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Autore: Amber    17/08/2020    0 recensioni
Quarta stagione. Il Mostro ha il controllo del corpo di Eliot e Quentin trova il modo di salvare i suoi amici. Queliot of course.
[...]-Allora metto una regola anche io- Già. Quentin avrebbe dovuto sapere che ci sarebbero state delle condizioni. Ma andava bene, poteva sopportare tutto. Vide il volto di Eliot distendersi in un sorriso distorto ed era così sbagliato. Lo faceva per quel motivo, ricordò, per rivedere la perfezione dove sapeva non c’era nulla da correggere –Se avrai anche un solo contatto con uno qualunque di loro, il gioco finisce e la tua regola non varrà più-
Respirò piano, l’aria della stanza era pesante. L'alcool gli bruciò gola e stomaco.
Accettò.[...]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eliot Waugh, Quentin Coldwater
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come si fa io non lo so proprio: non so come si sopravvive all'ultima stagione finita mesi fa, o come si sopravvive alla morte di un personaggio favoloso e alla rovinata totale che hanno dato alla quarta stagione con gli ultimi episodi perché davvero che potenziale che c'era. E invece niente. Poi avevamo la Queliot (mannaggia) ma dovevamo immaginarlo che era troppo bello per essere vero. Eppure ci ho creduto talmente tanto che ancora ci soffro.
In ogni caso questa cosa l'ho scritta ad un certo punto della quarta stagione (e voi sapete di quale momento parlo), poi lo choc mi ha bloccata e l'ho ritrovata qualche giorno fa, mi sembra quindi giusto postarla.
Vi faccio una premessa prima di lasciarvi alla one shot: durante la visione della quarta stagione non credevo sarebbe finita con il classico "vissero tutti felici e contenti", ma immaginavo che ci sarebbe stata comunque la speranza di rivederli tutti insieme prima o poi. Immaginavo una quinta e ultima stagione totalmente diversa.
Buona lettura a tutti e che la Queliot, o ciò che ne è rimasto, sia con voi.
 
Amber
 
PER CHI SI AMA
 
A Quentin erano sempre piaciuti i trucchi, soprattutto quelli con le carte.
E da quando la magia era entrata a far parte della sua vita, quei trucchi non erano più stati soli e semplici giochetti di abilità. La magia gli aveva stravolto la vita, in tutti i modi possibili… e lui aveva amato tutto, avventure comprese, anche se alcune di quelle avventure non erano finite bene. Eppure aveva sempre avuto la fede dalla sua parte, nella magia e nei suoi amici e sapeva da che parte stava, sapeva di essere nel giusto e che era… uno dei buoni. E avventura dopo avventura, si era illuso che, qualunque cosa fosse loro capitata davanti, l’avrebbero affrontata uscendone vittoriosi, ammaccati ma vivi.
Almeno finché Eliot non era stato posseduto dal Mostro e lo avevano creduto morto
-Ho sentito la sua anima svanire- Erano state le parole.
E con quelle parole Quentin si era spento in un qualche modo. Tutto quello che aveva sopportato in quei mesi insieme a quell'essere era stato privo di significato. Ecco perché poteva anche morire cercando di eliminare quel Mostro che aveva ucciso così tanto persone… che aveva ucciso Eliot. Il suo Eliot.
Gli aveva creduto, non si era posto nemmeno il dubbio che fosse una bugia perché l'Usurpatore di corpi, di anime e di menti non gli aveva mai mentito.
Almeno fino a quel momento.
E all’ultimo secondo pesche e prugne avevano riacceso la speranza. Nessun altro avrebbe potuto sapere, nessun altro avrebbe potuto capire.
Quentin ricordava tutto perfettamente. Dopotutto, 50 anni insieme non si possono eliminare così dal nulla e nemmeno tutto il resto.
Quentin ricordava molto bene anche il dopo. Un dopo sofferto, a sedere su quelle scale ascoltando una sentenza di abbandono, di rifiuto. Ma lui si era fatto da parte con tutta la dignità che possedeva, sperando che Eliot non ne fosse rimasto imbarazzato e che non si fosse reso conto di quanto lui ne fosse rimasto ferito. Aveva smesso di farsi illusioni (più o meno) ed era tornato tutto come prima (più o meno). Dopotutto Eliot era stato chiarissimo a riguardo.
Ma Quentin era ciò che era e non poteva smettere di provare ciò che provava. Quindi avrebbe fatto di tutto per salvare Eliot, anche se questo voleva dire condannarsi.
Inizialmente si era già preparato a quello.
E lui nei giochi era molto bravo.
Sperava davvero che bastasse.
 
