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Autore: mgrandier    10/08/2020    10 recensioni
La vita è un rincorrersi di fasi differenti, nelle quali si alternano sentimenti, emozioni e priorità diverse, che ci inducono a compiere scelte e finiscono per dare un’immagine di noi parziale, evidenziando un aspetto piuttosto che un altro. Per questo, in un puzzle di fasi e punti di vista, ogni storia corre tra alti e bassi e modifica continuamente lo spunto per la lettura di quello che sta accadendo; per questo, volta per volta, è questione di …
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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10 - … coraggio (ancora un po’ di più)
 
(Giugno, la mattina della partenza)
 
Dal tavolo del soggiorno, lo stava osservando da una decina di minuti: con quel continuo ciabattare da un punto all’altro del soggiorno, Genzo le sembrava una tigre in gabbia; una gabbia particolarmente stretta, peraltro.
L’aveva visto rimestare più volte nel borsone già pronto dalla sera precedente, ricontrollando il bagaglio, aggiungendoci una maglia, levandone un’altra; aveva estratto i guanti dalla sacca per infilarseli, come se potessero aver cambiato taglia nel corso della notte, e si era messo e tolto il cappellino dalla testa almeno tre volte, negli ultimi cinque minuti, borbottando qualcosa di incomprensibile e tornando a rovistare alla ricerca di qualcosa di inesistente, sbuffando come una locomotiva a vapore. Era sparito nel disimpegno e poco dopo, dalla sua camera, erano giunti rumori confusi, un paio di cassetti richiusi con troppa enfasi e un’anta sbattuta in malo modo, conditi da qualche insolita imprecazione.
Tuttavia, non sapeva dargli torto: in qualche modo, aveva vissuto sulla propria pelle la questione prima squadra durante il primo periodo che Tsubasa aveva trascorso a Barcellona, e aveva anche un vago ricordo della tensione che aveva caratterizzato suo fratello già nel periodo in cui aveva lottato per guadagnarsi la maglia durante la sua avventura brasiliana, perciò le era ben chiaro che il rientro da titolare, per Genzo, potesse non essere una questione da poco; per quel che ne sapeva, un preliminare di Champions era pure un affare particolarmente delicato e rientrare proprio in quella partita doveva caricare l’occasione di un ulteriore peso psicologico. Eppure, restava il fatto che Genzo, se pur giovane, non fosse un ragazzino alle prime armi e vederlo così teso le dava una certa preoccupazione che, doveva ammetterlo, l’aveva resa particolarmente inconcludente: due ore sui libri, per una paginetta striminzita …
Scosse il capo, posando la matita e abbandonando ogni proposito di studio.
- A che ora parti? –
Ne avevano già parlato la sera precedente, ma in quel momento non aveva trovato nessun altro argomento migliore per ripescare Genzo dai suoi malumori. Lui finì di versarsi dell’acqua e poi si appoggiò con il fianco al mobile, concentrato sul liquido dentro al bicchiere.
- Il ritrovo è alle 11, ma di solito passa Kaltz con un po’ di anticipo e ci andiamo insieme. – le spiegò asciutto, prendendo a muovere il polso con un moto circolare, mentre lo sguardo si concentrava sulle onde che si erano sollevate tra le sue dita e il silenzio tornava pesante.
Yuki lo guardò di sotto in su, un po’ delusa per aver fallito il primo tentativo, ma non si perse d’animo, buttando un’occhiata all’orologio a parete.
10.35: forse aveva ancora qualche minuto per intervenire.
Gli si avvicinò e gli tolse il bicchiere di mano, facendo sfuggire qualche goccia oltre il bordo; se lo portò alle labbra, svuotandolo in pochi sorsi, e lo posò sul ripiano, al suo fianco.
- Cosa sta succedendo, Genzo? – gli chiese allora diretta – Sei strano, teso e di malumore: questa partita sembra quasi una punizione, invece che un’opportunità. Sei preoccupato per questo incontro? Hai problemi con la squadra? E’ successo qualcosa che non mi hai raccontato? –
Lui aggrottò la fronte, sorpreso, cercandola con lo sguardo e negando con il capo.
