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Autore: DiasproInmay    18/08/2020    1 recensioni
Afala, giovane allieva di Xandra, prova forti remore nei confronti della sua maestra. Dopo averla aiuta a recuperare le istruzioni del rito proibito, le viene vietato di partecipare alla resurrezione e alla conseguente missione per salvare il mondo di Ariadonne.
Rimasta senza la guida della sua maestra, cerca la sua strada, in attesa di sapere l'esito delle sorti di Ariadonne.
Questa storia è una side story de "La Sacerdotessa di Ariadonne"
!!!Per maggiori informazioni leggete attentamente il prologo o andate sul mio profilo!!!
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Da leggere dopo: Capitolo 10 - Parte 5
 
***
 
Appena vidi la scia del mio incantesimo allontanarsi da me sospirai. Le inforazioni che mi aveva dato la maestra con la sua utima missiva avevano creato un pò scompiglio nel mio animo. Alla fine ci eravamo, il gruppo più improbabile della congrega aveva raggiunto i monti Euruko e si apprestava a scoprire il mistero dell’essere sacrificale. Quanto avrei voluto essere lì con lei,  quanto avrei voluto poter fare di più per lei… strinsi le spalle e intrecciai le dita. Come potevo starmene tranquilla a riposare mentre lì fuori si decidevano le sorti del mi mondo?!
Avevo bisogno di fare qualcosa, ma cosa? La pista del veleno si era esaurita prima dell previsto. Ma certo! Il veleno, Silas!
Mi alzai di scatto e risistemai la sacca per i viaggi, non l’avevo ancora disfatta dal viaggio al tempio della dea Juniper, recuperai la faretra piena di frecce e inforcai l’arco indossandolo su una spalla. Perchè non ci avevo pensato prima? Avevo la missione adatta per rendermi utile e non me ne ero accorta, avrei accompagnato Silas nel viaggio che avrebbe affrontato per raggiungere le nahikae della terra. 
Chiusi la stanza a chiave e correndo per i corridori raggiunsi quella di Silas.
«Signor Leeatlristorm» bussai con energia alla sua porta «Signor Silas la prego, mi faccia venire con lei»
A quelle parole la porta si schiuse, Silas indossava uno strano completo di pelle marrone sopra ad una casacca e dei pantaloni beige. Questi indumenti gli coprivano ginocchia, stinchi, mani e avambracci. Aveva un enorme zaino sulle spalle e degli occhialini, foderati con la stessa pelle, che gli coprivano gi occhi.
«Vuoi venire con me?» ripetè sorpreso.
«Lo so che non ci conosciamo ma ho pensato che avreste bisogno di protezione durante il vostro viaggio» recuperai l’arco e glielo allungai «Sono un’ottima tiratrice. Sono capace di riconoscere e centrare un nemico a qualsiasi distanza» speravo che la mia sola parola bastasse per convincerlo.
Lui, in tutta risposta, mi squadrò, vidi i suoi occhi analizzare i miei abiti sotto il mantello, come se non li avesse mai visti prima.
«Oh, ma voi siete una sacerdotessa» commentò con un indecifrabile ghigno sul volto.
«Sì» dissi piegando il braccio e battendomi la mano sul petto .
«Non riconosco l’ordine a cui appartenete» mi disse prendendomi le estremità della casacca e sollevandola. Io, un pò impacciata, arrossii e la spinsi giù, evitando che il mio ventre venisse esposto.
«Sono una discepola dei guerrieri del sacro ordine della dea celeste» alzai la testa fissandolo con aria truce. Come si permetteva a mancarmi di rispetto in quella maniera così spregievole!
«Oh, giusto, era da un pò che non si vedevano adepti di questa setta» commentò allontanando la mano.
«Noi non siamo una setta! Siamo un gruppo sacro agli ordini della dea madre!» alzai un pò il tono della voce avvicinandomi a lui con il busto «Dovresti essere più rispettoso!»  
«Solo perchè siete “dalla parte dei buoni” non è detto che non lo siete. La vostra organizzazione è più simile ad una setta religiosa» incrociò le braccia.
«Da quando ordine e rigore sono la definizione di setta?» ero parecchio seccata dalla sua ideologia. Quando giravo con la maestra avevamo sempre a che fare con persone che comprendevano la nostra posizione e ci rispettavano, se non addirittura veneravano, per ciò che rappresentavamo. Lui invece era così irritante! Sospirai e feci un passo indietro, non aveva senso discutere in quella maniera, Silas era la chiave che mi permetteva di fare qualcosa di utile e non potevo permettermi di inemicarmelo.
«Ricominciamo da capo. Il mio nome è Afala Onymal» gli porsi la mano «Vorrei potervi accompagnare nel vostro viaggio e darvi una mano per quel che posso, farò qualsiasi mansione mi verrà richiesta» aggiunsi aspettando la sua reazione.
Lui ci pensò appena, con un sorriso sulle labbra.
«Va bene, mia giovana Afala» mi disse stringendomi a sua volta la mano «Spero che nel momento opportuno ricorderete le vostre parole» aggiunse facendomi capire che sarebbe arrivato il momento in cui mi avrebbe chiesto davvero “qualsiasi cosa”.
Degutii appena ma ormai il pasticcio era fatto, strinsi ancora di più la sua mano e mossi la testa in segno di assenso.
«Però abbiamo un piccolo probemino» affermò mentre alle sue spalle apparivano, e si aprivano, le sue ali «Avevo intenzione di andarci volando. Non mi pare che tu abbia delle ali» affermò fissandomi le orecchie a punta.
«No, non ho le ali e allora!» strepitai, forse avevo sottovalutato il grado di irritazine che avrei dovuto sopportare.
Quel modo di fare mi ricordava molto l‘amico della maestra, quello spocchioso ialino nero.
«Non ho intenzione di andarci con i vallachi!» disse chiudendo la sua stanza.
«E come facciamo? Non possiamo mica viaggiare separatamente» Silas ascoltò le mie parole e, sollevando un sopracciglio, si avviò verso l’uscita della congrega.
Quello sguardo, e la barriera di silenzio che aveva creato tra di noi, era la chiara rispostaa quella mia domanda. Per lui andava bene, ero davvero sonvolta dalla sua testardaggine. Decisa a convincerlo lo rincorsi raggiungendolo.
«Come farò a proteggervi se viaggeremo con mezzi e tempi differenti?» lo guardai fisso negli occhi, non comprendevo le sue intenzioni. Perchè accettare la mia proposta e poi comportarsi così?
«Non ho bisogno di protezione» ribattè severo «E’ difficile che volando possa ricevere imboscate da parte di briganti o bestie sevatiche» mi fece notare.
«Perchè non ci sono animali selvatici volanti?» affermai cercando di stare al suo passo per le stradine che ci dividevano dal molo.
«Giusto ieri ho letto che, nei territori de nord molti esemplari di Bigy-hi sono diventati aggressivi e attaccano tutto ciò che gli capita davanti» non lo avevo letto il giorno precedente, ma era uno dei tanti casi di esseri impazziti che avevano fatto sospettare la mia maesta la corrosione del sigillo di Uriel.
«D’accordo» affermò finamente convinto dalle mie parole «L’importante che moderi la quantità di parole» affermò avvicinandosi ad un molo vuoto.
«Ti ringrazio! Sarò muta come un varmafi!»
«Lo spero»
Silas era una persona davvero… particolare. Quando lo si incontrava in un contesto normale sembrava scherzoso e giocherellone, ti dava tuttta l’aria di essere infantile, quasi non si poteva dire che lui fosse un membro rispettabie della congregazione eppure, in quel momento, non vedevo più quei comportamenti che erano tipici di lui.
 
