Videogiochi > The Arcana. A Mystic Romance
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Autore: Smeralda Elesar    18/08/2020    0 recensioni
ATTENZIONE! Questa storia è una versione alternativa del primo incontro al Rowdy Raven tra Julian e l'Apprendista, e contiene spoiler a non finire sia sul prologo sia sul resto del gioco.
Maru, apprendista di Asra, ha ricevuto dalla Contessa Nadia l'incarico di rintracciare Julian Devorak, l'uomo accusato dell'omicidio del Conte Lucio.
Grazie alle arti magiche Maru riesce a rintracciare il dottore, ma l'incontro prenderà una piega del tutto inaspettata, che lascerà più domande che risposte.
Ad aumentare la confusione di Maru c'è l'attitudine di Julian ad essere caotico ed esagerato come il corvo che da il nome al suo locale preferito.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: MC
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE! Questa storia è una versione alternativa del primo incontro al Rowdy Raven tra Julian e l'Apprendista, e contiene spoiler a non finire sia sul prologo sia sul resto del gioco, dunque siete avvisati: se continuate a leggere senza aver finito tutto Julian Route rischiate di pentirvene.

Ci vediamo in fondo alla pagina se avete voglia di leggere qualcosa in più, per il momento godetevi...


Sulle tracce di un corvo chiassoso

***

La biblioteca attorno a me è silenziosa, e poiché ci sono solo io mi sembra ancora più grande.

Il soffitto altissimo, ad archi come quello di una cattedrale, inghiotte ogni suono nella luce eterea delle vetrate colorate.

L'aria è fresca ed ascuitta. Chi ha costruito la biblioteca sapeva il fatto suo, ed ha progettato un sistema di finestre che garantisce un continuo ricambio di aria anche senza generare corrente, probabilmente perché sapeva che l'aria stagnante che contiene umidità è il peggior nemico dei libri.

Anche le vetrate colorate non sono solo un elemento d'arredo: servono a proteggere i libri dalla luce diretta del sole.

La pergamena che ho tra le mani infatti è in perfette condizioni: non troppo flessibile ma nemmeno troppo rigida, non è ingiallita ed il disegno non è sbiadito; suppongo che il palazzo del Conte potesse permettersi gli inchiostri migliori.

La scrivania del Dottor Devorak è in una delle nicchie laterali, incastonata nella luce turchese di una vetrata che ritrae un lago con dei fiori acquatici bianchi.

Mi chiedo se questo posto gli sia piaciuto quando lavorava qui. Quando l'ho incontrato, dal suo modo di vestire, mi è sembrata una persona incline ad apprezzare le cose belle.

In realtà la mia domanda è inutile: sono qui per scovare qualche indizio che mi permetta di rintracciarlo, non per informarmi sui suoi gusti personali.

A quelli penserà la Contessa, magari.

Una persona colta e raffinata come lei sarebbe capace di alloggiarlo in una cella arredata con ogni lusso, anche se solo per poche ore prima di impiccarlo.

Scuoto la testa per liberarmi di questi pensieri che mi distraggono e torno a scrutare le pergamene ed i libri sparsi sulla scrivania, poi di nuovo il disegno che ho in mano.
L'eco che percepisco è quella di una persona concentrata, assorbita dalla sua... missione?
Non coincide né con l'immagine di Julian che ho avuto dai nostri brevi incontri né con quella di un assassino.
Devo saperne di più su di lui.
La Contessa Nadia mi ha ordinato di trovare l'assassino di suo marito, senza sapere che io l'avevo già incontrato subito dopo di lei, quella notte al negozio.
È questo che è strano. Ripensandoci adesso credo che sia stato un bene che io abbia parlato con Julian prima di sapere dell'offerta della Contessa, così ho potuto farmi un'idea di che persona sia.
E no, non mi sembra un assassino. Magari un baro, un imbroglione, un furfante da bettola, una faccia da poker, un manipolatore, ma non un omicida.
Ho percepito molte cose provenire da lui, ma la più pesante era la confusione.
Sì, lui cercava Asra per avere risposte, ma si è dovuto accontentare della mia lettura delle carte, ed io non riesco a togliermi dalla testa la sua risata amara quando ho estratto la Morte.
"La morte ha posato molte volte il suo sguardo su questo disgraziato ed è sempre passata oltre"
E poi "Non ha nessun interesse in un abominio come me".
Perché usare un linguaggio del genere?
Bé, sono l'apprendista di un incantatore, e secondo il mio maestro ho anche delle ottime capacità.
In fretta, ripongo il disegno fatto dal dottore nella mia borsa.
Forse è il momento di fidarmi del giudizio di Asra e di provare un incantesimo che risolverebbe molti dei miei problemi.
Decido di tornare al negozio, attraversando più in fretta che posso la città adesso che conosco la strada e grazie alle scorciatoie che mi sono state insegnate da Porzia.

