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Autore: Barbra    16/08/2020    1 recensioni
Sequel (spin-off) di Avatar e Pokémon - la Leggenda di Gong. Ambientato una quindicina di anni dopo.
DAL TESTO: "Soprappensiero, Sonia digitò di nuovo il nome di Sanna Lenew. Poi di Sanna Lenu, poi di Senna Lenu. Per un motivo o per l'altro, tutti quei nominativi non esistevano.
Lenu, scrittura quasi fonetica della sigla L.N.U., “Last Name Unknown”, era più comune di quanto Sonia volesse credere. Ma la ragazza che l'aveva appena truffata non era tra i Lenu registrati.
La Professoressa si precipitò alla porta del laboratorio e guardò in lontananza tra i passanti. L'imbrogliona era già sparita.
Allora si aggrappò al telefono, decisa a tagliarle ogni via di fuga dalla città e dalla Regione di Galar."
Personaggi non in elenco: Sird (Pokémon Adventures)
CONCLUSA il 20/05/21
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio, Team Galassia
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Manga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar e Pokémon'
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3. Zafferanopoli

 

Era notte. Tutte le luci della città erano spente. Il pulsante cuore economico di Kanto, Zafferanopoli, era in black out.

Sedna avanzò perplessa lungo una strada buia. Nella tasca segreta dove custodiva le diavolerie, aveva dei visori a infrarossi ridotti a lenti a contatto. Frugò nello zaino, ma le luci si riaccesero e la città riprese miracolosamente vita. Lampioni, cartelloni, vetrine dei negozi: adesso poteva vedere la metropoli.

Il volto da star del cinema di Sabrina comparve su uno dei cartelloni.

«Ti stavo aspettando, Sedna di Sinnoh!».

Il nome di Sedna e il suo luogo di nascita non erano in una rete accessibile agli estranei. Ma Sabrina disponeva di un'altra rete: aveva spie e informatori disseminati per tutta Kanto, pagati per massimizzare l'efficacia della sua preveggenza.

Sabrina voleva che la sua fama attraversasse di nuovo il mare. Imbastiva il suo spettacolo solo per i forestieri che non sarebbero rimasti a Kanto.

Sedna sapeva di avere delle telecamere puntate addosso.

Per togliersi dalla strada, si infilò nel primo edificio pubblico sul suo cammino: la sede del Fan Club degli Allenatori di Pokémon, aperta per i nottambuli che non avevano di meglio da fare.

Fu accolta dagli occhi quasi diffidenti di un gruppetto di giovani. Non l'avevano mai vista lì, e quell'orario era inconsueto per una prima visita. La Comandnate si fermò ad ammirare le pareti tappezzate di poster ufficiali e fotografie amatoriali.

C'erano un numero imprecisato di ragazzini e ragazzine fotografati in posa con Misty, Brock e gli altri Capopalestra di Kanto, un po' meno coi Superquattro, nessuna con il Campione.

Questo giovane Maestro Drago, dai capelli rosso scuro e gli occhi azzurro chiaro, compariva soltanto nelle fotografie ufficiali con il suo pacifico Dragonite o la sua spaventosa Hydreigon, a volte l'uno accanto all'altra, ma sempre diversi come il giorno e la notte.

Una tredicenne dai capelli rosa prese la palla al balzo e la agganciò: «Laran è fantastico, non è vero?!».

«Cosa...? Chi...?».

La ragazzina si mostrò delusa. «Ah... tu non sei di Kanto...».

«No. Vengo da Sinnoh».

Anche se non l'avesse specificato, il suo accento l'avrebbe incastrata.

«Laran è il figlio dell'ex Campione Lance, ed è un Domadraghi. Il migliore di sempre, secondo me!». Fece una breve pausa, prima di tornare alla carica. «Tu di chi sei fan?».

«Di...» di sua zia Hua, forse, se non avesse smesso di allenare prima della sua nascita. Non poteva dare una risposta del genere e allora scelse la più scontata: «Di Cynthia e Lady Berlitz».

