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Autore: FragileGuerriera    07/08/2020    0 recensioni
Un missing moment su Takeshi Gojyo, giovane attore, grande amico di Sana e promettente stella del cinema, che scopre poco prima di morire di essere il padre della ragazzina e in quel momento ricorda come ha conosciuto Keiko Sakai, la madre biologica di Sana e quel passato che li ha uniti al punto da generare una figlia di cui lui era rimasto all'oscuro fino al tragico giorno della sua ultima ripresa televisiva.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Augurandovi buona lettura, ringrazio tutti quelli che hanno scelto di leggere la mia storia.



2. Prima diapositiva: Una foto sul comò.


Lui e Keiko si conobbero quando lui era al terzo anno dell'Università e lei al primo delle medie inferiori. L'incontro venne dettato da un fatto alquanto insolito.

Quel giorno di primavera Takeshi aveva deciso di saltare le lezioni. Aveva promesso alla sua fidanzata che l'avrebbe portata a fare una "colazione sull'erba". Si sarebbero trovati sul pullman che li avrebbe portati nel luogo prestabilito. Erano le otto e lui scese dal tram. Dalla sua fermata a quella del bus che li avrebbe portati a destinazione mancavano dieci minuti, si diresse a piedi e guardò l'orologio: puntuale come sempre. "Chissà se lei è già arrivata o è in ritardo?". Yumi era ritardataria di indole, ma in genere quando si trattava di dover prendere un mezzo pubblico riusciva ad arrivare anche con dieci minuti d'anticipo: un evento raro a cui assistere. Sorrise pensando a quella che da un anno era la sua ragazza, quando all'improvviso sentì una fitta al petto. Si portò una mano all'altezza del cuore e strinse il maglione e i denti. Si fermò mentre sentiva il respiro farsi più affannato come se avesse appena fatto una folle corsa. Cosa gli stava accadendo? Gli sembrava di non riuscire più a respirare. L'ansia lo pervase mentre il dolore al petto non passava e lui iniziava ad avvertire il senso di nausea farsi sempre più insistente. La quarta fitta mise a tacere tutti i sensi, acuendo solo la nausea “Che diamine...”. Non ebbe tempo di pensare ad altro poichè cadde a terra a peso morto, sbattendo la testa sul marciapiede e perdendo completamente i sensi.


Al suo risveglio si ritrovò in un letto che non era il suo. Guardò attorno e constatò di trovarsi in una piccola cameretta dalle pareti un po' malmesse, ma buona per l'arredamento, sebbene molto semplice. Una voce stava provenendo fuori da quella camera, era una ragazza a parlare. Si alzò dal letto con l'intenzione di capire dove si trovasse. Ricordava solo di avere avuto una fitta dolorosissima al petto e nient'altro. Ora però stava bene, come se tutto ciò che gli era appena successo non fosse accaduto realmente a lui. Avrebbe messo in dubbio i suoi stessi ricordi se non si fosse trovato in quella casa e con un bernoccolo alla testa che ora, a sensi completamente ripresi, si faceva sentire, appoggiato ad un cuscino molto freddo e poco morbido. Si mise seduto, appoggiando i piedi a terra e vide che tra la testa e il cuscino vi era una busta di ghiaccio. “Ora capisco perchè sentivo il cuscino freddo e scomodo!”. Mentre iniziò a toccarsi dietro la testa per constatare l'entità della botta il suo sguardo capitò su un orologio appeso in alto, sulla parete di fronte al letto. Erano le otto e mezza. "Accidenti a quest'ora dovevo essere sul bus già da almeno un quarto d'ora con Yumi!". Si avviò verso l'uscita per fermarsi davanti alla scrivania e vide la foto di due ragazzi: un ragazzo sui quattordici/ quindici anni e una bambina di fronte ad una torta con sopra una candelina accesa a forma di 10. Dalla voce non ancora di donna adulta che stava parlando al telefono poteva immaginare che la ragazzina al di là della porta fosse la stessa della foto. Erano carini, si somigliavano per lo stesso colore di capelli castano chiaro. A giudicare dall'arredamento della stanza, principalmente in rosa con fiori e cuoricini un po' ovunque la ragazza doveva anche essere la proprietaria di quella camera. La sentì chiudere la conversazione e aprire la porta. La giovane si spaventò nel vederlo in piedi, nonostante la sua faccia da ebete. -Oh,scusa... Non credevo che tu fossi in piedi- si affrettò a scusarsi chinandosi leggermente.