Impiego ugualmente tre ore, ed appena dentro mi concedo una pausa per mangiare e riordinare i pensieri.

Per quello che intendo fare forse è meglio aspettare il calare delle tenebre, e nel frattempo apro il mio Libro delle Ombre per ripassare l'incantesimo un'ultima volta ed avere la certezza di eseguirlo in modo corretto.
Nella mia borsa il foglio di pergamena che ho preso dalla scrivania di Julian scricchiola.
Bene.
Forse è stato un suggerimento inconscio a farmi prendere qualcosa che gli è appartenuto.
Forse avevo già pensato di eseguire questo incantesimo fin dalla prima volta che la Contessa Nadia mi ha affidato questo incarico.
Non appena il sole cala ed appaiono le prime stelle della sera estraggo la pergamena dalla borsa e la stringo forte tra le mani.
Visualizzo il volto di Julian, tento di cogliere la sua presenza dalla pergamena, e lentamente espando la mia coscienza.
Vago come nel vuoto, attraverso centinaia di persone, cercando un'aura simile a quella di cui percepisco l'eco dalla pergamena.
Per un attimo mi sembra di sentirla.
Molte aure, poi poche, poi ancora molte tutte assiepate.
In mezzo a loro una mi appare chiara come una scintilla.
Julian!
L'ho trovato!
Senza lasciare il contatto, apro un portale che sbocca in un punto in cui non ci sono aure e lo attraverso.
L'aria salmastra mi coglie di sorpresa.
L'odore pesante di acqua salata stagnante, insieme all'umidità, rende l'atmosfera densa.
Non avevo fatto caso a quale fosse la zona della città in cui sentivo la presenza di Julian, ma adesso che mi guardo intorno so di essere molto vicino al porto, nella zona dei canali.
La strada in cui mi ha condotto il mio portale deve essere il retro di una locanda, perché da dietro le vetrate si vedono tante sagome e si sente un brusio di chiacchiere inframezzato da qualche urlo.
Decisamente, una locanda oppure un'osteria.
Faccio il giro in fretta, ed appena svolto l'angolo sopra di me appare l'insegna "il corvo chiassoso".
Mi aggiusto la casacca sulle spalle ed entro.
Appena dentro mi rendo conto di quanto sia davvero chiassoso questo posto.
Scoppi di voci, urla, risate, imprecazioni... non sono esattamente a mia agio in mezzo a tutta questa gente.
-Benvenuto! Vuoi da bere, giovanotto?- urla l'oste nella mia direzione.
E si trova a poco più di un metro da me, dunque non ci sarebbe nessun bisogno di gridare.
Inoltre mi sta antipatico perché è un'altra persona che mi da automaticamente il maschile, senza chiedere.
Le espressioni neutre sono così difficili da trovare? Capisco che con i miei capelli corti ed i vestiti che mi fasciano il petto posso sembrare più un ragazzo, ma andiamo, un minimo di elasticità mentale!
-No, sono qui per incontrare una persona-
Rispondo senza dare troppi dettagli.
-Ah, capisco! Dimmi chi cerchi, io conosco tutti qui dentro- Mi offre con un gesto teatrale di un braccio che fa vacillare il vassoio che ha un bilico sull'altro.
-Anche io conosco bene la persona che sto cercando-
Taglio corto.
Mi inoltro nel locale senza più badare a lui.
Ho una traccia da seguire, che mi porta dritto verso un posto in fondo, in ombra, dove una figura vestita di nero sta reclinata sul tavolo.
Una mano è tra i capelli, l'altra saldamente aggrappata ad un boccale di liquido ambrato e presumibilmente alcolico.
Julian sembra in preda a qualche dolore lancinante, a giudicare da come l'occhio non coperto dalla benda è strizzato e da come tutto il suo viso sia contorto in una smorfia di agonia.

