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Autore: Evali    16/08/2020    1 recensioni
Un villaggio isolato, un popolo spezzato in due in seguito ad una terribile calamità, due divinità da servire, adorare e rispettare in egual modo: Dio e il Diavolo.
"- Io amo gli uomini.
- E perché mai io sono andato nella foresta e nel deserto? - replica il santo. – Non fu forse perché amavo troppo gli uomini? Adesso io amo Iddio: gli uomini io non li amo. L’uomo è per me una cosa troppo imperfetta.
- È mai possibile! Questo santo vegliardo non ha ancora sentito dire nella sua foresta che Dio è morto!"
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Mandragora
 
DIECI ANNI PRIMA
 
- Perché la mamma è sempre così furiosa con Myriam? – aveva chiesto il piccolo Blake a suo padre, mentre questo gli rimboccava le coperte, pronto a dargli la buonanotte. – Oggi le ha urlato in faccia. Lo fa spesso – insistette il bambino.
A ciò, Rolland si mise comodo sulla sedia accanto al letto di suo figlio. – Ci sono cose che ancora non sai su Myriam e tua madre, Even.
Blake si posizionò seduto sul materasso, con il cuscino dietro la schiena, in posa di ascolto. – Che cosa non so, padre?
- Se sei stanco è meglio che rimandiamo il racconto a domani. Potrebbe sembrarti una lunga storia.
- Voglio sentirla – insistette imperterrito il bambino.
Rolland, a ciò, sorrise e si arrese. – Devi sapere che, quando sei nato, è successo qualcosa di strano.
Purtroppo, quella notte, fredda e placida, tua madre ha iniziato ad avere le doglie quando in casa non vi era nessuno. Io ero stato costretto a trattenermi alla galleria più del dovuto, dunque non ero con lei. Nessuno poteva recarsi alla cattedrale e avvertire i monaci del nostro credo, né mandare un messaggio.
Tua madre ha rischiato di partorire senza nessuno al suo fianco.
- Non sono stato benedetto alla mia nascita? Stai dicendo questo? – domandò il piccolo.
- Hai rischiato di non esserlo, sì.
Tuttavia, fortunatamente, quella notte, qualcuno ha udito le urla di dolore di tua madre.
Una ragazzina che abitava poche case distanti, figlia di una donna ritenuta da tutti una strega, ha bussato insistentemente alla nostra porta, sin quando non l’ha aperta con la forza, per andare a soccorrere tua madre durante il faticoso parto.
Ella l’ha aiutata fino alla fine, per poi emettere essa stessa la benedizione su di te, appena sei uscito dal grembo materno.
Ognuno di noi conosce la benedizione emessa sui neonati a memoria, ma nessuno che non sia un monaco dovrebbe mai pronunciarla.
Quello è stato un caso eccezionale, poiché, se la ragazzina non ti avesse benedetto appena nato, tu non saresti stato accetto al nostro Signore.
Quella ragazzina, era Myriam.
- Come sai che il Signore non sia adirato con me per essere stato benedetto da qualcuno che non avrebbe potuto farlo?
- Blake, se tu non fossi accetto al Signore, ce ne saremmo accorti da tempo. Stai crescendo forte, sano, bello e con tutti i doni che il nostro Signore avrebbe mai potuto donarti – lo rassicurò Rolland sorridendogli fiero e premuroso.
- Sei sicuro che la mamma la pensi allo stesso modo?
- Sì, certo. I motivi per i quali tua madre è spesso adirata con Myriam non riguardano te.
- Non dovrebbe esserle riconoscente dopo quello che ha fatto?
- Certamente, difatti lo era, lo era sin troppo, al tempo. Non a caso, per ripagarla per ciò che aveva fatto, tua madre permise a Myriam di farti da balia, ogni giorno.
- Allora cosa è successo?
- Chi lo sa, figliolo. Credo che, con il tempo, Heloisa abbia iniziato ad essere gelosa di Myriam, del rapporto che ella ha instaurato con te.
Forse, si sente tagliata fuori da te.
Blake vi rifletté su per un attimo. – Che cosa avete detto a tutti gli altri?
- Ogni persona conosce il nome del monaco da cui è stata benedetta e viceversa, è una legge di Bliaint. Per tale motivo abbiamo dovuto trovare una soluzione, per non raccontare a nessuno cosa fosse accaduto. Padre Ilian aveva un conto in sospeso con tua madre, a sua detta, ma non ho  mai saputo di cosa si trattasse. Lui ci ha fatto questo favore.
- Padre Ilian è il monaco che ha benedetto Ioan quando è nato?
- Esattamente. Lui è divenuto nostro complice, e ha mentito, dicendo di essere stato egli stesso a benedirti alla nascita, quando gli è stato domandato.
Padre Ilian è un nostro fidato amico di famiglia.
Ad ogni modo, non affliggerti, bambino mio.
Tu sei gradito al nostro Signore esattamente come ogni altro fedele di Bliaint e anche di più.
 
Judith camminò a testa alta nell’umida e semibuia prigione di Bliaint. Il luogo era situato sotto la piazza principale del villaggio, la più frequentata e affollata. Alcuni sprazzi di luce mattutina entravano dalle tonde finestrelle sbarrate poste sul soffitto, le quali, viste dalla piazza, apparivano come tombini semiaperti.
La ragazza, come era avvezza, aveva indossato il suo abito nero, stretto, con il collo alto, che ricopriva ogni singola parte del suo corpo, eccetto le mani e la testa; i lunghi capelli rossi appuntati compostamente in alto. Infilò le scarpe nere delucidate nelle piccole pozzanghere sparse in tutto il corridoio, mentre veniva scortata da due monaci nella cella del condannato a morte di quella mattina.
Quella pratica non la turbava quanto avrebbe dovuto, l’aveva compreso già quando lo aveva fatto la prima volta, sotto richiesta di alcuni monaci, all’età di dodici anni. Dopo allora, era stata ella stessa a richiedere di poterlo rifare.
Le esecuzioni stavano aumentando esponenzialmente a Bliaint.
Il condannato che avrebbe visitato quella mattina era il settimo dell’ultimo mese.
Ovviamente, come i restanti sei, era uno dei servitori del Diavolo, e accusato del medesimo reato: uso improprio della magia nera.
Judith attese che uno dei due monaci aprisse le sbarre, stringendosi il suo tomo sul ventre, paziente.
