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Autore: Hi Ban    08/08/2020    0 recensioni
Non sono mai stato molto bravo a raccontare le storie, sapete? Non so nemmeno scriverle, se è per questo. Sono uno studente di medicina, suvvia. Non sono il tipo di persona che si mette a scrivere racconti e che sa creare la suspence. Si scrive davvero suspence, poi? O è suspance? Suspanse? Sono pessimo, parlo la stessa lingua da cento anni e continuo a fare errori. Ergo, non prendetevela con i vostri bambini quando fanno degli errori di grammatica, alla fine sono molto più giovani di me e io ho ancora dubbi su dove vada la i nel plurale di camicia.
Non mentite, anche voi avete lo stesso dubbio. Ce lo avete, vero?
Sto tergiversando. Ma non preoccupatevi, abbiamo ancora tempo.
Effettivamente il tempo è l’unica cosa che mi è rimasta, anche se forse, a pensarci bene, non è proprio così.
Ma questa è tutta un’altra storia.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[2. Undead]

 
 
“Jake, ti va di fare qualcosa dopo le lezioni?”
“Tipo?”
“Netflix e cibo spazzatura?”
“Se con Netflix intendi il nostro solito e molto illegale streaming illegale, non so se ho già detto illegale, per me non ci sono problemi.”
Almeno avevo qualcosa di interessante da fare dopo la lezione di biologia applicata: anche se era l’ennesimo corso che facevo sull’argomento, la materia continuava ad essere interessante, ma beh, il professore era davvero molto noioso. La voce monotona e l’apatia di quell’uomo facevano venire voglia a chiunque di buttarsi dalla finestra. Nel mio caso sarebbe comunque stato inutile, ma dettagli.
A quel punto, era più di un anno che conoscevo Samantha e quelle conversazioni erano all’ordine del giorno. Lo so, non avrei dovuto cominciare né tantomeno approfondire così tanto una relazione con un’umana, ma come avrete notato resistere non era nelle mie capacità.
Lei era davvero come me. Cioè, sì, era una donna. Ed era umana. E sicuramente era anche meno socialmente imbarazzante di me, devo ammetterlo.
Ma per il resto eravamo come i proverbiali culo e camicia. Voi veramente sareste stati capaci di separare un culo dalla sua camicia? Anche se la camicia va sul torso e non sul culo…
Beh, comunque ci capivamo al volo.
“Che ne dici di farci una bella maratona di Game of Thrones?”
“Solo se possiamo-”
“Riguardare l’episodio in cui Joffrey muore?”
“E guardare la vita-”
“Lasciare i suoi inutili occhi?”
“Tu mi completi, Samantha.”
“E questo è chiaramente un insulto.”
“Quelli erano i miei sentimenti che hai calpestato, Reid.”
“Casa tua?”
“Sì, donna senza cuore, casa mia.”
Vedete? Culo e camicia.
Chi lo avrebbe mai detto che dopo quell’imbarazzante primo incontro non solo sarei riuscito a non decantare il suo prelibato plasma, ma avremmo anche stretto un’amicizia così profonda?
Comunque, ora che avevo quei piani per il resto della giornata, l’unica cosa che mi restava da fare era sopravvivere a quella noiosa lezione di biologia. Ero davvero tentato di saltarla, ma non sarebbe stata una mossa molto saggia – quando mi sono iscritto a medicina non mi hanno anche dato un siero miracoloso per migliorare il mio quoziente intellettivo, perciò dovevo comunque fare del mio meglio per non perdermi per strada.
Non serve a nessuno un medico che piazza lo stetoscopio su un gomito, giusto?
Poi anche Samantha era a lezione, Psicologia clinica o qualcosa del genere, perciò non avrei avuto comunque qualcosa da fare e sarei finito in biblioteca a studiare. Tanto valeva stare in aula e soffrire lì.
Mi ero portato delle sacche di sangue in più, giusto per essere previdenti. Quando passavo il tempo con Samantha non potevo berlo; cioè, avrei potuto nascondermi in bagno, ma sarebbe stata comunque una mossa azzardata che avrebbe rischiato di farmi scoprire, perciò era meglio berlo prima, saziarmi e non avere problemi dopo. Ormai vederla all’università non era più un problema perché il suo odore si mischiava con quello di tutti gli altri ed era meno forte, ma quando eravamo solo io e lei in uno spazio ristretto la faccenda era diversa.
No, non aveva ancora scoperto che ero un vampiro. Perché sembrate tutti così stupiti? Solo perché con voi ho vuotato accidentalmente il sacco dopo cinque minuti di narrazione? Beh, senza offesa, voi lo avreste scoperto comunque, il massimo che posso fare è scusarmi per avervi rovinato la lettura, con Sam invece la faccenda è ben diversa. Non è mai stato nei miei piani dirle che bevo sangue: non è esattamente un’informazione che aiuta le relazioni a crescere, sapete.
Stavamo insieme insieme? Eravamo una coppia, intendo? So che lo volete sapere.
Beh. Sì. E no. Eravamo – siamo – amici. Amici che avrebbero voluto tantissimo  poter essere qualcosa di più, ma non era possibile. Non potevo stare con lei, non in un modo che andasse oltre i pomeriggi fatto di streaming illegale e frecciatine scambiate con leggerezza. Non sapevo quali fossero i rischi e non avevo intenzione di scoprirli per prove ed errori.
Lei ha avuto qualche ragazzo nel frattempo e anche io; una vampira, ma è finita in fretta perché non c’era molto feeling. L’unica cosa che avevamo in comune era, beh, la passione per il sangue. A me poi piacevano i suoi capelli rossi – stranamente – e a lei i miei capelli biondi, ma non c’era molto su cui poter costruire una relazione.
Mi sono tenuto stretto la mia amicizia con Samantha, però, perché era sempre meglio di non avere proprio niente.
Comunque. Biologia. Professore noioso. Quella sarebbe stata la mia unica realtà per le seguenti due ore. Non avevo assolutamente nulla contro il professor Williams, se nient’altro mi dispiaceva per lui: la sua vocazione era la ricerca e insegnare non era nelle sue corde, motivo per cui non riusciva ad ottenere l’attenzione dei suoi studenti. Ad un certo punto, probabilmente, aveva anche smesso di provarci.
Insegnare non era il lavoro dei suoi sogni, ok, ma onestamente non ho mai pensato fosse una cattiva persona.
“Allora ci vediamo dopo?”
“Sì, certo! A dopo.”
“E tu non ti addormentare in classe, Jake. Di nuovo.”
