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Autore: MaJo_KiaChan_    09/08/2020    2 recensioni
Hiccup è un ragazzo delle scuole medie: è mingherlino, insicuro e finisce sempre per rendersi ridicolo agli occhi di tutti. All'ennesimo scontro con uno dei bulli più rinomati dell'istituto, le cose sembrano farsi più serie ma l'intervento di una ragazza ribelle e fuori dal comune farà prendere una piega diversa allo svolgere degli eventi.
[Modern!AU]
{Mericcup}
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hiccup Horrendous Haddock III, Merida
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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SEE YOU TOMORROW!

Il ragazzo sospirò.
Anche stavolta le cose non erano andate bene: più cercava di farsi degli amici, più l’universo gli si metteva contro. Tutta colpa del suo modo di fare, troppo poco sicuro di sé e per niente credibile; ogni volta finiva per balbettare e rendersi ridicolo davanti a tutti, professori e studenti. Inevitabili erano le sghignazzate dei suoi compagni di classe e i commenti poco carini che gli rifilavano contro.
Possibile che non piacesse davvero a nessuno? Che cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto quel disprezzo? Forse, si diceva, doveva essere un po’ meno se stesso e un po’ più come Eret, il ragazzo più popolare della scuola. Oh, lui sì che ci sapeva fare con le ragazze, coi suoi compagni di classe e persino con i docenti: era in grado di instaurare un certo feeling con chiunque gli capitasse a tiro; appariva sempre carismatico e piaceva a tutti per questo. Hiccup avrebbe dato non sapeva nemmeno cosa per assomigliargli anche solo un po’.
Era questo che pensava il ragazzo mentre finiva di rimettere le sue cose nello zaino; accidenti, aveva preso in prestito troppi libri, doveva portarli alcuni in mano. Doveva avere un aspetto davvero buffo con la cartella strapiena e una pila di volumi pieni di post-it e fogli tra le braccia: in biblioteca non era passato inosservato e anche lì avevano preso tutti a indicarlo e a ridacchiare.
Sbuffò piano, cercando di sbrigarsi. Fortuna che era arrivato il momento della giornata in cui poteva starsene un po’ per conto suo: la ricreazione. Voleva evitare tutto e tutti e conosceva un posto perfetto. Si diresse verso le scale per andare nell’atrio principale della scuola. Lo sguardo basso fisso sugli scalini e la fronte leggermente corrucciata erano segno di un animo tormentato da mille problemi.
Scese l’ultimo gradino e ovviamente, per la distrazione, finì per scontrarsi accidentalmente contro qualcuno. Alzò subito lo sguardo, dicendosi spiacente, ma la ragazza lo squadrò comunque dalla testa ai piedi. Era la rappresentante della classe accanto: occhi color del ghiaccio capaci di raggelare l’anima a chiunque osasse sfiorarla con lo sguardo, capelli lunghi e lisci di un color platino opaco racchiusi in una complicata treccia e un’espressione di superiorità inconfondibile.
<< A-Astrid, ciao! >> raddrizzò la sua postura, sbucando di lato dalla pila di volumi << Davvero, scusami, non ti avevo proprio vista, mi dispia- >>
<< Evapora, Hiccup >> lo aveva interrotto lei con gli occhi chiusi in due fessure. Dire che gli scrutavano l’anima era poco ma ehi, almeno lo aveva chiamato per nome!
Nemmeno fece in tempo a realizzarlo che lei lo spintonò con una spallata facendogli cadere i libri che teneva in mano rovinosamente a terra; inutile dire che tutti si erano girati a vedere quella scena e nessuno si offrì di aiutarlo, come sempre. Astrid non sembrava soddisfatta, forse nel suo profondo si sentiva leggermente in colpa, ma fece di tutto per non darlo a vedere; anzi, se ne andò il prima possibile: il suo solito gruppetto di amici la stava aspettando.
<< Che grande, Trid! Oggi Haddock se l’è proprio cercata >> esclamò Snotlout a gran voce, emettendo poi una grossa risata; la ragazza gli diede un pugno sul braccio e lo zittì mentre gli altri componenti del gruppo, i gemelli Tuffnut e Ruffnut, ridevano ancora più forte. Poi però i due si girarono verso Hiccup, guardandolo di sottecchi, e con un’occhiata di intesa presero a imitarlo in una scenetta ridicola.