-Facciamo un patto-
La buttò lì un giorno che erano loro due soli. Aveva cercato quel momento e si sentiva abbastanza stupido da provare. I due bicchieri di vodka che si era scolato prima d’un fiato facevano il resto, sciogliendogli la lingua
-Un patto?- Gli occhi di Eliot lo guardavano, saettando. La noia impressa nella piega della sua bocca
-E’ un gioco-
Ecco, le parole magiche. Il Mostro drizzò la schiena di Eliot e lo guardò, con più interesse.
A Quentin i giochi piacevano. E per quanto macabri, piacevano anche all'Usurpatore che occupava senza permesso il corpo di Eliot. Che rinchiudeva la sua anima chissà dove dentro la sua testa
-Che tipo di gioco?-
-Deve essere un segreto tra noi due però- lo ammonì e gli andò più vicino. Se doveva ucciderlo che lo facesse con rapidità, tanto scappare non serviva. E lui era così stanco. In più avrebbe avuto la vista di Eliot come ultima cosa… non sembrava un brutto modo per andarsene  –Il tuo corpo è quasi pronto: io, Julia e gli altri ti stiamo aiutando, proprio come ti avevamo promesso-
-Ma non è finito-
-No, non ancora è vero- ammise –Ma quando lo sarà e lo sarà presto, tu te ne impossesserai lasciando incolume Eliot e la sua anima- Respirò piano e a fondo –Se lo farai e lascerai vivere lui e i miei amici noi due ce ne andremo via insieme-
L’eccitazione nell’essere davanti a lui divenne evidente, palpabile. Chissà perché gli piaceva così tanto? Perché lo ascoltava? A volte Quentin se lo chiedeva… poi zittiva la voce nella sua testa e basta. Se arrivava in un qualche modo a fare ciò che voleva, allora andava bene così
-Insieme?- ripeté la voce di Eliot
-Insieme. In un gioco eterno, per sempre-
-Tu ed io, da soli-
-Solo però se non infrangerai la regola di lasciare in vita i miei amici, Eliot compreso- specificò. Doveva essere chiaro, doveva ribadirlo, doveva essere sicuro che capisse
-Ma questa regola non si estende a tutti gli altri, solo a loro-
Si condannò. Condannò la sua anima e condannò tutti, tutto il genere umano, tutta la vita in ogni dimensione possibile
-Si-
Ma l’importante era salvarlo, salvare Eliot. E i suoi amici
-Allora metto una regola anche io- Già. Quentin avrebbe dovuto sapere che ci sarebbero state delle condizioni. Ma andava bene, poteva sopportare tutto. Vide il volto di Eliot distendersi in un sorriso distorto ed era così sbagliato. Lo faceva per quel motivo, ricordò, per rivedere la perfezione dove sapeva non c’era nulla da correggere –Se avrai anche un solo contatto con uno qualunque di loro, il gioco finisce e la tua regola non varrà più-
 
Respirò piano, l’aria della stanza era pesante. L'alcool gli bruciò gola e stomaco.
 
Accettò.
 
