Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Nao Yoshikawa    17/08/2020    13 recensioni
Beatriz è stanca quando quella sera d'estate si ritrova su una spiaggia a contemplare il mare. Alzando gli occhi verso al cielo, cerca di scorgere una stella cadente, un appiglio, una speranza che tutto possa cambiare. Perché l'amore è doloroso, l'ha sempre saputo, ma adesso se ne rende conto più che mai.
Non desiderava chissà cosa. Voleva soltanto una relazione normale, una in cui non avrebbero dovuto nascondersi, fingere. Ma la situazione era pesante, soffocante, così tanto da non lasciar loro uno spiraglio di luce verso cui camminare.
Alexandra non era molto brava ad esprimere i suoi sentimenti, stava ancora imparando. Ma stava soffrendo terribilmente nel vederla così anche per colpa sua.

Terza classificata parimerito al "Wish upon a star" contest indetto da inzaghina.EFP sul Forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Bea&Alex'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Il dolore dell’amore
 
 
L’amore.
L’amore funziona in modo strano, questo è ciò che Beatriz si era ritrovata a pensare. E dire che lei dell’amore aveva sempre avuto un’alta opinione, forse complice anche il suo essere così romantica. Amare era gioia, talvolta dolore, un dolore di quelli laceranti e strazianti.
Il vento caldo e intriso di salsedine le sfiorò il viso, portandola a chiudere gli occhi. Era piacevole il canto delle cicale, il rumore delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga, aveva il potere di calmare almeno in parte il suo dolore, di alleggerire il peso che aveva sul cuore. Con gli occhi chiari rivolti al cielo, cercava con disperazione una stella cadente a cui esprimere un desiderio.
Lei nei desideri ci aveva sempre creduto, un’idea dolce e infantile che a ripensarci la faceva sorridere con malinconia. Ma il cielo era oscuro. Niente luce, nessun appiglio, nessun punto luminoso a salvarla.
Soffrire per amore era orribile, lo era la delusione che una persona amata poteva darti. Beatriz si avvicinò al bagnasciuga, lasciando che l’acqua le arrivasse alle caviglie. Non era così che aveva sperato di passare quei mesi. Aveva sperato di trascinare con sé Alexandra in spiaggia, lei a cui il mare non piaceva poi nemmeno tanto, sarebbe stato bello camminare con lei sulla sabbia mentre divoravano un gelato, facendosi venire il mal di testa.
Ma tutto si era inevitabilmente rovinato. E Beatriz era estraniata da tutto, al punto che non aveva nemmeno udito i rumori dietro di sé. Alexandra era uscita dall’auto dopo aver guidato a lungo. La sua ragazza – sperava non ex di lì a poco – non le aveva più risposto al telefono, ma fortunatamente trovarla non era stato difficile. Sapeva che Beatriz aveva bisogno del rumore del mare e delle onde per calmarsi. Si vedeva ben poco in quella spiaggia, eppure l’avrebbe riconosciuta tra mille, lei e i suoi capelli mossi dal vento salato.
«Beatriz…?» la chiamò, affondando i piedi nella sabbia.                    Lei non le rispose. In verità non si sentiva neanche più arrabbiata, aveva già dato di matto a sufficienza, si sentiva più che altro rassegnata, stanca. Perché essere la ragazza di Alexandra non era stato facile, o per meglio dire, lo era stato per i primi mesi. 
Ma adesso, a quasi un anno dall’inizio della loro relazione, tutto sembrava fin troppo complicato. La colpa non era nemmeno di Alexandra. O almeno, non del tutto. La accusava solo di essere un po’ codarda, di non reagire.
«Mi hai trovata, alla fine…» sospirò, tenendo gli occhi chiusi. Non voleva vedere niente, non voleva guardarla in faccia. Perché se non poteva vedere una via d’uscita, preferiva rimanere con gli occhi chiusi per sempre, per non soffrire.
«Certo che ti ho trovata. Bea, possiamo parlarne?» domandò cauta, avvicinandosi e afferrandola delicatamente per un polso, sapendo quanto lei avesse ragione ad essere arrabbiata.
