende?» replicò Enan sorpreso da quella reazione.
«Non lo so, vado da lei» disse Zoey.
Charis tentennò poi le seguì.
«Forse è meglio che andiamo anche noi» borbottò Teddy.
«Ma è prestissimo! E domani non abbiamo lezione!» protestò Enan. «Sul serio, Teddy, non succede niente se ogni tanto non sei il migliore».
«Sì, lo so, ma ho sonno».
Enan sbuffò mentre lo osservava allontanarsi.
Mark era molto stanco, ma per accontentarlo giocò una partita a sparaschiocco.
 
 
*
 
 
Si rigirò nel letto un paio di volte, ma alla fine si rassegnò al fatto che il sonno l’avesse abbandonata. Si mise a sedere e scrutò l’orologio sul comodino: era prestissimo! Sorpresa si rese conto che c’era una busta sconosciuta.
Alla signorina Charlotte Krueger.
Storse la bocca chiedendosi se si trattasse di uno scherzo e chi, ancora, osasse chiamarla con il suo nome completo.
L’aprì e srotolò la pergamena custodita all’interno. Scorse le prima parole e mugugnò: erano le istruzioni per il Ballo dell’Amicizia.
Annoiata, gettò pergamena e busta sul comodino e tornò a sdraiarsi.
Non le piaceva alzarsi presto, a meno che non fosse per fare qualcosa di divertente. Naturalmente era colpa della Montgomery. Come aveva potuto quella stupida metterla in punizione proprio quel giorno? Senza curarsi del fatto che avesse già dei progetti! E non poteva nemmeno rimandarli. Dopotutto che le avrebbe fatto la Montgomery se avesse saltato la punizione? L’avrebbe riferito a McBridge? Una perdita di tempo: quel professore non la rimproverava mai. Se, invece, avesse rinunciato ai suoi progetti, avrebbe rischiato molto di più: l’amicizia di Zoey.
Era la prima volta che aveva un’amica tutta sua e, benché Zoey avesse un interesse discutibile per la moda e i trucchi, era molto simpatica e coraggiosa.
La nostalgia che aveva Zoey di casa sua e del suo mondo era motivo di cruccio per Charlie, che si era ripromessa di mostrare all’amica quanto potesse essere fantastico il mondo magico. D’altronde con quelle lezioni noiose che dovevano frequentare ogni giorno, come avrebbe potuto scoprirlo?
Ai ragazzi più grandi era stata concessa una gita a Hogsmeade, quindi al castello sarebbero rimasti solo loro e quelli del secondo anno.
Charlie avrebbe voluto trascinare l’amica di nascosto al villaggio, ma a quel punto ci sarebbero stati troppi testimoni, perciò aveva deciso di organizzare qualcosa al castello.
Aveva pensato di portarla nel Bagno dei Prefetti, perché, in base a quanto le era stato raccontato da James e dai cugini di Enan, sarebbe sicuramente piaciuto a Zoey. Dopo sarebbero andate in Sala Grande per colazione e, una volta sazie, avrebbero cercato la famosa Stanza delle Necessità. Zoey sarebbe stata sicuramente colpita. Nel pomeriggio, invece, le avrebbe presentato sua cugina Josephine, che era sì una stupida smorfiosa ma era bravissima a pettinare i capelli con la magia. Infine si era fatta inviare due bellissimi vestiti della madre. Era sicura che Zoey sarebbe stata felicissima!
La Montgomery, però, le aveva rovinato il piano. Era assurdo che fosse così confusa! Di che cavolo aveva paura? Charlie sbuffò e tirò un pugno sul cuscino. La verità è che il giorno dopo sarebbe tornata a casa e voleva godersi il tempo con suo padre ed evitare conflitti; in più non voleva perdere altri punti.
Sbuffò ancora in preda al nervoso. Come avrebbe dovuto comportarsi? Mark e Teddy che cosa avrebbero fatto al posto suo? Non era possibile che si ponesse una domanda simile! Lei non ragionava come loro.