La puzza che imperniava ogni cella era a dir poco asfissiante, causa le pessime condizioni di igiene a cui erano costretti i prigionieri e l’umidità fuori dal comune.
Oramai, ciò non la toccava più, così come la sporcizia con la quale le stoffe dei suoi prestigiosi abiti si sarebbero macchiati.
La ragazza si sedette compostamente su una sedia malconcia, l’unica presente nella cella, e guardò il condannato, rannicchiato su se stesso su un angolo della parete, incatenato con polsi e caviglie al muro.
Questo impiegò qualche minuto prima di decidersi ad alzare il volto dalle ginocchia e a mostrarsi, degnandola della propria attenzione.
Come Judith aveva sospettato, egli doveva avere poco più della sua età.
I capelli biondi e sudici gli erano cresciuti sino alle spalle e gli coprivano alcune porzioni del viso, il quale mostrava un’espressione distorta, a dir poco scontrosa e diffidente.
Il ragazzo digrignò i denti in un sorriso sprezzante, i suoi occhi chiari e lucidi brillarono, e in quel suo movimento involontario della testa, Judith riuscì a notare un segno scuro marchiato nella pelle ambrata del collo, sotto i capelli.
 - Qual è il vostro nome? – gli domandò con naturalezza, rompendo il ghiaccio.
In risposta, il giovane prigioniero sputò sulla stoffa nera della sua lunga gonna.
- Capisco.
Cominceremo con o senza il vostro consenso, sappiatelo.
Questa è consuetudine cristallizzata da secoli a Bliaint.
- Lo so bene – rispose stizzito egli con la voce arrochita dall’inutilizzo e dalla disidratazione.
- Dunque, sapete parlare.
Facciamo progressi vedo.
Ditemi, chi vi ha impresso quel marchio sul collo e cosa rappresenta per voi?
- Non parlo con i monaci.
- Non sono una monaca.
- Avete tutta l’aria di esserlo.
- Devo ripetervi la mia domanda?
- Qual è il vostro nome?
- Ciò servirà a farvi rispondere alla mia domanda?
- Qual è?
- Arley Judith.
A ciò, il ragazzo sorrise di nuovo, per poi alzarsi in piedi, a fatica. I cenci malridotti che ricoprivano il suo corpo denutrito lo facevano sembrare più esile di quanto non fosse. Una volta in piedi, restò lievemente gobbo, strisciò i piedi nudi a terra, camminando avanti e indietro.
- Se non vi spiace, mia signora … - cominciò provocatorio. - … vi chiamerò con il primo nome. Lo preferisco.
- Ciò non mi disturba quanto credete, perciò sentitevi completamente libero di fare ciò che vi aggrada.
- Dunque, Arley, cosa ci fate in questo buco che puzza di piscio e di letame, esattamente?
- Sono qui per assistervi prima del trapasso.
- E in cosa consisterebbe esattamente questa assistenza?? Tra un’ora esatta mi trascineranno lassù e le mie carni verranno dilaniate dalle fiamme dinnanzi al concitamento della folla.
A cosa mi servite, Arley?
- Risponderò alle vostre domande. Vi leggerò o narrerò qualsiasi cosa desideriate udire.
Vi ascolterò. Parlerò con voi e vi darò sollievo, se me lo permetterete.
- Non avverrà mai!!! – urlò il ragazzo scagliandosi addosso a lei, venendo trattenuto solamente dal metallo delle catene strette attorno ai polsi e alle caviglie scarnificate.
- Cosa volete avvenga, dunque? – gli domandò Judith dopo un po’, accavallando una gamba senza scomporsi.
- Che spariate dalla mia vista.
- Non posso concedervelo.
Tornando a noi, volete dirmi cosa rappresenta quel disegno sul collo?
A ciò, il ragazzo si inginocchiò a carponi. – Sapevo cosa mi attendeva, fin da quando ho deciso di fare ciò che ho fatto.
- Che cosa avete fatto o credete di aver fatto?
- Ciò di cui sono accusato.
- Dunque avete confessato?
- Sarebbe servito farlo? – domandò sorridendo sornione e alzando la testa verso di lei. – Mi hanno visto mozzare il piede di un uomo e cucirlo sul corpo di un orso per compiere un rituale. Quale altra conferma sarebbe servita?
Volete sapere se sono pentito di ciò che ho fatto?
- No, so che non lo siete.
C’è qualcosa che volete chiedermi o che desiderate sapere?
C’è qualcosa che vorreste raccontarmi?
- No, Arley.
Cosa potrei mai dire ad una donna che si pone dinnanzi a me con la vostra arroganza e perfidia? Deridendomi e godendosi sommessamente il mio patimento.
Ho più pietà io per voi.
Fate parte dello stesso branco che, ben presto, verrà macellato in massa.
I seguaci di Allister Chaim, le sue pecore fedeli alla divisione, vittime di due padri che non hanno mai amato nessuno nel corso della loro millenaria esistenza.
- Blasfemia.
Questo non lo avevate confessato a nessuna delle guardie che vi ha catturato.
- C’è una cosa che voglio sapere, a dir la verità, Arley.
- Vi ascolto. Sono qui per questo.
- Come ci si sente ad essere stata deturpata e seviziata dai vermi che abitano la “nostra” cattedrale? Sapete, giravano parecchie voci su quel luogo. Quando ero bambino, ho visto come quell’uomo, il monaco disgraziatamente morto, guardava tutti quelli della nostra età.
Per svolgere questa mansione, voi dovete essere cresciuta là dentro, non è vero?
Altrimenti, perché sareste qui per loro conto?
Dunque, ditemi, Arley, com’è stato?
Avete sfruttato tutto ciò a vostro vantaggio? Per avanzare di grado e farvi trattare come la loro regina?
A ciò, Judith, si alzò in piedi e gli si avvicinò, il corpo e lo sguardo granitico.
Si abbassò il minimo necessario ad artigliargli il collo con le dita di una mano e a stringere.
- Sentite la necessità di sputare sterco su una completa sconosciuta per alleviare il vostro tremendo terrore, la vostra frustrazione e la vostra cieca rabbia per dover affrontare le fiamme tra qualche minuto.
Ostentate un’audacia e una spavalderia che non possedete solo per autoconvincervi di morire con dignità, nonostante galleggiate nel vostro stesso luridume, ridotto in ginocchio da delle catene che vi stanno lacerando l’anima ad ogni singolo pezzo di carne che squarciano via da voi.
Vi credete superiore a me e a chiunque non la pensa come voi.