<< Ah, aiuto! Mi sono caduti tutti i libri! Gne-gne! >> fece Tuffnut a terra.
La sorella gli diede man forte: << Oh-no! Guarda: sono caduti anche i miei orribili disegni sui draghi! Come farò adesso? >> risero insieme, sollevandosi dal pavimento e dandosi il cinque. << Com’è patetico >>
Hiccup sospirò; cercò con tutto se stesso di non apparire debole e, emettendo una risatina forzata, rispose col suo solito tono sarcastico: << Ah-ha, divertente, davvero. >>
Iniziò a raccogliere le sue cose da terra, ma sentiva chiaramente la loro voce dietro le sue spalle: la rappresentante dagli occhi di ghiaccio aveva richiamato il suo gruppetto alla sua attenzione, dicendo per l’ennesima volta di farla finita. << È una perdita di tempo, lo sapete; quel tipo sta sempre in mezzo >>
<< Ecco, è sempre tra le scatole! >> Snotlout riprese più forte.  << Ma tranquilla: ora ci penso io >> la bionda non lo stava neanche ad ascoltare, ma Snotlout non la prese certo sul personale. Era quel ragazzino che l’aveva chiaramente innervosita; meritava una bella lezione, una lezione che avrebbe fatto sì che Astrid lo notasse e capisse una volta per tutte quanto fosse dannatamente forte.
Si girò verso Hiccup, ancora chino a terra per cercare di prendere i libri e alcuni disegni sparsi qua e là, e ne calpestò uno apposta; con le mani sui fianchi, aspettò che l’altro capisse la frecciatina e alzasse lo sguardo per mollargli un pugno dritto sul naso che lo fece cadere all’indietro. Con le mani poggiate sull’ultimo gradino delle scale, Hiccup guardò frastornato dietro di sé, ringraziando il cielo che la sua testa era andata a sbattere contro la gamba di qualcuno, piuttosto che sullo scalino stesso.
Snotlout però non si arrese, prendendolo per il colletto della camicia con fare arrogante. Si girò verso Astrid alzando Hiccup da terra per farle vedere cosa aveva fatto, ma lei e i gemelli non erano più lì chissà da quanto. Roteò gli occhi al cielo, parlando fra sé e sé a bassa voce << Ah, che diavolo! >> Perché Astrid se ne andava sempre sul più bello? Cercò di riprendere la sua espressione da duro e ripuntò lo sguardo sul mingherlino ancora appeso.
<< Bene, questo era solo un assaggio, HIC- CUP! >> prese in giro il suo nome con un finto singhiozzo. Il ragazzo guardò verso il basso, mentre le risate degli altri studenti echeggiavano nei corridoi. << Domani te le suonerò davanti alla mia ragazza una volta per tutte, così impari a->> Stette quasi per ributtarlo con un gesto netto a terra quando una voce lo fermò improvvisamente.
Alzò lo sguardo oltre il castano; una ragazza lo stava fissando con l’espressione di chi non ammetteva alcuna replica. << Mi hai sentito, brutto idiota? Lascialo stare. >>
A quelle parole si sentirono dei mormorii e delle sghignazzate crescere attorno a loro; il bulletto sentì la sua reputazione farsi in briciole. << E tu chi cavolo sei per darmi ordini, pel di carota? >>
A quell’appellativo lei strinse le nocche e scese gli ultimi due gradini, strappandogli il ragazzo dalle mani con fare atono; poi gli fiatò a un centimetro dal suo naso: << Non ti conviene chiamarmi così, mocciosetto. >> Il ragazzo aggrottò la fronte, sghignazzando; poi si finse offeso, alzando le mani.
Dei ragazzi presero a fischiare ed altri esclamarono a Snotlout di fare qualcosa, sfidandolo. Il moro la guardò di nuovo e stette quasi per esclamarle un’altra delle sue quando lei gli ordinò di scusarsi con il ragazzo e andarsene. Hiccup nel frattempo osservava quella scena a bocca aperta: nessuno lo aveva mai difeso, né tantomeno avevano mai provato a sfidare in quel modo uno dei bulli più rinomati della scuola per fargli ammettere le proprie scuse. Quella ragazza era totalmente fuori dal comune!