Forse è per la sua presenza così desolata, ma mi pare che questo angolo della taverna sia più buio del resto, che l'aria sia più pesante e più densa di fuligine.
Ho l'impressione che si sia accorto di me, ma è un falso allarme.
Era solo uno spasmo di ogni singolo muscolo del suo corpo, ed il gesto con cui si porta il boccale alle labbra per berne un sorso più che lungo è di disperazione.
Credo di capire quanto possa essere letterale l'espressione "affogare nell'alcol", ma un uomo morto non da risposte, e nemmeno uno troppo ubriaco, dunque avanzo a passi decisi verso il dottore.
Sul mio onore, non credevo che un "sorso" potesse durare tanto a lungo.
Julian vuota il boccale con la testa reclinata all'indietro, il viso contratto per il dolore ed il pomo d'adamo che si muove ogni volta che deglutisce.
Quando posa il boccale non è rimasto nulla di qualsiasi cosa contenesse in origine, e Julian è costretto ad ansimare per riprendere fiato.
Adesso l'occhio visibile è sbarrato ed iniettato di rosso.
Ne ho abbastanza di questo spettacolo di miseria umana, per questo non appena raggiungo il tavolo ci batto la mano sopra.
Lui non da segno di preoccuparsi della mia presenza, ed allora passo alle maniere forti.
-Dottor Devorak!-
Questo lo fa sobbalzare.
Lo sguardo che mi rivolge è di puro terrore, almeno finché non capisce chi ha davanti.
-Ah, sei tu! L'aspirante hocus pocus!-
-Mi chiamo Maru-

Lui scrolla le spalle, come se non gliene importasse niente di me e di come accidenti mi chiamo.
-Come ti pare... Come hai fatto a trovarmi? Uno dei trucchi di Azra ha funzionato? E soprattutto, cosa ci fai qui?-
-Ho aperto un portale apposta per te, dunque sì, i miei trucchi e quelli di Azra funzionano piuttosto bene. Quanto al perché sono qui, è perché ho delle domande-

Senza aspettare un suo invito mi siedo di fronte a lui, chiaro messaggio che non ho intenzione di schiodarmi da qui finché non avrò ottenuto qualcosa.
-Ah, interessante! E dunque se hai cercato me vuol dire che credi che io abbia delle risposte-
-Non le hai?-
-Non mi hai fatto le domande, Maru-
Mi mordo il labbro.
Ora che ce l'ho davanti non so cosa chiedergli.
Non ho domande vere da fargli, voglio solo capire che tipo di persona è lui.
Forse se lo colgo di sorpresa riuscirò ad ottenere qualcosa di più che la sua facciata da spaccone.
-Hai ucciso tu il Conte Lucio?-
Il suo occhio si dilata per la sorpresa, e per un attimo penso di avergli strappato via la maschera, ma dopo pochi secondi è già tornato il solito teatrante.
-Cosí dicono, apprendista, così dicono... ma vuoi sapere la verità dalle mie labbra?-
Si piega complice verso di me, ma io non ho intenzione di stare al suo gioco e non mi avvicino a lui né mostro interesse per il suo atteggiamento complice.
Lui non si accorge del mio distacco, assorbito com'è dalla sua scena madre.
-La verità, tutta la verità e nient'altro che la verità è che...- prende un respiro profondo che serve solo da pausa ad effetto -...io non lo so!-
All'improvviso scoppia a ridere buttando la testa all'indietro, come se avesse raccontato qualcosa di divertente.
-Mi accusano di un crimine esecrabile, mi hanno colto sulla scena del delitto, mi hanno incarcerato e marchiato come assassino, in attesa del patibolo, e tutto questo per un atto di cui io non ho il minimo ricordo-
-Dici di non ricordare, dunque potresti essere innocente. E allora perché sei tornato a Vesuvia se sai che rischi la vita?-
Di nuovo ride, ed un altro po' di colore è sparito dal suo viso emaciato e dalle labbra sottili.
-Rischiare la vita dici? Ah, beata la tua ingenuità!-

