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Autore: Aky ivanov    10/08/2020    3 recensioni
Kei Hiwatari & Hilary Tachibana
Sono lieti di invitarvi al loro matrimonio.
Sabato 15 Agosto 2020, ore 10:30
presso Villa Hiwatari Nagoya, Aichi-ken, Tokyo

Cosa può scatenare un semplice invito?
Più di quanto gli sposi e alcuni invitati avessero mai potuto immaginare.
[KeixHilary]
[YurixJulia]
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Hilary, Julia Fernandez, Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E le stelle stanno a guardare

~ Una sorpresa inaspettata ~

 

 

Mosca, 05 agosto

Ivan si asciugò la fronte imperlata di sudore in piedi su una delle sedie della cucina, il ripiano della credenza fin troppo alto da raggiungere senza supporto nonostante i suoi 26 anni. L’impianto dell’aria condizionata era fuori uso da due giorni, il tecnico in ferie fino alla settimana prossima e il vapore delle polpette saltate in padella era puntato dritto sulla sua faccia.
Yuri gli passò l’ennesimo barattolo di conserva estratto dalla busta della spesa nel medesimo stato accaldato accanto ai fornelli, cucinare non era stata la loro idea più brillante quella sera.
«Non possiamo chiamare un’altra ditta per aggiustarla? Tra poco diventeremo come quelle polpette»
«Sai benissimo che Boris le ha fatte scappare tutte» Yuri accartocciò una busta sollevando la seconda sul bancone da cui iniziò a tirar fuori dei pacchi di pasta «Alexander è l’unico che lo sopporti, quindi ci toccherà aspettare»
Ivan sbuffò gettando con malavoglia gli ultimi oggetti nel mobile facendo sorridere l’altro alle prese con la loro cena.
«Puoi sempre andare a trovare Sergej e Nataliya, ti accoglierebbero a braccia aperte come babysitter»
«No, grazie. Quelle due piccole pesti mi farebbero sudare sette camicie» voleva bene a quei due cicloni in miniatura che affettuosamente chiamava nipoti, ma gli bastava vederli poche volte a settimana «Piuttosto, dov’è Boris?»
Yuri si pulì le mani su uno strofinaccio indicando svogliatamente verso la porta della cucina nel suo muto countdown con le dita. Giunto all’uno un rombo di passi accompagnò il trafelato ingresso del ragazzo che dopo aver sfondato la porta del loro appartamento era entrato in stanza appoggiandosi alle ginocchia per riprender fiato.
«Scusate…i bambini mi hanno trattenuto…volevano vedere un attacco di Falborg….ma ci sono…» Boris inspirò profondamente ricomponendosi alla meglio «Non vi preoccupate, so che tocca a me stasera cucinare, sono pronto a preparare la cena»
«Sì, sì, come no» Yuri gli sventolò una mano con noncuranza sulla faccia, lanciandogli addosso lo straccio «Le polpette sono in padella, le patate già nel forno, assicurati almeno di controllare che nulla bruci…sappi che il debito aumenta»
«Yu dico davvero, non l’ho fatto di proposito! Perché non mi credi mai?»
«Forse perché il nostro appartamento è in una zona restaurata del monastero e quindi ti basterebbe semplicemente salire le scale dopo una certa ora?» intervenne Ivan ora comodamente stravaccato sulla poltrona intento a far rimbalzare una pallina sulla parete opposta.
«Maledetto nano da giardino»
Yuri si portò le mani sui fianchi con aria di rimprovero iniziando quella che Ivan considerò la prassi da quando Sergej aveva messo su famiglia quattro anni prima. Essendo rimasto da lui molte volte per la notte, aveva notato una certa somiglianza fra i suoi battibecchi con la moglie e quelli fra Yuri e Boris.
«Vado a fare la doccia, Ivan controllalo» e lui sembrava tanto il figlio messo in mezzo come scusante per placare una lite.
Boris gettò su un tavolino – senza nemmeno degnarla di uno sguardo – la posta che aveva ritirato prima di rincasare, concentrandosi a borbottare davanti alla padella con il cucchiaio di legno alla mano.
«Uguale a quella pazza sclerata di Irina quando stavamo insieme» girò con foga le polpette schizzando olio in giro «Una donna ciclata, ecco cos’è»
«Ti ho sentito» fu la fredda risposta dall’altro lato dell’appartamento.
«Versione potenziata, pure l’orecchio bionico»

 

 

Mosca, 06 agosto

Yuri, telefono incastrato fra testa e spalla, scaricò sul tavolo una cesta piena di giochi, libri, indumenti e altre cianfrusaglie che erano state donate alla sede del nuovo monastero divenuto ormai una specie di orfanotrofio innovativo. Inaugurato ufficialmente sei anni prima, gran parte del merito si doveva ai fondi iniziali messi a disposizione da Kei mai voluti indietro – e alle abilità giuridiche della mamma di Nataliya che aveva preso a cuore la loro causa.
«Sì, hanno scaricato proprio ora Sergej» iniziò a separare le varie categorie di materiale spostando il telefono dal lato opposto «È anche più roba del previsto…no, non provare a venire ad aiutare, goditi il tuo ultimo giorno di ferie con la tua famiglia»
Sergej sospirò, certe cose non sarebbero mai cambiate, non l’avrebbe mai avuta vinta contro quel tono imperioso.
«Fatti aiutare almeno da Ivan e Boris»
Yuri scostò il cellulare dall’orecchio per vedere l’orologio segnare le diciassette riavvicinandolo mentre piegava l’ennesima gonnellina «Ivan è impegnato a preparare la merenda ai bambini».
Posizionato l’indumento sulla pila dei vestiti femminili si mosse alla ricerca di una forbice per aprire l’imballo successivo «Boris invece sta pulendo tutta l’ala est»
«Non ha nuovamente preparato la cena?»
Yuri ridacchiò rispondendo affermativamente in un girotondo senza fine nella cucina, ovviamente le forbici non erano mai al loro posto.
«Dovresti prenderti una vacanza anche tu»
«L’ultima volta che l’ho fatto abbiamo dovuto chiamare l’idraulico perché il seminterrato si è allegato, uno dei bambini si è preso la varicella infettando tutti quanti compreso il sottoscritto» ricordatosi improvvisamente del decoupage serale ideato da Ivan per il bigliettino di auguri ad una delle bambine si avvicinò al tavolino trovando l’oggetto sotto un giornale «Boris ha quasi dato fuoco alla cucina lasciando un rotolo di carta accanto ai fornelli…Devo continuare?»
Imprecò alla fine della frase rasserenandosi di non aver bambini intorno pronti a ripetere il suo linguaggio colorito. Aveva urato erroneamente il cestino pieno di carta presente sul tavolino rovesciandone l’intero contenuto a terra.
«Ammetto siano un po’ troppe coincidenze, ma domani che torno potresti pensare di andarci»
Abbassatosi a sistemare il danno sbuffò al plico di lettere venuto fuori. Perché i suoi amici non imparavano a poggiarle sulla scrivania dell’ufficio preferendo rischiare l’ennesima mora da pagare sulle bollette?
Sfogliandole fra le mani una busta bianca quadrangolare attirò la sua attenzione, l’aprì estraendo un cartoncino finemente decorato da tralici dorati sul retro e traforato sul davanti, chiuso da un fiocchetto in raso color avorio. Non era una bolletta, né il genere di pubblicità che ricevevano tutti i giorni.
«Prendo il tuo silenzio come un sì?»
Il suono statico della linea fu l’unica cosa che Sergej udì per diversi secondi.
Yuri slacciato il nastro era rimasto ad occhi sbarrati dinanzi alla sinuosa calligrafia, non credendoci per davvero.

Kei Hiwatari & Hilary Tachibana
Sono liti di invitarvi al loro matrimonio.

Sabato 15 Agosto 2020, ore 10:30
presso Villa Hiwatari Nagoya, Aichi-ken, Tokyo

 

Si schiarì la gola dando un segno di vita al telefono.
«Yuri?»
«Hiwatari si sposa»
Questa volta il silenzio giunse dall’altro capo.
Yuri non poté fare a meno di sedersi a terra a contemplare l’invito tra le mani, affiancato da un secondo bigliettino con le informazioni stradali e la precisazione che avrebbero alloggiato alla villa senza dover spendere ulteriori soldi per l’hotel.
Dieci anni erano passati dal loro quarto ed ultimo mondiale insieme, allora era appena diciottenne. Certo, loro senza Hiwatari avevano preso parte fino al sesto campionato prima di ritirarsi ma constatare quante cose fossero cambiate in quegli anni faceva un certo effetto.
«Oh, ottima occasione per delle ferie non trovi?»
Sergej alle volte era veramente perseverante.