<< Senti, pel di carota, secondo me non hai proprio capito con chi hai a che fare. >>
La ragazza si morse un labbro e serrò ancor di più i pugni, odiava quel nomignolo. Lui vide che la sua offesa faceva il suo effetto e continuò a chiamarla così ogni volta con più enfasi; diceva che non si sarebbe mai scusato e che non rimpiangeva nulla di quello che aveva fatto. Quello che fece caricare al limite la rabbia della studentessa, però, fu quella viscida frase: << Quell’insetto ha dato fastidio alla mia ragazza, hai capito? Perciò vedi di non farmi- >>
<< Come lo hai chiamato? >>
Il bullo lo ripeté a gran voce ancora e ancora, facendole il verso e poi…
Lei non ci vide più.
Si scaraventò su di lui con un ringhio e lo buttò a terra, tirandogli i capelli; si ruzzolarono sul pavimento per alcuni minuti mentre tutti non facevano che incitare alla rissa, riprendendo la scena coi propri telefoni e ridendo come non mai. Gli tirò un pugno sulla faccia e poi un altro, ne prese altrettanti anche lei, ma molti riuscì a evitarli. All’ennesimo cazzotto assestatogli in faccia, lei gridò: << Allora? Hai capito con chi hai tu a che fare?! Non osare mai più trattarlo in quel modo! >> indicò il castano dietro di loro, prendendo Snotlout per un orecchio; il bulletto era mezzo frastornato, ma non mollò per l’orgoglio.
Hiccup la pregò di lasciar perdere e la prese per il braccio, mentre lei continuava a dimenarsi come una furia; mollò un ultimo calcio sugli stinchi del moro e poi si fermò. Mentre Snotlout si contorceva dal dolore e sussurrava che gliel’avrebbe fatta pagare cara, la ragazza riprese fiato e lo guardò dall’alto.
<< Se non vuoi un altro bel calcio lì sotto, ti conviene chiedergli immediatamente scusa! >> lui rise con gli occhi gonfi e lividi e stette quasi per dirle qualcosa, ma appena vide che stava caricando un altro colpo la intimò subito di fermarsi e urlò che aveva vinto lei. Si scusava con Hiccup, ma basta così, nient’altro. Di certo non si sarebbe mai scusato con lei, ma alla ragazza non importava per niente.
La rossa sorrise trionfante con un evidente taglio sulla guancia e i capelli ricci e indomabili più disordinati che mai. Si girò verso il lentigginoso, dall’aria disorientata e con un po’ di sangue che usciva dal naso, ma che tutto sommato stava bene. Era evidente volesse dirle qualcosa ma dalla sua bocca non uscì niente se non un flebile:
<< I-io… >>
Lei in tutta risposta gli fece un cenno con la mano per rassicurarlo e insieme finirono di raccogliere uno ad uno i fogli rimasti a terra; nel mentre Snotlout ancora si contorceva per il dolore in modo ridicolo, ordinando a tutti di chiamare l’infermiera.
Il castano provò una gran pena per quel ragazzo e quasi si avvicinò a lui per dirgli qualcosa, ma una mano lo fermò. Sollevò lo sguardo sulla sua salvatrice: quegli occhi blu come il mare lo invitavano a lasciarlo stare, e così fece. Stettero per andarsene insieme quando la rossa si fermò. Si volse e minacciò a tutti a gran voce: << Se solo uno di voi osa mettere qualche video online se la vedrà con la sottoscritta; sono stata chiara?! >> Tutti indietreggiarono, impalliditi, e lei sorrise.
Dopo aver aiutato Hiccup a riporre i libri e appunti vari nel proprio armadietto, si girò ancora una volta: tenne gli occhi su quei ragazzini finché non furono fuori e, solo allora si rilassò, sperava davvero di averli convinti.

***
 
<< Allora uhm… immagino che un grazie non sia abbastanza per tutto quello che hai fatto per me, ma->> Hiccup venne bloccato improvvisamente dal suo sguardo serio.
<< Da quanto tempo ti trattano così? >> gli chiese in un sussurro. Lui abbassò subito il volto, vergognandosene. Cominciò a guardare con maggiore interesse la sua maglia verde prato e a togliersi da dosso qualche granello di polvere dallo scontro di poco prima. La ragazza quindi lo richiese, dandogli un leggero calcetto sulla caviglia: voleva a tutti i costi la sua attenzione. << Non dirmi da sempre, ti prego >>
Il castano si grattò il collo, spostando ancora una volta lo sguardo dall’altra parte. << Beh… forse da sempre è una parola grande >>
<< Rispondimi! >> gli intimò, con gli occhi lucidi. Hiccup fu sorpreso dalla sua reazione, sembrava tenerci davvero tanto e vederla così dispiaciuta per lui… era strano. Strano perché non si aspettava un appoggio simile da parte di nessuno, e strano per il suo rapido cambiamento. Insomma, poco prima l’aveva vista come una guerriera dalla corazza di ferro, super determinata e forte, e poi un istante dopo così sensibile ed empatica. Quella ragazza era così particolare, come aveva fatto a non averla mai notata prima? Probabilmente era una nuova arrivata, altrimenti avrebbe dovuto già sapere come lo trattavano tutti.