Silas si guardava intorno, probabilmente vedeva se all’orizzonte si vedesse arrivare una erydel. Nel frattempo, io cercavo di rispettare le condizioni del nostro “patto” guardando il vuoto sotto di noi in silenzio.
Era stato così scortese a farmi promettere di rimanere in silenzio. Non ero una tipa così chiacchierina, cercavo solo di convincerlo a portarmi con lui. 
Sospirai e rabbrividii appena quando sentii le sue mani posarsi sui miei fianchi.
«Ehi, che diamine!» non feci in tempo a finire la frase che percepii il suo corpo premere sul mio. La mia testa ancora non stava realizzando cosa stava succedendo e, qualche attimo dopo, mi ritrovai in caduta libera.
Urlai per lo spavento e mi aggrappai più che potevo al petto di Silas. I meiei capelli si dimenavano colpendomi sul volto mentre la discesa diventava sempre più repentina. Sentivo il cuore, anzi tutti gli organi, in gola, mentre l’orizzonte sembrava farsi più vicino. 
Alzai la testa e osservai il volto di Silas, coperto dagi occhialini, i suoi occhi erano al sicuro e osservava davanti a sè, sbirciando nella mia direzione divertito.
«Reggiti forte!» urlò allentando la presa delle sue braccia.
Come aveva fatto a non accorgersi delle mie mani che gli stritolavano il petto? Appena non sentii più la sua presa salda, cinsi i suoi fianchi affondando il voto del suo petto.
«Più sù!» disse costringendomi ad afferarllo per il collo. I nostri volti erano vicini e, un po’ per potergli parlare e un pò per l’ibarazzo, mi avvicinai al suo orecchio sinistro sfiorandogli il collo.
«Ti pare il caso in un momento del genere?!» lo rimproverai, stava davvero tirando a corda.
Lui straunò gli occhi e allargò le braccia, lasciandomi andare.
A quel suo gesto strepitai e, sentendomi cadere, lo strinsi forte aggrappandmi più che potevo.
Per un attimo mi sentii morire, ma la sensazione non durò molto poichè la discesa cominciò a rallentare e diventare più dolce.
Riaprii gli occhi sorpresa e mi resi conto che sotto alle braccia, quello strano completo, aveva dei frammenti di tessuto, come se fossero piccole ali artificiali, cucite sulle maniche e sui fianchi del corpetto. 
Ecco perchè indossava quello strano vestiario, era ideato apositamente per volare! Se avessi continuato a stringerlo sui fianchi, avrei impedito la loro corretta apertura. 
 