Mosca, 07 agosto

Boris dondolò un’ultima volta il passeggino lasciando cautamente la presa, quei due pargoli non erano così innocenti come sembravano appena addormentati. Nataliya gli sorrise riconoscente spostandoli delicatamente nell’angolo più fresco della cucina, ancor più calda del solito quella mattina dato il sovraffollamento. Sergej era tornato attivo nel monastero portando con sé la famiglia – dopotutto erano invitati anche loro – ed aveva annunciato a sua volta di aspettare un terzo figlio. Si massaggiò lo stomaco dove Yuri senza troppe cerimonie gli aveva mollato una gomitata quando ironicamente aveva fatto loro notare l’uso di apposite precauzioni.
Era un’innocua battuta.
«Dobbiamo seriamente fare due chiacchiere con il postino, come si fa a smarrire la posta e riconsegnarla dopo mesi?
»
Sergej che aveva fatto la domanda era seduto perplesso su uno dei pioli della scala nel coraggioso tentativo di riparare il condizionatore.
«Kei ieri mi ha detto di aver spedito gli inviti a maggio, tra il passaggio di gestione dell’azienda di famiglia interamente nelle sue mani e i preparativi del matrimonio non si era accorto mancasse la nostra risposta. Il postino però non è l’unico colpevole»
Yuri lanciò un’occhiataccia al suo indirizzo sbattendo il cucchiaino nella coppa del gelato.
«Mi sono già scusato, non iniziare di nuovo! Come se un giorno potesse fare la differenza!»
Ivan sbatté la testa sulle braccia poggiate al tavolo ormai rassegnato. Iniziava la nuova rissa della giornata, fortunatamente i gemellini avevano il sonno pesante.
«Continuano a far sempre così, eh?»
Si voltò verso Nataliya intenta a tagliare le verdure, i capelli biondi raccolti in uno scomposto chignon e l’espressione divertita rivolta ai due litiganti. Era stato strano vederla sposare il suo amico dopo i primi tempi in cui tutto sembrava suggerire un interesse verso il ragazzo dai capelli rossi.
«Sono peggiorati da quando Sergej è andato via, sembrano una coppia sposata ai ferri corti»
L’improvviso silenzio gli suggerì di essere stato ascoltato, si alzò repentinamente spostandosi vicino alla scala utilizzando la cassetta per gli attrezzi come scudo mentre rivolgeva un’occhiata supplichevole al gigante biondo che bonariamente accorse in suo aiuto.
«L’obbiettivo del giorno non era decidere cosa regalare?»
Yuri annuì a corto di idee combattendo la sua guerra personale contro Nataliya nell’intento di aiutarla con il pranzo, fallendo miseramente. Tornò rassegnato a mangiare il suo gelato guardando lo schermo del laptop dove nella barra di ricerca Boris aveva scritto “Cosa regalare a un matrimonio?”.
Cucchiaino penzolante alla bocca gli rivolse un’occhiata eloquente.
«Accontentati, almeno ci sto provando»
Ivan passò un cacciavite all’amico scrutando il duo a tavola.
«Scusate ma abbiamo già partecipato a quello di Sergej, cosa gli abbiamo regalato?»
Boris ad occhi spalancati rivolse all’improvviso tutta la sua attenzione al computer battendo una mano sulla schiena di Yuri a cui era andato di traverso il gelato. La donna intenta a soffriggere le verdure rivolse un’occhiata divertita al marito sotto lo sguardo incapiente di Ivan.
«Che avete? Io non lo ricordo!»
Yuri gli scoccò un’occhiataccia tossendo un’ultima volta, le guance arrossate per lo sforzo e qualcos’altro, rispondendo fin troppo a bassa voce.
«Niente» un improvviso interesse anche suo per il desktop «Non gli abbiamo regalato niente»
Ivan fu colpito da un flash: il matrimonio sobrio, il pranzo insieme al monastero, Kei che regala una busta ai festeggiati e loro che si guardano non sapendo che pesci prendere.
Lo avrebbero ucciso quando i due coniugi sarebbero andati via.
Sergej si lasciò scappare un tenero sorriso, Yuri era un bugiardo. Gli avevano augurato di essere felice e crearsi la famiglia che nessuno di loro aveva potuto avere, era il regalo più bello potesse aspettarsi da loro.

 

Dopo pranzo la situazione non era migliorata, erano ancora punto e accapo per l’idea del regalo. Boris aveva dichiarato forfeit accasciandosi sul pavimento dove i bambini avevano ben pensato di usare il suo cadavere come base per costruire la loro torre di costruzioni. I genitori di Nataliya avevano assicurato di potersela cavare da soli per il resto della giornata nella gestione del monastero ma Ivan aveva preferito andare a dare una mano. Sergey era seduto sul pavimento con Anja in grembo intenta a impilare un blocco colorato sul naso di Boris, mentre sua moglie si era appisolata sulla poltrona.
Yuri sospirò, gli avevano scaricato la patata bollente.
Aprì il browser scorrendo la cronologia alla ricerca di qualche illuminazione fra le indagini precedenti di Boris, restando sconcertato dalle parole chiave utilizzate.
Cosa si regala a un matrimonio?
È obbligatorio presentarsi ad un matrimonio con un regalo?
Cosa regalare a un russo e una giapponese
Servizi da tè giapponesi
Cos’è lo chashaku
Dizionario giapponese-russo
Servizi da tè con fantasia beyblade
Perché cazzo Hiwatari doveva sposarsi?!
Temperature Tokyo il 15 agosto
Voli Mosca-Groenlandia
«Trovato qualcosa?»
Scosse la testa frastornato nell’improvvisa realizzazione di un particolare agghiacciante.
«Sergej, noi andremo al matrimonio il 15 di Agosto…Tokyo non è Mosca»
Chiuse di scatto il portatile diretto in bagno, al sol pensiero era sorto il desiderio irrefrenabile di una doccia ghiacciata.


Mosca, 08 agosto

Anja e Dimitrij correvano felici nel cortile del monastero giocando con gli altri bambini, inseguiti da Ivan che nella loro immaginazione doveva essere il drago sputafuoco da sconfiggere.
Boris e Yuri guardarono soddisfatti il loro lavoro, il nuovo beyblade stadium era perfetto per gli incontri d’allenamento in vista di future gare. D’altronde quel posto era pieno di giovani promesse per quello sport.
«Quindi Hiwatari ha davvero detto di poter andare da lui già domani?»
Yuri annui raccogliendo gli attrezzi e avviandosi verso l’interno.
«Sì, penso abbia parlato con Sergej e la sua idea di vacanze» si bloccò all’improvviso prima di entrare scuotendo il dito verso un bambino poco distante da loro «Adam no, non si sale sull’albero nemmeno per giocare a nascondino»
Il bambino di sei anni colto in flagrante aveva abbassato i piedini dalla corteccia, rialzandoli un secondo dopo aver visto i ragazzi entrare.
«Fossi in te non lo farei»
Adam si voltò verso l’ingresso da cui era giunta la voce minacciosa di Yuri non trovandolo. Per la fantasiosa immaginazione di un bambino l’uomo severo doveva avere occhi ovunque come i mostruosi alieni del suo cartone animato preferito.
Alla fine deglutì pesantemente preferendo andare a giocare a qualcos’altro.
«Lo hai terrorizzato»
Boris ridacchiò chiudendo la tende della sala mensa affacciata sul cortile, alle volte quei bambini erano davvero ingenui. Ancora non si era abituato a guardare quella stanza con lo scroscio di risate allegre in sottofondo.
Diretto alla credenza prese le tovagliette colorate dal ripiano scontrandosi in pieno con Sergej entrato di volata in stanza. Il suo amico leggermente incavolato brandiva minacciosamente il laptop già precariamente semidistrutto.
«Boris ti avevo detto di prenotarli!»
L’interessato inarcò un sopracciglio sistemando le posate sul tovagliolo, affiancato dallo sguardo interrogativo di Yuri.
«I biglietti dell’aereo, ieri ti avevo lasciato i dati del bancomat dovevi solo confermare!»
«Oh, ecco cosa dovevo fare» sentì addosso l’occhiata omicida del rosso senza bisogno di voltarsi «Quante storie, prenotiamo ora»
Il totale della prenotazione in extremis fu 174 192 rubli
1, forse non avevano tutti i torti a lamentarsi del ritardo.