<< Più o meno da quando sono arrivato in questa scuola ma… fortunatamente, tutto ciò che hanno sempre fatto è stato “solo” prendermi in giro ed escludermi >>
<< E oggi è stata la prima volta che-? >> si fermò, alludendo al pugno in faccia. Lui annuì e per un momento la ragazza sembrava essere più sollevata, ma presto la rabbia tornò in lei. << Questo però non li giustifica per niente: anche se verbale, il bullismo rimane sempre un atto meschino e orribile! >>
<< Già… è così >> la vide scalciare un sasso a terra, nervosa.
<< Di che anno sei? Fai il primo? >>
<< Ehm, no >> ecco, lo sapeva che lo avrebbe scambiato per un primino. << So che non lo sembro affatto, ma faccio il terzo e sono qui dal secondo. >>
<< Quindi questa cosa va avanti da un anno… >> cominciò a realizzare lei, immaginando quanto male gli avessero fatto.
<< Un anno e mezzo, ad essere precisi; ma davvero, non penarti così tanto per me. Le sento ogni giorno le battutine e le risate nei miei confronti. Ormai ci ho fatto l’abitudine: ho capito che non piaccio a nessuno qui e non posso farci niente. E poi… è l’anno del diploma, non manca tanto alla fine; quindi tanti saluti. >> Stette per riprendere il passo, ma lei lo fermò.
<< Stai scherzando, spero. E quello che è successo oggi? >> gli mise le mani sulle spalle, inclinando il capo da un lato e cercando i suoi occhi. << Ti rendi conto che tutto questo non va bene? Del tuo essere troppo permissivo, passivo, noncurante delle loro azioni. >>
<< E cosa dovrei fare? Buttarmi in una rissa come hai fatto tu prima col rischio di perdere l’anno e di venire espulso? >>
<< Sì! >> non esitò lei. << Cioè, magari non arrivare alle mani, ma reagire assolutamente sì! Fagli capire che non sei un debole e che meriti rispetto in quanto persona. >>
Hiccup si allontanò da lei, sbuffando; cominciò a parlare tra sé e sé dicendo cose come “non capisci, non sono come te” oppure “non posso farci niente”, camminando avanti e indietro; lei gli disse di fermarsi e lui scosse la testa, ma poi gli diede retta, sedendosi infine sulla panchina. Si passò le mani tra i capelli per cercare di calmarsi: era evidentemente stressato.
La ragazza gli si sedette accanto, poggiandogli una mano sulla spalla: << Okay, ascolta, fa veramente strano detto da me ma… forse ne dovresti parlare con qualcuno. >>
<< E cosa cambierebbe? >> si fermò un attimo e poi le spiegò: << Tanto per cominciare non ho un amico con cui confidarmi qui dentro e per quanto riguarda il parlarne in famiglia, beh mio padre… >>
<< Non hai buoni rapporti con lui? >>
<< No è che… non mi ascolta mai e se anche sapesse che vengo bullizzato non penso che migliorerebbe la situazione, anzi rischierei di deludere quelle poche aspettative che ha nei miei confronti >>
La ragazza si stiracchiò la schiena tirando le braccia in alto, sospirando. Gli confidò che nemmeno sua madre era la persona migliore con cui lei potesse parlare e che molto spesso la rimproverava per il suo modo rude di porsi, per la sua poca pacatezza, ma soprattutto per il fatto che non ce la faceva più a farle cambiare scuola per il suo comportamento irresponsabile. Le fece persino il verso, stringendosi la punta del naso e chiudendo gli occhi. Il castano rise, anche se non poté far a meno di ripensare alle sue parole.
<< Quante volte è successo? >> le chiese allora.
