Racconto
I
Magliette
verdi
Domenica
18 Aprile 2021
[Una insolita giornata calda di Aprile
nelle
montagne dell’Italia settentrionale… ]
Lo
spazzolino sfrega contro i miei denti producendo, con dentifricio e acqua, la
schiuma bianca che mi cola da un labbro.
Guardo me stesso tramite lo specchio incrostato, tipico delle case in cui ci
portano per pernottare a ogni uscita scoutistica.
Il mio nome è Ismaele, ho 14 anni, mi reputo un ragazzo intelligente, vengo da
una condizione familiare un po’ ambigua. Vivo con mia mamma, una fedelissima
cattolica, e convivo con il suo “fidanzato”. Il suo fidanzato in realtà non mi
piace e non credo piaccia neanche a mia mamma. Il prete, a cui mia mamma fa
affidamento e a cui crede quasi ciecamente, si chiama Don Salvatore. Egli ci
disse che se mia mamma si fosse fidanzata con suo cugino di secondo grado
avrebbe dato a lei, e quindi anche a me, aiuto economico.
Tuttavia mia mamma crede realmente in Gesù, in Dio e prega ogni giorno di
riuscire ad uscire dalla condizione di degradazione economica in cui ci
troviamo. Mio papà purtroppo è morto quando avevo un anno. Incidente sul
lavoro, era un operaio di cantiere, dei tubi metallici appesi non erano legati
bene e gli sono caduti proprio in testa. Infatti adesso
controllo sempre molto bene i miei nodi agli scout. Fino a 5 anni credevo che
papà non si mise il casco protettivo, poi
successivamente realizzai che le sfortune nel mondo succedono e gli uomini non
sono abbastanza bravi da prevenirle. Avremmo dovuto avere anche un risarcimento
dalla assicurazione, ma per motivi che non so, perché ho solo 14 anni, non
l’abbiamo ricevuto.
Ho
anche aspetti positivi nella mia vita tuttavia. Ho il mio migliore amico Simone
conosciuto proprio qua agli scout, io e lui ci chiamiamo fratelli, ma forse per
me lui è un po’ più di un fratello. Sono agli scout da 4
anni e mi piace un sacco. Mia mamma voleva che entrassi prima ma ignorava che
le liste di attesa erano così lunghe. Dunque, pur di farmi entrare, decise di
iscrivermi agli Scout “magliette verdi” visto che si era liberato un posto. Mia
mamma non era molto contenta siccome non erano cattolici e in parrocchia gli
avevano parlato bene solo degli scout cattolici.
In realtà gli Scout “magliette verdi”, non hanno le magliette verdi, ne hanno
una marrone chiaro esattamente come quella che sto indossando adesso io e che
in questo momento ho sporcato di dentifricio. Non l’ho detto ma sono molto
sbadato quando mi distraggo a pensare ad altro.
Dicevo, comunque, che “magliette verdi” sta più per “pollice verde”. Per dire
in sintesi che noi rispettiamo la natura. In verità non proprio tutti noi.
La porta del bagno pubblico si aprì, era ovviamente Simone che lo stavo facendo
aspettare fuori da un po’.
«Muoviti! Sei quasi l’ultimo, perfino peggio di Giulia» con le mani mi aggredì
e mi fece il solletico sulla pancia, mi misi inevitabilmente a ridere e sputai
parte del dentifricio fuori dal lavandino inevitabilmente. Continuai a ridere
intimandogli di smetterla.
«La smetto solo se la smetti di farmi aspettare!»
«Ok!»
Simone mollò la presa. Simone è fisicamente più forte e alto di me, è uno dei
più bravi sportivi del gruppo, secondo me il più bravo. Biondo, capelli corti,
viso leggermente tondo, naso a patata, labbra carnose, occhi verdi. Lui è un
po’ più robusto di me perché io sono un po’ sotto il peso medio.
Io al contrario di lui sono moro, ho i capelli corti come tutti i maschi del
nostro gruppo agli scout, ho le labbra sottili, viso lungo ed occhi castano
scuro. Ci siamo confrontati l’altro giorno e abbiamo deciso che il più
simpatico fra i due sono io e anche il più creativo. Sono più bravo di lui
nelle scene recitative, invece nello sport non sono tanto portato.
«Ci hai messo troppo a stare in bagno, dovevi farti bello per una ragazza del
gruppo?»