//°°°°°°//
 
Era un segreto tra loro due si ricordò Quentin quando l’entità del Mostro lasciò incolume il corpo di Eliot per entrare nel suo immortale, nel corpo di un Dio.
Era pura follia ciò che tutti loro avevano fatto per arrivare a quel punto, ma quando vide il Mostro lanciargli un occhiata fiammeggiante e sparire seppe che il patto valeva ancora e che ne era valsa la pena.
Erano tutti salvi.
Tranne lui.
Poco male, quello era lo scopo di tutto. Quello era il patto. Era pronto da molto tempo.
Sapeva che non se ne era davvero andato. Molto probabilmente lo sarebbe venuto a prendere presto, come da accordi. Chissà forse in quel momento se ne stava svolazzando in giro per provarlo, quel suo bel corpo nuovo fiammeggiante.
Non aveva molto tempo, ma si godette comunque la scena. La assorbì dentro di sé e se un giorno avesse perso fiducia… beh, si sarebbe ricordato di Eliot che barcollava in piedi, pallido e sconvolto. Di Margo che lo abbracciava, piangendo come mai l’aveva vista fare. Di Josh che sospirava di sollievo e si buttava sul divano, dichiarando che serviva un po’ di alcool. Del loro nuovo Penny, il n. 23, che gli batteva una mano sulla spalla, palesemente soddisfatto. Di Kady che gli dava il bentornato strappandogli un abbraccio nella sorpresa generale. Di Alice che lo guardava da un angolo, quasi con espressione felice. E di Julia, l’unica un po’ perplessa
-Perché se né andato?- azzardò inascoltata
-Al diavolo. Daiiii pericolo scampato per una volta!- esclamò Josh saltando in piedi –Dobbiamo festeggiare! Possiamo permetterci di festeggiare per una sola sera? Ci preoccuperemo del resto domani- decretò attaccando la musica –Eliot sta bene, stiamo tutti bene! E qui c’è bisogno davvero di alcool-
Quentin lo adorò. Se si fossero distratti abbastanza nessuno avrebbe fatto caso a lui. Di quanti Margarita aveva bisogno per scogliere il nodo in gola che lo stava per soffocare?
-Io approvo con lui- Incamerò aria nei polmoni –Ho bisogno di un Margarita- affermò.
E di andare in bagno. Slittò la cucina e si chiuse a doppia mandata in bagno dove… vomitò l’anima. Non che gliene importasse. E piangere diviso tra il terrore e il bruciante sollievo gli importava ancora meno.
Ma doveva essere saldo, non poteva vacillare se no… sarebbe stato tutto perduto. Se i ragazzi se ne fossero accorti sarebbe stata la fine. E lui non voleva che rischiassero per lui, non più almeno.
Quando uscì dal bagno dopo essersi assicurato che le mani non tremavano più, la musica era a livelli ben superiori alla norma e si stavano tutti scatenando in un modo o nell’altro. Li osservò un attimo e scosse la testa quando Alice lo invitò a unirsi a loro.
Andò in cucina agognando il suo Margarita… che gli stava preparando Eliot
-Sei sparito- lo rimproverò
-Bisogni urgenti- rispose stringendosi nelle spalle.
Dargli una mano era impensabile. Eliot aveva un modo tutto suo per fare ogni cosa… E osservarlo fare qualcosa così da Eliot da vicino era bello, famigliare, gli scaldava il cuore. Si impresse nella mente il movimento delle mani, le dita affusolate che rincorrevano gli ingredienti, le spalle dritte anche se un po’ provate, il viso stanco ma concentrato, il corpo androgino che pareva quasi danzare e gli occhi che… lo fissavano
-Q-
Si riscosse e sussultò
-Si-
-Mentre ero imprigionato nella mia testa, mi ero ripromesso di dirti una cosa nel caso fossi tornato ad essere me- Eliot lo osservò bene, le mani immobili sul bancone davanti a lui e Quentin si sentì una gelatina. Nuda e inconsistente –Vedi io… scappo dalla felicità- iniziò piano –Perché non so gestirla e perché mi fa paura- mormorò –Io ero rinchiuso in un ricordo felice, sai? C’eravamo io e Margo a Brakebills ed era tutto bello, fin troppo perfetto. Almeno finché non ho ripreso coscienza di me, anche se dopo un sacco di tempo e con dell’aiuto- ammise –Ma non è questo l’importante- scacciò il ricordo e continuò –Per poter uscire, per potervi avvertire che ero vivo, dovevo immergermi nel mio ricordo più doloroso e varcare una porta-