 
 
***
 
 
“Con questo chiudo e ci vediamo la prossima settimana. Buon weekend.”
Quelle parole furono una liberazione. La lezione era durata ben tre minuti in più del dovuto. Non era una cosa tanto anomala, c’era anche chi sforava di dieci, alcuni con istinti suicidi addirittura di quindici, ma quel giorno quei tre mi avevano davvero fatto soffrire. Alcuni studenti se ne erano già andati, certi avevano un’altra lezione e altri non avevano più voglia di ascoltare, ma io ero rimasto perché non mi è mai sembrato corretto alzarmi nel bel mezzo della spiegazione. Sì, anche addormentarmi era stato scortese, ma era stato solo un incidente, razza di malpensanti.
Fino a tre è ancora considerabile un incidente, giusto?
Comunque, se fosse arrivato a quattro minuti non avrei avuto altra scelta e sarei fuggito anche io, perché quel giorno avevo molta più fame del solito e anche il vecchio professore aveva iniziato a sembrare molto appetitoso.
Dopo quelle parole, presi la mia roba e lasciai l’aula. Nel corso dell’anno era riuscito a trovare un bel posto tranquillo dove bere il mio sangue: un bagno fuori uso del dipartimento di biologia. Per il momento nessuno lo avrebbe riparato, probabilmente si erano addirittura dimenticati della sua esistenza, perciò nessuno ci andava. Beh, quasi nessuno. Una volta ho beccato una coppia in atteggiamenti, ahm, intimi. Infatti, più che vederli li ho sentiti e certe cose mettono a disagio anche dopo cento anni di vita, fatevelo dire.
Comunque, sorvolando su queste mie non richieste scoperte, era il posto perfetto dove consumare il mio spuntino. Spuntino, sì, è una bella parola delicata. Suona decisamente meglio di prosciugare fino all’ultima goccia la mia succulenta sacca di sangue umano che si spera sia senza OGM e malattie varie.
Beh, perciò è lì che mi diressi per la mia pappa.
… vedete che è meglio spuntino?
“Oh, grazie a Dio, finalmente posso mangiare. Stavo morendo di fame. Ahah, morendo.”
Sì, nel corso del tempo ho preso questa non molto edificante abitudine di parlare da solo. E di fare battute a cui rido anche. Massì, cosa volete che sia un altro piccolo tratto anomalo? Voglio dire, sono già un vampiro, più strano di così non c’è niente, le altre peculiarità sono solo un leggero contorno.
Mi chiusi nel bagno e tirai fuori dallo zaino la prima sacca. Non provai neanche ad aprirla come una persona – vampiro, pardon – normale, usai i denti per lacerare la plastica e cominciai direttamente a bere il sangue. Aaah, voi non avete idea di quanto fosse rinfrescante! Beh, no, non potete davvero averne idea e se ce l’avete forse non dovreste stare qui a leggere la mia storia, perché tra le mani avete un problemino leggermente più urgente.
Per gli altri lettori: immaginate di essere rimasti sulla spiaggia per sei ore di fila con il sole battente, ma senza ombrellone, senza acqua e senza la possibilità di bagnare anche una sola falange del piede dentro al mare. Poi arriva questo fresco bicchiere d’acqua o qualsiasi sia la bevanda che pensate vi disseterebbe di più in una situazione del genere.
Ora capite il mio aaaah, vero?
“Ok, me ne restano solo due.”
Di solito mi bastavano due sacche di sangue, ma quando avevo in programma di passare del tempo con Samantha preferivo essere più attento del solito. Misi la sacca ormai vuota nello zaino e comincia con la seconda, ma questa volta la bevvi con più calma, potendone anche sentire il sapore. Nella foga non avevo neanche fatto caso al gruppo sanguigno della prima sacca; sicuramente la seconda era A-. Ero finalmente giunto alla terza quando cominciò a suonarmi il cellulare. Lo tirai fuori dalla tasca del pantaloni continuando comunque a bere.
Era Samantha.
Dovrei rispondere.
Provai a prendere la sacca in una mano, attento ad afferrarla dall’apertura, nel tentativo di rispondere con l’altra.
Ve l’ho già detto che sono dannatamente goffo? Tipo, sbadato come la merda? Totalmente scoordinato?
Ovviamente, come potrete immaginare, feci cadere la sacca di sangue.
Sì, i vampiri hanno dei riflessi favolosi, sono agili e ogni movimento scorre come l’acqua, certo, certo. La mia incompetenza è la prova che tutte queste vostre nozioni sui vampiri sono fasulle. No, non sono io l’eccezione. Ehi. Smettetela di pensare che sia io il vampiro mal riuscito! È Esteban Slavatore – stavolta l’ho azzeccato, lo so, me lo sento – l’impostore!
“Merda!”
Il sangue finì tutto sul pavimento e presto la pozza avrebbe iniziato a fuoriuscire anche dalla porta. Misi via il cellulare e cominciai a raccogliere il sangue con l’unica cosa che avevo a disposizione, ovvero un pacco di fazzoletti alla camomilla. Non giudicate, li avevo rubati il giorno prima a Samantha. Ero riuscito a prendere quasi tutto il sangue, eccetto per quello che era finito sulla mia felpa. Nascosi tutte le prove nello zaino e fu come se non fosse successo nulla.
“Merda, qui ce n’è ancora!”
Fortunatamente avevo ancora un fazzoletto perciò riuscii a pulire anche l’ultimo punto prima di uscire dal bagno. Camomilla e B+ era un connubio piuttosto disgustoso.
Avrei dovuto incontrare Samantha nel campus, ma dovevo prima cambiarmi la felpa e bere almeno un’altra mezza sacca di sangue. Mentre mi apprestavo ad uscire dall’edificio presi il cellulare, pronto a chiamarla per dirle di vederci direttamente al mio appartamento.
“Tu sei uno dei miei studenti, vero?”
Alzai la testa automaticamente, incontrando lo sguardo del professor Williams, il professore di biologia che aveva parlato per tre minuti in più del previsto.
“Ah, sì, lo sono. Sono Jake Stirling” risposi di getto con il telefono ancora in mano e il numero di Samantha composto a metà sullo schermo.
“Sta bene?” chiese lui apparendo leggermente preoccupato.
Per un attimo rimasi interdetto, perché non mi aspettavo una domanda del genere posta con quel tono incerto. Poi mi ricordai anche che avevo del sangue addosso, perciò la sua poteva essere sia preoccupazione per me che per se stesso, nel caso avesse deciso che il sangue sulla mia felpa fosse quello della mia presunta vittima.