La parola “pena” non descrive degnamente ciò che provo per voi in questo momento, Braigh Dalyell.
Spero abbiate capito che il domandarvi il vostro nome era solamente un gesto di cortesia, ovviamente mi era già stato riferito.
Ritenetemi pure una crudele burattina senza cuore quando brucerete tra le vostre ceneri a breve, siete perfettamente libero di farlo.
Tuttavia, fareste bene a ricordare, in ogni caso, che quella senza catene addosso sono io tra noi due.
Sono io quella in piedi, sono io quella che può permettersi di farvi delle domande e di pretendere delle risposte da voi, sono io quella che può avvinghiarvi la gola fino all’incoscienza.
Chiedetevi il perché, Dalyell.
Domandatevelo prima di morire, prima che non siate più in grado di farlo.
Vi faciliterò il lavoro fornendovi io la risposta – concluse la ragazza avvicinandosi al suo orecchio. – Che  siate nel giusto o nel torto è del tutto irrilevante, poiché, a prescindere da ciò, l’abissale differenza tra noi due è che voi vi siete fatto scoprire e catturare, Dalyell.
Per tale motivo meritate la morte.
Per tale motivo, anche senza la mia “funesta” e sgradita presenza qui, morireste in ogni caso.
Per tale motivo non provo misericordia nei vostri confronti.
Per tale motivo sono qui solamente e unicamente per l’incarico che ricopro e null’altro.
Per tale motivo eseguirei io stessa la sentenza che ricade su di voi, appiccandovi il fuoco addosso con le mie mani, poiché, in ogni caso, lo farebbero loro. Che cosa cambierebbe, infondo?
Che cosa cambierebbe se fossi io o loro a farlo?
Eppure, non sapete ancora se sono dalla vostra parte.
Riflettevi su, Dalyell.
Ed ora vi domando, per l’ultima volta: c’è qualcosa che volete dirmi o che volete che vi dica, prima di morire?
Detto ciò, la ragazza lasciò andare il suo collo, permettendogli di tossire e di riprendere fiato, attendendo paziente.
Non appena tornò a respirare normalmente, Dalyell abbassò il volto stringendosi le ginocchia con le mani. – Qual è lo scopo di tutto ciò …? Qual è il vostro scopo? – le domandò con voce tremante.
- Cambiare le cose dall’interno, Dalyell. Cambiare le cose nel più inconsueto, proficuo e duraturo dei modi.
Detto ciò, la ragazza si inginocchiò dinnanzi a lui e gli alzò la testa con delicatezza.
Le iridi chiare del giovane condannato erano fisse nel vuoto e spente, mentre ella gli faceva il segno della croce al contrario e recitava la preghiera per lui.
- “Nel nome del nostro Signore,
immensamente misericordioso e clemente,
unica e fulgida luce sul nostro impetuoso cammino terreno,
pilastro portante della nostra buia ed effimera esistenza,
ragione del nostro sonno e della nostra veglia,
del nostro stato d’animo e della nostro stato fisico,
della nostra bontà e della nostra malvagità.
Possa Egli vegliare su di te, sempre, figlio del Diavolo e del suo eternamente glorioso operato.
Amen” – terminò dandogli un delicato bacio sulla fronte e rialzandosi in piedi, attendendo che i monaci riaprissero le sbarre, per permetterle di uscire e di portare avanti i seguenti impegni della sua mattinata.
 
Blake restò a guardare il crocefisso appeso al contrario nel muro della cucina, fissandosi su di lui come gli capitava spesso, senza alcun motivo logico.
Consumò lentamente la sua colazione, ancora immerso nel torpore del sonno mattutino, fin quando non udì dei rumori alle sue spalle.
Subito dopo, si ritrovò sua madre inginocchiata dinnanzi al crocefisso, impegnata nel recitare la preghiera mattutina che sin troppe volte l’aveva vista pronunciare.
Questa volta, tuttavia, Heloisa si interruppe a metà preghiera e si voltò a guardarlo, rivolgendogli un sorriso accennato, quasi timoroso. – Ben svegliato. Vuoi pregare con me? – gli domandò, con grande sorpresa di Blake. – Non ti vedo mai pregare – aggiunse Heloisa, come per giustificare la sua timida richiesta.
A ciò, Blake rivolse un’altra occhiata al crocefisso, per poi prendere posto in ginocchio accanto a sua madre.
Ricambiò il suo sorriso, le diede un bacio sulla fronte e iniziò a pregare con lei.
Dopo ciò, la mattinata trascorse in fretta, nella sua abituale routine.
Il ragazzo si recò nella piazza del villaggio, comprò un po’ di frutta, assistette al rogo che si tenne quella mattina, dopo di che si recò nella cattedrale, come faceva spesso solo quando aveva un obiettivo preciso in mente.
Si sedette su uno dei posti della navata, quasi vuota eccetto per qualche altra presenza, si fece il segno della croce al contrario e cominciò a pregare, per salvare le apparenze, attendendo il momento propizio.
Quando ritenne di aver trascorso abbastanza tempo a pregare, si rialzò e si diresse verso il confessionale con naturalezza, guardandosi intorno per individuare la persona di suo interesse.
Tuttavia, non riuscì ad intravedere la figura della monaca che cercava, imbattendosi, invece, in un monaco che gli si pose davanti, bloccandogli la strada. – Buona giornata, figliolo – lo salutò l’uomo, un volto che aveva già intravisto qualche volta.
- Buongiorno anche a lei, padre – gli rispose gioviale il ragazzo.
- Cercate qualcuno in particolare?
- Sì, avete visto madre Riven, per caso?
- Questa mattina madre Riven non si sentiva molto bene, mi spiace. Spero di poter fare io qualcosa per voi, al suo posto.
Il tono di quel monaco gli sembrò volutamente invadente e fuorviante. - Sì, certo – gli rispose il ragazzo. – Vorrei confessarmi.
- Bene, benissimo, figliolo! Il vostro nome è Blake, giusto? Io sono padre Lowel. Vi ho osservato, sapete? Siete solito venire a pregare ogni martedì mattina, solitamente, per poi andare a confessarvi con madre Riven. Vi trovate particolarmente a vostro agio con lei?
- Sì, è molto attenta e riguardosa.
- Sì, la nostra madre Riven è sicuramente la più delicata e amorevole tra noi – confermò il monaco. – Sapete, ho maturato una curiosità, una domanda che vorrei porvi, se permettete.
- Certo, ditemi pure, padre.