<< Cosa? Ah, dici il fatto di cambiare scuola >> rise forte al sol pensarci, per poi stringersi le gambe al petto. Le sue sneakers nere stavano ora sulla vecchia panchina rovinata di ruggine; coi talloni prese a scorticarla ancor di più mentre continuava a confidarsi. << Mm beh, è la terza volta quest’anno >>
<< Come?! >> lui si spinse in avanti col busto verso di lei, incredulo. << È perché hai fatto a botte con qualcuno? >>
<< Una volta perché ho mandato al diavolo il preside: voleva che mettessimo tutte delle divise orribili; era una scuola femminile privata cui mia madre mi aveva iscritto. Uhm, e poi… le altre volte ne ho combinata qualcuna delle mie ma no, non ho fatto a botte con nessuno. Oggi è stato… beh, era una situazione a cui non potevo tirarmi indietro. Ma scommetto che prima o poi qualche professore lo verrà a sapere, specialmente dopo le urla di quel ragazzino prepotente, e che ne parleranno al preside. >>
Il castano scosse la testa: non avrebbe mai voluto che l’unica persona con cui stava cominciando ad avere un rapporto di amicizia se ne andasse via. << Non lo permetterò! >> disse alzandosi dalla panchina.
<< Senti, sei gentile ma… >>
<< Davvero, se è il caso io… io mi farò avanti e andrò per primo dal preside. Gli dirò la verità, ovvero che vengo spesso bullizzato e che tu mi hai solo difeso! >>
Lei lo guardò sorpresa e poi, disse solo: << Come fa un ragazzo carino come te a non avere nessun amico? >>
Stavolta fu Hiccup a rimanere scosso, finendo inevitabilmente con l’arrossire e balbettare cose senza senso. << I-io? Non… ah, sai, ehm >>
<< Mi chiamo Merida, comunque! >> allungò una mano verso di lui, ruotando il busto in sua direzione. Il lentigginoso si presentò a sua volta, rimanendo comunque sorpreso dall’improvviso cambio di argomento. << Lasciamo stare questa cosa per ora, ti va? Non pensiamoci più >>
<< Ma… >> le strinse la mano. Non riusciva a capire, come mai d’improvviso non voleva più parlarne?
<< Davvero. Piuttosto, ti va di mostrarmi la scuola? Scommetto che conosci tutti i posti più fighi! >>
<< Beh, veramente io non… Ah, no aspetta >> la fermò lui con un sorriso dipinto sul volto. Gli occhi gli brillavano intensamente e Merida si perse per un istante ad osservarli. Lui le prese le mani nelle sue: << In effetti conosco un posto perfetto! >>
Lei inclinò il capo, incuriosita. << Vieni con me >> le disse e, con una mano ancora stretta alla sua, si alzò e poi prese a correre. Merida si lasciò trasportare dall’amico, cercando nel frattempo di immaginare come potesse essere quel posto misterioso; poi si accorse di quanto fosse veloce e accelerò il passo per stargli accanto.
I due si ritrovarono presto in un luogo nascosto del cortile scolastico: c’era una fontanella ricoperta di edera e un pezzo di terreno ormai abbandonato a sé; ma nel complesso tutti quegli alberi attorno a loro creavano un’atmosfera da fiaba: la luce filtrava debolmente dalla chioma folta dei sempreverdi e in lontananza si sentivano il cinguettare continuo di alcuni uccelli. << Hic è… >>
La prima volta che lo chiamavano così…
Hiccup arrossì vistosamente, cercando di darsi un minimo di contegno e di non darlo a vedere. Si grattò una guancia e si ricordò della ferita che aveva ancora lei sulla sua. << Non ti muovere, okay? >> le sorrise, correndo verso la fontanella e tornando con un fazzoletto imbevuto d’acqua.
Merida in un primo momento non capì, poi iniziò a realizzare cosa volesse farci. << No, non ser- >> Ma lui lo fece comunque: appoggiò il panno fresco sulla ferita dell’amica e cercò di essere il più delicato possibile nel pulirgli il taglio. << Ti fa male? >> chiese in un sussurro.
La ragazza non disse niente e continuò a fissarlo intensamente; era come ipnotizzata da quel gesto. Non ricevendo alcuna risposta, Hiccup alzò distrattamente lo sguardo verso di lei e la ritrovò con gli occhi lucidi e meravigliosamente grandi. Le gote paffute di Merida, contornate di lentiggini, si stavano imporporando inesorabilmente di rosso e lo stesso stavano facendo le sue; o perlomeno così immaginava, dato che sentiva un calore improvviso salirgli in viso.