Sbatto di nuovo la mano sul tavolo per riportarlo alla ragione. Non permetto che mi confonda con le sue scenate e con i suoi giri di parole.
-Piantala di delirare! Raccogli un minimo di lucidità e rispondi! Perché sei tornato a Vesuvia?-
Stavolta un ghigno si allarga sul suo viso.
-Tanta veemenza e tanto ardore meritano considerazione. Ebbene te lo dirò. Sono tornato a cercare risposte. Un uomo non può dormire sonni tranquilli se si porta dentro il dubbio di avere ucciso un altro uomo, non credi?-
Ci penso un attimo, anche se la risposta è ovvia per chiunque abbia un minimo di coscienza.
-No, non può-
Julian fa un gesto plateale allargando le braccia, come a dire "visto che avevo ragione io?".
Vorrei fargli un'altra domanda ma mi rendo conto che sta tremando, che è impallidito ancor più del solito, e che la pelle del viso attorno all'occhio è tirata e grigiastra.
"Sta male".
Il suo sorriso è diventato una smorfia che vacilla tra l'isteria e la sofferenza.
-Se non ti dispiace io ordinerei un'altro giro. Sarebbe un piacere se ti unissi a me. Salty bitter?-
-Non bevo quella roba, ed anche tu dovresti fermarti-
Un altro rauco scoppio di risa.

Il "corvo chiassoso" si addice ad un tipo come lui, e non mi sorprenderebbe se i proprietari avessero scelto questo nome in onore di Julian e delle sue maniere.
-E perché mai dovrei fermarmi?-
-Perché stai male-
-Davvero? Se anche fosse, non sarebbe niente per cui un boccale in più o in meno farebbe differenza-
-Fermati-
Stavolta non ride. Si alza in piedi e poi si china verso di me con i palmi delle mani piantati sul tavolo.
-E tu invece cosa cerchi, apprendista di magia? Perché ti interessi tanto a me? Perché... perché...?-
Lo vedo vacillare.
Forse si è alzato troppo in fretta, o forse tutto l'alcol che ha bevuto prima sta facendo effetto all'improvviso, perché lo vedo vacillare ed accasciarsi sul tavolo.
Le sue lunghe gambe si piegano, incapaci di reggere il suo peso, e lui si aggrappa alla superficie di legno per non cadere.
Ha la testa girata dal verso opposto e non riesco a vederlo in faccia, ma sento benissimo il suo respiro sfuggire dalle labbra in rantoli spezzati.
Quest'uomo è davvero incomprensibile.
Avrebbe le risorse per vivere la sua vita lontano da Vesuvia e dalla sua condanna capitale, eppure è tornato per dei dubbi di coscienza.
E adesso lotta contro la quantità spropositata di alcol che ha ingerito con il preciso intento di stordirsi.
Mi alzo in piedi per tentare di aiutarlo, ma in realtà devo decidere in fretta.
La Contessa mi ha chiesto di trovarlo ed io l'ho trovato.
La cosa giusta da fare sarebbe portarlo a palazzo... o no?
Se lo consegno alle guardie sarà impiccato entro pochi giorni.
Come posso consegnare alla morte un uomo che è tornato ad affrontare pericoli per avere la certezza della sua innocenza?
D'altra parte come posso tradire la fiducia della Contessa?
Decido di prendere tempo.
Tento di prendere Julian sotto braccio ma lui scivola dalla mia presa.
Il suo guanto sinistro mi rimane tra le mani, e la sua mano sinistra che adesso è scoperta mostra il marchio degli assassini: un cuore capovolto, da cui parte una freccia con due linee che ne attraversano l'asta.
Devo portarlo via da qui.
Per quanto il “corvo chiassoso” sia un posto non esattamente legale, un marchio di questa gravità non può essere ignorato completamente nemmeno qui.
Gli afferrò la mano per coprire il marchio con la mia, dopo di che faccio passare il suo braccio attorno alle spalle e lo sollevo di peso.
È più leggero di quanto mi aspettassi, e contro il mio corpo sento le ossa delle clavicole e delle costole, mentre all'orecchio sento che sta gemendo penosamente.
Mi guardo velocemente attorno, per assicurarmi che nessuno presti troppa attenzione a noi, e poi evoco l'incantesimo che apre i portali.
So bene dove andare questa volta: l'unico posto sicuro per lui è il negozio di Asra.
Con un paio di passi sono dentro la mia camera da letto, e chiudo in fretta il passaggio prima che l'oste si accorga che siamo andati via senza pagare.
Domani dovrò passare a saldare il conto, ma il mio problema adesso è un altro.
Julian al mio fianco non si regge in piedi, né io posso leggerlo più di tanto.
Non è pesante come mi aspettavo ma è alto, ed è sempre più incosciente.
Faccio un paio di passi praticamente trascinandolo e tento di farlo scendere sul letto senza troppi scossoni, tentativo che fallisce miseranente quando il suo peso mi sbilancia e finiamo per cadere tutti e due di traverso sul materasso.
Mi districo da sotto il suo braccio e passo a tentare di sistemare le sue gambe che pendono fuori dal letto.
So bene che una persona ubriaca rischia di vomitare, per questo lo sistemo girato su un fianco.
E prego tutte divinità affinché che non vomiti davvero sul mio letto.
Io ho fatto tutto lo sforzo, ma è lui a rantolare ad ogni respiro.
-Julian, riesci a sentirmi? Qui sei al sicuro. Non ti consegnerò alle guardie questa notte. Mi capisci?-
Lui annuisce lentamente.
Il suo viso è di nuovo contratto per il dolore e stavolta pare che non riesca a parlare.
-Dormi adesso-