In un battere di ciglia, probabilmente quando la velocità di caduta glielo permise, Silas aprì le ali prendendo il controllo completo della discesa.
A quel punto, sollevata dalla situazione, sospirai e mi rilassai.
 
Appena arrivammo a terra Silas mi lasciò andare di colpo, facendomi perdere l‘equilibrio. Caddi come un sacco di patate a terra, sprofondando in una duna.
«Ma sei pazzo!» affermai rialzandomi e pulendomi la divisa dalla sabbia del deserto.
«Ma tu quanto pesi, diamine!» affermò scoprendosi gli occhi «Andavamo giù come un razzo!»
A quelle parole divenni una furia.
«Ah! Quindi è colpa mia se siamo precipitati a picco! Non tua che mi hai buttato giù senza darmi un’avvertimento!» lo rimbeccai.
«E’ stato uno spasso! Dovevi vedere la tua faccia! Impagabile! » se la rideva di gusto «Se te lo avessi detto, non avresti mai accettato di farlo» aggiunse asciugandosi gli occhi umidi.
«Tu. Sei.» mi bloccai ed emisi un verso di rabbia. 
«Eh! Quali erano le condizioni?» affermò mettendomi un dito vicino alle labbra, ma non mi azzittii.
«Perchè non abbiamo aspettato la Oceanice?» come facevano tutte le persone normali, d’altronde.
«Mi fido solo delle mie ali» affermò «E sappi che sto facendo uno sforzo sovrumano per portarti con me. Non sono abituato a viaggiare con pesi morti appresso» dicendo quello mosse e massaggiò le spalle in direzione delle sue ali «E il minimo che tu possa fare è smettere di essere petulante» affermò maleducato.
Mi indignai della sua affermazione ma ormai non potevo tornare indietro. Mi rinchiusi di nuovo in me stessa e, dopo aver smontato quelle ali di tessuto dal suo corpetto di pelle, Silas mi riprese in braccio.
Ripartimmo per la nostra meta, in rigoroso silenzio, intervallato solo da brevi pause per abbeverarci e, poco prima che il sole cominciasse a calare, ci fermammo in una radura di dune giganti per prepararci per la notte.
«Ti sei portata il sacco?» mi domandò posando il suo zaino a terra.
Io non gli risposi, ancora offesa delle parole del mattino, e mi sedetti a terra osservando la sabbia davanti a me.
«Beh, allora vorrà dire che se avrai bisogno di riscaldarti dovrai entrare nel mio, sai nel deserto la notte le temperature scendono inverosibilmente» affermò.
Certo, gli sarebbe piaciuto! Ma, cascasse il mondo, non mi sarei mai rifigiata nel suo giaciglio.
Il suo ghigno soddisfatto fu cancellato di colpo da uno strano, ma inquietante, fenomeno.
Di colpo il cielo si oscurò mentre noi fumo investiti da qualcosa, sembrava l’onda d’urto di una esplosione di un qualcosa di sconosciuto. Appena il cielo tornò normale entrambi ci voltammo nella direzione da cui lo sentimmo provenire. 
Nonostante lui fosse un semplice achimista sembrava aver percepito la natura di ciò che era successo e si voltò verso di me, per la prima volta spaventato, alla ricerca di una spiegazione.
Io non potei fare altro che ricambiare il suo sguardo, spaventata a mia volta. Non avevo mai sentito un’emanazione di potere così intensa e maligna.
Rimanemmo per qualche istante in completo silenzio, senza neanche respirare, come in attesa di ciò che aveva provocato quella specie di esplosione ma non accadde nulla.
«Cosa è stato?» mi chiese trovando coraggio quando ormai il sole tramontava.
«Non ne ho la più pallida idea… sembrava provenire da nord-est» gli dissi pensierosa. 
Quelle mi stesse parole mi fecero ritornare alla memoria un particolare, quel potere sembrava essere provenuto dalla stessa direzione dei monti Euruko, dove il gruppo della mia maestra era diretto.
Strinsi le mani in preghiera, preoccupata, e comincia a enunciare le parole di un rito.
Silas mi ascoltò in sienzio, sedendosi sul sacco senza fare nessuna obiezione alla mia preghiera.
La notte ci avvolse e nessuno dei due sembrava riuscire a dormire. Io facevo la guardia al fuoco mentre Silas si rigirava nel sacco.
Non parlammo mai di quello che era accaduto, non provammo nemmeno ad ipotizzarne la causa, per il timore che qualsiasi nostra congettura potesse poi rivelarsi esatta.
 