– No … - si affrettò a tranquillizzarla – Va tutto bene. – aggiunse con un accenno di sorriso, ma lo sguardo, tuttavia, restava basso – Sono felice di tornare in campo e di farlo in un’occasione ufficiale, così importante! Per me giocare è sempre una sfida elettrizzante; è il mio lavoro, oltre che la mia passione! E no, non ho problemi con la squadra. –
- E allora perché sei tanto nervoso? – lo incalzò lei – Mi hai detto che inizi a preoccuparti dello stare lontano da casa … Ascoltami, non mi offendo se il problema sono io: capisco che lasciare qualcuno da solo in casa propria non sia il massimo … e posso sistemarmi in un bed and breakfast in questi giorni, se questo ti rende più tranquillo! Sto qui da un sacco di tempo e ti capisco perfettamente se … -
- Yuki! Ma cosa dici? – la interruppe lui, sorpreso – Non mi sognerei mai di chiederti una cosa simile! Anzi, per questo aspetto, sono pure più tranquillo … -
- Ah, caspita. Sei tranquillo? – si intromise Yuki dubbiosa e Genzo parve riuscire a distendersi per qualche momento, ridendo di se stesso.
- Comunque non sei tu il problema. – si risolse a spiegare, per poi correggersi immediatamente – O forse sì, sei tu il problema perché so che mi mancherai, Yuki. – buttò lì, sputando il rospo tutto d’un fiato – Mi sento un idiota ad ammetterlo, ma è così. Mi piace starmene a casa, da quando ci sei qui tu; in questi mesi non mi pesava poi tanto il fatto di non avere troppi incontri da giocare e soprattutto il fatto di non avere trasferte importanti da affrontare. –
- Oh … - Yuki lo guardò sinceramente spiazzata – Ma sono solo tre giorni … - cercò di minimizzare con un’alzata di spalle - … e sarai parecchio impegnato, credo. Non avrai nemmeno il tempo di accorgerti della mia assenza! –
L’aveva buttata sul ridere, ma le parole di Genzo riecheggiavano ancora nelle sue orecchie; aveva reagito facendo finta di nulla a quella ammissione che lui aveva faticato a esprimere, ma il respiro le si era fermato e per un istante la mente si era artigliata a quella frase …
Lui sporse appena le labbra – Prendila come vuoi ma a me adesso è chiaro: mi sono abituato alla tua presenza e farò fatica a farne a meno. – affermò con semplicità, restando a guardarla, immobile e in sospeso, come se si aspettasse che fosse lei a trovare una soluzione.
In realtà, non l’aveva mai ammesso prima, nemmeno con se stessa, ma in quel momento si rese conto del fatto che adorava quel suo modo di fare. Genzo era un giovane uomo grande, grosso, indipendente e di carattere deciso, ma aveva un’ombra nascosta che emergeva in alcune particolari situazioni, quelle che non poteva gestire con la sicurezza con cui stava tra i pali e che a volte saliva a imbrigliarlo, rendendolo fragile e incerto. Era evidente che non amasse esporsi, mostrare le proprie emozioni, e questo faceva sì che, nella rare occasioni in cui, dopo la prima ostentazione di sicurezza, si lasciava andare almeno un po’, diventasse di una tenerezza disarmante, quasi romantico.
Per questo, non ci pensò nemmeno per un attimo.
Guardandosi attorno, Yuki intravide il suo telefono poco lontano, si allungò per afferrarlo e glielo mise davanti al naso – Sblocca. –
Lui, senza fiatare, accese il display e attivò il telefono posando il pollice sul tasto circolare[i], per poi ripassarle il cellulare, meccanicamente, senza nascondere la propria curiosità.
Svelta, Yuki toccò l’icona della macchina fotografica, invertendo decisa il verso della fotocamera, e allungò il braccio stringendosi a Genzo e passandosi il suo braccio sopra le spalle.