Spostò le coperte e si alzò: avrebbe chiesto direttamente a loro. Anzi solo a Mark, che sembrava così amico della Caposcuola! Si avviò a passo di marcia verso il dormitorio maschile: avrebbe dovuto risolvere quella situazione al più presto. In Sala Comune non c’era nessuno, d’altronde chi era il pazzo che il primo giorno di vacanze si alzava a quell’ora? Solo lei! Ed era colpa della Montgomery!
Non ebbe difficoltà a trovare la stanza dei ragazzi e spalancò la porta con forza. I tre addormentati non se ne accorsero neanche. Charlie si pentì di non avere una macchina fotografica: Enan dormiva tutto raggomitolato e abbracciato al cuscino. Ridacchiò e individuò Mark.
Sembrava ancora più piccolo sotto tutte quelle coperte. Comunque aveva troppo bisogno di lui, così, ignorando i sensi di colpa – Mark non le aveva mai fatto nulla ˗, lo scosse. Il ragazzino si svegliò di soprassalto, la fissò per qualche secondo, poi sobbalzò e arretrò contro la spalliera.
Charlie gli fece segno di tacere poggiando un dito sulle labbra e sedette sul bordo del letto. «Mi devi fare un favore».
«Ora?» replicò confuso il ragazzino.
«Sì» rispose lei. «Devi convincere la tua amica che non posso stare con lei oggi».
Mark impiegò qualche secondo a comprendere. «Cosa?».
«Zitto, che svegli tutti» lo redarguì Charlie.
Enan si era rigirato nel letto, mentre Teddy aveva continuato a dormire tranquillamente.
«Ma non posso» sussurrò Mark.
«Sì, che puoi. È tua amica!».
«Che c’entra? Io non posso mica dirle quello che può o non può fare!».
«Devi farmelo per favore» ribatté Charlie. «Non posso finire nei guai prima di tornare a casa».
«Allora sconta la punizione» disse Mark.
«No, non posso! Non capisci?».
«Che impegni hai?».
Charlie sospirò e gli raccontò tutto. «Ora capisci?».
«Sì» sospirò Mark.
«Le parlerai?».
«Sì, ma non ti prometto…».
«Grazie! Ci vediamo dopo» lo interruppe.
Charlie era contenta: ora che aveva risolto il problema, poteva tornarsene a letto almeno fino alle dieci.
In camera Zoey e Charis dormivano ancora per fortuna, così si sdraiò e si addormentò velocemente.
La prima parte del piano era filata liscia, come aveva immaginato Zoey aveva adorato il Bagno dei Prefetti e ammesso di non aver mai visto nulla del genere a Londra; mentre la colazione era stata abbondante e natalizia. Chissà com’era il Natale a Hogwarts?
«Quindi questa stanza è magica?» le chiese eccitata Zoey.
«Sì» confermò Charlie. «Uno dei cugini di Enan mi ha spiegato come trovarla».
«Quindi che cosa dobbiamo fare?» domandò Zoey appena raggiunsero l’aula di Trasfigurazione.
«Dobbiamo picchiettare i mattoni sul muro e dire la parola magica».
«Forte. Qual è?».
«Sesamo» disse Charlie ripetendo il movimento che le era stato insegnato, ma non accadde nulla. «Ci riprovo».
«Vabbè dai, non fa nulla» disse Zoey preoccupata che l’amica si stesse intestardendo e quasi prendendo a pugni il muro. Erano nel territorio della MacKlin.
«Deve funzionare! Sto sbagliando qualcosa!».
«Non stai sbagliando nulla».
Le due ragazze si voltarono verso Teddy appena uscito dall’aula di Trasfigurazione.
«E tu che fai qui?» gli chiese Charlie.
«Dovevo parlare con la professoressa» rispose Teddy. «La Stanza delle Necessità non si trova qui. Ho provato a dirtelo ieri sera a cena, ma tu mi hai ignorato».
«Ma i cugini di Enan…».
«Ti stavano prendendo in giro» sorrise Teddy.
«E dove sarebbe allora?» sbottò Charlie, appuntandosi di vendicarsi al ritorno a Hogwarts.