Guardai da un’altra parte evitando il suo sguardo e risposi.
«Mi facevo bello per te, no?»
«Che gay! Pensa se tua mamma pensasse che sei gay, andrebbe su tutte le furie»
«Non mi pongo il problema dal momento che non sono gay»
Mi arrampicai sul mio letto a castello e misi nello zaino lo spazzolino.
«Muoviti!» mi trascinò per una gamba e caddi dal letto ma atterrai come un
felino. Sono abituato ai suoi comportamenti maneschi e aggressivi, ci
divertiamo molto a fare la lotta ma perdo sempre a parte qualche volta.
Il problema è che con la pubertà ho iniziato a vederlo non solo come amico. Ho
iniziato a pensarlo la sera nel letto prima di dormire e durante le lezioni
noiose a scuola.
Mi sento molto fuori luogo, sono costretto ad indossare una maschera sia con la
mia famiglia, che con la parrocchia, che con lui con cui a volte le emozioni
sono molto dilaganti.
Simone aveva ragione, se la parrocchia lo sapeva o mia mamma lo veniva a sapere
non oso immaginare cosa poteva succedere. Don Salvatore parlava sempre male degli
omosessuali e di come si comportavano. Parlava contro il gay-pride, i
travestiti, gli effemminati, il sempre più frequente non rispetto verso la
santità della Chiesa. Suo cugino era in casa con me e probabilmente mi avrebbe
rovinato la vita.
Finché il segreto rimaneva nella mia testa ero al sicuro.
Uscimmo di casa. Fuori ci aspettava il cartellone per sapere finalmente con chi
saremmo stati tutto il giorno. Io e Simone speravamo di essere assieme, anche
se era solo una remota possibilità. Ieri il mio gruppo era con una capa scout
ma le se era slegata la caviglia quindi forse sarei finito con il mio capo scout
preferito e unico maschio fra gli adulti. Daniele era il meglio, tutti gli
esploratori parlavano bene di lui, non era il capo dei capi, anche se
onestamente non capisco perché.
La
capo scout Giada denominata da noi “la strega” si avvicinò a noi mentre portava
in braccio una scatola.
«Vi siete svegliati finalmente, gli altri gruppi non è che possono aspettare
voi»
Simone
cercò di giustificarci «Scusa, non trovavamo una cosa»
«Scuse, scuse. Non si può chiedere sempre scusa, cosa succede se in un momento
importante della vostra vita non rispettate una regola importante? Cosa vi ho
detto delle regole e dell’orario? Devono essere rispettate per una convivenza
pacifica con gli altri, in questo caso Simone hai mancato di rispetto agli
altri gruppi venendo in ritardo. Come al solito immagino sei tu il ritardatario
e hai coinvolto anche Ismaele. Muovetevi!»
Ci allontanammo a testa bassa poi riprendemmo a parlare fra di noi.
«E’ veramente una strega. Probabilmente non è riuscita a maledire qualche suo
nemico importante stamattina» affermai io.
Simone era furioso: «Non la sopporto, una volta, e dico una, arrivo con i miei
genitori in ritardo e rischiamo di perdere il bus e ora le colpe sono sempre
mie!»
«Sì, lei parla sempre di democrazia e regole, che devono parlare tutti poi alla
fine parla solo lei e detta regole solo lei»
«Fortuna che non sono tutti come lei qui dentro» affermò Simone.
Ci spostammo davanti al cartellone e con l’indice cercai il mio gruppo.
Con gioia scoprii che ero con Daniele.
Mi scappò un “Sì” di gioia che accompagnai con un gesto del braccio.
«Ho Daniele»
L’espressione del volto di Simone era invece evidentemente avvilita: «E io ho
la strega. Sarà una giornata tutta a parlare di democrazia e litigare. Cosa ho
fatto per meritarmi questo? Tu hai il migliore e il più permissivo e io ho il
contrario»
Guardai in giro per vedere se c’era qualcuno ma tutti erano già ai loro gruppi
e non nello spazio comune fuori. Lo abbracciai. Era la nostra regola! Voglio
dire, non c’era niente di gay in due uomini che si abbracciano, giusto?
«Voi due siete così gay» Giulia, la ragazza che ci metteva molto a svegliarsi,
spuntò scoprendoci, senza che me ne accorsi, dall’angolo della casa da cui
eravamo venuti anche noi un minuto fa.