<< Ehm, no affatto, t-ti ringrazio… >> Merida osò interrompere quel silenzio improvviso. Non si era mai sentita così strana prima d’ora: era come se le avessero fatto un incantesimo, eppure era tutto così reale.
Hiccup cercò di smorzare un po’ la tensione: << Sei la mia salvatrice, dovevo sdebitarmi con te in qualche modo. >> Sorrise, socchiudendo gli occhi e voltando il capo verso il basso. Lo rialzò poi, più deciso, e disse: << Comunque non dicevo tanto per dire prima, davvero. Se servirà mi farò avanti, per entrambi. Ti prometto che avrò più stima di me stesso d’ora in poi e che, se necessario, proverò a farmi valere. >>
<< Mi piace il tuo spirito! >> arricciò il naso, contenta. << E allora io ti prometto che farò di tutto stavolta per rimanere in questa scuola; mi comporterò bene, niente più espulsioni! >>
Hiccup le sorrise, sebbene stavolta dai margini dei suoi occhi si intravidero dei piccoli luccichii. << Sono così grato di averti conosciuta, Mer >>
<< Anch’io >> annuì lei; poi guardò verso il basso, lasciando che alcune ciocche di capelli ricci e indomabili le coprissero il volto. << Ehi, Hiccup… >>
<< Sì? >>
Alzò lo sguardo, leggermente in imbarazzo. << Vuoi essere mio amico? >> lui la guardò sorpreso da quella domanda, ma poi disse solamente un “certo che sì!”. Merida gli confessò che anche lei non aveva mai stretto amicizie nelle altre scuole e il fatto di venire continuamente espulsa non aveva certamente aiutato; il lentigginoso perse un battito a tale affermazione. Serrò gli occhi e, in modo totalmente spontaneo, la strinse forte a sé. Non sapeva nel dettaglio quello che aveva passato la ragazza, ma si era ritrovato improvvisamente così simile a lei che non aveva potuto esitare.
Merida rimase in un primo momento spiazzata e rigida come una pietra, gli occhi sgranati e la bocca schiusa in un’espressione sorpresa: quel gesto era stato totalmente inaspettato, non aveva idea di come reagire. Ma poi, poi sentì il battito del cuore del ragazzo farsi sempre più forte e, inevitabilmente, anche il suo prese ad accelerare. Dopo qualche istante lui stette quasi per lasciare la presa, teso e leggermente in colpa per quell’abbraccio non ricambiato; la ragazza aveva intravisto la sua espressione nervosa. Sentiva di dover fare qualcosa, non voleva che pensasse che per lei quel gesto non valesse nulla. Così si fece forza e, prima che l’altro sciogliesse del tutto l’abbraccio, lo strinse ancora più forte a sé. Gli sussurrò perfino un “Grazie, Hic” che il ragazzo trovò così naturale e dolce da fargli tremare le gambe. Ovviamente lui prese a balbettare, come suo solito, e Merida rise di gusto.
Poco dopo sciolsero il legame, entrambi erano decisamente scossi e frastornati, ma felici. Si guardarono negli occhi, con sguardi decisi. Ogni cosa si sarebbe risolta; insieme potevano farcela.

 
***

<< Ah, bene bene… guarda un po’ chi si rivede! >> Snotlout li guardò con aria altezzosa, ma anche leggermente titubante. Non si aspettava una loro visita e la presenza della ragazza lo rendeva decisamente più nervoso di quanto si sarebbe aspettato.
<< Come va, mocciosetto? >> Merida sorrise con aria maliziosa, intrecciando le braccia. << Ti stai godendo il riposino? >>
Lui incurvò le labbra in basso, sdegnato, e allargò le narici. Poi prese un bel respiro e sorrise forzatamente. << Beh, sicuramente meglio di voi: sarete passati dal preside, suppongo. Che dirvi ragazzi, mi spiace, ma sono sicuro che sia la cosa migliore mettervi in punizione o, ancora meglio, farvi espellere. >> Si stese meglio nel letto, per quanto il bacino glielo permetteva, ancora dolente per lo scontro della mattinata, e si portò le braccia dietro la testa, a mo’ di cuscino.