- Ho notato che nessuno dei monaci di questo monastero pronuncia mai il vostro nome quando ci capita di conversare e di parlare dei neonati che abbiamo benedetto, dunque mi è sorta questa ingenua curiosità: posso sapere da quale monaco siete stato benedetto, Blake?
- Dal defunto padre Ilian, pace all’anima sua.
- Oh, ma davvero? Ora mi è tutto chiaro, dunque.
- Egli ha benedetto anche mio fratello alla sua nascita.
- Perdonate l’indiscrezione.
- Nessuna indiscrezione, padre.
I due arrivarono alla stanzetta adibita alle confessioni, Blake si posizionò da un lato e padre Lowel dall’altro della rete.
- Ditemi, Blake – cominciò il monaco, svelando subito le sue intenzioni. – Per quale motivo usate venire a confessarvi sempre in compagnia di madre Riven?
- Di cosa mi state accusando, esattamente? – domandò il ragazzo con tranquillità.
A ciò, padre Lowel sorrise con finta noncuranza. – “Accusare”? Questo atteggiamento sulla difensiva mi fa pensare che siate solito venire accusato, figliolo.
- Non posso rispondervi se non so esattamente quali tipi di sospetti nutriate nei confronti del rapporto che intercorre tra me e madre Riven.
- La nostra madre Riven possiede un animo immacolato e trasparente, dunque è estremamente facile leggerla e comprendere quanto sia grave il peccato che ha commesso.
Da ciò posso certamente dedurre che non potrà mai essere in grado di macchiare la sua purezza cedendo alla seducente tentazione dei piaceri carnali.
Con un fedele tanto giovane come voi in particolar modo.
- Dunque, suppongo ci stiate accusando di qualcosa di differente da ciò.
Non lo chiamerei propriamente “peccato” quello di si è “macchiata” madre Riven, padre.
- Potrei anche darvi ragione, per alcuni versi; tuttavia le leggi di Bliaint sono chiare anche in ciò.
- Leggi antiche di secoli e mai revisionate, si potrebbe dire quasi dimenticate dai cittadini di Bliaint.
- Sembrate incredibilmente sereno e tranquillo, Blake, e comprendo anche il perchè.
Siete un abile conversatore e persuasore, devo concedervelo.
Ditemi, tutta la vostra sicurezza è data dal fatto che siete convinto di essere nel giusto, o dalla consapevolezza della vostra maestria nell’arte oratoria?
Fu Blake a sorridere questa volta. – Che idea vi siete fatto esattamente, padre?
- Conciso e diretto, non mi sarei aspettato nulla di meno.
Posso dirvi che ho parlato con madre Riven e in seguito ad una lunga e sfiancante chiacchierata, ella ha ceduto. Non mi ha confessato tutto, ma mi ha accennato cosa vi permette di fare.
Non è neanche difficile immaginarsi come ella vi riesca: non appena entrate entrambi nel confessionale, utilizzate l’entrata secondaria alla biblioteca dietro questa cabina, per accedere alla biblioteca, categoricamente chiusa al pubblico, sfruttando l’orario in cui la cattedrale è quasi deserta per non farvi notare.
Ciò che vorrei sapere da voi, Blake, è cosa le offrite in cambio di questo frequente “favore”, dato che non siete accusabili di immoralità sessuale.
In cosa siete tanto bravo, eccetto a leggere e a scrivere?
- I numeri. La aiuto con i numeri.
Molto semplicemente, essendo ella la guardiana della biblioteca della cattedrale, la aiuto a classificare i volumi più antichi e dimenticati, alcuni dei quali sono indecifrabili.
Oramai nessuno più se ne occupa, è l’unica a farlo.
Molto spesso, l’unico mezzo per decifrare delle lingue sconosciute o dei segni apparentemente indefiniti, sono dei codici matematici. Io le servo in questo.
- Tutto qui? Classificare libri e decifrare codici e lingue sconosciute?
Molto comodo per voi, che la guardiana della nostra biblioteca, l’unica che avrebbe potuto fornirvi il suo aiuto in quest’attività proibita, sia proprio l’individuo più emotivo, malleabile e persuasibile della cattedrale.
E ditemi, per quale motivo ella dovrebbe desiderare tanto decifrare quei volumi accumulati e di nessuna utilità, rischiando addirittura di venire scoperta come vostra complice, a causa di ciò?
- Non c’è un perché, padre. Come avete detto, ella mi sta solo facendo un favore, tutto qui. La sua bontà d’animo la porta a vedere i motivi innocui che mi spingono a voler consultare quei volumi antichi ma colmi di sapienza e conoscenza, ormai ignorati e dimenticati da chiunque.
- Vi prego, esponete anche a me questi “innocui” motivi che vi spingono ad infrangere la legge, figliolo.
- Infrangere la legge? Come sapete bene, padre, alcune leggi di Bliaint sono solamente inchiostro scritto su pergamena secoli fa e nulla di più. Non hanno alcun senso, né utilità. Per quale motivo la biblioteca della cattedrale dovrebbe essere chiusa al pubblico?
- Perché, dite? Non è ovvio? Le due biblioteche di Bliaint possiedono volumi altamente proibiti! Da qui torniamo alla mia domanda di poco fa alla quale non avete risposto.
 - “Volumi proibiti”? Credete che io li usi per praticare la magia nera? Mi credete uno stregone?
Padre, le streghe e gli stregoni possiedono una loro letteratura. Non sono minimamente interessati ai volumi contenuti nella biblioteca, e ciò è dimostrato dal fatto che non vi è stata alcuna violazione, nessun furto nelle biblioteche in questi anni, nonostante l’ingente presenza di praticanti di magia nera a Bliaint.
- Non possiamo essere certi di ciò, così come non possiamo essere certi dell’uso che ne fate voi.
Ditemi, Blake, come è iniziata questa sovversiva collaborazione tra voi e madre Riven?
- Forse faticherete a crederci, ma un giorno mi sono confessato davvero, padre, e, casualmente, è stata madre Riven il mio confessore. Da lì è iniziato.
Vi suona strano?
- Oh, affatto! Madre Riven era colei che accudiva e si occupava di tutti i bambini che trovava in difficoltà, di ogni animale che scorgeva lungo la sua via, incurante di qualsiasi conseguenza in merito alle sue azioni.
Il suo animo è sempre stato debole e instabile.
Sappiate, Blake, che d’ora in poi non avrete più accesso alla biblioteca della cattedrale, esattamente come tutti gli altri.