La mattina successiva ripartimmo senza pronunciare una sola parola. Quando il sole fu troppo alto nel cielo ci fermammo per consumare una dielmea, ci riposammo all’ombra di qualche palma dopodichè avanzammo ancora fino a quando non notai una piccola scia luminosa.
«Silas» invocai i suo nome rompendo quel silenzio che ci aveva accompagnato fino a quel momento «Fermati un attimo» gi indicai la scia che si faceva sempre più vicina.
Lui interruppe la traversata e si adagiò su una duna in attesa che l’incantesimo ci raggiungesse. Allungai la mano e la scia si adagiò sul mio palmo trasformandosi in una pergamena.
«Una lettera dai tuoi amici della setta?» mi domandò ridendo.
«No» affermai ammonendolo con il mio tono severo «E’ sicuramente la lettera della mia maestra» e ne ebbi conferma quando l’aprii e lessi la prima riga «Loro saranno sicuramente arrivati sui monti Euruko» gli spiegai dandogli le spalle per crearmi un muro invisibile, per poter leggere la lettera in intimità.
 
Mia cara Afala,
è passato tanto tempo dalla mia ultima lettera. Come procede il tuo studio? Ti stai ancora allenando? Mangi regolarmente ogni tipo di alimento? 
Avrei dovuto scriverti prima ma il nostro viaggio ha avuto delle pieghe inaspettate e non saprei propiro da dove cominciare.
Dopo aver lasciato Ataria, ci abbiamo messo davvero poco ad arrivare alle pendici dei monti. Ma non tutti noi abbiamo potuto addentrarci fino alla sua sommità.
Era qualcosa di indescrivibile, l’aria di quel posto era nauseabonda. Più camminavamo e più mi si contorcevano gli intestini. Ben presto solo la Venerabile Ginzokena fu capace di proseguire, insieme ad Enex, così ci siamo separati, abbiamo sistemato laccampamento e li abbiamo attesi riposandoci. Nulla presagiva quello che stava per accadere. Poco prima del calare del sole il cielo fu squarciato da un boato, sembrava quasi come se dovesse venire giù da un momento all’altro, e una voce si fece spazio riecheggiando tra gli alberi.
Uriel, con uno stretagemma, era riuscita a liberarsi. 
   
 
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