- Selfie con il SGGK! – dichiarò allegra, prendendolo in giro bonariamente – Un bel sorriso, Wakabayashi! –
Fece qualche scatto, controllando che ce ne fosse almeno uno passabile, e poi riconsegnò il telefono al legittimo proprietario, piuttosto soddisfatta – Credi che con qualche foto ti sentirai meglio? –
Genzo fece spallucce – Non avrò la mia tisana serale … ma cercherò di adeguarmi. –
- Potrai chiederla al tuo amico Kaltz, quello che ti chiedeva di uscire. – risolse pronta – Magari siete pure compagni di stanza? –
Tuttavia, lui non ebbe modo di rispondere, perché il suono del citofono fece sobbalzare entrambi.
- Tempo scaduto. – annunciò solennemente Genzo allontanandosi per infilare le scarpe.
Lei lo seguì, trascinando il borsone nell’ingresso; improvvisamente, anche per lei la partenza di Genzo era diventata un peso. Si diede mentalmente della stupida, rendendosi conto di quanto anche a lei sarebbe mancato, perché sebbene non facessero grandi cose insieme, settimana dopo settimana stare con lui, e averlo accanto per condividere qualche momento speciale, era diventato davvero importante. In un certo senso, si erano avvicinati moltissimo e la confidenza che in principio era stata istintiva, con il trascorrere dei giorni era mutata in una specie di complicità che non aveva mai sperimentato con nessuno dei suoi amici.
- Mi mancherai anche tu, Genzo ... – confessò alle sue spalle, mentre ancora era chinato, e le dita, che armeggiavano con le stringhe, si bloccarono all’istante, tremando appena.
Quando, lentamente, lo vide rialzarsi, portando la tracolla del borsone sulla spalla, non seppe guardarlo negli occhi; ma poi, con la coda dell’occhio, lo vide afferrare la maniglia per aprire la porta e in un attimo comprese di non aver tempo per mettersi a stemperare quello che stava provando con una battuta né per dilatare il tempo, cercando di fare ordine tra le mille parole che si erano affollate nella testa, per trarne almeno una che fosse sensata.
- Ci … ci vediamo, Yuki. – mormorò lui a sguardo basso, strusciando i piedi verso la soglia.
- Mi chiami, se puoi? – riuscì a chiedergli, seguendolo mentre scrutava il suo profilo, e lui le annuì pronto.
- Puoi contarci. – la rassicurò voltandosi appena, per cercarla.
Fu in quel frangente che Yuki riuscì ad incrociare il suo sguardo e nei suoi occhi, scurissimi e con un liquido riflesso verde cupo, riuscì a vedere per intero l’abisso in cui stava per precipitare. Ebbe un fremito, la consapevolezza di essere ad un passo da ciò che non avrebbe mai immaginato di fare, e quel brivido che le risalì dalla base della schiena fino alla nuca, spezzandole il respiro per un istante, fu come una scossa che le diede il coraggio di muoversi, mettendo a tacere ogni possibile dubbio.
Prima che Genzo potesse superare la soglia di casa, Yuki si mosse veloce, portando le mani alle sue guance e sollevandosi sulle punte dei piedi, determinata ad arrivare alle sue labbra. Rimase in bilico, colta quasi dal panico, maledicendo quei pochi centimetri che rimanevano tra loro e che da sola non avrebbe potuto colmare … Chiuse gli occhi e per un attimo ebbe la certezza che sarebbe soffocata dalla vergogna, nell’udire l’eco di un riso sommesso; ma poi quella strana nota dissonante venne completamente cancellata quando avvertì le sue labbra andarle in soccorso e raggiungerla, morbide, come non si era mai azzardata a immaginare che potessero essere, e tanto delicate da farla tremare ancora di più, fino a portarla ad un soffio dalle lacrime. Riuscì a muovere appena le mani, facendole scivolare lentamente giù, in una carezza che dal viso si fermò sulle sue spalle, mentre le labbra si incontravano ancora, sfiorandosi, cercandosi e ritrovandosi in un nuovo bacio leggero che rimase quasi in sospeso, come una promessa pronunciata a mezza voce, ma così forte da rimbombare nelle orecchie.