“Sì, certo, sto bene. Mi è solo sanguinato il naso” minimizzai, facendo un cenno vago al mio naso e poi alla maglia.
“Ne è sicuro? È un bel po’ di sangue quello.”
“Sì, a volte mi succede, ma non è niente di allarmante. La ringrazio per la preoccupazione, però” aggiunsi, premurandomi nel frattempo di far sparire dalla sua vista il fazzoletto sporco che sembrava aver adocchiato. Almeno quello avrebbe dovuto fargli comprendere che non ero un assassino: quale killer spietato uccide la sua vittima e poi pulisce la sua scena del crimine con dei fazzoletti alla camomilla? Magari lava anche il pavimento con il detergente al muschio bianco?
“Capisco. Bene allora, alla settimana prossima.”
“Arrivederci.”
Ve l’ho detto che so essere sbadato, a volte.
Ero così felice di essermi liberato dalle sue domande scomode, che non mi accorsi minimamente che il professor Williams era appena entrato nel bagno in disuso che avevo appena abbandonato.
 
 
***
 
 
“Secondo te nascerà qualcosa tra Brienne e Jaimie?”
“Naaah, Jaime è completamente in fissa con Cersei.”
“Sì, ma Cersei non se lo sta filando di striscio ultimamente. Magari ha bisogno di una distrazione, sai, qualcosa che per una volta non sia un benedetto incesto.”
“Sam, perché stiamo parlando della vita sessuale di Jaime?”
“Così, tanto per fare due chiacchiere.”
Fortunatamente il giorno dopo non avevo nessuna lezione, perché erano le tre di notte e noi eravamo ancora svegli a guardare Game of Thrones e, apparentemente, a disquisire della vita privata di quel deviato di Jaime Lannister. Eravamo sul mio letto e il pc era sul grembo di Samantha e i suoi capelli sfioravano la mia spalla.
Ho sempre adorato i suoi capelli e in quel momento, forse complice l’atmosfera della camera, tutta buia eccetto per la luce proveniente dallo schermo del computer, avevo proprio voglia di toccarli.
“Cosa stai facendo?” mi chiese lei ad un tratto, notando che tutta la mia attenzione ormai era su di lei e non sull’episodio.
“Sto guardando i tuoi capelli.”
Jake, non cominciare. Smettila.
“Assomigli a Ygritte.”
Perché diavolo Dio ti ha dato una bocca, santo cielo. Smettila di provarci con la tua migliore amica umana.
“Ahm, morta?”
“No.”
“Ho la faccia da potenziale fidanzata di Jon Snow, allora?”
E perché lei mi sta dando corda? Tutti e due, state zitti, ZITTI.
Nessuno dei due stava minimamente prestando attenzione all’episodio a quel punto. Era giunta quella parte della notte in cui iniziavamo a dire cose senza senso, ma che per noi ce lo avevano eccome. Forse era il momento in cui entrambi eravamo più onesti l’uno con l’altro e proprio per quel motivo era la parte più pericolosa del tempo che passavamo insieme. Ho sempre saputo che prima o poi le cose sarebbero precipitate, ma sono sempre stato troppo debole per mettere tra di noi quella distanza che ci avrebbe salvati. Non mi sono mai reso conto che la mia non era debolezza, ma egoismo.
Pur di avere anche solo una parte di lei con me non sono stato capace di tenerla lontana.
Ve l’ho detto e ripetuto, sono un imbecille, non stupitevi nemmeno.
Di solito, comunque, non lasciavo mai che quelle conversazioni perdessero il controllo. Quella sera, però, le cose sembravano essere diverse.
I capelli che continuavano a toccarmi la spalla mi stavano facendo impazzire; forse era stata colpa mia, avrei dovuto bere di più, ma non avevo fame. O meglio, quella sera avevo fame, ma non di sangue.
“No.”
“In che senso allora?”
“Baciata dal fuoco.”
La stanza era buia, ma ero abbastanza sicuro fosse arrossita.
Jake, devi smetterla. Te ne pentirai. Che diavolo vuol dire, poi, baciata dal fuoco, sei penoso!
Samantha mi diede un leggero colpo sulla spalla, sbuffando una risata per metà imbarazzata e per metà divertita.
“Smettila di dire stupidaggini. Se non sono la ragazza di Jon Snow allora non assomiglio minimamente a Ygritte.”
Non ho mai capito cosa ci trovasse di affascinante in quel musone di Jon Snow. I riccioli, forse? Ammetto che per un attimo all’epoca potrei e non potrei aver pensato di farmi crescere dei bellissimi boccoli biondi per spuntarla sulla concorrenza, ma tranquilli, non sono mai arrivato a tanto. Anche allora avevo abbastanza occhio critico da sapere che così, più che rivaleggiare Jon, avrei solo potuto fare il cosplay di Lady Oscar.
“Che ne è di Ethan?” le chiesi scherzosamente. Parlare delle sue relazioni – o delle mie – era un argomento che nessuno dei due toccava con piacere.
Ethan era il ragazzo con cui Samantha stava uscendo in quel periodo. Ogni tanto siamo usciti anche tutti e tre – o quattro, quando riuscivo a trovare qualcuno da portare per non sembrare il terzo incomodo – ed era un ragazzo tutto sommato ok. Non mi sono mai dato il permesso di giudicare i ragazzi con cui usciva, perché sono sempre stato consapevole che io non avrei potuto offrirle nulla di meglio.
‘Oh, ehi, Sam, volevo solo dirti che non approvo minimamente il ragazzo con cui stai uscendo e lo dico dall’alto della mia dieta fatta esclusivamente di plasma e emociti e guarda caso la mia varietà preferita è proprio il tuo gruppo sanguigno!’
Ecco perché non ho mai giudicato.
“L’ho lasciato.”
Quella notizia mi colse di sorpresa perché era da cinque mesi che uscivano insieme e lei non si era mai lamentata di nulla. Ma come ho detto, a nessuno dei due piaceva quell’argomento.
“Cosa? Ma quando?”
“Ieri.”
“Davvero? Mi dispiace, Sam. Hai bisogno di… uhm, di supporto morale? Tipo? Vuoi la mia spalla?”
Un anno di conoscenza e ancora riuscivo a dire stronzate. Quello era un chiaro segno che la mia incompetenza sociale non dipendeva solo dalle situazioni, era presente sempre e comunque.
“La spalla è sicuramente un’offerta generosa, Jake, grazie!” commentò divertita.
Fortunatamente lei non ci faceva neanche più caso e quando ci eravamo incontrati la prima volta non aveva mentito: davvero non era un problema per lei quando straparlavo.