«Non mi pare ci sia niente da dire», proferì lei, addolorata. «Ti vergogni di me, mi pare abbastanza chiaro. Sono il tuo segreto. Peccato che io non voglia essere un segreto, non per te.»
Quando si erano messe insieme, oramai tanti mesi prima, Beatriz non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così difficile. All’inizio c’erano andate piano, avevano imparato a conoscersi, ad accettare i rispettivi difetti riscoprendone la bellezza. Avevano condiviso le risate, le lacrime, avevano fatto l’amore tante di quelle volte, senza riuscire a staccarsi l’una dall’altra.
E poi.
Poi era arrivato il momento di rendere le cose serie, di ufficializzare la loro relazione  non solo con gli amici e i conoscenti, ma anche con le rispettive famiglie. Il padre di Beatriz non aveva avuto nulla da dire al riguardo, anzi, non si era soffermato troppo sul fatto che sua figlia avesse una fidanzata piuttosto che un fidanzato, non era un segreto che Beatriz fosse stata sempre molto aperta da quel punto di vista. 
Il problema era stato con Alexandra. O per meglio dire, con la sua famiglia. Nessuno infatti sospettava del suo interesse per le donne e almeno all’inizio era stato facile far passare Beatriz per una semplice amica con cui andava molto d’accordo. Poi però arrivato il momento di dire la verità e di conseguenza anche di fare coming-out. Come Beatriz aveva temuto – perché per certe cose aveva un istinto formidabile – la situazione era precipitata. I genitori di Alexandra non avevano preso bene la notizia, dicendole che stava sbagliando tutto, che era sicuramente stata la compagnia di questa Beatriz a deviarla, che non avrebbero accettato facilmente la cosa, perché era una donna e perché – soprattutto  - che avrebbero detto gli altri?
«Io non voglio che tu sia il mio segreto», Alexandra strinse più forte il suo polso nella speranza di non essere scacciata. Comprendeva bene il dolore di Beatriz, Dio solo sapeva quanto stesse male, quanto si sentisse stupida, inutile, inerme. Si fermò un attimo a guardare il mare immobile e per un attimo ebbe la voglia di tuffarvisi dentro, sprofondare nel buio abisso, senza udire più nulla.
Alexandra non aveva mai creato problemi alla sua famiglia. Anzi, agli occhi di quest’ultima era sempre apparsa come perfetta e, a quanto sembrava, il fatto che le piacessero le donne in qualche modo intaccava la sua perfezione. Le avevano riservato delle parole orribili.
Puttana. Sei una poco di buono.
Baciare una donna davanti ad altra gente. Ci hai anche fatto sesso?
E poi c’era stato uno schiaffo, forse due, non ricordava bene, era ancora tutto molto confuso.
E le avevano detto lasciala andare.
La cosa più terribile, la cosa che Alexandra non riusciva a perdonarsi, ciò che nemmeno Beatriz le perdonava, era stato il suo quasi cedere. L’aveva delusa, perché davvero avrebbe rinunciato al loro amore, per cosa? Per paura?
«Però a quanto pare è così che dobbiamo vivere! La tua famiglia non ci accetta, non accetta me, direi quasi che mi odia, visto che mi considera la causa del tuo cambio di orientamento sessuale. Hai detto loro che mi hai lasciata, non è vero? Bene, non voglio essere nemmeno una bugia. Devi fare una scelta, Alexandra! Stare con me, ed essere orgogliosa di ciò, stare con me alla luce del sole, oppure nulla. Perché non merito questo.»
Beatriz si inginocchiò, portandosi la testa tra le mani. Quando aveva iniziato a conoscere la vera personalità di Alexandra, aveva subito capito che stare con una persone come lei non sarebbe stato facile. Non era fredda e razionale per cattiveria, semplicemente gli eventi e la vita l’avevano portata a chiudersi. Con lei si era aperta molto, ma ancora faceva fatica, e adesso come se non bastasse si era aggiunto anche quel problema.
Non desiderava chissà cosa. Voleva soltanto una relazione normale, una in cui non avrebbero dovuto nascondersi, fingere. Ma la situazione era pesante, soffocante, così tanto da non lasciar loro uno spiraglio di luce verso cui camminare.