-E l’hai fatto- Il discorso stava prendendo una piega strana. Quentin si guardò un po’ in giro, cercando una via d’uscita –Mi hai avvertito e ti abbiamo salvato- Gli scappò quasi da ridere –Pesche e prugne no?- ironizzò
-Ho cercato ovunque, in tutta la mia schifosa infanzia e anche dopo, nelle cose terribili che ho fatto. E quella porta non c’era- continuò il moro, un po’ stizzito –Ho rivissuto cose che nemmeno ricordavo io stesso-
-Eliot non me ne devi parlare se non vuoi- commentò il ragazzo sentendo fin troppa empatia
-Ma l’ho trovata- lo ignorò –a Fillory, nel salone dove tu ed io eravamo seduti al ritorno dal nostro viaggio nel passato. Te lo ricordi?-
Certo che se lo ricordava.
Oh, quanto avrebbe voluto mandarlo a quel paese.
Lui c’era passato sopra (forse), non ci pensava più (quasi) ed Eliot… proprio in quel momento lo ritirava fuori?
Quentin respirò piano, gli lanciò un occhiata e desiderò ardentemente qualcosa di più forte del Margarita non ancora pronto. La tequila a portata di mano pareva un'ottima soluzione mentre ne prendeva un lungo sorso direttamente dal collo
-Mi ricordo- rispose e riposò la bottiglia
-Sono scappato Q. Perché la felicità mi fa paura ma… io sono stanco di scappare- ammise –Tutto quello che è successo mi ha reso una persona diversa, migliore… più coraggiosa e non pensavo a niente di quello che ti ho detto quel giorno- confessò. Si girò completamente verso di lui, le braccia abbandonate lungo i fianchi –Vorrei che tu mi perdonassi e vorrei che ricominciassimo insieme. Ti amo e non voglio più sprecare nemmeno un giorno- confessò intimidito, ma in un qualche modo risoluto. Lo guardò e attese una reazione che… non ci fu.
Quentin era bloccato sul posto, congelato dalle parole del moro. Cosa doveva fare? Cosa poteva fare? Qualcosa dentro di se si riparò per un millesimo di secondo, la speranza che gli inondava le viscere, il sì pronto sulla lingua, sulle labbra e nel cuore.
Per poi dissolversi.
Con che crudeltà dire si se poi sarebbe svanito per sempre, senza lasciare traccia dietro di se? Come poteva farlo? Come poteva farlo proprio a Eliot?
-Eliot sei scioccato. Sono successe troppe cose in questi ultimi tempi- tentò e allungò la mano verso la tequila –Domani non lo diresti mai-
Il moro assottigliò lo sguardo e lo guardò bere un secondo sorso, più lungo del precedente
-Pensi che menta?-
-No, credo che tu non sia lucido- La diplomazia avrebbe funzionato. Avrebbe sicuramente funzionato. La bottiglia di tequila scintillava tra le sue mani invitante e con la promessa di un coraggio che non aveva. Il terzo sorso fu una manna dal cielo –Domani…-
-Domani ti vorrò ancora, come ti volevo prima e prima ancora, ma ero troppo impaurito per ammetterlo- Si avvicinò, gli tolse la bottiglia tra le mani posandola sul ripiano e per la prima volta da quando Eliot era… Eliot, lo toccò. Gli prese il viso tra le mani, ad un soffio l’uno dall’altro –Quel giorno ho sbagliato. E noi due, Q, tu ed io, funzioniamo. Insieme-
Poteva concederselo, per un solo, misero secondo? Poteva?
Si abbandonò e si lasciò baciare, bramoso del contatto. Assaporò tutto: il momento, la dolcezza, la voglia di appartenersi e permise a se stesso di crogiolarsi in quel loro amore che Eliot non poteva sapere ma sarebbe svanito presto. E si, loro due funzionavano benissimo. Anche se sarebbe durato meno di una notte.
 