Provai ad inventarmi qualcosa: «Non siamo gay, gli stavo solo mettendo un foglio
nella tasca»
«Davvero? Fammi vedere il foglio che ha in tasca»
«Certo, nessun problema» se non avesse avuto fogli in tasca avrebbe capito che
lo abbracciavo per davvero. Provai a cercare qualcosa in due tasche ma erano vuote.
A Simone venne in mente una brillante idea per cercare di appoggiarmi.
«E’ un foglio segreto, non lo può vedere nessuno nemmeno dall’esterno!»
«Oh, ma per piacere, voi ragazzi siete così pessimi a dire le bugie. Aspettate
quando dirò agli altri che oltre a fare la lotta vi abbracciate anche. Magari
vi baciate pure quando siete soli»
Mi sentii offeso e cercai di controbattere: «Non siamo gay, ok? Tutti sanno che
i gay sono effemminati e si travestono. Nessuno di noi due è effemminato, di
conseguenza non siamo gay. Se dici bugie sul nostro conto, noi le diremo sul
tuo!»
Me ne andai arrabbiato e Simone mi seguii.
Simone disse: «Devi stare più attento a quando mi abbracci, sei troppo
disattento Ismaele a volte. Questa disattenzione ti da problemi anche quando
facciamo sport te l’ho già detto. Poi anche se dicono che siamo gay, che
problema ci sarebbe ad essere gay?»
« Perché io non sono gay, ok? E non ho nessun problema contro i gay»
Simone mi diede un pugno di una forza moderata in pancia. Accusai il colpo,
faceva un po’ male ma mi misi a ridere.
Simone diventò serio: «Guardami! Sei mio fratello giusto?»
Lo guardai dritto nei suoi occhi verdi: «Sì, sempre»
Sorrisi, mi diede un pugno sulla spalla e poi disse correndo via verso il suo
gruppo: «Allora non ti serve essere gay!»
Il pugno sulla spalla mi fece male ma ero abituato ai suoi.
Mi incamminai verso il mio gruppo.
Daniele stava facendo un gioco con gli altri ragazzi. Daniele è il capo scout
migliore. Sono io ma solo più grande. Ha occhi scuri, capelli castani, leggera
barba, labbra sottili come le mie e dovrebbe avere qualche anno in meno di 30
anni. Da ciò che ho capito è il più vecchio fra i capi scout, ma è intelligente
ma quello che mi disse è che in tanti lo scambiavano per un giovane a causa di
un fisico che ingannava la sua età. Anche io ero convinto avesse meno anni.
«Ciao Dani, scusa per il ritardo»
Mi sorrise e rispose: «Non ti preoccupare, sei in vacanza e la giornata è lunga
e senza troppi impegni. Forza esploratori! Mettiamoci in marcia che abbiamo un
po’ da camminare»
Lui è così bello, così gentile, affascinante, intelligente, stimato da tutti.
Lui non ha figli ma sono sicuro che se li avesse sarebbero i più felici del
mondo.
Passammo da dove avevamo depositato gli zainetti quando andavamo a fare delle
gite un po’ lontane rispetto alla casa. Simone aveva messo il mio facendomi un
favore mentre ancora mi cambiavo.
Incominciammo a camminare con lo zainetto in spalla. Eravamo in 7 nel gruppo. Achille e Fabrizio parlarono di videogiochi come
facevano di solito, alcuni si stancavano di camminare
subito e non parlavano mentre altri alternavano con chi parlare come facevo di
solito io.
Tuttavia io raggiunsi il capo gruppo Daniele che era davanti alla fila.
Iniziai a parlare: «Sai, ho visto Graken. E’ il migliore fra tutti i film!»
«L’ho visto anche io la scorsa domenica» rispose lui.
«Davvero sei andato a vederlo? Qual è la tua scena preferita?»
«Quella in cui gli consegna la spada ed elimina tutti in un sol colpo»
«Non ci credo! La spada del vuoto! Volevo dirti anche
io quella, ai miei amici sono piaciute altre scene. Ci piace la stessa scena
Daniele!»
«Ti ho detto quella perché sapevo era la tua preferita»
«Impossibile, come facevi a saperlo?» chiesi io.