«Al settimo piano, venite».
Teddy le guidò fino all’arazzo di Barnaba il Babbeo e indicò la parete bianca di fronte. «Dovete camminare avanti e indietro per tre volte, pensando intensamente a quello che vi serve».
«È uno scherzo?» indagò Charlie.
«No, me l’ha detto Harry. È qui che si riuniva l’Esercito di Silente».
«Fantastico» disse Charlie per poi fare quello che gli aveva suggerito. Teddy nel frattempo spiegò a Zoey cosa fosse l’Esercito di Silente.
«Wow».
L’urlo di Charlie attirò l’attenzione degli altri due Tassorosso.
«La maniglia!» gridò ancora Charlie.
«Sì, l’abbiamo vista» ridacchiò Teddy avvicinandosi.
«No, tu, no».
«Come no?».
«È solo per me e Zoey. Tu puoi tornarci un’altra volta».
«Ma…».
«Niente ma, su».
Teddy sbuffò e se ne andò seccato.
Charlie fece passare prima Zoey. «Che ne dici?».
«Oh».
Charlie la seguì e osservò soddisfatta la stanza: era un’elegante sala da ballo con tanto di tavolino e poltrone per prendere il thè.
«È meraviglioso».
«Diciamo» borbottò Charlie che odiava quel genere di ambienti.
«Ci sono anche dei vestiti bellissimi».
Charlie si accigliò: forse aveva esagerato. Nonostante ciò non poté fare a meno di accontentarla e indossarne uno e giocare a prendere il thè come le signore. Sua madre non avrebbe mai dovuto vedere le foto di quella giornata!
Quando finalmente uscirono da lì, Zoey era molto felice e questo consolò Charlie, finché Mark non corse loro incontro.
«Charlie! Dov’eri finita?».
«Nella Stanza delle Necessità» replicò lei.
«La Stanza delle Necessità?» ripeté Mark perplesso. «Poi me lo spieghi. Sei in ritardo per la punizione!».
Charlie lo fulminò con lo sguardo. «Non hai parlato con la Montgomery?!».
«Sì, ma mi ha detto che non gliene frega niente e, se avessi protestato ancora, ti avrei fatto compagnia».
«E tu?».
«Sono stato zitto, naturalmente» rispose Mark, poi comprendendo quello che aveva detto aggiunse: «Non voglio finire nei guai».
«La Montgomery è una stupida».
«No, è solo stanca e nervosa. E tu sfidi la sua autorità».
Charlie imprecò e tentò di tirargli un calcio.
«Ehi!» si lamentò Mark.
«Ti avevo detto che era importante!».
«Non ho potuto fare niente».
«Ma per favore! Sei solo un fifone!».
«E va bene, vado a parlarle di nuovo» disse Mark.
«Ecco bravo, grazie».
«Che facciamo noi ora?» le chiese Zoey.
«Ti presento mia cugina Josephine».
«La Corvonero antipatica?».
«Sì, ma è molto brava con gli incantesimi che truccano e acconciano».
Zoey si divertì un mondo per tutta il pomeriggio e apprezzò molto il vestito scelto dalla madre di Charlie.
«Domani sul treno lanciamo delle caccabombe ai Serpeverde?».
A Charlie si illuminarono gli occhi e l’abbracciò di slancio: Zoey era fantastica, pazienza se le piacevano anche i vestiti e i trucchi.
 
 
*
 
 
Charis avvicinò le sue compagne a braccia incrociate.
«Oh, che bel vestito!» disse contenta Zoey vedendola.
«Sì, grazie» replicò Charis e poi si voltò verso Charlie. «Come hai potuto?».
«Non ho fatto nulla!» si difese Charlie. «Sono stata tutto il tempo con Zoey e quella stupida di mia cugina».
«Appunto!» replicò Charis. Non si arrabbiava spessp, ma quando lo faceva non si calmava facilmente. «Mark ha lucidato armature per tutto il pomeriggio, da solo!».