Alexandra non era molto brava ad esprimere i suoi sentimenti, stava ancora imparando. Ma stava soffrendo terribilmente nel vederla così anche per colpa sua.
Per colpa sua, che non aveva abbastanza coraggio da prendere una decisione ferma, di andare avanti. Era tutto troppo difficile, insostenibile, doloroso.
«Allora a questo punto, forse sarebbe davvero meglio se ti lasciassi andare…» mormorò ciò a bassa voce, pentendosene subito dopo. Gli occhi di Beatriz, tristi e bagnati di lacrime, si posarono su di lei.
«Fai quello che dicono loro, non è vero?» si sollevò, avvertendo una rabbia bruciante. «Ti hanno detto di lasciarmi e tu ovviamente fai tutto ciò che dicono! Codarda!»
«No, Bea. Io lo faccio per proteggerti.»
«Vai a farti fottere!» urlò, addolorata, lanciandole la sabbia addosso. «Non mi serve la tua protezione, mi servi tu! Non mi ami abbastanza. La tua paura è più forte dell’amore nei miei confronti.»
«No, non è vero questo», Alexandra le afferrò i polsi e cercò di fermarla. «Io ti amo.»
«Queste sono cazzate!» Beatriz riuscì a liberarsi dalla sua presa e nello stesso istante fu presa dall’irrefrenabile voglia di piangere, perché l’emotività aveva sempre la meglio. E forse in quel caso non si poteva fare altro che piangere. Si lasciò cadere sulla sabbia fresca, infischiandosene del fatto che i granelli di sabbia potessero infilarsi tra le ciocche, dentro i vestiti, non importava niente oramai. 
Si era abbandonata al cielo estivo e pieno di stelle, ma non abbastanza luminose per lei, per loro. Alexandra sospirò, sentendo allo stesso modo le lacrime pungerle gli occhi.
Era un vero disastro nelle relazioni, era un vero disastro con Beatriz, che questo non lo meritava, così come lei non meritava tutte quelle cattiverie che la sua famiglia le aveva detto. Stanca, distrutta da tutte quelle emozioni negative, le si distese accanto, ascoltando addolorata i suoi singhiozzi, il dolore che lei stessa aveva provocato senza volerlo. La situazione le era sfuggita di mano e odiava non avere tutto sotto controllo.
Si abbandonò anche lei a quella volta oscura, nelle orecchie il rumore dell’acqua contro la sabbia, l’aria intrisa di sale che le riempiva i polmoni. Una bella atmosfera, se solo non fosse stato tutto così orribile. Beatriz si sfogò, lasciando venir fuori almeno una parte del suo dolore.
Non capiva, proprio non capiva. Era arrabbiata perché Alexandra non meritava di sentirsi dire certe cose, era arrabbiata perché di fatto non era riuscita a far nulla per proteggerla. E al contempo ce l’aveva con lei per essere così codarda, così terribilmente arrendevole.
Era combattuta tra il volerla allontanare e il volerla proteggere, così, per sempre.
L’amore.
L’amore è doloroso. Molto più di quanto Beatriz avesse potuto immaginare.
E Beatriz avvertì freddo, sentì di non vedere più nulla, più una speranza, più un motivo per lottare. Non poteva vedere come Alexandra la stesse guardando. Lei la guardava sempre, soprattutto di nascosto, perché la trovava bellissima.
Allungò una mano e l’accarezzò.
«Io ti amo davvero…»
C’era un tremore nella sua voce, ma nessuna bugia. Beatriz aprì gli occhi, incrociando quelli altrettanto chiari della sua  - era ancora sua? - ragazza.
«Hai detto che vuoi lasciarmi andare.»
«Perché tu meriti di meglio, Bea. Perché io non so come gestire la situazione e tu non meriti i problemi, le paranoie, la paura, il giudizio… Anzi, penso che dovresti essere tu a lasciarmi, perché è vero, meriti di m-»
«Smettila. Silenzio!» Beatriz la zittì. «Penso di sapere meglio di te cosa voglio! Io voglio stare con te. Io desidero avere una vita con te, ma alla luce del sole, non nell’oscurità come se avessimo… qualcosa di cui vergognarci!»