Voi e madre Riven non sarete puniti per ciò che avete fatto solamente perché non ritengo le vostre azioni altamente classificabili come “peccaminose”.
Oggi sarò clemente ma non lo sarò la prossima volta.
Dopo ciò, i due restarono a guardarsi per minuti interminabili, fin quando Blake non ruppe il silenzio.
- Come desiderate, padre.
Vi ringrazio per la confessione.
 
Judith sfogliò e sfogliò ancora, imperterrita, decisa ad ottenere qualche risultato entro la mattinata, ma le sue ricerche non sembravano dare i frutti che sperava.
Erano settimane che era ferma in quel punto.
Aveva vagliato ogni angolo della biblioteca e cominciò a convincersi che, forse, le risposte che cercava fossero nell’altra biblioteca.
Nonostante l’immensa vastità di volumi differenti, antichi di generazioni, contenenti una sapienza inestimabile, la ragazza non aveva ancora trovato ciò che realmente le interessava.
Cominciò a pensare che la sua, fosse una ricerca sterile.
Non appena iniziò a spazientirsi, cominciando a nutrire un’insana voglia di dare fuoco a tutto ciò che la circondava, qualcuno bussò alla porta della biblioteca.
- Judith, cara – le disse il volto amorevole di padre Cliamon. – C’è qualcuno per te.
- Chi mi cerca?
- Un certo giovane servitore del Creatore.
A ciò, capendo immediatamente, il volto della giovane ragazza si incupì. – Non voglio vederlo. Ditegli di andarsene.
- Sta attendendo qui fuori da un po’, cara. Ha una cera tremenda. Dice che è urgente.
Il cuore di Judith saltò un battito senza che ella potesse controllarlo, a tali parole.
Si arrese senza troppa insistenza, abbandonando la biblioteca e uscendo dalla cattedrale, trovando Naren in attesa, all’esterno.
Non appena egli la intravide a distanza, si trattenne visibilmente dall’andarle incontro per stringerla a sé, come avrebbe desiderato fare da giorni.
Tuttavia, nessuno dei due avrebbe potuto esplicitare un gesto del genere in pubblico; inoltre, entrambi sapevano bene vi fossero delle questioni in sospeso da risolvere.
- Indossi l’abito da “consolatrice dei condannati”. Hai assistito il ragazzo che è stato giustiziato questa mattina? – tentò di approcciarsi Naren.
Ella non lo guardò e attese, prima di rispondergli. – Non ho tempo da perdere – disse lapidaria.
- Arley, ti prego …
- Non ti fai vivo da più di tre giorni, Van.
Non ho avuto alcuna notizia di te dopo ciò che è successo a me e agli altri presenti al matrimonio di qualche giorno fa. In quel momento, più di ogni altro, avrei avuto bisogno di te e tu mi hai evitata come un’epidemia. Per quale motivo dovrei degnarmi di ascoltarti ora? – disse serafica.
A ciò, Naren abbassò il volto, nascondendo gli occhi lucidi e le labbra tremanti. – Arley, mi dispiace tanto. Davvero. Tuttavia … tuttavia, non ci sono riuscito… io non ero pronto ad affrontarti.
Non lo sono neanche ora, poiché non ho neanche il coraggio di guardarti negli occhi dopo ciò che è accaduto quella notte …
- Non ricordo nulla di ciò che è accaduto quella notte, Naren. Nulla. Come nessuno degli altri.
- Io ero presente, Judith!
- Abbassa la voce … - gli intimò tra i denti ella. – Che cosa stai cercando di dirmi …? Per quale motivo eri lì? Cosa ci facevi in quel luogo?
- Sono venuto a cercarti. Lo sai che ero contrario che tu partecipassi alla cerimonia, essendo cosciente di cosa avreste fatto durante i festeggiamenti e-
- Perché tu non ti fidi di me. Non ti sei mai fidato di me. Questo è un discorso che abbiamo già affrontato o sbaglio? La tua gelosia è assolutamente ingiustificata e opprimente.
Io amo te, e dovresti saperlo bene.
Se mi ritieni tanto superficiale e volubile da tradire il tuo amore e la tua fiducia per della blanda attrazione fisica e del piacere carnale, allora non sei l’uomo che credevo fossi.
- Arley, ti prego … ascoltami. Quella notte è successo qualcosa … qualcosa di molto, molto grave …
Ho visto delle cose che non avrei mai immaginato di vedere …
Nessuno dei presenti era in sé … nessuno era, letteralmente, nel proprio corpo …
- Di questo ne sono a conoscenza.
Cosa sei venuto a dirmi, esattamente, Naren?
Non ho intenzione di ascoltarti balbettare ancora per un altro minuto.
- Judith, devi ascoltarmi! Io ero l’unica persona lucida quella notte, l’unica che ricorda tutto ciò che è accaduto, poiché non ero tra gli invitati quando siete caduti vittima del sortilegio, sono arrivato solo dopo!  Per te!
- Non voglio sapere cosa è accaduto quella notte, Naren.
- Ma io ho bisogno di dirtelo, Judith … ne ho bisogno poiché il senso di colpa mi divora e sogno ciò che è accaduto, ogni santa notte, in ogni singolo dettaglio … - la supplicò stringendosi i capelli, oramai sull’orlo delle lacrime. – Ho paura di non riuscire più a riconoscere chi sono e cosa voglio … ho paura di non essere più la persona che ero prima … ho visto …
- Non voglio sapere che cosa hai visto.
- Vi è stata della violenza …
- Naren, non un’altra parola.
- Tu mi hai costretto! – esclamò ponendosele dinnanzi, stringendo la gonna della ragazza mentre la guardava stralunato.
Calò un silenzio glaciale tra i due, spezzato dopo diversi minuti da Naren. – Ti prego, ti prego, non guardarmi così.
Nonostante tutto, nonostante ciò che è accaduto, ciò che hai fatto … io non posso vivere senza di te, amore mio.
Un brivido varcò la lunghezza della schiena della ragazza, ma ella rimase immobile e distaccata. – Ho bisogno di restare senza di te, Naren. Ne abbiamo bisogno entrambi, temporaneamente.
Pronunciare quelle parole le costò caro, ma cercò di non darlo a vedere.
Non aveva bisogno di lui, infondo.
Se lo ripeté, ancora e ancora, fin quando non ci credette, almeno l’indispensabile.