Fu questione di un attimo, prima di trovarsi di nuovo separati dall’esiguo spazio di un sospiro che chiuse le labbra di Genzo in un sorriso e tese le sue nel rimando gemello.
Eppure, in lontananza, le risa che aveva udito poco prima, parevano proseguire e, anzi, farsi più forti e spontanee, fino a tramutarsi in una specie di urlo gutturale.
- Cazzo, Genzo! Lo sapevo che dovevo salire a curiosare … ma non avrei mai sperato in uno show tutto per me! –
Sull’altro lato del corridoio, il giovane biondo che Yuki aveva intravisto solo alcuni giorni prima, davanti all’università, stava con una spalla puntata alla parete e se la rideva sguaiatamente, rivolto al portiere. Genzo, dal canto suo, aveva levato gli occhi al soffitto, in evidente imbarazzo, per tornare a lei con una smorfia imbarazzata sul viso.
- Ecco, Yuki: non l’ho fatto l’altro giorno, ma ora posso presentarti ufficialmente Hermann Kaltz in tutto il suo splendore. – attese un istante, mentre l’altro, udendo le sue parole, le rivolgeva un sorriso a trentadue denti e si prodigava in una specie di maldestro inchino, – Per la cronaca, visto che me lo hai chiesto, ti confermo che è il mio compagno di stanza. – aggiunse poi con una punta di rassegnazione.
 
Il panorama di cui poteva godere dal terrazzino era decisamente poco interessante, con il suo anonimo profilo grigio da periferia quasi completamente industriale, tuttavia Genzo si ostinava a rimanere confinato là fuori, nella speranza di rimandare il più possibile il confronto diretto con il compagno di squadra. Insaccato su una scomoda poltroncina di design, con i piedi accavallati e appoggiati al parapetto, si era finto assorto nella lettura, lanciando di tanto in tanto un’occhiata oltre la vetrata, all’interno della stanza, per controllare i movimenti di Kaltz che, dal canto suo, si muoveva ostentatamente rilassato per la stanza.
Tuttavia, Genzo non era ingenuo e conosceva abbastanza il biondo: se dal momento della sua separazione da Yuki, sulla soglia del suo appartamento, Kaltz non aveva ancora toccato l’argomento, era semplicemente perché stava aspettando il momento giusto per farlo nella maniera più plateale possibile. Genzo poteva solo sperare che decidesse di farlo in modo da non metterlo in imbarazzo di fronte all’intera squadra, preferendo un confronto diretto, se pur di effetto, e adoperarsi per non servigli occasioni ghiotte su un piatto d’argento, ma prima o poi il momento sarebbe arrivato …
Tra l’altro, muovendo il polso per controllare l’ora, si rese conto del fatto che il coprifuoco fosse passato da un pezzo, quindi non avrebbe potuto lasciare la stanza, ma lui non aveva ancora trovato un attimo di pace per chiamare Yuki. Aveva considerato la possibilità di mandare un messaggio, ma poi, già con il telefono tra le mani e un testo abbozzato, aveva abbandonato l’idea e cancellato tutto, preferendo una chiamata. Non gli era parso il caso di scriverle un messaggio qualunque “Sono arrivato, ci siamo sistemati in camera” o peggio, un riferimento al loro bacio; non tramite whatsapp. Ma non era stato nemmeno in grado di ritagliarsi un momento lontano da occhi indiscreti, così come era stato per tutto il giorno, marcato a uomo.
All’ennesima occhiata alla camera, notò Kaltz che armeggiava mezzo nudo con una specie di beauty case, pronto per la doccia, e chiuse il libro d’istinto; all’udire il rumore della porta del bagno chiusa dal compagno, scattò in piedi e rientrò in camera, puntando diretto al comodino dove aveva lasciato il telefono. Pochi istanti dopo, avvertendo sbattere le porte del box doccia e poi sommarsi lo scroscio dell’acqua, si sistemò sul letto, con la schiena appoggiata alla testata e le gambe allungate sul materasso, avviando la chiamata.