«Cosa? Ma non gliel’ho chiesto!» ribatté sorpresa Charlie. «Doveva solo convincere la sua amica Montgomery che l’avrei scontata un altro giorno la punizione. Se quella è così stronza da…».
«Mark si è fatto dire quale fosse la punizione e si è presentato da Gazza al tuo posto. E per Gazza uno studente vale l’altro» raccontò Charis. «Non è stato giusto, quindi ora fai qualcosa».
Charlie sbuffò, ma annuì.
Charis si accontentò e andò a cercare Shawn, che parlava con alcuni amici.
La Sala Grande era magnifica quella sera: dodici abeti erano posti sui due lati lunghi, ma ghirlande colorate erano sia all’ingresso sia dietro il tavolo dei professori; il soffitto era puntellato di candele, che apparivano come tanti puntini luminosi.
I quattro lunghi tavoli delle Case erano stati sostituiti da tanti tavolini rotondi con delle tovaglie rosse e al centro delle stelle di Natale.
Il messaggio trovato quella mattina sul comodino indicava anche il tavolo di appartenenza: gli insegnanti li avevano mescolati in modo che non avessero la tentazione di sedersi con gli amici e soprattutto con ragazzi esclusivamente della propria Casa.
«I professori hanno avuta molta pazienza a decorare la Sala» disse a Shawn.
«Prefetti e Caposcuola hanno dato una mano» replicò il Grifondoro. «Tu dove sei seduta?».
«Tavolo numero 15».
«Mi sa che stasera daremo i numeri. Come il gioco babbano. Hai presente la tombola?».
«No, che cos’è?».
«A Natale vedrai, di solito con gli altri ci giochiamo sempre. Chiedi il permesso a tuo zio».
«Non so se…».
«Ma, sì, perché dovrebbe dirti di no? Se vuoi dico a mia madre di parlarci lei».
«Va bene, grazie» mormorò Charis eccitata all’idea di rivedere gli amici babbani.
Shawn l’accompagnò al suo tavolo.
«Tu dove sei?».
«Centotre» ridacchiò il ragazzo.
Charis vide che uno dei dieci posti del tavolo era già occupato e rimase spiazzata.
Edward Burke fece una smorfia e alzò una mano in segno di saluto.
La ragazzina sorrise leggermente e salutò a mezza voce: ora la richiesta della Preside stava diventando chiara in tutta la sua portata. Non aveva niente contro i Serpeverde, non per nulla fu contenta quando Bertram Delaney, il Caposcuola verdeargento, si aggiunse a loro, ma non poteva dimenticare i dispetti degli ultimi tempi di Burke e dei suoi amici.
Charis non conosceva gli altri ragazzi che presero posto con loro, ma si presentò a sua volta quando Delaney li sollecitò a conoscersi, considerando che avrebbero dovuto cenare insieme.
Quando tutti presero, la Preside si alzò e attirò la loro attenzione. «Buonasera a tutti! Mi fa piacere che abbiate seguito le mie indicazioni. Ognuno di noi ha cara la propria Casa di appartenenza e mi rendo conto che questa festa possa sembrarvi insolita, ma ho ritenuto opportuno ricordarvi che Hogwarts ha una sola anima e non dobbiamo ricordarcene solo nei momenti di bisogno. Vi auguro buon divertito, naturalmente nel rispetto delle regole e di chi vi sta intorno».
«Patate al forno e pollo» scandì chiaramente Bertram Delaney fissando il proprio piatto.
Charis sgranò gli occhi: nel piatto del Caposcuola era apparso tutto quello che era stato chiesto. La ragazzina e gli altri imitarono immediatamente il Serpeverde.
La Tassorosso cercò con lo sguardo gli amici, ma intravide solo la chioma colorata di Teddy che chiacchierava tranquillamente con Austin Lattes, il fratello di Shawn.
La cena trascorse tra le risate e le chiacchiere dei ragazzi, che non ebbero troppi problemi a interagire con compagni di età e di Case diverse.