Mosca, 09 agosto

Yuri infilò per ultimo in valigia il vestito del matrimonio – riciclato da quello di Sergej – , ricontrollando mentalmente la sua lista ed assicurandosi di non dimenticare nulla.
Sconfortato si avvicinò al letto del suo compagno di stanza ancora nel mondo dei sogni. Erano le otto del mattino, l’areo sarebbe partito fra meno di tre ore e lui stava ancora dormendo.
«Boris andiamo, hai ancora la valigia da sistemare» lo scosse con poca grazia ottenendo un grugnito in risposta e il suo braccio afferrato e trascinato verso di lui, tanto da farlo finire seduto a terra accanto al letto.
Perfetto, Boris stava nuovamente facendo uno dei suoi numerosi e strampalati sogni erotici. Gli urlò a un centimetro dall’orecchio facendolo sobbalzare, finalmente libero di rialzarsi da terra.
Boris mise a fuoco lentamente il volto diafano con le due ciocche rosse ribelli sul davanti. Le corna erano scomparse con gli anni sostituite da un taglio di capelli ancora lungo quanto bastava per formare un codino alla base della nuca.
«Tu…non sei Irina»
«Grande scoperta» fu la pronta risposta seccata «Muoviti che l’aereo non aspetta a noi»
Svogliatamente scostò il lenzuolo, il suo ex capitano non avrebbe mai imparato le buone maniere da usare al mattino «Buongiorno anche a te Yu».
Yuri sembrò non gradire la sua ironia incrociando le braccia.
Boris ricadde disperato sul letto non essendo pronto a sopportare un attacco di prima mattina.
«In merito al tuo bellissimo sogno, vedi di fartene una ragione, Irina si è sposata un vecchio bacucco per soffiargli l’eredità» ci fu una pausa in cui Boris mestamente aprì gli occhi sorpreso da quella breve durata, l’attenzione del suo amico era puntata verso un punto più in basso sul letto «Già che ci sei, usa anche l’acqua gelata. Il piccolo Boris sembra aver apprezzato ugualmente»

Boris sbadigliò davanti la tazza di latte, versandoci fin troppo sciroppo alla menta in preda ai rimasugli del sonno.
Ivan lo guardò divertito sgranocchiando dei biscotti, più attirato dal suo stato che dalla rivista che inizialmente stava leggendo. Con un cenno del capo il piccoletto gli indicò Yuri concentrato nella stesura del quarto foglio da lasciare ai suoceri di Sergej.
Una lista di informazioni su cosa bisognava fare nella struttura, le allergie dei bambini, gli orari in cui mangiavano, attività e incontri con gli assistenti sociali e una serie infinita di altre cose che gli fecero provare pena per quella povera coppia.
Sperava Sergej arrivasse presto a prenderli per andare all’aeroporto.
Yuri interruppe la sua scrittura al suono del cellulare. I due accanto a lui potevano pure prenderlo in giro ma lui voleva star tranquillo durante quella settimana di vacanze forzata senza dover essere chiamato per le precisazioni più disparate.
Rispose al numero sconosciuto pensando ad un qualche operatore telefonico.
«Buongiorno, signor Yuri Ivanov?»
«Sì»
«Sono il colonnello Viktor Smirnov, non so se si ricorda di me, ho gestito le indagini sul conto di Vladimir Volkov» come dimenticare il nome del loro salvatore, ovvio che lo ricordasse. Era stato quell’uomo a gettare a vita Vorkov dietro le sbarre.
«Certo, mi dica pure»
«C’è stato un problema all’archivio e alcuni documenti sul suo caso si sono danneggiati, mi servirebbero nuovamente alcune delle vostre testimonianze. Sarei grato a lei e ai suoi compagni se in mattinata potreste venire all’ufficio»
Yuri osservò i biglietti dell’aereo emettendo un profondo sospiro. Lo aveva detto a Sergej che non doveva andare in vacanza.


Mosca, 10 agosto

Sergej, seduto al posto del guidatore tamburellò le dita sul volante in attesa di Ivan che aveva pensato bene di buttarlo giù dal letto alle tre del mattino. Ora erano le quattro e si trovava davanti alla stazione di polizia sperando in bene che Ivan avesse davvero dimenticato il passaporto lì il giorno prima. Yuri senza mezzi termini aveva già chiesto il risarcimento per il volo perso, soldi che sarebbero arrivati solo seguendo i lenti tempi della burocrazia rendendolo abbastanza nevrotico.
Sbloccò il display del cellulare aprendo l’applicazione dei biglietti di viaggio, un leggero sconforto per le diciannove ore di volo che li attendevano di lì a poco, non aveva idea di come mantenere i suoi figli fermi su un sedile per tutto il viaggio. Al di là della spropositata cifra sborsata, si erano dovuti accontentare anche della tratta più lunga.
La portiera si aprì e il ragazzo trionfante mostrò il passaporto ritrovato consolandolo almeno su una cosa: Yuri non sarebbe collassato all’idea di spendere soldi per la terza volta.
Mise in moto dirigendosi direttamente a casa sua, la partenza fissata alle sette del mattino rendeva praticamente inutile accompagnare Ivan al monastero e fare avanti e indietro due volte.

Seduti al bar dell’aeroporto Sergej allungò una tazza di caffè all’indirizzo di Yuri. Due profonde occhiaie e letteralmente un diavolo per capello – considerando quanto erano scompigliati – incorniciavano un volto che non aveva proprio l’idea di voler andare in vacanza.
«Nemmeno quando Anja e
Dimitrij piangevano tutta la notte arrivavo in questo stato al mattino»
Yuri bevve tutto d’un fiato quella miscela senza zucchero placando leggermente il suo nervosismo.
«Ho dormito un’ora per aiutare Ivan e la sua maledetta ricerca prima di gettarlo fuori dalla porta a calci in culo quando si è ricordato di averlo lasciato al commissariato»
Sergej li immaginava tutti indaffarati a mettere a soqquadro l’intero appartamento accompagnati dal ronfare di Boris, gli anni bui erano passati lasciando pian piano emergere quei lati caratteriali relegati a forza in un angolo durante l’infanzia. Qualche volta gli mancava non abitare più con quei casinisti ma sicuramente non era quella l’occasione.


Nonostante la prenotazione tardiva erano riusciti a trovare posti vicini nell’aereo, occupando la fila centrale da cinque posti e la coppia su uno dei lati.
Ivan aveva preso posto accanto al finestrino con Boris, conscio di rischiare di essere ucciso nel sonno se solo avesse osato entrare nel raggio vitale di Yuri mentre quest’ultimo era seduto con Sergej e famiglia, precisamente sul posto del corridoio accanto ad Anja.
Guardando la sua piccola principessa sveglia e pimpante attaccarsi al braccio del moscovita, Sergej iniziò fortemente a dubitare di poter definire quella sistemazione una fortuna.


Tokyo, 11 agosto

Ivan insieme a Boris mantennero le distanze dal resto del gruppetto, avevano dimenticato di calcolare il fuso orario trovandosi ad atterrare alle quattro del mattino. Personalmente Ivan era abbastanza riposato, ciò non lo si poteva dire di Yuri che a parte una breve dormita – interrotta da una turbolenza – il resto del viaggio lo aveva passato a commentare cartoni animati, colorare e giocare con la bambina accanto a lui nonostante i vani tentativi di Sergej di tenerla ferma.
Yuri non avrebbe mai rifiutato di passare del tempo in sua compagnia, stravedeva per Anja anche se negava continuamente le loro insinuazioni.
A lei si era poi unito
Dimitrij creando una miscela iperattiva esplosiva.
Gettò un’occhiata all’andatura sbilenca del rosso preoccupandosi di vederlo crollare da un momento all’altro.
«Secondo te ci arriva a casa Hiwatari?»
Boris diretto al check out seguì il suo sguardo scuotendo la testa, stava già cercando il numero delle emergenze giapponese.
Uno strattone alla giacca e fu costretto a fermarsi, Ivan gli stava indicando un punto oltre la vetrata sulla pista esterna.
«Quello non ti sembra Kei?» seguì la direzione dell’indice strizzando gli occhi per vedere al buio, spiaccicato contro il vetro alla ricerca della fatidica persona individuata con non poche difficoltà solo grazie alla chioma argentata spiccante in quel gruppetto variegato sotto la luce dei lampioni.
«Sì, è proprio lui. Dove stanno andando a quest’ora?»
«Forse atterrava qualcuno che ha chiesto il suo aiuto»
Boris annui poco convinto, in quel caso avrebbe mandato il maggiordomo pur di non uscire di casa. In più, era accompagnato distintamente da altri ragazzi, tra cui una distinguibile chioma bionda, tutti allegramente diretti verso la zona di decollo. Uno sguardo più attento e la sua attenzione fu catalizzata dal jet appena sistematosi sulla pista privata dove il logo delle industrie Hiwatari spiccava sul lato.
«Sta partendo…vuoi vedere che il piccolo rampollo va a spassarsela prima del matrimonio senza di noi!?»
Ivan annui concorde offeso in egual modo mentre Boris chiamava al telefono senza risultato il loro pseudo amico. Anche mettendosi a correre non li avrebbero mai raggiunti per tempo, il tutto si decise in una frazione di secondo.
Un caddy del controllo aeroportuale parcheggiato davanti all’area di imbarco attirò il loro interesse.
Ivan si scambiò uno sguardo d’intesa con Boris, i due cominciarono a correre scavalcando le transenne divisorie, catapultandosi sulla macchinina che aveva ancora le chiavi attaccate. Una delle guardie a distanza cominciò a inseguirli nell’aeroporto semi deserto urlando in diverse lingue nel tentativo di bloccare i trasgressori dei controlli d’uscita.
«Vai Ivan, parti, parti, parti!»
Il ragazzo girò la chiave partendo a manetta con un sobbalzo in quello che doveva essere una nuova variante del mezzo. Non ricordava una velocità così elevata.