«E chi sono...?».

«Le due Campionesse che si strappano il titolo quasi ogni anno da un decennio a questa parte. Nessuno è riuscito a mettere una pausa fra loro» spiegò Sedna. «Ora, per esempio, la Campionessa è Lady Berlitz».

Parlare proprio di Cynthia e di Platinum Berlitz la innervosiva, benché non le conoscesse di persona. Le loro divergenze col Team Galassia erano insanabili. Doveva portare la conversazione altrove.

Come faceva spesso quando era stressata, alzò un po' troppo la voce. «Ma... questo Laran dev'essere veramente un tipo scontroso! Come mai nessuno è riuscito a farsi una foto con lui?».

«Qualcuno c'è riuscito» le rispose un ragazzo sulla ventina. «La sua fidanzata, Yuki».

Indicò una fotografia attaccata in basso. Il soggetto principale, sulla sinistra, non sembrava una Yuki. Era una ragazza caucasica con il viso squadrato e i capelli castani. Laran le cingeva le spalle con un braccio. Dietro di loro, i rispettivi Charizard e Dragonite se ne stavano l'uno accanto all'altro.

«Non è la sua fidanzata!» protestò paonazza la tredicenne.

Sedna ridacchiò. «Yuki, eh? È paradossale che una “Neve” abbia un Charizard, non trovate? Un po' troppo vicino alla coda e potrebbe sciogliersi...!». Continuò a ridere piano, ma presto capì di essere l'unica. Per i cinque ragazzi nella stanza, il cliché sugli abitanti di Sinnoh era confermato: le loro battute erano incredibilmente noiose.

*

Quando Sedna lasciò la sede del fan club, l'Allenatrice dai capelli rosa uscì con lei, tutta presa a declamare le gesta del suo idolo. Raccontò di averlo visto combattere tante volte, e di come l'avesse ignorata quando lo aveva incontrato di persona. Lei non ci era rimasta male, perché Laran ignorava sistematicamente tutti gli Allenatori, così come tutti i giornalisti, così come tutti gli esseri umani o quasi. Era parte della sua immagine di feroce e schivo Domadraghi.

Sedna cercava di ascoltare quel fiume in piena di parole, ma aveva frequentissimi cali di attenzione. Le chiacchiere altrui le facevano venire sonno. .

D'un tratto, la tredicenne dai capelli rosa si immobilizzò. Sedna continuò a camminare come una sonnambula. Poi tornò alla realtà e si fermò anche lei.

Sul marciapiede, a tagliarle la strada, c'era una donna con gli occhi spiritati. I suoi folti e lunghissimi capelli neri erano spettinati, la sua tunica bianca e la sua gonna-pantalone rossa erano strappate e sfilacciate. In mano reggeva un bastone rituale spezzato.

Di tanto in tanto guardava di lato come se avesse le allucinazioni, poi tornava a fissarla in silenzio.

Sedna arretrò. «Ehm...?».

«Perché sei qui, Maestra dell'Acqua?».

«Che?!».

La donna alzò la voce. «Perché sei qui, Maestra del'Acqua?!».

Buttò sulla strada il bastone rituale rotto. «Questa città non ha bisogno... questa città non ha bisogno di te. Questa città non ha bisogno di... questa... questa città...».

Ripeteva le stesse parole come un disco rotto.

Poi, d'un tratto, si irrigidì lanciando un grido rauco, e mentre cadeva lunga distesa sul marciapiede con gli occhi aperti, un nerissimo e tossico Gaslty le uscì come fumo dal naso e dalla bocca.

Sedna odiava quei cosi.

La medium stesa a terra era scossa dalle convulsioni. Si era morsa la lingua e dalla bocca usciva saliva mista a sangue.

Sedna mandò Lucario a inseguire Gastly e tenne Primarina con sé a soccorrere la donna, per quanto possibile. Con le pinne e il suo peso, Primarina spise la donna su un fianco. Lo fece per istinto, vedendole la bocca piena di saliva. Non poteva fare miracoli su ciò che non fosse un'ustione.