In alcuni casi l’assegnazione dei tavoli si rivelò persino interessante: Charlie, per esempio, aveva ritrovato Robin, lo strano Serpeverde che aveva aiutato lei e Sam Fields a ritrovare la loro Sala Comune, e Peter Andrews, l’antipatico Capitano della squadra di Quidditch di Tassorosso, che cercò di provocare per tutta la cena.
Dopo aver mangiato, fu messa della musica anche se a volume non troppo elevato e alcuni ragazzi più grandi ne approfittarono per ballare; i più piccoli per lo più si radunarono a gruppetti per chiacchierare o giocare.
Charis raggiunse Teddy per salutare Austin.
«Ma tu lo sapevi?» le chiese Teddy.
«Cosa?».
Il ragazzino le indicò un punto ai margini della pista da ballo improvvisata. Charis rimase perplessa: «Ma quelli sono i tuoi amici Laurence e Diana?».
«Già» replicò Teddy basito. «E stanno ballando. Ho paura che Laurence sia stato incantato».
«A me sembra che stia bene».
«Laurence non sopporta Diana e odia ballare».
Charis si strinse nelle spalle. «Domani torniamo a casa, se è stato incantato i suoi lo vedranno».
«Avviciniamoci» decise Teddy.
Così raggiunsero i due compagni, che li videro e sorrisero.
«Ballate? Insieme?» chiese loro Teddy.
«Ho perso una scommessa» disse subito Laurence. «Lo sai che odio ballare».
«E su che cosa avete scommesso?».
«Una data di Storia della Magia» replicò Laurence con un’alzata di spalle.
Diana ridacchiò.
«Beh, scusate, sono un Grifondoro devo mantenere la parola data».
«Non capisco» disse Teddy.
«Che cosa?» chiese Charis che non comprendeva perché si fosse fissato tanto con quella storia.
«Laurence fa schifo in Storia della Magia, perché ha scommesso con Diana su una cosa simile?».
«Per gioco?» rispose Charis.
Teddy non sembrava molto convinto, ma annuì.
«Che facciamo?».
«Samuel Harper ha organizzato un torneo di gobbiglie fuori».
«Ok, sembra divertente».
 
 
 
*
 
 
Enan gridò quando le carte scoppiarono bruciacchiandogli la camicia. Gli altri risero.
«Sei fuori, Macfusty» disse un Grifondoro del secondo anno.
Il ragazzino annuì e lasciò il posto a un compagno che voleva tentare. Durante la cena aveva intravisto Hagrid e gli sarebbe piaciuto farsi raccontare qualche altro aneddoto sul vecchio professore di Cura delle Creature Magiche.
«Enan!».
Charlie lo raggiunse e gli chiese: «Dov’è Charis?».
«Non lo so. Giocavo a sparaschiocco. Perché?».
«Dovevo dirle una cosa» sbuffò Charlie. «La dico a te e gliela riferisci tu, ok?».
«Non glielo puoi dire dopo?».
«No, mi stanno aspettando» replicò lei indicando un ragazzino con la mano.
«Chi è?».
«Robin. Sta al secondo anno, Serpeverde. È simpatico».
«Da quand’è che frequenti i Serpeverde?».
«Non lo frequento» replicò Charlie infastidita. «Allora, lo riferisci o no questo messaggio a Charis?».
«Se ci tieni tanto».
«Dille che ho parlato con la Montgomery e le ho confessato tutto…».
«Di che parli?».
«È una storia lunga» tagliò corto lei. «Ho chiesto anche scusa a Mark. Mi sono beccata una doppia punizione al ritorno delle vacanze».
«Complimenti» disse sarcastico Enan.
«Ci vediamo domani mattina» replicò Charlie ignorandolo.
«A domani».
Il ragazzino si guardò intorno per decidere che cosa fare.
«Ehi, Macfusty» lo chiamò un compagno di Artek. «Stiamo andando a fare una partita a palle di neve. Vieni?».
«Oh, perché no? Sembra divertente».
Enan si avviò verso l’Ingresso, ma fu bloccato da Thomas Mulciber che lo trascinò in un angolo tranquillo.