 

«Mi dispiace che Anja ti abbia stressato tutto il volo»
Yuri scacciò con un gesto della mano le ennesime scuse del suo amico, quella bambina non aveva colpa della sfortuna che lo perseguitava. L’emicrania sicuramente non l’aveva scatenata lei ma il bocchettone difettoso dell’area condizionata, ovviamente capitato sulla sua testa.
Nataliya li aveva preceduti con i due terremoti per dargli un attimo di respiro, ma in realtà considerava più problematici gli altri due ragazzi insolitamente silenziosi dietro di loro che i veri bambini.
«Ah Yuri, non l’avrei mai detto ma il tuo amore per i bambini non ha eguali»
La risata di Sergej aumentò al broncio di risposta, era una goduria prenderlo in giro su quel fronte.
Lo stridio delle gomme seguito da alcuni urli risuonarono nell’aeroporto arrestando la loro camminata. Yuri non fece in tempo a voltarsi che si sentì afferrato per la vita. Catapultato in un disordine di luci e suoni urtò la testa contro qualcosa avvertendo le gambe improvvisamente pesanti.
Sergej sul momento non capì nulla, pensando a un improvviso rapimento aveva afferrato le gambe del rosso penzolanti dal caddy ed era rimasto attaccato ad esse strusciando sul pavimento e in parte sull’asfalto. Ringraziò gli anni di allenamenti passati che gli permisero di issarsi sul retro del trabiccolo e osservare i due spericolati guidatori sulle cui gambe riversava Yuri, le mani premute sulla fronte senza alcun freno nella sua scarica di maledizioni.
«Cosa diavolo vi è saltato in mente?!» il suo urlo si perse nel vento seguito da quello alle sue spalle, un paio di guardie li stavano inseguendo arrancando in affanno.
«Rilassati Ser, è tutto sotto controllo!»
Una sterzata improvvisa e quasi non si trovò catapultato di fuori.
«Yuri mi senti?! Stai bene?» aggrappato ad una delle aste per non cadere si era sporto ma la risposta non l’aveva capita coperta dal suono del clacson.
Un’improvvisa frenata e fu scaraventato in avanti, escoriandosi il braccio contro il cruscotto pur di non ammazzare il povero ragazzo frastornato.
Kei pensava di averle viste tutte dopo gli anni con i Bladebreakers ma ammise a sé stesso che quella dei russi superava tutte le loro stramberie.
Parcheggiati davanti al suo jet, Boris e Ivan capelli sparati in ogni direzione a causa del vento sorridevano vittoriosi. Quello che presumeva fosse Sergej si stava lentamente rialzando sanguinando dal braccio.
«Allora Hiwatari, volevi partire senza di noi?»
Boris incurante delle diverse pattuglie in avvicinamento era sceso andandogli incontro, salutandolo con quel suo ghigno divertito. Lui era intento a chiedersi se le gambe che si era scrollato di dosso fossero di qualcuno ancora vivo ma soprattutto se fossero di colui che mancava all’appello.
Rimase in silenzio affiancato da un alquanto perplesso Rei mentre Takao e Daichi salutavano allegramente nel medesimo stato scanzonato.
«Oh my friend, abbiamo compagnia!» l’allegra vocina di Max spuntato nel mezzo poggiando un braccio su entrambe le spalle non lo invitò per nulla ad unirsi alla cricca.
«Perché tutte quelle guardie stanno correndo verso di noi?» chiese preoccupato il professor Kappa aggiustando sul naso i suoi nuovissimi occhiali a montatura nera.
«Mi sembra abbastanza ovvio, i russi devono aver combinato qualche casino, che novità» rispose Andrew con voce sprezzante osservando Ivan spostarsi leggermente preoccupato accanto a Boris.
Le guardie erano ormai arrivate a piena portata d’orecchie, ma non furono loro a preoccupare il nippo-russo. Sergej aveva iniziato a urlare accanto al caddy attirando la loro attenzione.
«No Yuri! FERMATI!»
«YA tebya ub'yu!
2»
Il gruppetto guardò attonito quello che ricordavano essere il glaciale e impassibile capitano della Neoborg urlare come un forsennato, bloccato per le spalle e sollevato da terra dalle forti braccia di Sergej. Le gambe dimenate nel vuoto nel tentativo di divincolarsi dalla presa mentre guardava in direzione di Boris con occhi azzurri pieni di istinto omicida.
«Non è la stessa frase che hai detto a Hilary l’altra sera?»
Kei osservò lo stato disfatto del russo preferendo non mettersi in mezzo, Yuri sarebbe stato capace di uccidere anche lui quando entrava in modalità killer. Continuò a osservare la scena rispondendo senza mezzi termini a Takao, una vena pulsante sulla tempia all’idea del giapponese che origliava la sua conversazione privata.
«No, hanno un suono simile. Yuri non sta pronunciando smancerie, sta minacciando di ucciderlo. Come farò io con te se provi di nuovo ad ascoltare i fatti miei con Hilary»
Le guardie arrivate sul posto non furono preparate a quanto successe, il loro obbiettivo era prendere i due ladri. L’indemoniato dai capelli rossi libero di muoversi aveva urlato loro di non mettersi in mezzo avventandosi sul ladro più grande, dando vita a una rissa sull’asfalto.
Rei andò in soccorso di Sergej nel tentativo di fermare quel caos mentre Kei cercò di sistemare eventuali danni causati da quegli irresponsabili, non voleva ricordarsi il suo matrimonio in commissariato.

Seduti nel jet, Sergej lasciò che Max disinfettasse il suo braccio insieme ai diversi taglietti procuratosi sulle braccia e sulle gambe dal precedente giro sul pavimento dell’aeroporto. Boris dal canto suo aveva l’impacco di ghiaccio premuto sul labbro spaccato, seduto al capo opposto dell’aereo rispetto a Yuri che continuava a guardarlo in cagnesco con il suo impacco sulla testa.
Rei seduto quasi nel mezzo alternava lo sguardo fra le due belve in cerca di aiuto verso Takao che aveva ben pensato di addormentarsi.
«Amsterdam eh?» fortunatamente per lui Ivan sembrava essere ancora di buon umore «Geniale portare Kei lì per l’addio al celibato. Di chi è stata l’idea?»
«Mia modestamente, i giapponesi non sapevano nemmeno cosa volesse dire» Andrew poggiò la testa sul palmo sorridendo con superiorità «Da noi solitamente dura un intero weekend ma ci siamo dovuti adattare, ovviamente partendo di notte per evitare troppa gente su richiesta di Hiwatari. Penso non sapesse del vostro arrivo in mattinata»
Il particolare di voler far spendere volutamente un patrimonio a Kei poteva ometterlo.
Il bicolore guardò fuori dal finestrino, non gli interessava tutto quel progetto, lo avevano praticamente sequestrato da casa sua nel cuore della notte.
Rei si irrigidì sul sedile quando all’improvviso si trovò accanto Yuri. Il moscovita doveva essere stato un gatto in una vita passata dato che nessuno l’aveva sentito. I suoi timori di un’altra rissa si rivelarono infondati, Yuri ripreso il suo proverbiale autocontrollo e un’espressione estremamente seria aveva allungato il telefono verso Sergej.
«Nataliya»
Sergej sbiancò improvvisamente.
La sua famiglia, l’aveva lasciata all’aeroporto.


