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Autore: CedroContento    10/08/2020    2 recensioni
Come ogni storia di Re e Principesse che si rispetti anche questa comincia, come molte altre, con "C'era una volta..."
Quindi, c'era una volta una terra lontana lontana chiamata Avior.
A sud di questo paese altri Cinque Regni più piccoli vivevano in pace sotto la protezione del Re di Avior, Re Karl.
Il giorno in cui il sovrano di Avior dovette decidersi a prender moglie scelse di ospitare a palazzo le principesse in età da marito provenienti dai Cinque Regni, in modo da poter scegliere tra queste la sua sposa.
Astoria, principessa di Tabita, viene così strappata alla sua tranquilla esistenza e catapultata tra gli intrighi di corte, sarà lei a conquistare l'enigmatico Re?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Capitolo 8

Le Udienze

Karl era furibondo. Mandò gambe all' aria una poltrona con un grido rabbioso. Irato, si diresse alla finestra aperta e si appoggiò al davanzale. Ansimante cercò di riprendere il controllo. Victor. Karl lo aveva conosciuto quando erano partiti per la guerra nelle terre del nord. Victor era un ragazzo vispo e divertente, divennero presto amici affiatati, fianco a fianco in ogni battaglia. Nelle città di Eltanin le donne subivano il loro fascino, erano belli, forti inarrestabili e le conquiste in ogni campo non mancavano. Fu allora che Karl si invaghì seriamente di un'eltaniana. Tiana, era bellissima. Victor era lì quando l'aveva conosciuta, era a conoscenza dei suoi sentimenti ma se la portò a letto lo stesso. In seguito ci furono degli scontri, la città ne uscì devastata e della ragazza persero ogni traccia. Karl incapace di perdonarlo, ferito nell'orgoglio, aveva interrotto l'amicizia.
E ora lo aveva fatto di nuovo, quel bastardo aveva messo le mani su ciò che era suo. Le guardie avevano l'ordine di arrestarlo a vista e portarlo immediatamente da lui, ma Victor non era uno sprovveduto e Karl era sicuro che non lo avrebbe rivisto tanto in fretta. Il fatto che Astoria lo avesse respinto non gli era di alcun conforto, continuava a pensare che se non si fosse fatto troppi scrupoli a baciarla, lui per primo lì fuori, lei non avrebbe incrociato la strada di Victor nel momento sbagliato. Da Cheyenne invece non si era aspettato niente di meno, la sua sorte non lo riguardava più da un pezzo.
Rimandò le decisioni sulle principesse a quando sarebbe stato più lucido. Ma Victor no, lui l'avrebbe pagata subito.

Astoria e Diana rientrarono dalla seconda lezione con il precettore. Le lezioni di storia, geografia ed economia di Avior erano noiose, Astoria le ascoltava appena, distratta dai suoi pensieri e anche Diana non pareva particolarmente interessata ma educata com'era almeno fingeva attenzione. Cheyenne si era data malata, da due giorni non usciva quasi più dalla dependance.
Era passata una settimana dall'ultima volta che avevano visto Victor quella fatidica sera, e ora lui pareva essersi volatilizzato. I primi giorni passeggiavano sperando di scorgerlo da lontano o vederlo spuntare da qualche aiuola, ma poi la speranza di incrociarlo era pian piano svanita e Cheyenne si era fatta sopraffare dalla preoccupazione. Non voleva credere che lui fosse sparito di proposito dopo averla usata, cosa che però Astoria senza dirlo a Cheyenne non escludeva conoscendo la fama del soggetto, era convinta gli fosse successo qualcosa.
L'indomani si sarebbero tenute le Udienze Reali. Astoria non faceva altro che pensare a Karl. La confortò il pensiero che almeno lo avrebbe rivisto. Come Victor anche lui non si era più fatto vivo, la cosa le causava un gran dispiacere perché se fosse dipeso da lei avrebbero passato insieme ogni minuto, ma se lui non la cercava poteva voler dire che non provava lo stesso per lei. Si chiese sa il loro affiatamento alla fine non fosse solo frutto della sua immaginazione.

