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Autore: g21    14/08/2020    1 recensioni
Il Dottore senza Clara. Sembra sbagliato, completamente sbagliato. Eppure è quello che è successo e non si può tornare indietro, non questa volta. Dovrà guardare avanti, guardando anche indietro, e rimettere insieme i pezzi. Solo con il tempo tornerà ad essere il solito e lui, un Signore del Tempo, se ne intende.
[una specie di missing moment, anche se non è proprio così, nella 9x12 dopo che il Dottore è tornato nel suo TARDIS]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 12
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Songs last forever

 

Le porte del TARDIS si aprono e il Dottore fa il suo ingresso. La chitarra a tracolla, il gilet nero aperto e lo sguardo stanco. Si avvicina ad una parete e sfila la chitarra per poi appoggiarla a terra. Non si accorge, o forse fa finta, di una ragazza seduta sui gradini che portano al piano superiore.

Lei sembra giovane, deve avere all’incirca trent’anni, ma forse, se si guarda meglio, potrebbe essere più vecchia. I capelli neri sono raccolti in una coda alta, gli occhi blu catturano ogni dettaglio con attenzione. La giovane sorride, un sorriso luminoso, nel vedere l’uomo.

“Ehi, vecchio brontolone. Finalmente sei tornato” esordisce lei senza spostarsi dalle scale.

“Vecchio brontolone a chi?” chiede il Dottore, non prestando attenzione alle parole uscite dalla sua bocca.

Normalmente avrebbe usato un tono ironico, magari condito da un sorriso, ma non questa volta. La ragazza se ne accorge, lo conosce da tanto, eppure non parla. Fa un sorriso triste mentre non perde d’occhio l’uomo nemmeno per un secondo.

“Ci sei solo tu qui, con chi dovrei parlare?” domanda la giovane, il tono leggero e ironico.

Il Dottore non reagisce, sembra che niente lo scalfisca. Guarda gli schermi, ma non li vede veramente. La ragazza sospira appena, nello stesso istante in cui lo fa lui, e pensa.

“Vieni, raccontami cosa è successo” lo chiama, la voce dolce in una richiesta gentile.

Lei sa quello che è successo, sa sempre cosa succede all’uomo, ma vuole sentire le sue parole. Sa che l’unico modo per farlo tornare veramente è quello di farlo parlare. E questa rigenerazione è abbastanza logorroica da poter riuscire nell’intento.

L’uomo si siede, quasi si lascia cadere, accanto alla ragazza. È stanco, la giovane lo percepisce, lo vede nei suoi occhi e lo sente. La sua mano va a sfiorare quel viso anziano e lo vede, o forse lo immagina soltanto, rilassarsi appena.

“Sono stato a Gallifrey, sono tornato a casa. Non immagini quanto sia ancora incredibilmente bella” sussurra lui, gli occhi chiusi e la mente persa nei ricordi.

“Oh, me ne hai parlato ricordi? Il cielo arancio che sembra bruciare, i due soli, la cittadella che brilla, solitaria in tutta la sua bellezza” ribatte lei, la mano che ora ricade sulle sue ginocchia.

“Non ero il benvenuto, ma sono scappato di nuovo. Ho rubato un TARDIS anche questa volta” continua il Dottore raccontando l’essenziale, i particolari non servono in un riassunto.

“Da solo?” chiede piano la giovane.

L’uomo stringe gli occhi, si irrigidisce qualche istante. Sembra voler ricordare, o dimenticare, qualcosa, ma non ci riesce. Lei prende gentilmente una delle sue mani e la stringe.

“Ok, facciamo un passo indietro. Come sei arrivato su Gallifrey?” cerca di ricominciare la ragazza, con calma.

“Ero in un castello, un bel rompicapo in realtà. Attraverso un portale sono arrivato sul mio pianeta” risponde lui, la mano che trema leggermente, gli occhi sempre chiusi.

“Cosa facevi nel castello?” domanda la giovane stringendo maggiormente la mano che è tra le sue.

“Dovevo raggiungere la stanza numero 12, ma tutte le volte ricominciavo da capo. Ho passato tanto tempo intrappolato, ma alla fine ho vinto io” spiega il Dottore, ancora nessuna espressione visibile sul suo volto.

“Quanto?” continua lei, la domanda quasi un soffio.

“Quattro miliardi e mezzo di anni” confessa lui, la voce incredibilmente stanca.