Decido di accendere una candela per risparmiare la mia magia, e le ombre proiettate dal movimento della fiamma fanno sembrare il viso di Julian ancora più scavato.

Non sembra un assassino. Sembra un uomo devastato.
Pare che dovrò rinunciare al mio letto stanotte, dunque mi dirigo all'armadio per prelevare una coperta da trasformare in un materasso extra da mettere a terra.
Sto facendo l'incantesimo quando un lungo lamento mi distrae.
È Julian.
Con uno sforzo che per le sue condizioni deve essere immenso si è rannicchiato su sé stesso, con le gambe raccolte e le braccia strette al petto.
Mi avvicino a lui e gli poso la mano sulla spalla.
-Julian, ti ho detto che sei al sicuro qui da me. Non verrà nessuno a prenderti, te lo prometto-
In risposta si lamenta ancora e stringe ancora di più le braccia.
Mi viene un dubbio, e subito evoco una sfera di luce da aggiungere alla candela per controllare più da vicino.
Nel riverbero azzurrino trovo la conferma: il viso di Julian è rigato di lacrime.
Non ho il tempo di chiedergli cosa succede che è lui a parlare.
-Mi dispiace... mi dispiace... io volevo trovare la cura... volevo che guarissero... non volevo più vederli soffrire e morire... io volevo... curarli... mi dispiace!-
Uno spasmo scuote tutto il suo corpo e si stringe le mani al petto come se volesse strappare via qualcosa .
Lui era un medico durante la Peste Rossa, ed ancora soffre per le persone che non è riuscito a salvare.
Possibile che lo stesso uomo sia un assassino?
Non posso crederlo!

Potrebbe avere ucciso il Conte ed allo stesso tempo essere devastato dal rimorso per non aver fatto abbastanza come medico durante l'epidemia?

Vederlo così distrutto mi fa stare male.

La benda gli è scivolata via dall'occhio mentre si contorceva, e adesso posso vedere il dolore su tutto il suo viso mentre continua a mormorare parole che io non riesco a sentire.

Forse sono nomi di persone che conosceva, o forse sono altri “mi dispiace”, in ogni caso non posso stare a guardare una persona che soffre tanto senza fare nulla.
-Julian... Julian ascoltami... tu hai fatto del tuo meglio. Le tue cure hanno salvato delle persone, ma era impossibile salvare tutti-

Lui risponde solo con altri singhiozzi. Ho il dubbio che non riesca nemmeno a sentirmi ormai, perso nell'alcol e nei suoi incubi, per questo decido di agire.

Provo a toccarlo sulla fronte per un blando incantesimo che lo calmi, ma il risultato è del tutto opposto... per me!

Mi trovo a vedere e sentire quello che per lui è reale: attrezzi da medico macchiati di sangue, un cancello con una placca di metallo... ciò che c'è inciso sopra... già una condanna! Scendere, scendere ancora, nel buio e nel fumo delle torce. Le mani tra i capelli, gli occhi che bruciano per la mancanza di sonno... E poi corpi ammassati, l'aria satura di afa, vapore, sangue, e rosso che non è sangue, e “NO!”

L'orrore è indescrivibile!

Un sorriso sbieco di denti affilati, e poi qualcosa che... no... no... no! Che raschia le pareti della gola e si muove mentre viene costretto a forza giù nell'esofago nonostante i conati di vomito.