Fortunatamente, i suoi occhi vennero casualmente attirati da una figura che intravide uscire dall’altra cattedrale a distanza. Aguzzò lo sguardo e riconobbe Blake, il quale venne immediatamente raggiunto da una donna con il volto afflitto e dispiaciuto. La monaca, un volto familiare alla tremenda infanzia vissuta da Judith in quel luogo, gli prese le mani e gliele strinse tra le sue, guardandosi intorno circospetta, ripetendogli qualcosa che somigliava molto a delle scuse.
In quel momento, per qualche motivo, Judith ricordò che quella donna, madre Riven, fosse la custode della biblioteca dell’altra cattedrale.
Improvvisamente, un moto di realizzazione invase la sua mente e la accese, facendole quasi dimenticare la questione lasciata in sospeso con Naren.
- Torna a casa, Van – lo spronò ella affettuosamente. – Va’ a riposare e cerca di svuotare la mente.
Il ragazzo, dopo qualche altro attimo di silenzioso sfogo e reticenza nello staccarsi dall’amata, si arrese e si allontanò da lei.
Ora, Judith aveva ben chiaro in mente cosa avrebbe dovuto fare.
Forse, non sarebbe stato facile come sperava, o forse il destino le avrebbe riservato una piacevole sorpresa.
Ad  ogni modo, ogni cosa era chiara nella sua mente, pronta solamente per essere messa in pratica.
La ragazza raggiunse Blake a passo svelto non appena questo rimase solo, e gli si accostò. – Seguitemi nella cattedrale dei servi del Creatore. In quella del nostro Signore desteremo sospetti, dato che vi siete appena uscito. Inoltre, la mia cattedrale è quasi vuota ora – gli sussurrò fugace.
- “La vostra cattedrale”? – rispose egli alzando un sopracciglio.
- Tenetevi l’ilarità per un altro momento. Seguitemi – detto ciò, ella si incamminò nuovamente verso la sua cattedrale.
I due entrarono e vennero subito intercettati da padre Cliamon, il quale sgranò gli occhi alla vista del ragazzo.
- Un altro servo del Diavolo nella nostra cattedrale? Sono a dir poco sorpreso – disse scrutando prima lo sconosciuto, poi la sua protetta, con sguardo interrogativo, mentre Blake si guardava intorno incuriosito.
- Non siete mai entrato qui dentro, figliolo? – gli chiese poi il buon monaco.
- Non che io ricordi – rispose egli ricambiando lo sguardo cordiale dell’uomo.
- Lui è Even Blake, padre, è con me – spiegò Judith. – Credete che riusciremo a parlare soli e indisturbati per un po’? – domandò con sguardo complice al monaco.
A ciò, padre Cliamon annuì con discrezione, guardandosi intorno. – Ben presto quei due o tre presenti se ne andranno, non appena termineranno le loro preghiere. Voi accomodatevi in mezzo alla navata rimasta vuota e io mi assicurerò che altri fedeli non vi siedano troppo vicini. Attirerete meno l’attenzione se non sarete ai lati o nel fondo.
- Anche gli altri monaci si accorgeranno della sua presenza.
- D’accordo, nessun problema, cara. Farò in modo che non vi disturbino neanche loro – garantì il monaco.
- Grazie, padre – gli rispose riconoscente la ragazza, per poi dirigersi in una delle sedie in mezzo alla navata, seguita da Blake.
- Dunque? Come mai tutta questa urgenza?
- Nessuna urgenza. Ci serviva semplicemente un posto discreto e ho sfruttato l’orario in cui la cattedrale è più vuota.
- Qualche mattina fa mi avete chiesto di parlare e lo abbiamo fatto indisturbatamente camminando nella piazza.
- Il discorso che dovevamo affrontare quella mattina non è il discorso che dobbiamo affrontare oggi. Vi mette a disagio stare qui?
- Niente affatto – rispose il ragazzo. – Dunque? Sono tutt’orecchie.
- Sono a conoscenza dei loschi metodi che utilizzate per avere accesso alla biblioteca dell’altra cattedrale. Padre Craig mi ha informato che riuscite a prelevare i tomi che vi servono dalla biblioteca e poco fa vi ho visto in compagnia della custode dell’altra cattedrale. Ella sembrava turbata, quasi come se qualcuno fosse venuto a conoscenza delle vostre attività illecite – spiegò la ragazza.
Blake non riuscì a fare a meno di accennare un sorriso in risposta. – Sentiamo, cos’è che volete propormi, Judith? Perché il solo motivo per il quale avreste potuto trascinarmi qui con tale solerzia, dal nulla, è questo. Io e voi non abbiamo nulla da dirci, altrimenti.
Fate attenzione, in ogni caso: a prescindere da quali siano le vostre intenzioni, non conoscete nulla delle mie, perciò non sarà facile farmi una proposta che possa far collimare i miei obiettivi ai vostri.
- Oh, di ciò non vi preoccupate. Sarete voi a dirmelo, a breve.
Non posso “vantarmi” di conoscervi, ma sono abbastanza abile ad inquadrare le persone.
So che siete un ragazzo acculturato, intelligente e audace. Rischiare la pelle per rubare dei libri non è da tutti, d’altronde. Suppongo, dunque, che siate alla famelica ricerca di qualcosa in quei tomi, esattamente come lo sono io. Da quel poco che ho avuto modo di osservare ai festeggiamenti del matrimonio, lo stato di salute di vostro fratello sembra essere ciò che vi preme di più.
- Anche a me il nostro amico in comune ha detto qualcosa di voi. So che siete la custode di questa biblioteca, dunque immagino avrete vagliato ogni singolo tomo presente in questa cattedrale ed ora vogliate passare all’altra.
- E voi vorrete passare a questa, dato che avete fatto lo stesso con l’altra – concluse il ragionamento la ragazza, sorridendo soddisfatta. – Vedo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda.
- Sembrerebbe di sì.
- Dunque, ecco la mia proposta: io vi farò accedere alla mia biblioteca e consultare tutti i libri che volete, e voi mi aiuterete ad entrare nella vostra. Si dà il caso che io conosca la monaca guardiana dell’altra cattedrale, data la mia infanzia trascorsa in quel luogo. Ciò ci renderà le cose ancora più facili.
- Voi non avete bisogno del mio aiuto per avere accesso alla biblioteca dell’altra cattedrale. Fate parte del clero oramai e ricoprite anche una carica rilevante. Madre Riven spalancherà la porta al vostro arrivo.
A cosa vi servo?