<< Rilassati, Snotlout >> stavolta fu Hiccup a emettere parola. << Ci siamo stati, ma per parlare di te. >>
<< D-di me? >> prese a ridere forte, tenendosi la pancia. << Certo, gli avete detto che sono ancora in infermeria, no? Quella lì mi ha ridotto così! È stata tutta colpa sua! >> Indicò Merida con disgusto, al ché lei si avvicinò maggiormente al letto.
<< Dì un po’... >> più si avvicinava, più Snotlout si nascondeva sotto le coperte. << Pensi di essere senza peccati? Il preside ha trovato una soluzione per i tuoi atti di bullismo: resterai tutti i pomeriggi dopo le lezioni a fare del volontariato a favore della scuola, fino alla fine dell’anno. Inoltre dovrai anche stendere una relazione di almeno cinque pagine in cui parlerai della tua meravigliosa esperienza e di come sia bello aiutare il prossimo per una buona causa! >>
Il moro finì col fissare il vuoto per qualche istante: accidenti, tutti i pomeriggi era impegnato con gli allenamenti di rugby! E suo padre poi? Chi lo sentiva se non vinceva la finale! Doveva assolutamente rimanere impassibile a tutto questo, senza far lontanamente percepire a quei due il suo stato di ansia. Probabilmente lo stavano solo prendendo in giro; sì, ovvio che era così. Riprese quanto possibile un’espressione di superiorità e disse solo: << Tsk, voi non avete prove di quello che ho fatto. Per quello che ne sa il preside potresti anche essere stata tu a far male sia a me che a Hiccup! E poi non vi credo! >> fece, guardando i due con aria furba.
<< Oh, non preoccuparti delle prove: abbiamo trovato dei testimoni, oggi avevi un pubblico numeroso. E se ciò non ti basta, ci sono anche i video di questa mattina! >> Merida gli sorrise trionfante. << Per quanto riguarda quello che ci ha detto il preside… >> guardò Hiccup che prontamente prese un foglio dallo zaino e lo mostrò al ragazzo. Snotlout allungò piano il collo, per guardare meglio: accidenti, era una dichiarazione firmata dal direttore! Quei due gliel’avevano fatta.
<< C-come?! E perché non ho avuto notizie dal preside in persona? >>
Hiccup alzò le spalle. << Ma dai, non lo vedi? Così mal messo, non potevi certo essere presente alla riunione che si è tenuta con l’intero corpo docenti oggi stesso. >>
<< L’intero corpo docenti? >> le pupille del bullo si ristrinsero improvvisamente, immaginandosi la sua carriera di studente irrimediabilmente segnata, e stavolta l’ira di sua madre che gli si sarebbe riversata contro. << Argh, me la pagherete voi due! Soprattutto tu, pel di carota! Sicuramente il preside avrà dato anche a te una punizione per avermi ridotto così! >> e si indicò con la mano.
<< Il suo nome è Merida e la cosa non ti riguarda >> gli disse il castano, in difesa della ragazza. << Ora, se non ti dispiace, noi dobbiamo andare! Buon riposo! >>
<< Ciao mocciosetto, ci si vede in giro! >> aggiunse la rossa. Hiccup le passò il foglio del preside e lei lo schiacciò con forza sul torace del bullo, facendolo lamentare per i lividi.
Merida rise di gusto e poi, con un braccio attorno al collo dell’amico, uscirono dall’infermeria.
<< Sei sicura che non vuoi che resto? >> le domandò per l’ennesima volta lui. << Davvero, per me non è un problema! Amo i libri! >>
<< Nah Hic, non preoccuparti. Poteva capitarmi molto peggio, in fondo: riordinare l’enorme biblioteca del secondo piano dal casino che hanno fatto ieri i primini non sarà fantastico, ma è pur sempre meglio di venir espulsi. Il vostro preside è stato anche troppo buono, fossi stata nella mia vecchia scuola non so che fine avrei fatto >> ridacchiarono insieme, felici che le cose si fossero risolte. << E poi, questa è la mia punizione, non la tua. Me la caverò, grazie! >>
Merida si fermò un istante e Hiccup si volse verso di lei. La ragazza lo guardava, serena << Comunque sei stato davvero coraggioso dal preside. Non è semplice parlarne, ma tu ci sei riuscito e sono molto orgogliosa di te! >>
La rossa inclinò il volto, aspettando che lui rispondesse. I ricci seguirono lo spostamento del capo, rimbalzando piano. La sua frase poteva sembrare una cosa da niente, eppure a Hiccup parve una delle più belle che gli avessero mai rivolto. E lo era, sicuramente lo era: mai nessuno si era detto orgoglioso di lui e di quello che aveva fatto. Si sentì riscaldare il cuore e le rispose: << Sai, non ce l’avrei mai fatta senza il tuo aiuto >>
<< Beh, direi che ci siamo aiutati a vicenda >> abbassò lo sguardo, per la prima volta un po’ titubante. Ripensò a quanto si era confidata con lui e quanto doveva essergli apparsa debole; poi le ritornò in mente quell’abbraccio e finì col sorridere teneramente. Lui la capiva e non c’era niente che desiderasse di più. Rialzò il capo, gli occhi verdi di Hiccup puntavano nei suoi e la cosa la faceva sentire... strana. << Bene, è meglio che vada… mi aspettano delle ore intense! >>
<< Fantastico allora, ehm… ci, ci vediamo domani! >> il castano sorrise ancora, non credeva che l’avrebbe mai detto. Finalmente aveva qualcuno in quella scuola che avrebbe rivisto volentieri e che era sua amica!