Il tempo di uno squillo e l’immagine di Yuki comparve sullo schermo, quasi lo stesse aspettando con il cellulare tra le mani.
- Genzo! – il sorriso con cui lei lo salutò si riflesse sulle sue stesse labbra; con i capelli raccolti e le ciocche umide tutto attorno al viso, Yuki raggiunse il divano e ci si sistemò; la immaginò piegare le ginocchia, portando i piedi di lato, sulla seduta, come era solita fare, anche se l’inquadratura gli mostrava poco più del suo viso.
- Ciao, Yuki … - la salutò di rimando - … scusa l’orario … -
Tuttavia, lei scosse il capo, sollevando le spalle, facendogli comprendere che non fosse in problema e chiedendo a propria volta - Come va? Mi sembri teso. –
- Bene, bene. – le rispose subito, senza nemmeno riflettere, per poi aggiungere – Adesso anche meglio, in realtà. –
- Oh … - gli sembrò imbarazzata, mentre nascondeva lo sguardo verso il basso, per poi tornare a cercarlo – Anche io, in realtà, stavo aspettando … ecco … cominciavo a preoccuparmi, insomma. –
- Ehi … - la chiamò per rassicurarla - … va tutto bene, se va bene per te. Sono solo stato impegnato tra gli spostamenti e un primo allenamento di ambientamento. – e si prese qualche istante, vedendola annuire a labbra strette, per poi stemperare la leggera tensione che aveva colto entrambi – A casa, tutto ok? –
Yuki esitò un poco, traendo un profondo respiro, prima di rispondere – Sì … sì. – confermò poi più convinta – Mi sembra così strano, è difficile starmene qui da sola! E’ … così vuota! –
Genzo rise a quella osservazione – So di essere piuttosto ingombrante, ma non credevo fino a questo punto! – e anche lei si unì a lui, scuotendo il capo divertita – Pensa allora come dev’essere difficile per me stare chiuso qui dentro con Kaltz! –
Detto questo, Genzo si mosse dal letto, invertendo il verso della videocamera e muovendo il telefono da un lato all’altro - Ti mostro la camera. -
Iniziò con l’inquadrare la piccola stanza, partendo dal lato della porta d’ingresso, alla propria destra, e finendo con il lato aperto sul terrazzino, passando per la parete opposta a quella dove erano accostati i letti, sulla quale era aperta la porta del bagno, dove Kaltz con i soli boxer addosso sorrideva trionfante e muoveva la mano in segno di saluto.
Genzo comprese al volo l’accaduto: lo scrosciare dell’acqua della doccia non si era mai fermato, ma Kaltz se ne stava lì fermo a salutare … da quanto tempo? La sua espressione soddisfatta gli fece comprendere che fosse lì da parecchio; il fatto che fosse ancora in boxer, ma perfettamente asciutto, gli diede la conferma di essersi fatto di nuovo mettere nel sacco come un sempliciotto. In un istante, realizzare di aver inquadrato il compagno di squadra praticamente nudo, gli fece mancare il fiato. Nel riquadro, Yuki era a bocca aperta, senza parole, evidentemente sorpresa dall’apparizione del tedesco.