Entrambi rimasero a guardare finché le convulsioni si estinsero.

Lucario aveva perso il subdolo Gasly prima di farlo svenire. Tornò sui suoi passi irritato e deluso. Si fermò accanto a Primarina e alla donna ancora mezza svenuta. Anche lui la fissò in sielnzio mentre si riprendeva.

Quando ricominciò a parlare, la medium recitò una nenia confusa. Poi parve accorgersi del mondo esterno e si voltò a guardare il muso e gli occhi rossi di Lucario.

«Sta' lontana dal vulcano...» sussurrò. Guardava lui, ma in realtà parlava con la sua Allenatrice.

«Come, scusi?».

La medium stava già pensando ad altro. Si tirò su a sedere e si guardò intorno. «Dove mi ha portata? Vicino al confine!». Dispiaciuta, guardò il bastone rituale che giaceva sull'asfalto, spezzato. «Che prepotente...! Non li sopporto, quando fanno così!».

Ora che stava meglio, parlava da sola. Si alzò in piedi, un po' dolorante. Si portò una mano alla testa lì dove aveva battuto. Le sarebbe venuto un bel bernoccolo.

Fece per andarsene, poi tornò indietro e prese Sedna per il polso, senza stringere. I suoi occhi avevano cambiato espressione. Erano quelli di una donna tranquilla, persino timida.

«Ormai, alle mie spalle, mi chiamano Cassandra. Ma il mio nome è Imari».

Era come se ci tenesse a farsi conoscere per chi era, persino da una perfetta estranea.

«Non venire alla Palestra, per adesso» continuò, dandole già le spalle. «Non sei pronta. I tuoi Pokémon non sono abbastanza forti, e Sabrina non concede sconti a nessuno. Ti faresti solo del male, Sedna».

Sedna la guardò allontanarsi, tanto per assicurarsi che non tornasse indietro invasata. Poi si ricordò, come in una rivelazione, di non essere venuta sola. Cercò con lo sguardo l'Allenatrice dai capelli rosa, ma la strada dietro di lei era deserta.

Probabilmente, lei aveva tagliato la corda per tornare al sicuro al Fanclub.

Sedna avrebbe dovuto interrogarla per sapere come avesse interpretato le parole di Gastly.

Per gli abitanti di Kanto, l'unica Maestra dell'Acqua era Misty. Misty non era una Dominatrice, bensì una Specialista di alto livello.

Gastly aveva senz'altro usato il termine nell'altra accezione, quella più appropriata a chi aveva di fronte, ma avendo parlato per bocca umana e senza telepatia, il significato delle sue parole poteva essere equivocato.

I Gastly, come gli Haunter e i Gengar, erano estemamente legati al territorio che infestavano. Se si allontanavano troppo, dovevano tornare laggiù. E i piedi umani della medium avevano portato quel Gastly fin troppo lontano.

Uscì del muro dell'edificio in cui si era nascosto e volò più rapidamente possibile in direzione della Palestra. Il Lucario nero gli piombò subito alle calcagna come un cane da caccia, costringendolo a sparire sotto l'asfalto. Prima o poi sarebbe dovuto rimergere, per capire dove stesse andando. Sedna ritirò Primarina e corse dietro al suo Pokémon e al Gastly in fuga.

*

Lei e Lucario avevano perso Gastly, e quasi due ore ad inseguirlo. Quando il suo Pokémon si era arreso, Sedna aveva smesso di accanirsi. L'opzione migliore era andare alla Palestre e sperare di ritovarlo lì o in zona.

Oltrepassati i cancelli dell'enorme area urbana adibita a Palestra, entrò nel primo grattacielo, registrò i suoi dati su un computer e prese subito l'ascensore.

Dopo l'incidente delle radiazioni nella Grotta Celeste, Sedna aveva passato qualche giorno nelle vicinanze di Celestopoli ad addestrare i suoi Pokémon.

Golduck era diventato più forte. Froakie e Sobble si erano evoluti in Frogadier e Drizzile uno poco dopo l'altra.