“Per piangere! Una spalla su cui piangere! Cioè, non dico che tu debba metterti a piangere per forza, eh, non sono nessuno per dirti come reagire emozionalmente, non lo farei mai, voglio dire…”
“Tranquillo, ho capito. Intendi dire che posso anche prendere in prestito la tua spalla per ridere, giusto?”
Eravamo due pessime persone.
“Che cosa ha fatto per farsi lasc-”
Mi interruppe prima che potessi terminare la frase: “Ho detto che sono stata io a lasciarlo, lui non ha fatto niente di male.”
“Oh. E allora, beh, perché?”
“Tu non sai niente, Jon Snow” rispose semplicemente lei in maniera scherzosa, ma il suo sorriso non raggiunse gli occhi, in cui potevo invece leggere della tristezza.
Jake, non puoi. Non devi.
“Ti piace… qualcun altro?”
Era come se quell’espressione così contrastata mi avesse dato il coraggio per fare una domanda di cui, in parte, conoscevo la risposta. Era proprio perché la conoscevo che non avevo mai avuto il coraggio di porgliela.
La sua espressione cambiò nuovamente, questa volta divenne seria.
“Sì. Sì, mi piace qualcun altro.”
Molti di voi a questo punto desidereranno prendermi a testate, perché se siete dei lettori intelligenti avrete intuito che continuare su quel binario significava commettere un omicidio-suicidio. Ve l’ho detto, tutti quei libri romantici sulle storie d’amore con i vampiri non potrebbero mai funzionare nella realtà. Qualcosa è destinato ad andare storto.
Jake. Ti prego, ti imploro, cambia argomento. Ora!
Ma lei era troppo vicina, ricordo perfettamente che era talmente vicina che potevo contarle le lentiggini sul naso. Potevo vedere le sue vene. Sentivo il suo odore in modo così forte da esserne inebriato. Quello che mi serviva era una buona distanza per poter ricominciare a ragionare, ma i suoi occhi mi stavano guardando con un’intensità tale che era impossibile fare un singolo passo indietro. Quegli occhi coloro nocciola… Non credo di averne mai visti di più belli in cento anni.
Ma non dire stronzate, smettila! Piantala qui e vedrai che troverai un paio di occhi più belli dei suoi, ma devi smetterla!
Aveva un brufolo sulla fronte.
Diglielo! Rovina l’atmosfera, sii il solito Jake e finiscila qui!, direte voi e mi ero detto anche io quella notte. Ma non mi sono mai dato ascolto, altrimenti non sarei qui a raccontarvi questa storia.
Anche il suo brufolo era bellissimo.
Sì, ero e sono un imbecille, ma seriamente pensate che potessi avere via di scampo? Nel momento in cui trovi bellissima qualsiasi cosa della persona di fronte a te – dai gomiti ai brufoli, sì – è ufficiale, non c’è più via di scampo.
Con il senno di poi direi che forse sono già stato abbastanza fortunato a riuscire a resistere per più di un anno. I suoi gomiti hanno iniziato a piacermi da subito, sapete.
E quei dannati capelli rosso fuoco continuavano a sfiorarmi la spalla.
Non farlo.
Fallo.
Per l’amor di Dio, Jake.
Fallo!
No!
Sì!
Era una battaglia persa in partenza. Non importava nemmeno più se lo fosse perché davvero era destino o perché ero – e sono – una persona egoista.
Chiusi la poca distanza che ci separava e la baciai. A lungo, perché partivo dal presupposto che quella sarebbe stata la prima e unica volta. E forse sarebbe stata anche l’ultima in cui avrei visto Samantha.
Lei ricambiò il bacio.
Di solito quando le persone descrivono i loro baci appassionati dicono anche che da qualche parte nella loro testa stavano esplodendo fuochi d’artificio o c’erano urla di gioia, cose del genere. Io però sono un vampiro, perciò non mi vergogno di dire che per tutto il tempo ho sentito il suo cuore battere all’impazzata e il sangue scorrerle libero nelle vene.
Non sarà romantico, ma mi piace pensare che in quell’occasione ero così in sincronia con lei da poter condividere il rumore dei meccanismi che la stavano facendo essere viva in quel momento che, probabilmente, era appena diventato il più felice della mia vita.
Melense? Forse.
Innamorato come mai in vita mia? Di sicuro.
In sottofondo Arya Stark stava uccidendo lentamente Ser Merin. Non credo esista un accompagnamento più romantico di questo.
FERMATI!
Mi allontanai di colpo, piangendo un attimo dopo per quella perdita.
“Sam… non possiamo” dissi, sentendomi come la persona più infame sulla faccia della terra e odiando ogni parola.
Sul suo volto si susseguirono un’ampia serie di emozioni: stupore, incertezza, imbarazzo e delusione. Studiavo medicina, ma anche se non avessi avuto alcuna nozione scientifica sapevo perfettamente che era impossibile; eppure ero certo che il mio cuore si fosse appena spezzato. Odiavo il fatto di essere il motivo per cui lo scintillio che tanto adoravo trovare nei suoi occhi al momento non ci fosse.
Volete prendermi a calci in culo, è comprensibile; mettetevi in fila, perché dopo tutto questo tempo ancora non sono riuscito a perdonarmi nemmeno io per aver causato in lei quella tristezza.
Samantha non si diede per vinta però. Quella era una delle sue qualità che più adoravo.
“Perché no? È ovvio che possiamo, tu mi piaci e, apparentemente, io piaccio a te.”
In una situazione del genere era riuscita comunque ad arrossire nel dire ad alta voce quella frase. La parte peggiore era che quelle parole avevano senso. Se io le piacevo e lei mi piaceva dov’era il problema? Il problema era proprio che, a volte, non bastava l’affetto e l’interesse romantico per portare avanti una relazione. E quello era tristemente il nostro caso.
Lo sapevo bene che era un vicolo cieco, eppure ero riuscito ad incastrarmi da solo in una situazione senza via d’uscita. Avevo aperto una porta che poteva letteralmente portare ovunque, ma in realtà doveva essere destinata a restare chiusa. Se solo quella sera avessi avuto un migliore controllo su me stesso e non avessi ceduto alla tentazione…
No, in realtà avevo già sbagliato quel primo giorno di scuola, quando non ero stato capace di trattenermi. Ma quello non era il momento giusto per prendermela con me stesso e con la mia mancanza di controllo, tanto non avrebbe comunque cambiato le carte in tavola.
“Non posso.”
Stavo andando nel panico. Volevo stare con lei in tutti i modi possibili, la desideravo con tutto il mio cuore, ma non era possibile. Una piccola, stupida, masochista parte di me, però, aveva cominciato a farmi notare che forse avremmo potuto stare insieme se lei mi avesse accettato per quel che ero.