Alexandra annuì. Non era stupida, era ciò che voleva anche lei, ma in quel momento sembrava tutto così difficile, lontano. La situazione in casa sua non era facile, stava anche prendendo in considerazione di andarsene definitivamente, ma era comunque doloroso.
«Beatriz, io… lo sai, lo voglio anche io, però… È che non sarà facile», la sua voce si spezzò e allora anche lei prese a piangere, sommessamente.
E dire che non piangeva mai.
«Chi se ne importa! Non si desidera ciò che è facile da ottenere, le cose facili non mi sono mai piaciute!» esclamò Beatriz, mettendosi in ginocchio. «Allora? Cosa vuoi? Vuoi lasciarmi andare? Vuoi q-»
Questa volta fu Alexandra a zittirla, con un bacio, forse uno dei più belli che le avesse mai dato. Smisero di respirare, tutte e due nello stesso momento, smisero di piangere e versare lacrime. Beatriz fu sorpresa, eppure al contempo scaldata da quel gesto inaspettato. Era sempre bello quando lei le dimostrava il suo amore, in qualsiasi modo.
Alexandra la baciò a lungo e poi l’abbracciò, ricominciando a piangere silenziosamente. Si odiò per aver pensato, anche solo per un istante, di lasciarla andare veramente soltanto perché era troppo spaventata. Come avrebbe potuto rinunciare alla cosa più bella della sua vita?
«Mi dispiace… mi dispiace… io sono un disastro…» gemette. Beatriz la strinse con altrettanta forza, chiudendo gli occhi.
«Dispiace a me per quello che ti hanno fatto. Non lo meriti. Noi non meritiamo questo male. E mi dispiace se ti ho dato della codarda, però…»
«È vero, ma… ma… io non voglio più avere paura. Almeno ci voglio provare… non voglio tanto dalla vita, ma quel poco… lo voglio ottenere. Ti prego, Beatriz. Reggimi.»
«E tu reggi me», le sussurrò, sentendo ora il cuore più leggero. Sempre strette l’una all’altra si distesero di nuovo, senza un telo, con i corpi contro la sabbia. L’aria si era scaldata e forse  il cielo era diventato improvvisamente più luminoso?
Non lo sapevano. Sapevano ben poco. Ma sapevano soprattutto cosa volevano.
«Beatriz… hai visto… ? È passata una stella cadente.»
Beatriz l’aveva visto solo con la coda dell’occhio, con una guancia poggiata a quella di Alex. Era stanca e spossata, ma anche leggera e abbandonata. Le braccia di Alexandra che la stringevano le avevano dato la sicurezza, una certezza, almeno una.
Un giorno la luce avrebbe illuminato anche loro, ne era certa.
«Sì, ho visto», sussurrò e poi chiuse gli occhi.
L’amore era doloroso, a volte così tanto che ci si sentiva morire. Beatriz desiderò soltanto – e sapeva che mentalmente lo stava desiderando anche Alexandra – che per loro l’amore fosse  gioia, spensieratezza, futuro, anche dopo mille difficoltà.
Perché loro ne valevano la pena e sarebbe sempre stato così.
 

 
Nota dell'autrice
Mi rendo conto che questa storia si discosta molto dai miei precedenti racconti su Beatriz e Alexandra, qui c'è del forte dramma e molta tristezza. In effetti è una storia piuttosto autobiografica, visto che c'è tanto del mio vissuto qui dentro, ci tengo in particolare.
C'erano tre elementi da inserire: l'estate (e in questo ci sono riuscita), il genere introspettivo (meh) e il buio, inteso più in senso figurato che letterale. Il buio l'ho inteso come quello che Betriz vede riguardo la sua situazione con Alexandra, una situazione pesante da cui non sembra esserci fuga. E poi ovviamente, il profondo desiderio che tutto cambi. La storia ha un finale aperto perché semplicemente la situazione da cui è tratta ha, di fatto, pure essa un finale aperto. Ora la pianto di tediare i lettori, spero vi sia piaciuta.

 
   
 
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Nao Yoshikawa