<< Certo, Hic! Solo… probabilmente ci vedremo giusto a ricreazione, dato che siamo in due classi diverse >> fece una pausa, lui ci rimase un po’ male ripensandoci. << Ma ti aspetto al nostro posto segreto! >>
Hiccup rialzò il capo e la guardò con occhi lucidi. Annuì con entusiasmo e poi disse solo: << A domani, Mer! >>

 
“Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così.”
Italo Calvino.
 
Note Autrice:
Questa storia è nata da una domanda che mi sono posta ripensando al primo Dragon Trainer, quando all’inizio Hiccup non veniva preso sul serio dagli abitanti di Berk e finiva per essere escluso o deriso da tutti; e cioè: “e se ci fosse stata Merida? Avrebbe fatto come gli altri o lo avrebbe difeso?” Ci ho riflettuto su e mi sono detta che sarebbe andata assolutamente controcorrente; dopotutto, da come l’ho sempre vista io, la principessa di Dunbroch è un’anticonformista, un’irresponsabile a cui non importa un fico secco delle conseguenze delle sue azioni e, soprattutto, una ragazza molto determinata. Quindi immergersi in una rissa era troppo da lei! Dato però che non me la sentivo di stravolgere un capolavoro come HTTYD1 e mettere una scozzese improvvisamente a Berk sarebbe stato un po’ complicato, ho pensato di trasporre tutto in un Modern!AU come avevo fatto per l’altra one shot su questi due.
Come immagine del classico bullo, invece, ho scelto Snotlout (o Moccicoso), rendendolo forse un pochino OOC per il fatto del cazzotto sul naso; nei film non penso che si sarebbe spinto a tanto (lui è più un tutto fumo e niente arrosto), ma per compiacere ad Astrid mi sono detta che forse poteva starci. A  questo proposito, ovviamente lei non è la sua ragazza, ci tenevo a sottolinearlo! Ahahaha!! xD Diciamo che Snotlout l’ho sempre visto come un tipo molto alla “lei non vuole ammetterlo, ma è follemente innamorata di me e presto staremo insieme”, non so se ho reso l’idea. :’D
Per quanto riguarda la vichinga l’ho inserita nella shot principalmente perché doveva rappresentare un personaggio neutro nei confronti di Hiccup, dunque che non lo difende, né lo bullizza direttamente, ma che allo stesso tempo ne è indifferente, non lo considera e lo scarta a priori. Nonostante rimanga bene o male un personaggio neutro però, anche l'indifferenza può far male in una situazione di bullismo.
I gemelli, beh, loro mi servivano invece come rappresentanti del bullismo verbale. Non si avvicinano perché non vogliono problemi, ma se possono non perdono occasione per mettersi al centro dell’attenzione di tutti e fare i cretini.
Era da tanto che non tornavo a scrivere una fic, mi sa che ho perso un po’ la mano! Spero di non essermi dilungata troppo e che la storia vi sia piaciuta. Spero, inoltre, di aver trattato nel giusto modo questa tematica delicata e che nessuno si sia sentito offeso in qualche modo; davvero non è assolutamente mia intenzione.
Ringrazio la mia sorellona per il continuo supporto durante la stesura di questa one shot e anche ad _Ash per avermi motivato a riprendere a scrivere! <3
Alla prossima!

MaJo_KiaChan_
 
  
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