Un vampiro, un non umano, un mostro.
Come potevo trovare il coraggio di rivelarle il mio segreto? Ovviamente nel corso degli anni alcune persone hanno scoperto la mia natura, ma non ho mai rivelato nulla volontariamente e di certo non mi sono mai trattenuto abbastanza a lungo nei paraggi per scoprirne le conseguenze.
‘Ho visto un vampiro bere sangue! Era lì, nel vicolo dietro casa mia! Lo giuro!’ Chi mai ci crederebbe?
Samantha è sempre stata diversa, me ne sono accorto appena l’ho conosciuta. Forse se gliene avessi parlato... Però era anche vero che io non avevo mai avuto una ragazza umana e gli amici umani – più conoscenti, in verità – che mi ero fatto dopo la mia morte si potevano contare sulla punta delle dita. C’era un motivo se le cose stavano così.
Non volevo spaventarla e non volevo che mi abbandonasse, perdendo così il legame che si era creato tra di noi. Mi bastava la nostra amicizia, perché rischiare così? Perché dovevo complicare le cose in quel modo?
No, non potevo dirle la verità, non ce l’avrei fatta se fosse scappata via.
“Jake? A cosa stai pensando?” mi chiese dolcemente, accarezzandomi una guancia. Lei non lo sapeva, ma stava complicando le cose. La sua mano era calda, invitante, stava facendo vacillare la mia mente, mandandomi ancora di più in confusione. Perfino gestire il mio desiderio di sangue stava diventando difficile.
“Sam, non- mi dispiace, non posso. Io-”
“Ti piaccio?” fu la sua semplice e concisa domanda. Anche se stava tentando di sembrare sicura di sé io la conoscevo troppo bene per non notare, anche al buio, il modo in cui si stava torturando le mani, il leggero tremolio della voce, la rigidità della sua postura. Lei ci stava provando, stava mettendo da parte l’imbarazzo e l’ansia e tutto ciò che potevo darle io in cambio erano risposte balbettate.
“Sì.”
Era inutile mentire, anche lei mi conosceva meglio di chiunque altro.
“Allora qual è il problema? Hai… hai già una ragazza?” domandò e ora il tremolio nella voce si era accentuato, segno che quella possibilità era fonte di panico. Se non fosse stato che la realtà le sarebbe risultata ben più traumatica della possibilità che stessi già con qualcuno, probabilmente avrei riso.
“No, non è quello. Ma tu non mi conosci, se solo sapessi la verità su di me…” cominciai, ma le parole mi morirono in gola, perché non ero abbastanza forte da poterle dire come stavano le cose.
Sam sbuffò con irritazione e frustrazione. Invece di proteggerla la stavo ferendo con una pugnalata dopo l’altra.
“Jake, ti conosco meglio di quel che credi e lo sai. Se non vuoi stare con me basta dirlo, va bene, ma non rifilarmi questa merda del ‘tu non mi conosci’. La nostra amicizia conta così poco per te da non volermi nemmeno dire le cose come stanno?”
Non sapevo più cosa fare, le cose stavano peggiorando davvero in fretta e ogni soluzione mi sembrava sbagliata. Di quel passo avrei finito con il perderla anche tentando di schermarla dalla verità. La cosa più semplice da fare sarebbe stato dirle che no, non provavo nulla per lei e chiudere la discussione. Forse mi avrebbe odiato, ma magari sarei riuscito a salvare la nostra amicizia. Non era quello che mi ero ripromesso all’inizio? Che mi sarei fatto bastare quel legame, non avrei chiesto di più perché era già abbastanza quel che ero riuscito ad ottenere. Dovevo tenere fede a quella promessa. Per me e per lei, dovevo fare quello sforzo: il mio segreto sarebbe rimasto tale e lei avrebbe fatto le sue esperienze con degli umani normali.
È vero, è giusto così. Sii solo un amico, passerete comunque dei bei momenti insieme e non la metterai più in pericolo del necessario. Laureati, trasferisciti lontano da Creakwood e lascia che Sam diventi una vecchia conoscenza, solo uno dei tanti amici su Facebook. Lei si dimenticherà di te e va bene così, Jake, le cose devono andare così. Non sei ciò di cui ha bisogno, non puoi darle alcun futuro. Tu e Sam non siete fatti per stare insieme, così come Jon Snow non era fatto per stare con Ygritte. Pensaci, potresti essere il suo bisnonno! No, la cosa migliore da fare è proprio-
Sì, decisi cosa era giusto fare.
“Sam, io sono un vampiro.”
Sei una grandissima testa di cazzo, Jake. Mastodontica.
Lo so, tutti quanti starete pensando che devo avere qualche buco nella calotta cranica da cui fuoriesce tutto il mio buonsenso, ma non potevo mentirle. Non credo che avrei mai sopportato il peso di un’amicizia basata su una bugia. Era meglio perdere quel che c’era tra di noi, ma avendola rispettata abbastanza da dirle la verità.
“Cosa?” sbuffò lei inizialmente sconcertata e poi nuovamente arrabbiata. Forse anche un po’ più di prima. “Ma per te è tutto uno scherzo, questo?”
“Sono serio!”
“Ah, certo. Mordimi allora!” sbottò con foga, mettendo in mostra quel collo così invitante, che sembrava così morbido e custode di un plasma prelibato, forse se ci avessi dato solo un piccolo assaggino-
Jake dannazione NON È IL MOMENTO.
“No che non ti mordo! Metti via quel collo prima che succeda qualche disgrazia.”
“E allora smettila di prendermi in giro. Come puoi aspettarti che creda ad una cosa del genere? Dimmi che non ti piaccio e finiamola qui!” strillò quasi l’ultima parte, segno che eravamo davvero ai ferri corti e le stavo facendo sempre più male. Mi sentivo come una tagliola attaccata al suo piede e invece di allentare la morsa non facevo altro che premere di più. E io non avevo mai desiderato farle del male.
Stavo impazzendo, quella situazione era insostenibile. Era ovvio che non avrebbe creduto ad un’affermazione del genere, la mia credibilità sull’argomento non era tanto migliore di quella di tutti gli altri passanti che per sbaglio mi avevano visto bere sangue e avevano tentato di rivelare la mia esistenza al mondo.
Non potevo neanche morderla solo per dimostrarle che non stavo mentendo; oltre a scandalizzarla a morte non ero nemmeno tanto sicuro che sarei riuscito a fermarmi dopo aver assaggiato quel delizioso AB+ che le scorreva nelle vene.