Amsterdam, 11 agosto

Yuri era ormai al limite.
Trangugiò il suo bicchiere di caffè corretto con la vodka come fosse acqua fresca.
Rei addentò la sua brioche continuando a osservare il ragazzo seduto di fronte con preoccupazione, erano atterrati venti minuti prima e la colazione inizialmente era sembrata la proposta più saggia.
«Yuri scusa se mi permetto, ma non credo ti faccia bene bere alcool già alle dieci e mezza del mattino».
Ingoiò a fatica il suo dolcetto al bicchiere diventato un cartoccio inutilizzabile dopo la sua domanda.
«Ho passato le mie ultime ventinove ore su un aereo per due viaggi consecutivi. Tenendo da conto viaggio e fuso orario è come se non dormissi da due giorni, ho una probabile commozione celebrale e tu mi vieni a dire che un po’ di vodka al mattino non è salutare?!»
Rei preferì non continuare, la voce di Yuri era prossima a un esaurimento nervoso malgrado avesse cercato di contenerla il più possibile e dovette ammettere che tutte quelle ore d’areo spiegavano il perché Ivan accano a lui continuasse a mescolare la sua tazza da quindici minuti.
A due posti di distanza la situazione era ben diversa.
Boris perfettamente fresco e riposato fissava senza batter ciglio Max che iniziava a sentirsi a disagio. Il pizzetto biondo proprio non riusciva a vederlo adatto al volto dell’americano, stonava con i suoi lineamenti dandogli un’aria particolarmente bizzarra.
«Di un po’, in America va di moda?»
Max lo guardò perplesso alla domanda improvvisa, capendo il fulcro della discussione quando il russo indicò il proprio mento.

«Ah no, non vivo in America. Ho preso in gestione il vecchio negozio di mio padre ampliandolo, ora è integrato nella struttura della BBA. Il pizzetto ho dovuto farlo crescere perché continuavano a scambiarmi per un ragazzino e non per il proprietario»

La risata cristallina di Max alleggerì l’atmosfera per tutta la tavolata, lo stesso Kei sorrise ricordando la sua visita alla nuova sede dove Max disperato cercava di convincere dei bambini che non aveva quindici anni.
Soddisfatta la sua curiosità, Boris aveva cambiato il suo obbiettivo inquadrando la persona seduta nel mezzo fra l’americano e Yuri.

«Allora Hiwatari, tu invece hai qualche idea precisa su come vuoi spassartela?»

«Io nemmeno volevo venirci qui, ho un’azienda da portare avanti»

Takao apparve da dietro abbracciandolo e lui cercò di divincolarsi.

«Oh quanto sei noioso! Sono i tuoi ultimi giorni di libertà!»

«Takao ha ragione, per prima cosa dovresti togliere quel triste completo, chi vuoi ti si avvicini vedendoti in giacca e cravatta»
Daichi comparso anche lui alle spalle gli aveva tolto la cravatta beccandosi una minaccia di morte alla quale sfuggì nascondendosi dietro Yuri, il quale fissava il bancone indeciso se ordinare un secondo bicchiere.

«Non mi sembra il caso di prendere consigli di moda da te. Presenti gli incontri nello stesso strampalato modo del vecchio Dj man»
Yuri improvvisamente interessato guardò il ragazzo, l’ultimo campionato l’aveva seguito di sfuggita a causa di alcuni problemi al monastero ma ricordava distintamente l’incontro a San Pietroburgo dove il presentatore era vestito da matrioska.

Non aveva capito fosse lui nel costume.

«Che hai da ridacchiare tu?»

Daichi lo stava guardando offeso, scosse la testa incrociando lo stesso divertimento negli occhi di Boris. L’intera sfida quel giorno l’avevano passata a prendere in giro quel vestito.

«Suvvia ragazzi smettetela, piuttosto Sergej è ancora qui fuori a parlare con sua moglie non dovreste dirgli che è arrivata la sua ordinazione?» nessuno ascoltò il professor Kappa, troppo impegnati a prendere il giro il povero sfortunato, persino Kei.

Andrew continuò a osservare la cartina cerchiando i posti in cui andare, i più cari della zona ovviamente, rispondendogli distrattamente «Io ancora non riesco a credere che si sia sposato prima di me. Posso capire Rei e Mao ma lui? Nah»

«OH, SMETTETELA!»

Daichi sbottò dimenando le braccia e colpendo un cameriere di passaggio con il suo vassoio, il cui contenuto si riversò sul povero Kei.
Boris sogghignò guardando la faccia del nippo-russo coperta di panna, perché era davvero difficile capire il restante contenuto dei bicchieri finiti sui suoi vestiti.

«Guarda il lato positivo, ora devi cambiarti per forza»

 

Kei si convinse di non avere degli amici.

Lo avevano derubato di tutti i suoi vestiti costringendolo a indossare una camicia arancione fluo – idea di Max - su dei pantaloni neri fin troppo attillati, trascinandolo nel quartiere a luci rosse della città. A cosa servivano gli avvertimenti contro i borseggiatori se le persone a lui più care gli avevano ormai portato via tutto. Persino la dignità.

I russi non sarebbero dovuti venire.

Al di là di Andrew che misteriosamente aveva voluto organizzare il viaggio, Takao e Daichi accompagnati da Max avrebbe ancora potuti gestirli se non fossero stati soggiogati dai consigli di Boris. Ivan altalenante risultava una mina vagante, alle volte lo aiutava altre volte lo gettava in situazioni più incresciose accompagnando Boris. Quei due erano pericolosi insieme e fuori controllo con Yuri sempre più vicino a sembrare un morto che camminava. Rei e Sergej erano sicuramente più posati data la loro situazione coniugale ma non stavano facendo nulla per aiutarlo e il professor Kappa…lui era impegnato a schermarsi il viso ogni volta che passavano davanti a qualche vetrina fin troppo osé.

Sembravano una ridicola combriccola in quelle strade.

«Rispetto per i lavoratori del sesso di tutto il mondo» Boris lesse ad alta voce la targa della statua femminile dedicata a una prostituta battendone una mano sulla gamba «Parole sante donna»

Sergej roteò gli occhi spingendolo a proseguire.

Avevano già trascinato il povero Kei in un museo dedicato alla vita della prostituzione – dove onestamente si era chiesto il perché di determinati arnesi in camera da letto, rifiutando di ascoltare la guida e compatendo l’improvviso rossore sul volto del novello sposo al consiglio di Takao di provarne uno la prima notte di nozze – e in un coffe shop dove Takao e Daichi avevano costretto Kei ad aspirare un tiro di un qualche tipo di erba mentre lui era impegnato ad accertarsi delle condizioni di Yuri che dopo essere entrato nel locale, per via del forte odore, era uscito fuori dicendo di sentirsi poco bene.

 

Le luci stereoscopiche illuminarono i divanetti del quarto nightclub in cui erano capitati. Kei suo malgrado si ritrovò ad osservare le movenze della ballerina vestita nella sua succinta tutina nera, le calze a righe fin sopra il ginocchio e un manganello nella mano.

Boris continuava a battergli pacche sulla spalla mentre Takao spariva chissà dove trascinato da una donna.

Andrew sorseggiò soddisfatto il suo drink storcendo il muso al russo e al cinese accanto a lui sui divanetti, gli allegri maritini gli stavano rovinando l’atmosfera creata con tanta cura con i loro futili discorsi.

«Quindi tu e Mao vi siete spostati tre anni fa per via dell’imminente nascita della bambina?»

«Sì, è stato tutto organizzato in fretta e furia, i suoi genitori erano scandalizzati all’idea…per non parlare di Lai che voleva uccidermi, ma la nascita di Lin ha placato gli animi»

«Oh smettetela di sembrare delle tenere signorine intente a prendere il tè!»

Andrew urlò per farsi sentire oltre l’assordante suono della musica.
Yuri scosse la testa bevendo d’un fiato l’ennesimo cocktail, l’inglese perdeva in partenza, l’argomento figli era stato introdotto e Sergej sarebbe rimasto lì a parlare per ore.

«Geloso di qualcosa?»

Rei con il suo sorriso da schiaffi sembrò cogliere nel segno ed Andrew si alzò stizzito non degnandolo di risposta per unirsi alla folle danza di Max, chiedendogli in un impeto di gentilezza «Vieni anche tu o preferisci arrivare ad un nuovo coma, questa volta etilico?»

«La seconda, preferisco dimenticare di essere qui»

I due papà apprensivi si voltarono contemporaneamente iniziando a suggerirgli di smetterla di bere, intenzionati a togliergli l’unica consolazione della giornata. A modesto parere di Yuri, i due avevano sbagliato completamente soggetto. La loro preoccupazione doveva essere rivolta al barcollante Kei non in grado di reggere l’alcool accanto al cubo, non a lui. Daichi affascinato dal discorso sulle armi di Boris si era sentito particolarmente ispirato e aveva ordinato per Kei un AK-4.