L’uomo si piega leggermente su sé stesso, come se il peso di quegli anni si facesse sentire in quel preciso momento. Si passa una mano sul volto senza aprire gli occhi e sospira, facendo incredibilmente fatica.

“Chiunque ti aspettasse su Gallifrey doveva essere importante se hai passato tutto quel tempo da solo per riuscire a raggiungerla” commenta la ragazza, il tono dolce e leggero come a voler lenire tutte le sofferenze che percepisce.

“Lei-” inizia il Dottore non trovando le parole.

“Lei era diventata quasi fondamentale, per me” ammette lui a fatica.

“Lei?” lo incalza la giovane, sa che c’è un nome, lo conosce bene.

“È rimasta con me molto tempo, ma ricordo molto poco. Abbiamo vissuto tante avventure insieme, abbiamo rapinato una banca, incontrato dei fantasmi sotto il mare, salvato un villaggio vichingo e tante altre cose, ma non riesco a ricordarla” spiega l’uomo agitando la mano libera.

“È qui, so che è rimasta qui, sapevo che non se ne sarebbe andata facilmente. Il problema è che quando ricordo c’è come un vuoto. Non ricordo il suo volto, la sua voce o il suo sorriso. Non ricordo il tocco della sua mano, o il suono della sua risata” continua, la voce sempre più triste e leggermente tremante.

“Come si chiama? Come si chiama lei, Dottore?” chiede lei prendendo anche l’altra mano del Dottore tra le sue.

“Clara” soffia lui, un sorriso troppo triste si fa spazio sul suo volto.

“Ho passato l’inferno per riuscire a salvarla e ci sono riuscito. Non so dove sia ora, ma credo stia bene, o lo spero. È bloccata, vivrà quanto vuole, un secondo prima della sua morte. Non potevo lasciarla morire, è stata troppo importante, ma ora mi sento solo uno stupido vecchio che non riesce a ricordare” butta fuori ritrovando un minimo di energia, o rabbia se si vuole essere più precisi.

L’uomo dopo quelle parole si alza in piedi e raggiunge la chitarra in pochi passi. La riprende in mano, sistemando la tracolla, e chiude gli occhi nuovamente. La ragazza sorride, le piace sempre quando lui suona.

Una melodia leggera si diffonde per il TARDIS, note dolci e malinconiche allo stesso tempo. La giovane sa che stare con il Dottore è una continua altalena di emozioni e non le dispiace. Osserva quelle mani sottili muoversi sulla chitarra e sa che la direzione per farlo tornare a sorridere è questa.

Le note si susseguono, adesso più veloci e più forti, come un cambio di scena o un nuovo tratto di personalità. Gli occhi dell’uomo sono ancora chiusi, persi in qualche ricordo o nella musica. O tutti e due, stiamo parlando di lui, è sempre imprevedibile.

La melodia volge al termine, tornando alla gentilezza iniziale, mentre l’uomo riapre lentamente gli occhi, ritornando al presente. La ragazza finalmente si alza, mentre lui posa nuovamente la chitarra.

“È molto bella, ha un nome?” domanda avvicinandosi al Dottore.

“Credo si chiami- si chiama Clara” risponde l’uomo con un attimo soltanto di esitazione.

“Una ragazza dolce, gentile, dal sorriso luminoso, o anche triste. Forte e decisa quando serve, dal cuore grande, coraggiosa e curiosa. Intelligente, a volte impulsiva o testarda. La riconosco bene” elenca lei posando leggera una mano sul volto di lui.

“Cosa?” questa volta è il Dottore a fare la domanda, confuso e sorpreso.

“L’hai descritta con la musica ed è come dici tu, è ancora qui, in questa testa piena di pensieri” risponde la ragazza con un sorriso.

“Io…” prova l’uomo, le parole restanti bloccate da qualche parte.

“Dottore va tutto bene. Ti ricordi ancora, ti ricordi di tutti e quindi anche di lei. Non la vedi, ma è con te, sarà sempre con te e lo sai bene. È nella tua testa e in questi due cuori che battono ancora, e lo faranno per molto tempo” spiega la giovane sicura, portando la mano ad ascoltare quel battito antico che ha imparato a riconoscere.

Senza smettere di sorridere lo abbraccia, sa che ne ha bisogno anche se a lui non piace. Lo sente rigido all’inizio, e lei soffoca una risata trasformandola in uno sbuffo leggero.