«Che vuoi?».
«Ci ho riflettuto a lungo» disse Mulciber. «Voglio conoscere mia madre».
Enan lo fissò a occhi sgranati. «Cosa?».
«Hai capito. Voglio conoscerla».
«Non so se mi viene a prendere alla stazione».
«E se non viene?».
«Non lo so, magari potresti venire a casa mia durante le vacanze».
«Così tutti vedono che siamo identici».
«Prima o poi lo scopriranno».
«E se ci dividono? Voglio conoscere mia madre!».
«L’hai già detto!» sbottò Enan.
«E quindi?».
Enan ci aveva pensato anche, ma la sua mente si era bloccata su quel film babbano. Sospirò e lo raccontò a Mulciber.
«Vuoi che ci scambiamo?».
«Non lo so» ammise Enan, anche perché in fondo era quello che ci avrebbe guadagnato di meno: non avrebbe rivisto sua madre dopo mesi e non avrebbe mai incontrato suo padre rinchiuso in prigione.
«Va bene».
«Eh?». Non si aspettava che l’altro accettasse tanto velocemente. «Ma è una pazzia!».
«Voglio conoscere mia madre» ripeté nuovamente. «Hai paura di finire nei guai?».
Enan sapeva che voleva provocarlo, ma in questo caso era inutile: era troppo folle! «Non possiamo, tu non…».
«Io voglio…».
«Ho capito» sbottò Enan. «Ma io non sono sicuro di voler conoscere i tuoi zii».
«Se siamo gemelli, sono anche i tuoi».
«Sì, ma… Non so…». Insomma di zii ne aveva un’infinità e non ne aveva mai sentito la mancanza.
«Sono solo due settimane!» insisté Mulciber.
Enan si mordicchiò il labbro: il Serpeverde sembrava sincero. «Ma tu non conosci i miei» tentò di ragionare. «Ci scopriranno subito».
«Come hanno fatto in quel film babbano?».
Enan si passò una mano tra i capelli e disse: «Le gemelle si sono preparate in anticipo. Andiamo a sederci, ho molte cose da dirti».
«Ok» assentì Mulciber che sembrava più concentrato in quel momento che a lezione.
Enan raccontò di suo nonno, dei suoi zii e dei suoi cugini; gli descrisse la casa e le varie abitudini della famiglia. «Ah, dobbiamo scambiarci i vestiti. Mia mamma se ne accorgerebbe subito».
«Domani mattina sul treno?».
«Mi sembra la cosa migliore. Meno persone lo sanno, meglio è».
«Non lo dirò a nessuno».
«No, vabbè, ai tuoi amici lo puoi dire. Io lo dirò ai miei, insomma potrebbero aiutarci».
«Dillo a chi vuoi, io non lo dico a nessuno».
«Ehm, come vuoi» mormorò Enan, dispiaciuto per lui. «Allora, parlami dei tuoi… degli zii…».
Mulciber si strinse nelle spalle. «Non sono male. Rompono un po’, sai regole, studiare… come tutti gli adulti… Che vuoi che ti dica?».
Enan provò a essere paziente: aveva parlato per più di un’ora della sua famiglia e lui gli chiedeva che cosa volesse sapere?! «Come si chiamano? Che lavoro fanno?».
«Robert e Amelia. Lo zio lavora al Ministero, non so che cosa fa…».
«Non sai che lavoro fa?».
«Lavora al Ministero» ripeté Mulciber. «Mia zia è una guaritrice».
«E i tuoi cugini?».
«Michelle ha nove anni, Benji sei. Michelle è dispettosa, antipatica e fa sempre guai; Benji è succube di sua sorella. Che altro vuoi sapere?».
«Com’è la casa?».
«Una villetta con un giardino. Alla fine di un villaggio babbano».
Enan si chiese perché dovesse tirargli di forza le informazioni. «C’è qualcosa di particolare che dovrei sapere? Forse qualche regola?».
«Parla poco con tutti e vai tranquillo».
Magnifico! In che guaio si era messo?!
   
 
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