Quella situazione era ridicola e la parte peggiore era che me l’ero cercata.
Sam, notando il mio silenzio, si tolse il computer di dosso e fece per alzarsi. Aveva gli occhi lucidi, segno che anche lei era arrivata al limite.
Era tutto o nulla, a quel punto.
“Aspetta, fermati! Non andare, dammi modo di… dannazione. Sam, se ti dimostro che non sto scherzando prometti di non schizzare?”
“Ancora?” gridò lei, liberando il braccio dalla mano con cui aveva tentato di fermarla. Non opposi alcuna resistenza.
“Sì. Lo so che può sembrare strano-”
“Strano? Jake, per caso sei schizofrenico?”
“Cos- No, certo che no!”
Il suo sguardo si addolcì leggermente: “Non è un problema se lo sei, ti vorrei bene lo stesso.”
Oh, quella discussione credo sia stata una delle peggiori della mia vita.
“Non sono schizofrenico e non ho nessun altro disturbo mentale.”
Ora Sam era ancora più confusa, forse aveva davvero sperato avessi qualche problema psicologico. Sarebbe stato più facile da accettare di un rifiuto, probabilmente.
“Ah, è che ho pensato che… beh, sai, vedendoti così serio con questa storia dei vampiri-”
“Aspetta. È giura che non ti scandalizzerai a morte” asserii, consapevole che quella era una richiesta stupida. Era ovvio che si sarebbe scandalizzata a morte, io mi ero scandalizzato a morte quando avevo scoperto cos’ero diventato, chiunque si sarebbe scandalizzato a morte.
Con movimenti meccanici mi alzai dal letto e uscii dalla camera. Non so neanche io con quale forza ci riuscii, ma raggiunsi le sacche di sangue che tenevo nel frigorifero della camera del mio coinquilino. Coinquilino che nessuno aveva mai visto, perché non esisteva, ma era la soluzione che avevo trovato per nascondere il sangue che non potevo tenere in giro per casa senza che Sam lo scoprisse.
Ritornai in camera e accesi la luce, in modo che anche lei potesse vedere quel che avevo in mano. Ora il nervosismo aveva quasi completamente preso il posto della rabbia e della frustrazione; c’era anche della buona, vecchia, sana preoccupazione nel suo sguardo, perché se di per sé la storia del ‘sono un vampiro’ era inquietante, il comparire in camera con del sangue imbustato ad arte doveva essere cento volte peggio.
“È sangue quello?” chiese con un breve cenno al plasma che avevo tra le mani, schiarendosi la voce poco dopo. Le stavo davvero facendo passare il peggior quarto d’ora della sua vita, ma era un punto di non ritorno e quella era la via più onesta da prendere.
Io annuii e lei tentò di dissimulare nuovamente la sua ansia con un tono che doveva essere sicuro di sé, ma da cui trapelava la sua agitazione.
“Jake, sai che non è normale tenere del sangue in casa, vero?”
Senza rispondere e senza interrompere il contatto visivo, camminai lentamente verso di lei e mi fermai solo quando giunsi di fronte a lei. Rimasi comunque abbastanza distante per non farla sentire senza via di fuga.
Un attimo prima stavamo guardando Game of Thrones e ora mi stavo impegnando per non risultare una minaccia ai suoi occhi. Con una sacca di sangue in mano. Ridicolo.
“Guarda” sussurrai e poi aprii la bocca. L’odore del suo sangue insieme a quello del plasma che avevo portato in camera mi stava facendo salivare. Lentamente anche i miei canini cominciarono ad allungarsi.
“Ja-Jake?”
“Aspetta.”
Allora presi la sacca di plastica e cominciai a bere. Forse era il nervosismo, forse era che non mangiavo da quando era arrivata Sam, ma quel sangue era davvero buono. Cercai di non mostrarmi eccessivamente dissetato da quella dimostrazione improvvisata, ma non avevo neanche intenzione di mostrarmi disgustato nel tentativo di migliorare l’idea che Sam si sarebbe fatta di me. Quella era la mia natura, non potevo e non volevo addolcire la pillola perché, in caso mi avesse accettato, avrebbe dovuto prendermi così com’ero.
Sotto il suo guardo incredulo, finì il resto del sangue.
“Mi dispiace, Sam. Non stavo scherzando, sono davvero un vampiro.”
Sam la prese meglio di quanto mi sarei aspettato. Non urlò, non tentò di esorcizzarmi e non svenne neanche. Non chiamò nemmeno gli Acchiappafantasmi. Questo forse non lo fece perché non ero un fantasma.
La sua voce, però, tradì il suo sconcerto quando disse: “Oh. Allora sei… sei morto, direi. Perciò i canini non sono finti e quello non è succo di pomodoro, eh?”
“No, mi dispiace” non aggiunsi altro, sperando che da quelle parole cogliesse davvero il mio dispiacere, perché dire qualcos’altro non avrebbe aiutato né me né lei. Non potevo sminuire nulla di tutto quel che aveva visto.
Sam tacque per qualche attimo, incerta sulla sua prossima mossa. Nel dubbio, feci un mezzo passo indietro per dimostrarle che se fosse scappata via non l’avrei fermata.
“Posso vedere di nuovo i tuoi canini?”
“Certo” le assicurai in un tono leggero, come se quella fosse una domanda che mi veniva posta tutti i giorni e per me non fosse assolutamente un problema fare quel genere di dimostrazioni.
Quando li rivide divenne ancora un po’ più pallida.
“Hai mai… hai mai ucciso qualcuno?”
“Certo che no!”
La convinzione nella mia voce parve farla rilassare un po’.
“Hai morso qualcuno, invece?”
“Sì.”
“Oh” disse in modo quasi impercettibile, sgranando gli occhi.
“Solo all’inizio però, in alcuni casi non avevo scelta.”
Sì, lo so che prima ho detto che non avevo intenzione di indorare la pillola, ma quella era la verità e non volevo che si creasse un’idea sbagliata. Era già una brutta immagine, non aveva senso rovinarla ulteriormente, facendole credere che ero solito squarciare colli a destra e a manca senza alcun remore.
Sam mi guardò negli occhi per un momento, ma poi distolse lo sguardo. L’aveva presa molto meglio del previsto, certo, ma l’avevo comunque scioccata e confusa, ed era normale. Forse mi sarei preoccupato di più se non fosse stato così.
Infine, pronunciò quelle parole che erano state tanto difficili per lei quanto per me. Sapevo che le cose non sarebbero potute andare lisce come l’olio, ma la speranza era l’ultima a morire e ovviamente fu un colpo al cuore.