Quando si svegliò era notte inoltrata e qualcosa dentro di lui lo stava chiamando. Eliot dormiva pesantemente, troppo stanco da tutti i mesi precedenti e con un braccio posato su di lui. Era un déjà vu dolce ma struggente. Lo guardò dormire, si godette il momento e si permise di liberargli il viso dai capelli, con tutta la delicatezza che possedeva. Era certo che se li sarebbe fatti tagliare presto.
Indugiare non gli faceva bene, dentro di se la voce era sempre più forte, il richiamo sempre più impellente. Si alzò e si rivestì. Si concesse un ultimo sguardo imprimendosi la scena nella retina, poi uscì dalla camera. La festa era finita e la casa, come giusto che fosse, era un macello, sprofondata nel totale silenzio: Josh e Margo stavano dormendo insieme sul divano; Penny occupava il tappeto ai loro piedi; Kady era rannicchiata sulla poltrona, una bottiglia di chissà cosa accanto a lei vuota; e Julia… era sveglia.
Lo osservava dalla cucina, seduta sul bancone, vigile e attenta come una mamma pronta a fare la ramanzina al figlio disubbidiente.
La raggiunse salutandola
-Come mai non dormi?- domandò
-Brutti presentimenti- rispose lei lanciandogli un occhiata –Che cosa hai fatto Q?- mormorò –Puoi ingannare tutti, ma non me- Quentin sospirò. Era dolorosamente vero –Che sta succedendo qui?-
-Dov’è Alice?- domandò prendendo tempo.
Julia alzò gli occhi al cielo e mosse la mano infastidita
-Quando tu ed Eliot vi siete chiusi in camera lei se n’è andata-
-Ah- Lui soppesò la risposta –Pensavo avesse capito che era finita-
-Q smettila, so cosa stai facendo- Lei saltò giù dal bancone e l’affrontò –Ho l’impressione che tu te ne stia andando e che presto sparirai-
-Non morirò, se è questo che ti preoccupa-
-Allora hai fatto davvero qualcosa- sussultò, spalancando gli occhi
-Ho dovuto. Non c’era altro modo- ammise. Si guardò un po’ in giro e sospirò –Ma va tutto bene. Ero già pronto a questo quando siamo andati al castello in cui era prigioniero. Ora cambierà solo il luogo che sarà… ovunque- Si strinse nelle spalle –Ma tu e tutti gli altri… e anche Eliot starete bene-
Julia lo osservò, scioccata
-Hai fatto un patto con lui-
-Si. Ecco perché se n’è andato senza farci del male-
-Sei un cretino- sbottò lei e gli arpionò la maglia, gli occhi lucidi –Perché non ce ne hai parlato? Potevamo trovare una soluzione, insieme!-
-No Julia- Quentin scosse il capo deciso, perentorio –Io dovevo fare in modo che tutti voi sopravviveste e così è stato e così sarà, ma solo se vado con lui senza fare storie. Io e lui da soli- ripeté –E se non vi rivedrò mai più- confessò, gli occhi bassi
-Ma è una pazzia-
-Forse. O forse no- La allontanò di un passo –Si fanno i sacrifici necessari Jules e questo è il mio- Ci ripensò e l’attirò a se, abbracciandola forte –Lo spiegherai tu agli altri, va bene? E mi devi giurare che non farete niente, che li dissuaderai se vorranno tentare. Non posso pensarvi morti Jules-
-Ed Eliot?- domandò lei allontanandosi da lui, rimanendo nel cerchio delle sue braccia, come un animale in gabbia –Ci pensi?-
-Certo che si, non ho fatto altro in questi mesi- rispose –E lui è vivo, con il suo corpo vivo, la sua anima integra. Perché secondo te?-
-Non se lo perdonerà mai-
-Forse- ammise –Ma almeno sarà vivo-
Si fronteggiarono e lei scosse il capo
-No, mi rifiuto. Mi rifiuto di abbandonarti e di lasciarti fare questa cosa- decise. Si liberò dandogli le spalle diretta al salone –Ora svegliamo tutti e ne parlia…-
Quentin la fermò con due semplici movimenti delle mani. Presa di spalle e alla sprovvista Julia scivolò al suolo, senza un rumore, dormendo profondamente
-Scusa Jules ma… non posso proprio permettertelo- sussurrò. La prese con fatica in spalla e la posizionò sul tavolo. Cercò una coperta e gliela adagiò addosso. Le diede un piccolo bacio sulla guancia –Ciao ciao-
Abbracciò l’appartamento con lo sguardo e se ne andò, rinchiudendosi la porta alle spalle.
Sapeva dove doveva andare.
Aprì la porta che dava al tetto e trovò il Mostro lì ad attenderlo, un sorriso pigro sul viso. Il suo nuovo corpo trasudava magia da tutti i pori. C’era una lieve brezza. Quentin respirò l’aria della notte a fondo, chiudendo appena gli occhi
-Andiamo?- domandò l’essere tendendo la mano.
Si prese un solo secondo.
-Andiamo-
E sparì.
 
Quando Eliot la mattina dopo aprì gli occhi seppe che c’era qualcosa che non andava. L’altro lato del letto era gelato e c’era un fogliettino posato sul cuscino.
Il tempo di notarlo che un singhiozzo attirò la sua attenzione.
Margo se ne stava sulla porta, le guance umide mentre scuoteva il capo
-Chi?- mormorò. Ma non c’era bisogno che la sua migliore amica gli rispondesse. Si alzò a sedere, agguantò il foglio e Margo già lo stava abbracciando, ancora prima che le parole scritte con la grafia famigliare di Quentin, assumessero un senso nel suo cervello
Ci si sacrifica per chi si ama.
 
FINE
  
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