Aveva solo due Medaglie, quindi Sabrina avrebbe dovuto combattere per verificare che meritasse la terza.

Un elegante anziano signore la accolse sul tetto. Le disse che avrebbe dovuto sfidare tre dei sei Allenatori presenti, oltre alla Capopalestra in persona, perché la prova potesse considerarsi superata.

Dei ponti di vetro collegavano un grattacielo all'altro. Solo se percorsi nella sequenza corretta, l'avrebbero condotta al centro del labirinto, dove Sabrina la attendeva.

Sedna sbiancò. «Ponti... di vetro...?».

«Esatto, signorina. Ponti di vetro».

Quel dettaglio, per lei, era agghiacciante. C'erano delle ringhiere con delle luci viola e verdi a porteggere gli sfidanti dalla cauta. Ma le luci del traffico e della città sottostante sarebbero state prorpio sotto i suoi piedi e sotto i suoi occhi.

«Ponti... di vetro...» ripeté a voce bassa, come se non volesse crederci.

Con un enorme sforzo, si diresse al primo ponte. Rimase immobile col piede sinistro sul vetro e il destro sul tetto. Doveva trattenersi dal guardare giù, oppure tornare indietro e rinunciare alla Medaglia Palude per la sua fobia dell'altezza.

«Questa è una Palestra di tipo Psico, signorina» puntualizzò l'anziano signore alle sue spalle. «Qui è fondamentale manterere lucida e attiva la mente, malgrado la situazione appaia estrema».

Sedna si decise a muovere il suo primo passo nel vuoto.

Poi si aggrappò alla ringhiera e si acquattò sulla piattaforma di vetro.

Lucario e Primarina uscirono dalle sfere per aiutarla a muoversi.

Con la coda dell'occhio, Sedna vide una figura in rosso e bianco attraversare un altro ponte, per fermarsi sul grattacielo che lei stava per raggiungere.

Imari l'avrebbe sfidata per prima, e forse non era contenta di vederla lì.

Liberò il suo Haunter.

Il fantasma si avventò su Lucario. Era già fuori dalla sfera, quindi, per lui, pronto a combattere. Sedna, aggrappata alla ringhiera, era troppo terrorizzata per pensare alla lotta.

Lucario cobatteva da solo. Doveva evitare a tutti i costi che lo Spettro gli giocasse il brutto scherzo di spingere nel vuoto la sua Allenatrice.

Vedendolo così in difficoltà, Primarina venne in aiuto.

Imari liberò un altro Haunter accettando la lotta in doppio.

Lucario e Primarina erano insieme da molti anni, ma non avevano mai combattutto fianco a fianco. I due Spettri, ben coordinati, cominciarono a farsi beffe di loro. Se la presero comoda facendo quello che riusciva loro meglio: comportarsi da fantasmi. Scomparivano e riapparivano, li colpivano alle spalle, tiravano i lunghi capelli di Sedna, poi li confondevano volando disordinatamente e li inducevano, dato lo spazio ridotto, a colpirsi a vicenda con le onde d'urto dei loro attacchi. Per loro, che volavano meglio di qualsiasi altra creatura, il ponte non era un problema. Per gli avversari era una strettoia. Non potevano spostarsi, perché l'Allenatrice era bloccata lì. E non riusciva più a muoversi.

«Smettetela di giocare! Forza!».

A quel grido della loro Medium, i due Spettri cominciarono a bersagliare gli avversari con una serie di Palla Ombra. Il ponte di vetro tremava, e Sedna si acquattava sempre di più stringendo spasmodicamente la presa.

Anche se non poteva godere del vantaggio della luna piena, Primarina puntò tutte le sue energie su Forza Lunare. Uno degli Haunter fu colpito e perse la sua tracotanza.

Lucario indebolì l'altro con Forzasfera, ma subì inaspettatamente una Leccata dal primo.