- Merda, che figura … - si lasciò sfuggire Genzo, invertendo di nuovo il senso della videocamera – Scusami, Yuki, io davvero … Che idiota! -
Ma lei, ripresasi dalla sorpresa, aveva reagito ridendo, sinceramente divertita – Dai, Genzo! Avrebbe potuto andarmi peggio! – sdrammatizzò, facendogli strabuzzare gli occhi al solo pensiero di cosa avrebbe potuto essere peggio – Magari per la prossima volta cerca di chiuderlo da qualche parte, però … o accertati di non farmi sorprese! –
Kaltz nel frattempo, probabilmente soddisfatto, si era davvero chiuso in bagno e al rumore dell’acqua, si era aggiunta la sua voce che intonava malamente una canzone di un qualche repertorio tradizionale tedesco; appena più tranquillo, Genzo tornò a lei – Meglio che io chiuda, comunque. Adesso che hai visto come sono messo, sai che avevo ragione ad essere preoccupato per questa trasferta! -
- Kaltz ti terrà impegnato, immagino, ma credo che sia una fortuna avere un compagno così: sembra un tipo in gamba. – buttò lì lei in risposta – Anche se … potrebbe essere difficile riuscire a fare una chiamata decente! –
- Già, decente è proprio la parola giusta … - convenne, sbarrando gli occhi in un ultimo gesto divertito, e poi si fece più serio – Beh, buona notte Yuki. Io … -
- Buona notte, Genzo. – lo salutò lei, mordendosi poi le labbra e tornando a parlare, prima che lui potesse riprendere – Senti: posso … posso chiederti una cosa? –
- Dimmi. – rispose incuriosito, aggrottando la fronte, facendosi più vicino allo schermo e inclinando il capo.
- Ehm … cosa diresti se io … se io usassi il letto, in queste notti? –
Genzo schiuse le labbra, spiazzato non tanto dal contenuto di quella richiesta, che lui stesso aveva ipotizzato di proporle, ma dal fatto che Yuki glielo avesse chiesto, mentre lui si era arenato alla sola idea di parlargliene. Ci aveva pensato davvero, perché gli pareva assurdo che lei si mettesse a armeggiare con il divano letto ogni sera ed ogni mattina, quando c’era un letto già bello e fatto nella camera accanto; semplicemente, si era  vergognato al pensiero di girarle una proposta simile; aveva forse temuto che lei rifiutasse imbarazzata o, peggio, inorridita; e ancora, si era impantanato nella ricostruzione dell’unica volta in cui lei aveva avuto a che fare con quel letto, per quel massaggio che, al solo pensarci, gli procurava ancora un brivido lungo la schiena.
- No, niente … scusami. Era solo un’idea balzana … - la voce di Yuki lo riscosse.
- No! - la interruppe – Cioè, sì! Voglio dire, usa il mio letto. Io … io avevo pensato di proportelo, ma credo di non aver … avertelo … -
- Posso? – chiese di nuovo lei, speranzosa – Posso davvero? –
- Ma certo. – la tranquillizzò – Almeno riposerai meglio … -
- E mi sentirò meno sola. – ammise lei e su quelle poche parole, riuscirono a salutarsi, in un silenzioso scambio di sguardi.
- Beh, allora, buona notte … -
- Notte, Genzo. –
Quando la chiamata venne chiusa, Genzo rimase a fissare lo schermo a lungo, vedendo ricomparire l’immagine dello sfondo per poi lasciarla sfumare nel nero. Si torturò per qualche attimo le labbra, prima di riattivare il telefono, per aprire la galleria delle fotografie e cercare quelle che Yuki aveva scherzosamente scattato perché lui si sentisse meno solo e alle quali, doveva ammetterlo, aveva dato una sbirciata in più occasioni, durante tutta la giornata. Le guardò per un poco, senza impedire che le labbra si tendessero in un sorriso e che un alito caldo scendesse come una spira sotto lo sterno, e poi, deciso, ne scelse una e la inviò con un breve messaggio.
- Non sei da sola. Mai.
 
[i] Ho sempre preferito TouchID a FaceID… facciamo finta che Genzo non sia un patito di telefonia e non si sia ancora comprato un modello aggiornato!


Angolo dell'autrice: abbiamo raggiunto l'agognato "giro di boa", anche se molto resta in sospeso. Io vi lascio un po' di tempo per metabolizzare perchè la prossima settimana sarò di nuovo fuori casa per una breve ripresa delle vacanze e non potrò aggiornare... perciò l'appuntamento slitterà alla settimana successiva. 
Di nuovo, un enorme grazie a chi segue e a chi mi tiene compagnia... 
Alla prossima!
Maddy
  
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