Yuri era stato convinto che Kei non l’avrebbe bevuto ma completamente rincitrullito com’era dalla ballerina il genio incompreso l’aveva pure ingerito di botta. Da buoni dieci minuti lo stava osservando ridere abbracciato a Daichi rischiando di inciampare ogni secondo.

«Anziché tormentarmi l’anima pensate a recuperare lo sposo se volete arrivi al matrimonio»

Indicò la coppietta ballerina ai due che finalmente si zittirono lasciandogli godere in pace la sua bevanda…o quasi. Una corpulenta donna aveva abbracciato i due ubriaconi strusciandosi contro Daichi e dando un bacio appassionato a Kei, il quale aveva anche ricambiato con vigore.

Rei era partito come un razzo verso di loro, evidentemente doveva aver notato un rigonfiamento di troppo in quella che a quanto sembrava era una donna solo nei vestiti. Lui non ce l’aveva fatta, era scoppiato a ridere tenendosi la pancia davanti allo spettacolo, al quale si erano uniti i lascivi tentativi del tipo rivolti anche a Rei.

«Hilary può ritenersi contenta» accasciandosi con la testa sulle gambe di Sergej a fatica riuscì a parlare rivolto in direzione del gruppetto «Questo non può nemmeno considerarsi tradimento».

L’altro ragazzo si limitò a grattarsi la testa non sapendo cosa fare, per lo meno Yuri si stava finalmente divertendo ma Kei cascato a terra non si era più mosso. Max aveva urlato ad una delle ragazze del lap dance – a quanto pare infermiera di giorno - di soccorrerlo e Daichi agitava le braccia verso il cielo vedendo qualcosa che ai suoi occhi sfuggiva.

La parte più preoccupante però era l’angolo vuoto del divano alla sua destra, dove dall’inizio serata si era rintanato il professor Kappa.

«Dov’è finito Manabu?»

Il proprietario dei due occhi azzurri lucidi a causa dell’ilarità l’osservò perplesso cercando di riprender fiato.

«Il Professor Kappa, si chiama Manabu. Sai dov’è finito?»

Le risate cominciarono più forti di prima. Sergej pensò a causa del nome particolare ma Yuri contorcendosi su sé stesso stava ormai piangendo. La mano faticosamente battuta più volte sul suo ginocchio non servì solo per la ricerca d’aria, fra le lacrime parzialmente versate Yuri gli stava indicando con sforzo qualcosa.

Alzò lo sguardo su uno dei cubi centrali della pista. Manabu, una cravatta legata attorno alla testa e con solo i pantaloni indosso ballava a ritmo di musica affiancato da Takao con una parrucca bionda.


Amsterdam, 12 agosto

Yuri aprì gli occhi lentamente a causa di un rumore metallico.

La prima cosa che mise a fuoco fu la moquette grigiastra sulla quale era disteso, schiacciato dal peso di un braccio. Lentamente si voltò, una fitta alla testa per aver dormito in quella scomoda posizione, trovandosi davanti il proprietario del peso morto sul suo stomaco.

Boris lo stava abbracciando nel sonno.

Liberatosi di lui riuscì a rimettersi in piedi appurando dal cielo esterno fosse ormai pomeriggio. Notò inoltre il professor Kappa con il torace ricoperto di brillantini addormentato di sbieco sul matrimoniale, stesso letto su cui si trovavano anche Daichi e Takao entrambi ricoperti dai segni di un rossetto rosso. Sergej aveva invece occupato una delle poltrone mentre nel bagno in cui entrò barcollante trovò Andrew addormentato nella vasca insieme ad Ivan.

Dopo essersi sciacquato il viso aveva seguito la fonte del rumore che lo aveva svegliato finendo per aprire la porta dell’altra stanza da letto presente nella loro camera d’albergo.

Incapace di parlare era rimasto imbambolato a fissarne l’interno.

Kei era ammanettato al letto per le mani, completamente nudo al di là di una maglia gettata per decenza sulle sue parti intime ed affiancato da Rei che con un martello cercava di rompere le manette. Tutto quello che ricevette furono due ametiste sbarrate alla sua vista e la minaccia di non proferir parola.

«Non ricordo un cazzo di quello che è successo».

 

«Allora divertito?»

Rei si lisciò la lunga coda evitando di osservare Kei. Era stato impossibile per lui non ridere quel pomeriggio, come del resto avevano fatto anche Yuri e successivamente Boris che ancora si divertiva a punzecchiare lo sventurato.

Avevano dovuto ritardare la partenza alle ventuno a causa di quell’incidente.

«Tu fanne parola tornati a casa e io ti uccido»

Sergej ignorò i due osservando il buio oltre l’oblò, prima di partire avevano cercato inutilmente un regalo di nozze e a meno di tre giorni dalla data ancora non avevano trovato qualcosa di concreto.

Ivan si era nuovamente addormentato a debita distanza da Andrew che cercava di recuperare i ricordi perduti della notte mentre Max sorridente osservava le fotografie scattate, optando per inserirne qualcuna nella busta del regalo.

Yuri inclinò la testa curioso al confabulare di Takao e Daichi. Slacciatosi la cintura seguì Rei accanto ai due pur di non restare a sentire la commiserazione del professor Kappa.

«Cosa state combinando voi due?»

Alla domanda di Rei i due cospiratori li tirarono entrambi per il colletto della maglia dietro una fila di sedili, le mani premute sulle bocche pregandoli di far silenzio.

«Cosa c’è di così segreto?» il cinese riprovò a chiedere sussurrando ed ottenendo due sorrisi sornioni.

Takao e Daichi si guardarono intorno assicurandosi che nessun altro si fosse avvicinato a loro prima di estrarre da uno zainetto un involucro di carta.

Yuri inarcò un sopracciglio scettico, tutto quel mistero per un misero fagotto.
«Avete fatto un regalo?»

I due annuirono vigorosamente al russo, Takao si sporse maggiormente in avanti per bisbigliare al loro orecchio «Si tratta di una sorpresa speciale per il matrimonio di Kei!»

Rei sorrise dolcemente davanti a quell’euforia, il suo capitano sembrava ancora un ragazzino quando si comportava in quel modo.

«E cosa gli avete comprato?»

«Una cosa che si può trovare solo a Amsterdam!»

Così dicendo Daichi aprì giusto un po’ il pacchetto mostrando diverse foglie verdi, fin troppe anche per i limiti imposti dalla capitale dei Paesi Bassi.

Rei spalancò gli occhi perdendo velocemente colore, infilò di forza il contenuto nello zaino scagliandolo lontano, in direzione del russo che si scostò con uno scatto felino.

«Non lanciarmi addosso questa roba! Non voglio rischiare di lasciare impronte su qualcosa che possa farmi finire in galera per colpa di due idioti!» se fosse possibile urlare restando sottovoce Yuri non ne aveva idea, ma constatando che gli altri continuavano a farsi gli affari propri evidentemente c’era riuscito.

Takao si ritrovò sbatacchiato avanti e indietro dalla foga con cui Rei, afferratelo per il colletto, continuava a muoverlo in preda al nervosismo.

«Takao cosa ti è saltato in mente?! È illegale l’importazione di questo particolare contenuto, si rischia il carcere!»

Takao sbiancò improvvisamente divincolandosi dalla presa. Afferrato al volo lo zaino scambiò un cenno concorde con Daichi dirigendosi insieme a lui verso la zona antistante del jet, dritti verso il portellone.

«Cosa diavolo state combinando?!»

Kei alzatosi di scatto andò in soccorso allo steward che cercava di evitare l’apertura di sicurezza del portellone. Sergej li guardò allibito, Yuri avvicinatosi scosse la testa dicendogli che era meglio per lui non sapere.

«Kei devi spostarti da lì! Ne vale la nostra libertà!»

«Non so di cosa tu stia parlando ma altro che libertà, c’è in gioco la nostra vita se apri un’aero ad alta quota!»

La vena pulsante sul collo di Kei sembrò funzionare, i due giapponesi si ritirarono nella coda dell’aereo abbracciando lo zaino come fosse loro figlio. Il nippo-russo voleva rubarglielo, loro non potevano permetterlo.

«Che diavolo prende a quegli idioti?!»

«Rimasugli della sbornia» accaparrando tale scusa Rei si chiese se potesse essere accusato di favoreggiamento.

 

«Pronto?»

Daichi guardò Takao.

«Pronto»

Rannicchiato accanto al water Takao tirò lo sciacquone, la prima di una lunga serie di foglie scomparve inghiottita dall’acqua.