-Non so cosa mi sia successo, ma ora sto bene.

-Dovresti comunque coricarti nuovamente.- rispose lei drizzandosi.

-E perchè mai? Ora sto bene.

-Non ti fa male la testa?

-Un po'- rispose riportando la mano alla testa e ritraendola quasi subito per il male. Sorrise però per non preoccupare la ragazzina. -Anzi, ti ringrazio molto: senza il ghiaccio la mia testa sarebbe raddoppiata per dimensione- suscitando una risatina anche nella ragazzina. -Tieni, ti do il ghiaccio- riprese poi lui allungando la busta alla giovane che la prese per appoggiarla poi sulla scrivania. -Dimmi piuttosto dove sono.

-Sei nella prefettura di Hokkaido e sei svenuto davanti al cancelletto di casa mia.

-E tu chi saresti?

- Keiko...- si inchinò ancora presentandosi.

-Grazie... Keiko-san.-

-Non-non c'è bisogno di essere tanto ossequioso, davvero!- rispose lei imbarazzata dall'onorifico appena usato dal ragazzo.

-Beh, mi hai salvato la vita!

-Dovevo.

-In verità non eri obbligata a farlo.- replicò lui.

-Keiko-chan va bene- ribattè lei sorridente.

-Allora Keiko-chan, sei piuttosto piccola, non vai a scuola oggi?- si divertì a farle la paternale lui.

-Qualcuno doveva controllare di non aver portato in casa un morto o un malintenzionato.

-Ahahah, se fossi un malintenzionato ti avrei già stesa con un colpo sul collo!- La ragazzina s'irrigidì alla sua battuta. -Comunque non hai dei genitori?- riprese lui vedendo che la battuta non aveva riscosso il successo sperato.

-Qualcuno deve lavorare...- rispose lei diffidente.

-Capisco. Uhm...- si fece assorto prima di riprendere -Tuo fratello è questo ragazzo nella foto? Ti assomiglia, avete lo stesso colore di capelli!- affermò poi sorridendo.

Lei non si girò a guardare la foto, la conosceva a memoria e ancor meglio conosceva il ragazzo che nella foto stava al suo fianco. -Non ce l'hai una tua vita a cui interessarti?- gli domandò di rimando, ostile.

Lui si accorse che quella frase detta per sciogliere la tensione, portò con se' l'effetto contrario: -Ehi, calma, calma- tentò di rassicurarla -Volevo solo conoscere meglio la situazione di colei che mi ha salvato da morte certa!- disse con tono teatrale, ma sinceramente gentile e immensamente grato.

Il rossore sulle sue gote annunciò l'effetto sortito del suo tono gentile: -Scusa, non volevo essere scontrosa. Semplicemente non capisco il perchè di tutte queste domande.

-Sono stato invadente, te ne do atto.- rispose lui indietreggiando di un passo in segno di prendere le dovute distanze. Il suo sguardo però lo tradì dal momento che indugiò sul viso della ragazzina: era così carina in quel momento di timidezza. Non aveva mai creduto che le ragazze arrabbiate o timide fossero più carine che felici e sorridenti, ma quella ragazzina sembrava smentire questa sua idea.

I due rimasero in silenzio senza sapere cosa dirsi. Fu ancora Takeshi a rompere il silenzio: -Grazie, non ti devi disturbare a restare a casa. Io adesso torno a casa mia.- Raccolse la cartella che Keiko aveva posato sulla sedia di fronte alla scrivania, poi si diresse verso l'uscita della camera e le chiese: -La porta d'ingresso è quella che c'è di fronte a queste scale?

Lei annuì timidamente con occhi tristi. Lui uscì dalla stanza, ma non fece in tempo a fare il primo gradino che si sentì fermare: -Aspetta.- La voce le uscì tremante. Lui non capì e si girò verso lei. I suoi occhi tristi lo guardavano senza svelargli il motivo di quel cambio di stato d'animo.

Si avvicinò a lui e gli prese una mano. La sua mano era grande come quella del suo papà ed era calda come la sua non sarebbe mai più stata. Le si inumidirono gli occhi mentre stringendo quella mano la portò sulla sua guancia. Chiuse gli occhi per riprovare quel tenero sentimento che non provava più da troppo tempo. Voleva riprovare la sensazione che le trasmettevano le carezze del suo papà, ma la sensazione che la mano inerme di Takeshi le trasmise era diversa, le provocò un mare di sensazioni sconosciute fino a quel giorno. Non le erano chiare le origini di quelle sensazioni, ma erano piacevoli.