“Ok. Penso di aver bisogno di tempo per… pensare. Forse è meglio che vada a casa.”
Senza aggiungere altro e senza attendere una mia risposta, si alzò dal letto e raccolse le sue cose. Era frastornata, non era minimamente preparata ad una rivelazione del genere.
Non mi guardò neanche una volta negli occhi, ma in parte fu la cosa migliore: non stavo neanche più tentando di nascondere il mio sconforto per come stavano andando le cose.
Stava per abbandonarmi per sempre?
Conoscevo Samantha, lei non era così. Aveva solo bisogno di tempo.
Giusto?
Mentre la osservavo vagare per la stanza, silenziosa come un fantasma, alla ricerca di una scarpa, poi dello zaino e della sciarpa, i dubbi cominciarono ad accavallarsi uno sull’altro nella mia testa.
Magari mi ero sbagliato, forse lei era così e io fino a quel momento mi ero illuso di conoscerla. La verità, però, era che nemmeno la persona in questione poteva essere certa della reazione che avrebbe avuto in quel genere di situazioni. Forse era stato il mio ottimismo a parlare e avevo sovrastimato le possibilità che potesse accettarmi.
L’avevo spaventata troppo e ora non avrebbe neanche più avuto il coraggio di guardarmi in faccia? In quel momento stava facendo di tutto per sembrare normale – temeva potessi farle del male, se l’avessi vista agitata? –, ma la vedevo chiaramente la sua paura. La sentivo anche, perché il suo cuore stava battendo all’impazzata.
No, no, dovevo darmi una calmata. Era normale fosse spaventata, in fondo aveva appena scoperto che il suo migliore amico non era umano.
Dannazione, aveva appena baciato un vampiro! Poteva non essere una Twininer – non si chiamavano così i fan di Twilight? –, ma qualcosa sui vampiri la sapeva e, facendo due più due, nella sua mente doveva risultare che alla fine aveva baciato un cadavere alimentato con sangue umano. Se siete disgustati voi che leggete, immaginatevi chi ha vissuto l’esperienza direttamente.
Sicuramente stava pensando che presto avrei banchettato sul suo collo.
Era terribile fare tutte quelle congetture e non poterle disconfermare con la diretta interessata.
“Allora… io vado” sussurrò, sempre guardandosi le scarpe, e tirandomi fuori dalla trance in cui ero caduto.
“Ma è tardi, lascia almeno che ti accompagni” proposi, seriamente preoccupato per lei. Il mio appartamento non era molto lontano dalla residenza universitaria in cui abitava lei, ma erano comunque le tre del mattino.
“Non preoccuparti, ho questi” così dicendo mi mostrò brevemente lo spray al peperoncino e il cellulare.
“Posso comunque-”
“Jake, non preoccuparti. Davvero. Ho bisogno di stare sola per un po’.”
“Ah, sì, certo. Ci vediamo? Di nuovo? Prima o poi?” Vampiro o no, ero comunque socialmente inetto e sperai che quell’espressione di goffaggine potesse portare punti a mio favore. Chi non avrebbe meno paura di un vampiro che balbetta?
Trovai io stesso deprimente la speranza che permeava la mia domanda. Dopo una rivelazione del genere chiunque sarebbe scappato, dovevo guadare in faccia la realtà.
Morii un po’ dentro quando finalmente Sam alzò gli occhi e incrociò per un attimo il mio sguardo. Ciò che vidi fu un animale braccato che voleva scappare e stava cercando disperatamente una via di fuga.
Io ero il motivo per cui non si sentiva al sicuro.
Che cazzo hai fatto, Jake, sei un deficiente, un pezzo di merda, strozzatici con quel dannato sangue, brutto figlio di-
“Certo. Ciao, Jake.”
Quel certo suonava molto come un ‘non mi avvicinerò mai più a te’ e quel ciao era più un ‘spero di non dover mai più rivedere la tua faccia’.
Sam scappò letteralmente via. Non prese neanche la sua giacca, tanta era la foga di allontanarsi da me, sia fisicamente che psicologicamente. Avevo fatto male al suo cuore e parte di lei temeva che potessi anche strapparglielo direttamente dal petto.
Magari domani andrà meglio, pensai, ma un attimo dopo realizzai che probabilmente non l’avrei rivista domani e nemmeno il giorno dopo ancora.
La verità era che forse non l’avrei mai più rivista.
Forse avevo perso tutto.
Era stata la prima, vera fonte di felicità nelle ultime decadi. Come potevo aver rovinato tutto così?
In quel momento partì la sigla di Game of Thrones, segno che stava per iniziare un nuovo episodio e la vita andava avanti.
 
 
***
 
 
Dopo quella spiacevole serata, Sam non mi ricontattò per una settimana intera.
Ad un certo punto, quando la speranza cominciò a lasciare il posto alla totale mestizia, iniziai a chiedermi se non avessi commesso un errore a condividere con lei il mio segreto. Perlomeno non avevo ancora trovato nessun cacciatore di vampiri appostato sotto casa.
Nemmeno io la chiamai né le scrissi, consapevole che in quel momento aveva bisogno del suo tempo. Questo non significa che non controllai ossessivamente la sua pagina Facebook, nella speranza di poter cogliere un qualsiasi segno che potesse ridarmi speranza. L’unica cosa che scoprii fu che si era iscritta ad un gruppo di lettura, ma nulla di più.
Il mio terrore era svegliarmi un mattino e leggere un improvviso cambio di residenza segnalato sul social network. Qualcosa come ‘Si parte per una nuova avventura! Da Creakwood ad un posto che non ho intenzione di indicare qui su pubblica piazza per paura che qualcuno possa inseguirmi e uccidermi! E mi raccomando: attenti al collo, amici. Non parlo del raffreddore. Per quello vaccinatevi, però’. Sì, tutto molto insensato e no, Sam non era solita scrivere quel genere di fandonie, ma la paura aveva creato nella mia testa i peggiori scenari. Il peggiore di tutti era quello in cui lei non mi avrebbe mai più rivolto la parola. In fondo le avevo cambiato la vita, aveva senso che mi odiasse a morte. E sarebbe anche stato meglio così, almeno sarebbe stata al sicuro…
Gioii immensamente quando, dopo giorni di agonia che mi parvero anni, scoprii che non era quello il caso. Sono egoista, ve l’ho già detto. Era venerdì quando finalmente rividi il suo volto e, meglio ancora, realizzai che stava camminando dritta verso di me. Il campus era gremito di studenti, io stesso stavo per raggiungere la mia prossima lezione; nonostante ciò sentì chiaramente la sua voce.