Tokyo, 13 agosto

«Ancora mi chiedo cosa abbiate fatto per sei ore chiusi nel bagno»

Andrew chiuse la portiera della limousine personale parcheggiata finalmente davanti villa Hiwatari.

«Niente!» coro all’unisono che non convinse nessuno.

Erano riusciti a scaricare tutto il contenuto del loro regalo, oltre che corrompere il pilota per far gettare il waste tank lontano dai controlli.
Tutto doveva restare segreto.

Kei accelerò verso la porta con l’intenzione di chiudersi nella cassaforte di casa sua fino al matrimonio ed evitare altri spiacevoli incidenti.

Entrarono nel soggiorno della villa dove erano presenti parte delle squadre invitate attualmente in fermento per i nuovi venuti, i bagagli accatastati nell’angolo segnalavano finalmente anche l’arrivo dei ragazzi del team americano.

«Oh ecco il gran festeggiato!» Michelle salutò allegramente indicando con il capo verso la brunetta giapponese «Hilary ormai iniziava a pensare ti fossi creato una nuova vita ad Amsterdam»

La ragazza arrossì vistosamente inveendo contro il ragazzo per quell’ammissione che sarebbe dovuta restare strettamente confidenziale.

«Sergej!»

Andrew guardò sorpreso la giovane donna bionda avvicinarsi all’uomo accanto a lui, mani sui fianchi ed espressione visibilmente arrabbiata.

«Non stava scherzando quando diceva di essere sposato…»

«My dear, so che sei scioccato ma almeno chiudi la bocca»

Max rise allegramente spingendo l’inglese al centro della sala prima di veder sfociare una scenata di gelosia. Andrew la stava letteralmente mangiando con gli occhi.

«Nataliya! Andiamo no-» la frase di Boris morì sulle labbra quando la furia russa si abbatte su di lui, sbottando almeno in una lingua che capivano solo loro e accusando lui ed Ivan di averla lasciata all’aeroporto, da sola, con due bambini nel cuore della notte e valigie per cinque persone.

«Da no ya ne tvoy muzh!3»

Gli occhi verdi della donna lanciarono scintille, spostatasi completamente davanti a Boris aveva continuato la sua lista di accuse che le avevano portato il marito lontano. Ivan approfittando della confusione lentamente si era allontanato dalla coppietta lasciando il suo amico in balia dei problemi.

«Ha il fuoco dentro la ragazza»

Gianni sorseggiò il suo tè non capendo mezza parola, divertito solo dall’espressione sconcertata di Boris. Capiva perfettamente l’espressione estasiata di Andrew e il suo desiderio di portar via quell’angelo dalla massa di trogloditi.

«È bellissima»

«È sposata» ribatté Mao prendendo la sua tazza e scoccando un’occhiataccia ad Andrew.

«Non è un problema»

«Papà!»

Un bambino e una bambina dai capelli biondissimi corsero verso Sergej appendendosi alle sue braccia come piccole scimmiette, facendo cessare anche la litigata in corso.

«Ok, questo potrebbe essere un problema…come ha fatto ad avere dei figli da lui?»

Mao sollevò gli occhi al cielo rinunciando a parlare ad una causa persa.

«Ti serve un corso accelerato su come nascano i bambini?»

Michael si unì alla conversazione gettandosi sul divano con uno dei pasticcini recuperati dal tavolino, infastidendo sia l’inglese per la domanda che l’italiano per il modo in cui si era seduto.

In quel momento i russi si avvicinarono al tavolo. Nataliya stava ancora borbottando qualcosa ma al sussurro di Boris all’orecchio poco ci mancò e non arrivassero alle mani.

Gianni schioccò la lingua disapprovando l’atteggiamento del ragazzo, Yuri impedì la strage afferrando la donna per la vita con la scusa dei bambini lì accanto intenti a giocare con Sergej e Mathilda avvicinatasi per far la loro conoscenza.

Boris ghignò serafico ma Nataliya non gli prestò attenzione tutta concentrata a studiare il livido violaceo sulla fronte di Yuri, nascosto parzialmente dai capelli.

«Oh cielo cosa ti sei fatto? Hai messo del ghiaccio?» scostata la ciocca analizzò attentamente il danno invitandolo ad andare a cercare qualcosa per ridurre il gonfiore.

«Sto bene, non preoccuparti»

«Non ho capito, io ho un labbro spaccato e volevi ammazzarmi mentre con lui tutte smancerie?»

«Lui è una vittima degli eventi come Sergej!»

Emily tossicchiò leggermente per interrompere la discussione.

«Scusate, avete visto Kei o Hilary? Sono spariti entrambi»

I presenti si guardarono intorno non trovando nessuno dei due.

Boris ghignò serafico prendendo le dovute distanze dalla ragazza russa.

«Evidentemente qualcun altro ha seguito il mio consiglio»


Tokyo, 14 agosto

Villa Hiwatari era in completo fermento dalle prime luci dell’alba.

Le ventiquattro ore restanti al lieto evento avevano scatenato una corsa generale nell’abitazione tra la ditta ingaggiata per l’allestimento, i domestici e chiunque altro fosse stato assoldato dai genitori della sposa che avevano acconsentito al matrimonio a patto di organizzare il tutto secondo loro gusto. Kei li aveva lasciati fare perché lui nemmeno voleva organizzarla la festa, per essere sposati contavano le due firme sul certificato di matrimonio ma la sua futura moglie ci aveva tenuto particolarmente e non se l’era sentita di deluderla.

«A cosa stai pensando?»

Kei si voltò verso la donna stesa accanto a lui, sapevano entrambi di doversi alzare dati gli innumerevoli impegni ma nessuno ne aveva l’intenzione.

«Tra due giorni in casa finalmente saremo di nuovo soli» la attirò a sé poggiando il viso nei capelli, beandosi di quella situazione di pace accompagnata dalla risatina contro il suo petto.

«Vorresti farmi credere che i due giorni di follie ad Amsterdam con quei ragazzi non ti siano piaciuti?»

Il volto sollevato verso di lui, le dita che scorrevano sul torace da contorno alla vocina a pochi centimetri dal suo orecchio. Lo stava palesemente provocando.

Abbracciato a lei rotolò nelle lenzuola fino a bloccarla sotto di lui, avrebbero dovuto rivestirsi quando ne avevano avuto l’occasione.

«Non era l’esatta compagnia che avrei voluto» un bacio a fior di labbra, seguito da quello sul collo e da altri scendendo sempre più in basso sul corpo della ragazza.

La porta rumorosamente sbattuta ruppe l’incantesimo.

Hilary si rannicchiò il più possibile contro di lui nascondendosi completamente alla vista mentre il nuovo arrivato rimase a bocca aperta non proferendo parola.

«Takao, non ti sei svegliato mai nella vita alle otto del mattino nemmeno quando partecipavamo ai mondiali» il tono di voce ascendente accompagnò le coperte tirate su maggiormente «Spero per te sia una cosa importante o giuro che è la volta buona che ti faccio fuori!»

«Io…volevo chiederti dove prendere la carta igienica, nel bagno è finita»

Kei lo guardò con intento omicida sperando vivamente scherzasse.

«SPARISCI RAZZA DI IDIOTA!»

Hilary, lenzuolo alla mano tirato sul petto, si era scostata dal ragazzo tirando le sue scarpe con il tacco verso il giapponese, centrandolo in pieno sulla fronte. Ad esse seguirono poi una serie di oggetti estratti dal cassetto che portarono Takao ad arretrare e fuggire via.

 

 

«Lo sai che Takao usa il cervello pochissime volte»

Mao pettinò i capelli della sua bambina cercando di placare il nervosismo della sua amica intenta a limarsi le unghie, quasi non lasciandone nulla. Legò la treccia di Lin vedendola correre subito verso Anja e Dimitrij, i bambini erano incredibili, pur non conoscendo le rispettive lingue riuscivano a interagire senza problemi nei loro giochi.

«Bussare ad una porta chiusa dovrebbe essere un gesto automatico!»

Emily finì di scrivere un rapporto per il suo lavoro al pc sfilando la lima dalle mani di Hilary.

«Non pensare a Takao, puoi sempre affogarlo nel suo piatto a pranzo»

«Emily e Mao hanno ragione! Devi goderti questi giorni, soprattutto quello di domani!»

Mathilda le sorrise dandole uno specchietto e fissando l’appena riparato fermaglio – lanciato nella foga di poche ore prima contro Takao - fra i suoi capelli. L’anno successivo sarebbe stato il suo turno con Michelle e quelli potevano essere considerati i preparativi generali.