- Voi mi servite ad altro, Blake – gli disse, facendolo voltare a guardarla, in attesa che si spiegasse. – Voi siete la persona che ha più accesso alla galleria di Bliaint in tutto il villaggio, dopo vostro padre, o sbaglio?
Avete un patrimonio di cristalli, materiali e pietre dalle più svariate proprietà a vostra disposizione, giusto?
- Mi avete preso per uno stregone?
- Non voglio uno stregone. Se avessi voluto uno stregone, lo sarei andato a cercare altrove – rispose la ragazza voltandosi a guardarlo a sua volta. – Voglio una mente brillante, intuitiva ed ingegnosa che sia in grado di aiutarmi a creare un tipo di marchingegno capace di togliere la vita dei condannati a morte in maniera veloce ed indolore, e che possa convincere il clero e il popolo come metodo ufficiale alternativo alla “purificazione” del rogo; tutto ciò, senza il minimo uso della magia.
Blake restò a guardarla per qualche secondo in seguito a tale proposta, nel silenzio tombale della cattedrale, contaminato solamente del rumore delle scarpe dei monaci che battevano sul pavimento.
- Cosa ne dite? – lo sollecitò Judith guardandolo speranzosa, vedendo la bocca del ragazzo rimanere serrata.
- Mi farete avere accesso alla biblioteca di questa cattedrale quando vorrò?
- Certo.
- Potrebbe volerci del tempo, molto tempo. Ne siete consapevole?
- Assolutamente.
- E dovremo essere molto discreti.
- Blake, qual è la vostra risposta?
A ciò, il ragazzo le accennò un sorriso che alimentò Judith di speranza. – In che modo mi farete entrare nella vostra biblioteca senza essere scoperta? – domandò egli.
- Non temete, l’unico che saprà la verità sarà padre Cliamon, colui che ci ha accolti poco fa. Di lui mi fido.
Tutti gli altri crederanno ciò che faremo credere loro.
- Ossia?
- Ossia nulla di condannabile – gli garantì ella sorridendo scaltra. – Apparteniamo allo stesso credo, Blake. Ciò che facciamo sotto le lenzuola riguarda solo noi e non può essere giudicato da nessuno. Sarà ciò che sembrerà dall’esterno, senza bisogno di fornire spiegazioni. Ed è ciò che stanno pensando anche ora, mentre ci  guardano conversare.
- Avete già portato altri amanti qui?
- No, mai. Non ho avuto amanti.
- Non sarà un po’ sospetto, dunque?
- A tutto c’è una prima volta, non credete? – rispose ella con sicurezza. – Loro lo vedono come mi guardano quando cammino per le strade del villaggio. Come ogni donna e ogni uomo del nostro credo, posseggo molti spasimanti.
Allora? Siete con me?
A ciò, Blake sorrise, e si alzò in piedi, guardandola dall’alto. – Per stipulare il nostro accordo, ho bisogno di una piccola prova della vostra spavalderia. Prendetelo come una segno di fiducia. Per mettere in atto qualcosa di simile, serve una sana dose di sfrontatezza.
- Cosa volete che faccia?
In risposta, Blake, incurante della presenza di alcuni monaci nei dintorni e di qualche fedele, si fece il segno della croce al contrario, esattamente dinnanzi all’enorme crocefisso rivolto verso l’alto.
Judith sbiancò dinnanzi a quel gesto categoricamente vietato, facendo vagare gli occhi scuri da una parte all’altra della navata, rincuorata dal fatto che nessuno lo avesse visto.
- Avanti. Deve essere sfiancante essere un servitrice del Diavolo e vivere qui dentro – la provocò Blake.
A ciò, Judith si tolse il pensiero e fece lo stesso, in fretta, per poi alzarsi a sua volta e guardare il ragazzo. – Soddisfatto?
- Assolutamente. Abbiamo un accordo, dunque – concluse Blake accennandole un ultimo sorriso, per poi voltarle le spalle e raggiungere l’uscita della cattedrale.
 
Padre Craig continuò a camminare, sfruttando l’orario mattutino, pre albeggiante, in cui le strade di Bliaint erano  totalmente deserte.
Non sapeva neanche da dove iniziare la sua ricerca e non aveva fatto altro che pensare a ciò per un’altra, intera giornata improduttiva.
Blake e Judith non lo avrebbero aiutato, poiché entrambi non desideravano tirar fuori qualcosa che apparteneva al passato.
Ma il potere del passato arrivava davvero a tanto? Impediva realmente di accedere ai suoi possedimenti, quando questi sarebbero stati troppo difficili da accettare?
Avrebbe dovuto muovere i primi passi da solo in quell’ardua ricerca, motivo per cui aveva bisogno di trattenersi a Bliaint più del previsto.
Heloisa gli aveva chiesto se avesse deciso di rimanere perché gli piaceva vivere lì.
In fondo al suo cuore, il giovane prete sapeva di aver vissuto meglio in quei pochi giorni a Bliaint che in tutta la vita passata ad Armelle.
Forse era il fascino esercitato da quel villaggio, forse era per tutti gli altri pregi di quel luogo, come l’immensa pulizia in ogni aspetto della vita, la maggiore apertura mentale riguardo pratiche come la magia, la cordialità delle persone, la bellezza del paesaggio, del contatto con la natura.
Di certo, tuttavia, i grandi pregi di Bliaint non facevano svanire i suoi difetti.
Padre Craig sapeva di voler vivere lì ancora per un po’, a prescindere dalla sua ricerca riguardo cosa fosse accaduto quella notte maledetta e rimossa dalle menti di ognuno di loro.
Continuando a camminare, gli capitò casualmente di imbattersi in una presenza incappucciata, l’unica a quell’ora della mattina.
Ella camminava lungo il campo di terra scura e deserta sotto cui si estendeva l’immensa galleria di Bliaint.
Incuriosito, il giovane padre si avvicinò, cauto, osservandola.
Sgranò gli occhi quando ella si tolse il cappuccio.
Era la ragazza dai capelli corvini che aveva conosciuto ai festeggiamenti, l’ultima con la quale aveva parlato.
Essendo molto vicina a Blake, forse egli sapeva per quale motivo ella si trovava lì a quell’ora del mattino.
Poi, quando la ragazza si sfregò l’amuleto di cristallo che aveva appeso al collo e tirò fuori una sacca riempita di qualcosa, padre Craig cominciò a capire e dei brividi freddi gli gelarono la schiena.