Le udienze avevano luogo ogni due mesi, Re Karl concedeva un breve colloquio a chiunque si presentasse al suo cospetto nella sala del trono. Gli aristocratici più importanti non avevano bisogno di mischiarsi alla plebe ovviamente, loro potevano richiedere un'udienza privata quando ne necessitavano, al massimo si presentava qualche barone. Re Karl l'anno prima aveva esteso le udienze anche agli schiavi, di quelli però raramente qualcuno si presentava. La decisione era stata accolta in modo impopolare a corte, in prima linea contro questa decisione c'era il duca Fernand. Cheyenne lo aveva indicato ad Astoria nei corridoi di palazzo, un uomo asciutto, i capelli grigi dall'attaccatura alta, il viso ispido e occhi stretti e taglienti “Evitalo se puoi” le aveva sussurrato l'amica incrociandolo.
La sala del trono era un lungo salone al primo piano del palazzo, due massicce colonne in marmo chiaro ne fiancheggiavano l'entrata. I pavimenti dello stesso materiale, ma di diversi colori e le fantasie geometriche, riflettevano come specchi. Due file di seggi in legno scuro adibiti a segretari e consiglieri, erano posti lungo le pareti e creavano un corridoio centrale che conduceva ad un soppalco dove era poggiato il trono del Re, il soffitto sopra di esso sormontato da un'alta cupola affrescata. Dietro al trono torreggiavano imponenti vetrate colorate che creavano un meraviglioso gioco di luci. In disparte, alla base sinistra del soppalco, erano state preparate due eleganti poltroncine imbottite per Astoria e Diana, Cheyenne ancora una volta fingeva di essere indisposta.
Astoria prese posto e uno dopo l'altro si fecero avanti contadini più o meno benestanti, commercianti, braccianti, domestici. Chiedevano l'intervento del Re in piccole grandi questioni giuridiche, risoluzione di liti, rimedio contro un'ingiustizia subita, alcuni si presentarono invece solo per omaggiarlo con doni. Karl si rivolgeva con rispetto a tutti in egual modo e se non poteva pronunciarsi subito, delegava, appuntava promettendo di occuparsene quanto prima. Astoria lo guardava sempre più ammirata, sempre più avvinta da quel senso di potere che emanava.
Si fece avanti un uomo prestante, Astoria percepì della tensione nella sala, capì dal suo abbigliamento e dalle occhiate a lui rivolte che doveva essere uno schiavo eltaniano. L'uomo raccontò di essere stato congedato dal suo proprietario, ma questi aveva rifiutato di liberare insieme a lui la moglie e gli impediva di vederla sostenendo che fosse una sua proprietà.
“Ma è terribile!” le parole uscirono ad Astoria involontariamente, neanche tanto forte ma riecheggiarono nella sala del trono silenziosa, che a tradimento amplificò la sua voce. Karl si voltò nella sua direzione corrucciato.
Diana accanto a lei scosse la testa discretamente, non aggiungere altro voleva dirle, ma era troppo tardi. Karl si era alzato e le faceva cenno di raggiungerlo. Astoria percepì che quello non era un invito, era un ordine.
Si fece avanti sentendosi piccola come non le era mai capitato. Il Re di Avior si ergeva in tutta la sua altezza, autoritario. La principessa non immaginava che in realtà il solo guardarla lo riempiva di irrequieta sofferenza.
“Ditemi, Astoria, cosa vi pare tanto terribile?” strinse i denti cercando di mantenere i nervi saldi davanti a lei, così bella anche a disagio. Ma dentro di sé, per quanto irrazionale fosse quell’idea, non riusciva a non incolparla per essersi fatta baciare da Victor.
“Beh, quest'uomo non ha neanche il diritto di vivere con la sua stessa moglie, non vi sembra ingiusto? Perché non lascia andare anche lei?” chiese la principessa.
“Perderebbe dei soldi, gli schiavi hanno un costo Astoria”.
“E allora perché non dargli almeno la possibilità di risarcirlo?”
Karl rise amaro, quel sorriso freddo non arrivò agli occhi “Siete ingenua” aggrottò le sopracciglia voltandosi verso l'uomo “Perché vi ha...come avete detto...congedato? Siete un uomo forte e ben nutrito vedo, schiavi come voi si pagano cari”.
L'uomo evidentemente non si aspettava una domanda del genere e incespicò nelle sue stesse parole prima di riuscire a dire che avevano avuto un conflitto di opinioni.
“Si lo immagino” disse assorto Karl riducendo gli occhi a due fessure mentre studiava l’eltaniano. “Bene, di norma vi avrei detto che non posso fare niente per voi, ma visto che la questione sta tanto a cuore alla mia adorata Astoria manderò qualcuno a parlare con il vostro vecchio proprietario” sentenziò.
“Intanto spero che troviate di vostro gradimento le nostre celle, non ci sono troppi topi” aggiunse secco.
Fece un cenno a due guardie che condussero via l'uomo stupito dalla piega che aveva preso la situazione, presto prese ad urlare e dimenarsi, ma Astoria che assisteva pietrificata non sentì quello che diceva perché ormai era stato trascinato fuori.
Immobile non riusciva ancora a dare un senso a quello che aveva visto, perché lo aveva fatto arrestare? Karl le parlò un’ultima volta “Tornate al vostro posto Astoria. E in silenzio questa volta se vi riesce” ordinò perentorio.
Astoria tacque ferita, ma non tornò al proprio posto. Karl che ancora reggeva il suo sguardo, vide lo smarrimento lasciare posto alla determinazione.
Lo guardò orgogliosa, gli voltò le spalle, percorse il salone decisa e se ne andò. Si era sbagliata completamente riguardo quell'uomo, pensò amaramente lasciandosi alle spalle la sala gremita di nobili che sussurravano la loro disapprovazione.