«Tupaya devchonka4»

Le ragazze si voltarono verso il vecchio Hito seduto sulla sua sedia a rotelle in un angolo della sala con un’espressione arcigna rivolta alla futura new entry della famiglia.

«Non fateci caso, non gli piaccio. Ogni tanto borbotta qualcosa»

Il vecchio sorrise malevolo spingendo la sua sedia a rotelle.

«Mai pensato di spingerlo giù da una scala?»

«Miriam non potrei mai!»

Hito guardò male la ragazza dai capelli blu notte sussurrando qualcos’altro in russo suscitando le sue ire, ma la futura aggiunta fu costretta a rimangiarla.

«Lei lo sa che io la capisco, vero?»

Nataliya rimasta in silenzio lo stava fissando giocherellando con la scatola del cucito, le labbra delineate in un sorrisetto ironico «Potrei tradurre tutto e sa, in quel caso dovrebbe far attenzione alle scale»

La bionda batté il cinque soddisfatta con Mao alla ritirata del vecchio, la sala stava diventando fin troppo affollata per i canoni dell’anziano proprietario.
Boris, americani e cinesi avevano finito il loro tour cittadino rientrando, eccezion fatta per Rei ancora alle prese con Kei dato il suo ruolo di testimone.

«Hola todos viejos amigos!»

Il maggiordomo colpito in pieno dalla porta spalancata all’improvviso pensò seriamente di cambiare lavoro. La ragazza che l’aveva quasi tramortito aveva cercato di aiutarlo a rialzarsi scusandosi in un miscuglio di lingue dove restava forte l’accento spagnolo.

Hilary scoppiò a ridere apertamente, ora sì che erano tutti al completo.

«I soliti ingressi megalomani»

Julia fece la linguaccia al commento sprezzante di Rick, urlando di proposito nella sua corsa per abbracciare Hilary e le altre ragazze.

«Iniziavo a pensare non sareste riusciti a venire a causa della tournée del circo!»

«Una volta tanto possono fare a meno delle loro star, non potevo mica perdermi mr non-mi-sposerò-mai Hiwatari che infrange la sua promessa!»

L’occhiolino furbetto accompagnò l’ilarità generale quando l’interessato entrò in sala giusto in tempo per sentire il commento.

«Sappi che io non volevo invitarti»

«Tranquillo, mi sarei imbucata»

Fu proprio la leggerezza della frase a convincere Kei. Julia si sarebbe infiltrata in ogni caso al suo matrimonio, magari saltellando da un tetto all’altro dei palazzi vicini.

«Julia…una mano sarebbe gradita»

Raul arrivò sulla soglia trascinando tre enormi valige, sudato da capo a piedi, stramazzando al suo dopo essere entrato nella sala.

Boris si avvicinò al corpo inerme toccandolo con un piede.

«Sembrerebbe ancora vivo»

«Stai aspettando che muoia prima di aiutarlo?»

Lai afferrò un braccio del povero spagnolo aiutato da Rick trascinandolo verso la cucina dove almeno un bicchiere d’acqua avrebbe potuto ridargli un po’di energia.

Boris scrollò le spalle indifferente osservando il trotterellare allegro della ragazza spagnola intenzionata a organizzare una sorta di addio al nubilato alla sposa che non sembrava volerne sapere.


Tokyo, notte tra il 14 e il 15 agosto

Yuri si sedette sul davanzale della finestra aperta della cucina, lo sguardo verso il cielo esterno alla villa.

Max aveva organizzato una partita a poker mettendo su un circolo molto simile ad una bisca clandestina. Boris e Ivan ovviamente avevano aderito subito, seguiti a ruota da Rick, Lai, Gianni, Rei, Takao, Daichi e Kei. Quest’ultimo trascinato con la forza dato che gli avevano chiuso a chiave la porta della camera impedendogli di rientrare.

Lui se ne era tirato fuori all’ennesima vincita del biondino americano cedendo il suo posto a Ralph, preferendo rintanarsi in un luogo più appartato lontano dal chiacchiericcio.

Fissò le innumerevoli stelle, la mente catapultata indietro nel tempo alla vittoria del quarto campionato mondiale di dieci anni prima, la vittoria della sua squadra. Anche quella sera c’era stato lo stesso cielo, le stelle uniche spettatrici della sfrenata notte di passione consumata nella sua camera d’albergo in preda all’adrenalina della vittoria e al troppo alcool ingerito.

La luce accesa lo riportò alla realtà, Boris l’aveva avvisato nel pomeriggio che era arrivata.

Le dita ancora sull’interruttore, Julia l’osservò sorpresa prima di sorridere leggermente.

Piccoli passi verso i banconi della cucina nel silenzio attenuato dal chiacchiericcio dei ragazzi intenti a giocare. Tornò a prestare attenzione alla finestra, il riflesso del corto pigiama lilla ben visibile da quell’angolazione.

Non era mai stato un gran chiacchierone eppure avrebbe voluto parlarle, ma cosa avrebbe potuto dirle dopo dieci anni che non si sentivano? Nessun messaggio, nessuna chiamata, niente di niente. Lei aveva lasciato il suo numero, sarebbe toccato a lui fare il primo passo dopo quella notte, ma non l’aveva fatto. Bloccato dalla paura di essere felice.

Il rumore di un cassetto aperto, un piede issato sopra per salire sul bancone e aprire lo stipo più alto del mobile.

«Avresti potuto chiedere, te l’avrei preso io»

«Lavoro in un circo ricordi?» il tono tranquillo come se fossero amici di vecchia data.

Julia recuperati gli snack saltò giù agilmente riponendoli nel vassoio, spostandosi verso la finestra per ammirare il cielo a sua volta, i puntini luminosi nuovamente giudici indiscussi.

«Non sei cambiato dopotutto» non era un’accusa, né un’offesa, una semplice constatazione dei fatti «Il tuo amico si sposa e anziché far baldoria preferisci il tuo angolo di pace, dovevo aspettarmelo»

Un risolino divertito e la calda sensazione così com’era arrivata andò via quando la ragazza si allontanò verso il frigorifero.

«Attenta a cosa tocchi, potresti suscitare le ire di qualche domestico se porti via qualcosa di essenziale per domani»

«Hilary mi ha messo in guardia» alcune bottiglie estratte e adagiate sul vassoio, l’anta richiusa per appoggiarsi contro «È un peccato in Giappone siano così riservati, avrei potuto organizzare qualcosa di più divertente ma dovremo accontentarci di una serata di chiacchiere e schifezze»

«A quanto ricordo non ti è mai dispiaciuto parlare»

Julia sorrise tra sé, non le dispiaceva passare una serata a parlare del più e del meno, ultimamente aveva visto poco tutte loro, a causa degli impegni lavorativi mancava sempre qualcuna nelle loro rimpatriate.

«A quanto ricordo io invece, a te è sempre piaciuto soltanto ascoltare»

Due bicchieri presi dal lavabo, il liquido ambrato versato a riempirli per metà ed uno proteso nella sua direzione. Yuri l’afferrò spostando le gambe verso l’interno dell’abitazione.

«Al futuro matrimonio di Hilary e Kei, dove a trionfare è l’amore»

Yuri innalzò il suo bicchiere imitando la ragazza, il leggero tintinnio del vetro riempì il vuoto silenzioso prima di berne un sorso.

Il sapore amaro e pesante giù per la gola non era scaturito dal liquore.

 

 

Note finali

1 174 192 rubli à 2000 euro circa
2 YA tebya ub'yu! à Ti ucciderò!
3 Da no ya ne tvoy muzh! à Sì, ma non sono io tuo marito
4 Tupaya devchonka à Stupida ragazza

 

Salve a tutti! ^o^
Cosa ci faccio qui? Non lo so nemmeno io, la storia doveva essere una one-shot comica autoconclusiva ma la cosa mi è leggermente sfuggita di mano. XD
L’uso del 2020 non ha alcun fine rivolto alla situazione mondiale attuale, il loro è un bellissimo universo alternativo. Dato che non abbiamo un anno di nascita canonico mi sono presa piena libertà sull’attuale età dei personaggi di cui Nataliya, Anja e Dimitrij sono di mia piena invenzione.
Il matrimonio di Kei come d’anticipazione funge da cardine per un’altra storia sentimentale che prenderà vita tra le pagine di questa fanfiction in maniera più preponderante nel capitolo successivo. D’altro canto, è pur sempre il matrimonio di Hiwatari, un po’ di spazio alle sue avventure bisogna concederlo u.u
Come sempre, ringrazio tutti i futuri lettori e rinnovo l’invito a lasciare un vostro piccolo parere se ne avete la voglia!

Un grosso abbraccio a tutti, e al prossimo capitolo!
Aky

 

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

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