Ella poggiò il sacco sul terreno morbido, dopo di che tracciò un grosso pentagramma a terra, mentre, nel frattempo, il sole si affacciava all’orizzonte, portando con sé una brezza calda e fresca insieme, profumata di bosco.
La ragazza pronunciò una strana formula in una lingua che padre Craig non riconobbe, un misto tra latino, lingue germaniche e qualcos’altro. Dopo ciò, rivolse il volto verso il basso e ringraziò il suo Signore.
Ciò che vide in seguito pietrificò totalmente padre Craig. Ella cominciò a scavare una fossa esattamente in mezzo al pentagramma, poi tirò fuori dal sacco qualcosa che somigliava ad una pianta, ma con una radice dall’aspetto tremendo, dalla forma umana di un corpo nudo attorcigliato su se stesso, con una bocca orrendamente spalancata e gli occhi quasi fuori dalle orbite. La ragazza seppellì completamente la pianta dalla parvenza umana, per poi cancellare il pentagramma dal terreno, smuovendo la terra sopra di esso.
Fu a quel punto, quando la ragazza fece per andarsene, che il giovane prete si avvicinò a lei, afferrandola per il braccio.
In quell’istante, entrambi vennero attraversati da strani brividi.
Sconvolto, padre Craig si ricordò delle parole di Judith, riguardo al corpo come unico testimone consapevole di quella notte.
La ragazza si voltò a guardarlo, dapprima con uno sguardo sorpreso e confuso, poi, in seguito al brivido, il suo viso si distese in un sorriso sornione. – Dunque, voi … proprio voi, tra tutti i presenti quella notte alle celebrazioni.
- Che cosa intendete dire …? – balbettò il giovane prete.
- Intendo dire che ciò che avete sentito toccandomi dimostra che il vostro corpo è entrato in contatto col mio sotto effetto di un incantesimo. Tuttavia, quella notte sia io che voi eravamo nel corpo di qualcun altro, padre – gli rispose la ragazza con naturalezza.
- Voi … serbate dei ricordi di quella notte??
A ciò, la ragazza scoppiò in una risata. – Oh, non sapete proprio nulla voi, vero?? Ad ogni modo, il fatto che io sia una strega non mi rende onnipotente. Nessuno dei presenti ricorda nulla, me compresa.
- Ne siete sicura?
- Cosa ci fate qui a quest’ora della mattina?
- Passeggiavo. E voi?
- Un po’ presto per godersi la brezza mattutina, non trovate?
- Vi ho vista seppellire qualcosa. Era … qualcosa di informe, di tremendo …
- Ciò che sono venuta a fare qui non sono affari vostri, padre – gli rispose ella voltandogli le spalle.
A ciò, padre Craig agì d’impulso, mosso dall’incontenibile brama di sapere cosa fosse accaduto quella notte, e che l’unica chiave per scoprirlo gli stesse definitivamente per sfuggire dalle dita. – Blake e Rolland sanno che cosa fate nel terreno sotto cui si trova la loro galleria??
Come sperava, la ragazza si fermò all’udire tali parole. – Se avessi voluto attirare l’attenzione di Blake l’avrei fatto in maniera più appariscente e plateale, padre – gli rispose ella voltandosi nuovamente verso di lui, con una voce indefinibile. – Cosa dico o non dico a Blake e che tipo di rapporto abbiamo noi due non vi riguarda – continuò sorridendo lievemente divertita. – Volete minacciarmi di rivelare ai suddetti proprietari della galleria cosa ho seppellito? Credete davvero di riuscire persuadere me?? Voi?? – concluse ella ridendo per un po’, riprendendo a parlare poco dopo. – Devo ammetterlo, padre, siete meno noioso e puritano di quanto mi aspettassi. Ditemi, dunque, quale importante richiesta vi ha spinto sino al punto di minacciare me?
- Voglio che mi aiutiate a scoprire cos’è accaduto quella notte, durante le celebrazioni.
- Perché vi interessa tanto saperlo?
- Questa domanda mi è stata posta sin troppo negli ultimi giorni e, per quanto ci provi, non riesco a comprendere, piuttosto, per quale motivo a tutti voi ciò sembra non interessare minimamente – rispose quasi alterandosi. – Ho bisogno di sapere che cosa ho fatto. Sento che, se non lo scoprirò, la mia anima brucerà nelle fiamme dell’inferno.
- Chiedere aiuto a me vi costerà un caro prezzo, padre.
Non vi hanno mai insegnato che non si fanno patti con le streghe?
- Da dove vengo, mi hanno sempre insegnato che le streghe vanno bruciate al rogo, a prescindere.
Converrete con me che le mie conoscenze valgono meno delle polvere di un fuoco spento qui a Bliaint.
La ragazza pose le braccia conserte, aguzzando i luminosi occhi verdi. – Virve Beitris. È il mio nome – disse lei porgendogli la mano magra e affusolata, in attesa che il giovane prete la stringesse per stipulare il patto.
Senza attendere oltre, padre Craig la strinse.
- Raccoglierete informazioni per me, padre. Tutte le informazioni che ci servono.
- D’accordo.
- E, per colmare la vostra curiosità: quella che ho seppellito poco fa era una mandragora.
A ciò, padre Craig sbiancò.
- Conoscete ciò che si narra sulla mandragora? – continuò la ragazza.
- Vi sono delle leggende … Il suo urlo …
- … uccide colui che la ode, nel momento in cui viene sradicata.
Tuttavia, è anche una pianta molto utile nella magia bianca e nera.
Dopo aver adempiuto allo scopo per cui è stata sradicata, l’ho seppellita.
- Per quale motivo?
- Tutto ciò che vi serve sapere è che non deve più essere sradicata da nessuno. Il comportamento della mandragora può essere imprevedibile – rispose ella ritornando improvvisamente seria. – È seppellita troppo in superficie per essere trovata da qualche lavoratore della galleria, e la superficie di questo terreno deserto non è attraversata mai da nessuno.
Ad ogni modo, per evitare che qualcuno la sradichi, l’ho incatenata ad un incantesimo: il braccio di colui che calpesterà questo terreno e che proverà a scavare tanto da riuscire a prenderla, continuerà a scavare verso il basso fino a quando l'arto non gli si spezzerà, senza mai trovarla, poiché la mandragora non assumerà mai consistenza tra le sue mani.
Padre Craig annuì meccanicamente.
- Bene – concluse ella. – Ora tornate a casa e stendetevi sul vostro giaciglio a riposare. Il mattino è ancora lontano.


 
   
 
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