«Perché tu sei un ricercatore di problemi grossi che li vuole risolvere in un
colpo. Non è la prima volta che mi parli di scene del genere inoltre»
Daniele era così affascinante. Preso dall’emozione salii in un sasso più avanti
nel sentiero. La regola degli scout diceva di non superare il capogruppo, ma il
capogruppo era Daniele e in genere lui ci lasciava trasgredire un po’ le regole
a differenza degli altri.
Presi un bastone e recitai le parole del protagonista del film imitandone anche
i gesti.
“Non passerete né qui, né più da nessun altra parte!”
Saltai
dal sasso addosso a Daniele che sorrideva per la mia recita. Per poco non cadde
ma riuscii a riprendersi.
«Vuoi saltarmi addosso come quando facevi il lupetto? Sei un po’ più pesante ora»
Scivolai giù e tornai a camminare. Gli diedi un pugno debole in pancia come
faceva Simone con me poi gli diedi la mano. Era il
migliore e lo guardavo sempre con grande ammirazione, sapevo che avrebbe
accettato tutto di me, anche se avessi fatto le peggiori cose nella mai vita.
Feci il gesto per tirargli un pugnetto nelle parti intime come facevo da
lupetto. Non glielo tirai veramente perché da quando si arrabbiò davvero e si
offese capii che era meglio non farlo veramente.
«Ricorda che te la taglio quella mano se lo fai davvero. Sai chi lo fa quel
gesto? I bimbi di 3 anni che non sanno la differenza.
Hai 3 anni?»
Lo guardai dal basso e gli sorrisi «Ho un anno e basta, quindi sono autorizzato»
Ci avevo pensato tempo fa, effettivamente ero l’unico che lo faceva. Forse mi
dava fastidio che un domani avrebbe avuto dei figli. E’
come quella parte inconsapevole che ognuno di noi ha dentro di sé di cui mi
parlava Daniele.
Una ragazza del primo anno si mise a piangere dietro di noi. Daniele la sentì
prima di me e andò da lei chinandosi.
«Che succede?»
La bimba piangendo disse: «Ho paura a fare l’arrampicata. Potrei cadere e
morire e dopo i miei genitori starebbero molto male»
Daniele rispose: «Nessuno cade con me, ci sono i moschettoni di sicurezza che
ti mettono gli esperti. Ti seguirò personalmente e controllerò le tue misure di
sicurezza così sei sicura di non cadere, ok? Finita l’arrampicata vedrai che
avrai più coraggio e sarai più fiduciosa in te stessa. L’abbiamo decisa anche
per quello, coraggio!»
La bimba si acquietò un po’.
«Sai quante cadute all’anno ci sono su questo tipo di arrampicate che farete voi?non ci sono praticamente, mi
sono informato bene. Stai facendo una cosa sicura, guarda la realtà delle cose»
Daniele era così affascinante anche quando parlava con gli altri esploratori.
In tutti questi anni come capo scout credo sia stato quello che ha fatto più
miglioramenti di tutti.
Presto ci rimettemmo in cammino.
«Ma perché non fai il capo dei capi qua gli scout» gli chiesi.
«Perché è un ruolo diverso. Devi avere un diverso rapporto con gli esploratori,
più distanziato, che non mi piace»
A Daniele dicevo quasi tutto, c’era una cosa fra me e lui che volevo dirgli che
riguardava mio papà ma era l’unica cosa che avevo paura a dirgli e che mi ero
tenuto dentro per tanto tempo.
Senza accorgermene lo stavo fissando e quindi distolsi lo sguardo in maniera maldestra
quando lui si accorse che lo guardavo.
«Allora come va con la ragazza della tua classe che ti piace che mi dicevi?
Quella che per dimostrarvi affetto vi date i pugni?»
Gli volevo parlare di Simone, ma non potevo assolutamente dirgli che era un
ragazzo, così mi ero inventato che era una ragazza della mia classe.
«Oh, molto bene, ci chiamiamo fratello e sorella, un po’ come chiamo fratello
Simone. Forse sorella è meglio che fidanzata»
«Hai già fatto qualcosa in particolare con questa ragazza?»
«No, ma non possiamo fare niente, i suoi non vogliono. Non credo neanche che mi
ami»
«Secondo me, da ciò che mi racconti di lei non credo che non gli interessi in
quel senso»
Iniziai a guardare a rifletterci spostando lo sguardo verso il basso senza
accorgermene.