“Ehi! Jake!”
Una parte di me voleva scappare via, nascondersi in un seminterrato per non doverla confrontare e un’altra era desiderosa di correrle incontro per poterla rivedere da vicino. In entrambi i casi, mi impegnai per rimanere fermo e non fare nessuna delle due cose.
“Sam” risposi, incapace di fermare la mia mano che, dotata di vita propria, decise di salutarla come farebbe un bambino, sventolando da destra a sinistra. La presi letteralmente con l’altra mano, per poi riportarla di fianco a me.
Ottimo.
La settimana prima le dicevo di essere un vampiro, quella dopo le dimostravo di essere un idiota. Favoloso.
Imprecai a bassa voce per la vergogna, ma lei mi sorrise. E non era un sorriso di circostanza, ma uno di quelli genuini, uno vero. Si avvicinò comunque con calma, come se anche lei avesse avuto bisogno di sondare il terreno. Temeva potessi attaccarmi al suo collo in mezzo a tutta quella gente? O forse pensava potessi-
“Ti va di fare qualcosa stasera?” chiese invece e compresi che il terreno che voleva sondare era un altro.
Cercai di tenere a bada la mia felicità, ma quest’ultima decise di smuovere ogni singolo muscolo della mia faccia per manifestarsi a tutto il mondo.
Sam stava lanciando un ponte tra di noi, per ricreare il contatto che si era interrotto qualche giorno prima. O forse era rimasto sempre lì, ma era in standby. Non lo che cosa sia successo, ok? Ma ora era lei che voleva valutare se era possibile riattivarlo, riprenderlo, riconnetterlo, anche se io ero un vampiro ed ero solito bere a colazione-pranzo-cena il tessuto fluido che rappresentava circa l’otto percento del suo peso corporeo.
“Tipo?”
“Netflix e un po’ di coccole?”
Credo che a quel punto la mia mascella sia caduta.
Intendeva dire che potevamo essere amici, ma anche qualcosa di più? Io non sono mai stato molto bravo con le interazioni sociali, ma le coccole non si fanno con gli amici, no? Tranne nel caso in cui siano amici speciali, ma non entriamo nel merito di questi nuovi legami moderni. C’erano anche prima, sapete? Ma non gli davamo un nome, eravamo discreti, noi.
“Netflix e coccole sia!” mi affrettai a rispondere quando riuscii ad articolare movimenti utili con la bocca.
Quando mi sorrise, felice anche lei, compresi che ero innamorato di lei senza ombra di dubbio. Più di quanto fosse normale, più di quanto fosse saggio, più di quanto fosse sensato.
Più tardi quella sera eravamo di nuovo semisdraiati sul mio letto, ma stavamo ignorando totalmente l’episodio casuale che avevamo deciso di guardare.
Avevamo qualcosa di ben più interessare da visionare, analizzare e apprezzare.
Ancora non potevo crederci.
“Jake, smettila di guardarmi così. Te l’ho detto, non scappo!” mi rimbeccò lei per la quindicesima volta da quando avevamo cominciato quella nuova e upgradata versione della nostra relazione.
“Scusa, scusa, è che devo ancora farci l’abitudine. Non mi sembra vero. Voglio dire, sono un-”
Sam sbuffò, ma in realtà stava sorridendo: “Sì, sei un vampiro, va bene, ho capito. Hai i canini lunghi e, beh, hai dei gusti discutibili circa la tua dieta. Non vanno nemmeno più di moda, ora sono di tendenza i licantropi” mi prese in giro, fingendosi totalmente disinteressata alla mia natura.
“Ah, sì? Questo interesse non l’ho mai capito. Almeno noi vampiri siamo affascinanti anche quando tiriamo fuori i canini, i licantropi invece diventano pieni di peli, dove lo trovano l’appeal le persone?”
Sì, lo so, non dovrei parlare io visto che bevo sangue e teoricamente sono una salma con un generatore di riserva – ecosostenibile però.
“Comunque, davvero, smettila di preoccuparti. Accetto che tu sia un vampiro, mi ci vorrà solo un po’ di tempo per abituarmi all’idea, ma ci sto lavorando. Poi anche i vampiri dicono cose carine alla propria ragazza, no? Quello aiuterebbe a superare un sacco di ostacoli” commentò con leggerezza, ma anche semplici frasi come quelle erano emozionanti a quel punto della nostra relazione.
Io sorrisi esultante quando parlò di se stessa come la mia ragazza. Era difficile credere che ora stessimo insieme. Insieme insieme intendo. Onestamente, era stato più facile accettare di essere stato trasformato in un vampiro.
“Non so dirti come sono messi gli altri vampiri in fatto di galateo, ma io di sicuro dico un sacco di cose carine. A te intendo, non agli altri. È una cosa esclusiva. Nel senso, non vado in giro, tipo al supermercato, a dire oh, che belle carote che ci sono oggi nel reparto frutta e verdura! Come dicevo, hai l’esclusiva. Forse ti ho mentito, qualche disturbo psicologico devo averlo. Si nota tanto?”
Perché anche quando tentavo di essere romantico riuscivo ad inserire più parole di quelle che fossero realmente necessarie? Fortunatamente, Sam era interessata al contenuto della frase e non alla sua forma.
“Dimmi qualcosa, allora” suggerì con fare trepidante.
Ok, era il mio momento.
Vai e falle vedere tutto il tuo carisma, giovane di cento e passa anni! Stregala con il tuo-
“Il tuo gruppo sanguigno è AB+. Il mio preferito, te l’ho mai detto? Hai un taglio sulla coscia sinistra, ma smettila di toglierti la crosta perché ogni volta arriva un profumino davvero invitante. L’altro giorno una zanzara ti ha punto e ogni volta che mi volava vicino sentivo il tuo odore per la stanza. Ah, le tue mestruazioni sono finite circa quattordici giorni fa, ora-”
“Lo so che stai solo tentando di scandalizzarmi.”
“Romantico, vero?”
“Cosa potrei volere di più, mio adorabile moscerino biondo succhiasangue?”
Non esistono parole per descrivere quanto fossi felice quella sera.
Se solo quei momenti avessero potuto durare per sempre…
 
 
 

 
“Si mangia, vampiro.”
Una singola sacca di sangue scivolò attraverso la fessura per il cibo. Jake la odorò.
“Mucca. Meglio del topo di ieri perlomeno.”


 
 
 
[Chiedo scusa per eventuali sviste e ringrazio chiunque abbia letto il capitolo e quelli precedenti!]
  
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