“Sai che-” prova il Dottore, ma la ragazza lo interrompe.

“Non ti piacciono gli abbracci, lo so. È un modo per nascondere il viso, ma noi non abbiamo bisogno di nascondere niente, dovresti saperlo” commenta divertita.

Quando entrambi si allontanano sorridono, la giovane più apertamente, l’uomo leggermente. Però questo basta, lo sa. Indica il piano di sopra senza smettere di sorridere.

“Qualcuno ha lasciato un messaggio per te, ti sta aspettando” fa sapere lei, spingendolo dolcemente verso la direzione indicata.

Il Dottore si avvicina alle scale piano, quasi non fosse sicuro. Sale al piano di sopra e vede la lavagna su cui qualcuno ha scritto. Gli occhi incontrano il gesso e l’uomo non può fare a meno di sorridere.

Run you clever boy and be a doctor

Lentamente si toglie il gilet nero e indossa la giacca di velluto, quella giacca che piaceva tanto alla ragazza impossibile. Sistema i polsini della camicia e fa per scendere.

“Dottore!” lo chiama la ragazza, il tono divertito di chi sa cosa succederà.

L’uomo si volta verso la voce e vede qualcosa spuntare tra i comandi del TARDIS. È un nuovo cacciavite sonico che viene lanciato verso lui. Il Dottore lo afferra sicuro e, premendo un pulsante, lo attiva per qualche secondo. Guarda le porte del TARDIS ancora aperte e le chiude con uno schiocco di dita.

“Dimmi. Dove vuoi andare adesso?” chiede l’uomo nella cui voce si riconosce un leggero entusiasmo.

“Sai che non posso aiutarti, ci sei solo tu qui” risponde lei, il sorriso ironico che piano sparisce, così come lei.

La ragazza lo vede scendere le scale, rilasciare il freno a mano e coglie una piccola scintilla in quegli occhi vecchi che hanno visto l’universo. Riconosce che ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che tutto torni come prima, ma sa che ritornerà. Il Dottore tornerà, accompagnato sempre da Clara, la ragazza di cui mai si dimenticherà, perché non può essere dimenticata.

 

Memories become stories when we forget them.

Maybe some of them become songs.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice

Salve, non so se c’è ancora qualcuno qui in giro, ma non potevo lasciare queste parole chiuse nella memoria del pc. Così eccole qui, nate in poco più di un’ora (minuto più minuto meno).

Circa un mese fa mi sono imposta di continuare Doctor Who, ero rimasta allo speciale della settima stagione, ma allo stesso tempo ero curiosa di Capaldi. Il perché è semplice, non sopportavo Clara (e guardandomi adesso mi chiedo perché ce l’avessi tanto con lei) ed ero bloccata. Non so quanti anni sono stata ferma, probabilmente troppi, ma so che ho divorato le stagioni otto e nove in pochissimi giorni. Ho scoperto che il Dottore mi era mancato e adesso mi chiedo perché mi sono fermata. Twelve l’ho amato da subito, sarà per il fatto che è stato il primo dopo tanto tempo o semplicemente per come si è fatto vedere. Sono entrata subito in sintonia con lui ed è come se mi avesse preso la mano, come le rigenerazioni prima di lui, portandomi lontano.

Passando alla storia, la cosa che probabilmente vi interessa di più. È ambientata dopo l’addio di Clara, io e le cose tristi andiamo spesso d’accordo. Non so bene chi sia lei, intendo la ragazza che ho inserito. Non assomiglia a nessuna delle compagne precedenti del Dottore (credo), ma non era comunque questo che volevo. In qualche modo è qualcuno vicino a lui, che lo conosce, ma che non si fa vedere eccetto che dal Dottore stesso. Una specie di coscienza, o la TARDIS, ma questo non credo. In ogni caso qualcuno che sentiva il bisogno di vederlo sorridere di nuovo, che aveva bisogno del solito Dottore. Può essere chiunque, credo, secondo la vostra interpretazione. Spero abbia senso.

Spero di aver reso Twelve almeno decentemente, purtroppo è la prima cosa che scrivo con lui e non ha un carattere semplice. E niente, vi lascio qui questa cosa abbastanza triste nella speranza che possa piacere.

Io sono semplicemente felice di essere tornata a viaggiare con il Dottore.

Giulia

  
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