Si ritrovò con un braccio paralizzato. Fece segno a Primarina di usare Canto Effimero. Il Pokémon acquatico si sollevò in equilibrio sulla coda, aprì le pinne per dilatare i polmoni ed emise un grido ben modulato, trasferendone le vibrazioni alla sfera d'acqua che aveva raccolto davanti alla bocca. Con un movimento rapido delle pinne ruppe la sfera sospesa a mezz'aria, e l'acqua magica andò a colpire sia i due nemici sia l'alleato, che gli si trovava accanto. L'Altruismo di Lucario gli aveva dato abbastanza forza da permettergli di mandare al tappeto gli Haunter.

Imari li ritirò mentre svenivano e si fece da parte.

«Bravi!» disse la voce tremolante di Sedna. Nonostante i suoi Pokémon avessero strappato per lei la vittoria, la ragazza decise di non proseguire: non avrebbe potuto superare un altro ponte. Scivolò verso il primo grattacielo e tornò all'ascensore.

*

Dopo il disastro della Palestra di Zafferanopoli, Sedna si era fermata al Centro Pokémon a raccogliere informazioni dagli Allenatori che andavano e venivano. Come una pazza aveva intervistato dei perfetti sconosciuti, ed era giunta alla conclusione di dover tornare sui suoi passi, fino a Plumbeopoli, per poi scendere in un lunghissimo sottopassaggio e percorrerlo fino ad Aranciopoli. Lì la Palestra era di Tipo Elettro, ma, malgrado le apparenze, Lt. Surge era più propenso di Sabrina ad adeguarsi al livello dello sfidante, se in lui o lei scorgeva qualcosa di promettente.

Così Sedna era andata a piedi fino ad Aranciopoli. E aveva ritrovato chi credeva di aver perso: il suo bambino zoppo se ne stava su una panchina accanto al suo bastone di legno. L'ecchimosi intorno all'occhio era in via di guarigione, il labbro spaccato stava migliorando, ma lui si rigirava desolato gli occhiali fra le mani. Solo per miracolo erano integri.

«Hey, tu! Sono Sedna! Ancora i bulli?!».

«Sì, si può dire. Quella testa di melone del Luogotenente Surge». Dopo una breve pausa, aggiunse. «Dannati Unoviani!».

«Hai conquistato la Medaglia?».

«No. Ha due pesi e due misure, a seconda di chi si trova davanti. Militari del c...!».

Sedna scoppiò a ridere. «Hai ragione! Militari del c...!».

«No avrò facilmente quella Medaglia. Non me l'ha detto in faccia perché non può, ma quando mi sono volati gli occhiali, si è messo a ridere».

«E perché ce l'ha con te...?».

Il bambino sospirò. «Lascia perdere. Vecchie guerre. Rispetto a vent'anni fa, siamo tornati vent'anni indietro, diceva mio nonno. Stupidi Unoviani!».

Era la prima volta che Sedna lo vedeva così avvilito.

Perciò aprì lo zaino, frugò nella tasca delle diavolerie e tirò fuori una specie di piccolo caleidoscopio grigio.

«Guarda qui dentro» gli disse.

Il bambino obbedì. Su uno fondo nero, vedeva muoversi delle figure geometriche colorate e luminose.

«Come ti chiami?» gli domandò la Comandante Galassia.

«Qui a Kanto, Jirou. Ma puoi chiamarmi Юрий».

«Yuri?».

«Sì».

«Che ci fai così ad est?».

«Mio padre lavora al Museo della Scienza di Plumbeopoli».

Le figure luminose scomparvero e restò solo il buio. Una luce laser gli abbagliò l'occhio sinistro e gli causò un certo bruciore. Tirò istintivamente indietro la testa. Era un po' spaventato. «Che cosa hai fatto?!».

«Aspetta...».

Yuri strizzava gli occhi. Quando li riaprì e provò a chiudere quello che non era stato abbagliato, riuscì a distinguere le sagome degli alberi e delle case alle spalle della ragazza. Il mondo non era più avvolto nella nebbia. L'occhio sinistro non era più miope.

«Ma cosa...?!».

«Guarda qui con l'altro...».

 

   
 
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