Astoria tornò alla dependance. Prima di andare nelle sue stanze però pensò di avvisare Cheyenne che era rientrata in anticipo. Bussò.
“Chi è?” chiese la voce della principessa di Piautos, tesa.
“Sono Astoria”.
Sentì la chiave scattare nella serratura e l’amica aprì uno spiraglio nella porta.
“Sei sola? Entra!” la tirò nella stanza richiudendo la porta a chiave. Astoria trovò la stanza sottosopra.
I bauli aperti sul pavimento, gli eleganti vestiti e la raffinata biancheria ammucchiati sul letto, colorate cappelliere sparse qua e là e gli articoli da toeletta profumati raggruppati su un divanetto.
Cheyenne intanto la guardava con aria colpevole, in piedi, in mezzo a tutto quel disordine. “Ti avrei lasciato una lettera” disse a mo’ di scusa alzando le spalle triste.
“Torni a casa?” le chiese.
Cheyenne esitò “No, vado con Victor” disse senza guardarla riprendendo a fare le valigie.
Astoria spalancò la bocca dalla sorpresa, ma Cheyenne, che non se ne accorse, di rimando le sorrise radiosa “É tornato a prendermi! Non può più stare ad Avior, così abbiamo deciso di fuggire insieme, non è romantico?!” le racconto raggiante ed emozionata.
“Come sarebbe che non può più stare ad Avior, non ti ha detto perché?” chiese Astoria incredula.
“Non ce n'è stato il tempo, ha detto che è una lunga storia, ma me la racconterà. Oh lo amo così tanto Astoria! Ha detto che viaggeremo, possiamo andare dove più ci va. Io non posso più marcire qui o a Piautos, voglio vivere un'avventura!”
“Cheyenne pensaci un momento...” qualcuno bussò.
“Sono io” disse piano la voce di Victor dall'altra parte della porta. Cheyenne si fiondò ad aprirgli.
“Bentrovata Astoria!” disse pimpante il fuggiasco inchinandosi. “Cheyenne non abbiamo più molto tempo temo”
“Ci sono quasi” rispose lei, mentre Victor trascinava fuori con sé due pesanti bauli.
Astoria non poteva più tacere, non poteva lasciare partire l'amica con Victor senza che sapesse come stavano le cose “Cheyenne… io ti devo dire una cosa…” cominciò.
“No. Non devi dirmi niente” rispose Cheyenne impegnata ad ammucchiare disordinatamente le ultime cose in una valigia “Non voglio che tu mi dica niente” si raddrizzò e finalmente la guardò. “Lo so che non è perfetto, non m'importa...lo amo e starò con lui ad ogni prezzo” disse Cheyenne calma e risoluta.
L’amica si avvicinò e la abbracciò, profumava di pulito.
“Non andartene” le chiese senza troppa speranza.
“Non posso più stare qui. E non dovresti neanche tu Astoria. Questo posto è velenoso, ci sono inganni dietro ogni angolo” all'improvviso però Cheyenne si sciolse dall'abbraccio. Astoria vide che guardava la porta.
Victor non l'aveva richiusa uscendo con i bauli e ora la cameriera personale di Cheyenne stava in piedi con un'espressione sconcertata sull'uscio.
“No ...” sussurrò la principessa di Piautos. La cameriera si voltò e corse lungo il pianerottolo, giù per le scale.
“Che ti dicevo… quelle dannate cameriere!” si affrettò a chiudere i bauli senza più curarsi di ciò che sarebbe rimasto fuori.
“Astoria stai attenta, loro...” fu interrotta da Victor che in un lampo entrò, prese gli ultimi bagagli e disse “Dobbiamo andare mia cara, tra poco avremo compagnia!” Cheyenne strinse rapidamente un'ultima volta Astoria “Addio, ti scriverò appena potrò promesso”.
Astoria, scossa, la seguì fino al portone dove Victor, camuffato da cocchiere, era pronto a partire. Perché stava accadendo tutto così in fretta?
“Addio Astoria, bada a non farti bistrattare troppo dal nostro amico” le disse Victor facendole l'occhiolino.
Astoria in mezzo al piazzale, guardò il calesse allontanarsi. Cheyenne si girò un'ultima volta agitando la mano, ma lei fu incapace di muoversi per rispondere al gesto. Sentì il cuore pesante e le lacrime che cominciavano a pizzicarle gli occhi. Si sentì sola più che mai.
Quando la cameriera riuscì ad avvisare Karl, ancora impegnato con le Udienze, era passata ormai più di un'ora dalla fuga dei due amanti, non li presero più.
   
 
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