Takeshi la lasciò fare senza capire cosa stesse facendo, o meglio: perchè si stesse comportando in quel modo. Fino ad un attimo prima era diffidente nei confronti di lui che era un estraneo, ora pur restando un estraneo per lei... Si stava prendendo una confidenza a dir poco avventata. Quando lei poi aprì gli occhi e alzò lo sguardo per guardarlo con gli occhi umidi capì che qualcosa nella sua vita non andava e sentì l'istinto di abbracciarla. Lei a quel punto si mise a singhiozzare e lui la strinse più forte. Keiko non era il tipo di persona che piangeva facilmente e con gli sconosciuti. In realtà era una ragazza molto solare che cercava di vedere sempre il lato positivo della vita e non piangeva mai con persone che non fossero la sua famiglia. Persone che non potevano capire quanto stesse ancora soffrendo per la scomparsa del padre. Non capiva nemmeno lei perchè, ma quello sconosciuto gli trasmetteva un forte senso di protezione che solo suo padre le sapeva dare quando era abbattuta per qualche cosa e lui cercava di farle vedere il lato positivo della situazione. Quando il senso di vuoto provato al ricordo di suo padre svanì grazie all'abbraccio del ragazzo, Keiko si allontanò leggermente e con la manica della divisa scolastica si asciugò le lacrime prima di chiedere scusa in un sorriso imbarazzato. L'allontanamento della ragazzina dispiacque a Takeshi, sebbene fosse contento di rivedere sulle sue labbra il sorriso, seppur debole. Era così piccola... e così carina! “Ma a che pensi Takeshi? E' solo una ragazzina delle medie!!” si riproverò scuotendo la testa per cacciare quegli strani pensieri. Non aveva mai considerato una ragazza minorenne, certo era in grado di capire se una ragazzina era carina o no, ma non le aveva mai considerate con quell'occhio... Doveva essere la caduta che lo faceva sragionare. -Ti senti meglio?- le chiese poi.

-Sì, scusa.

-Vuoi parlarne?

-E' per mio papà... E' morto tre anni fa, ma non mi va di parlarne.

-Va bene, come vuoi tu- le rispose lui senza sapere cos'altro aggiungere.

Restarono fermi, ognuno a pensare l'altro. Lui pensava a quanto fosse piccola lei e a quanto doveva mancarle suo padre. Si scambiarono un'occhiata ed inspiegabilmente senza un motivo, senza che neanche loro due capissero, si baciarono. Non fu un bacio molto bello: lei era in modo più che evidente alle prime armi, ma fu un bacio molto tenero e molto breve. Non appena Takeshi realizzò che probabilmente non sapeva baciare perchè era poco più che una bambina si staccò di colpo da lei. Si portò la mano alla bocca, quella bocca che sentì subito colpevole di aver violato le labbra della ragazzina, e senza parlare, prese la cartella e scappò letteralmente da quella casa.

Sulla via di ritorno provò disgusto. Quel bacio non significava niente. Era stato dolce, ma non voleva dire nulla. E lui provava disgusto per sé stesso. Aveva baciato una ragazzina che doveva avere almeno dieci anni in meno di lui e che per questo era più che minorenne. Una ragazzina che con ogni probabilità non aveva mai baciato nessuno. Una ragazzina che era stata molestata dal ragazzo che aveva soccorso. Si sentì uno schifo d'uomo e appoggiandosi al muro dell'edificio a fianco con una spalla portò una mano al volto cercando di non piangere per l'orribile gesto compiuto. Lui non era quel genere di persona, non aveva mai provato attrazione per le mocciosette che neanche portavano il reggiseno; lui amava le belle donne, con le curve al posto giusto e il viso adulto. Non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe dato un bacio vero ad una bambinella che forse non si era ancora sviluppata. Doveva essere stata sicuramente la fase post-traumatica che gli aveva annebbiato la mente.

Decise che non avrebbe fatto parola di ciò che era successo con nessuno, solo così poteva fingere che non fosse mai accaduto e forse con il tempo avrebbe potuto disperdere il ricordo di quell'increscioso incidente in un mare di ricordi più grandi che avrebbero riguardato il cinema e la famiglia che sicuramente avrebbe avuto, anche se era prematuro pensare che ne avrebbe formata una con Yumi.

  
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