E poi le urla, la pelle delle mani che si scortica per picchiare contro la porta, la serratura bloccata dall'esterno, e poi la febbre, il sudore, i sintomi della Peste Rossa, ed il corpo sempre più debole... sempre più debole... occhi rossi attraverso le sbarre della finestrella della porta, che ogni poche ore scrutano avidi in attesa della... Morte... e “no, io non morirò qui!” “Io DEVO trovare le risposte!”.

E poi il buio, ma non buio, e grandi ali nere e...

Cado a terra ed il contatto tra noi si spezza.

Mi guardo attorno in preda al terrore, respirando l'aria pulita della mia stanza e non quella soffocante dell'incubo di Julian.

Le pareti di pietra sono rassicuranti e familiari, la finestra mi permette di vedere il mondo esterno, non le pareti umide di una cella sotterranea.

Io sono al sicuro... io sono a casa... Julian no!

Lui è ancora disperato e prigioniero delle sue visioni, a piangere e gridare.

Nonostante il dolore al petto dove il mio cuore batte frenetico so cosa devo fare.

Ancora con le gambe che mi tremano scendo le scale e dalla dispensa prendo un sacchetto con un rimedio di erbe già pronto.

Lo porto al viso e per un attimo mi lascio confortare dall'aroma dolce della camomilla, da quello canforato della lavanda e da quello fresco della menta, ma non sono io ad averne bisogno in questo momento.

Mi faccio forza per tornare su e sento le grida di Julian prima ancora di entrare nella stanza.

Per tutti gli dei, che cosa hanno fatto a quest'uomo?!

Stavolta faccio attenzione a non toccarlo direttamente, ma poso il sacchetto molto vicino al suo viso tormentato.

Spero che basti. L'incantesimo che è tessuto all'interno è stato fatto da Asra, e credo che sia il modo migliore di aiutarlo in quel momento.

Vorrei fare qualcosa di più pr lui, ma mi rendo conto che non sopporterei altre visioni come quelle che ho avuto, per questo, anche se con un gran senso di vergogna per la mia codardia, lascio che sia l'incantesimo di Asra ad agire senza osare avvicinarmi.

Prima Julian smette di gridare, poi anche i singhiozzi si calmano, ed infine il suo corpo allenta la tensione in cui si era costretto.

Ha ancora il viso umido di lacrime, ma i suoi tratti spigolosi sembrano meno aspri adesso che è abbandonato al sonno.

Solo i capelli scomposti sono traccia di quanto è appena successo, mentre la sua aura poco alla volta viene ripulita dall'incantesimo e dalle erbe.

Quando è immobile provo ad avvicinarmi, e stavolta quando gli scosto i capelli dalla fronte l'unica cosa che percepisco nella sua mente è una pacata, confortante oscurità.

Bene. Il rimedio ha funzionato.

Quanto a me sento la fatica pesarmi addosso tutta in una volta adesso che è tutto finito.

Lancio un'occhiata alla coperta che è rimasta abbandonata per terra e che avrebbe dovuto essere il mio letto, ma poi penso che durante la notte potrei rivedere l'incubo di Julian, e la prospettiva mi fa rabbrividire.

L'unica soluzione sarebbe prendere per me un'altro sacchetto di erbe, ma so che la magia non va sprecata, ed allora l'unica opzione praticabile è dividere quello che ho preso per Julian. Cioè dormire insieme a lui.

In un certo senso mi sembra giusto, anche senza il sacchetto con l'incantesimo.

Sospiro e mi stendo nel bordo di materasso non occupato da gomiti, ginocchia o qualche altro degli spigoli del corpo di Julian.

È pallido, le sue labbra sono sottili ed esangui e gli occhi sono cerhiati di viola esattamente come quando è sveglio, ma adesso, nel sonno, sembra davvero lui.

In fondo era questo che volevo vedere, no? L'uomo vero dietro le sue mille maschere di spacconeria o di maniere affettate.

Ecco, adesso l'ho visto, e sembra così stanco e provato che per un attimo ho l'istinto di accarezzargli il viso.

Riesco a trattenermi solo all'ultimo momento, quando mi ricordo che questo è l'uomo che potrei dover consegnare al boia.

C'è qualcos'altro che vorrei mettere a fuoco, ma l'incantesimo sta già facendo effetto anche su di me, appannando la mia mente, e così spengo la candela evocando una debole corrente d'aria e la stanza piomba nel buio.

Lentamente l'aroma delle erbe e l'incantesimo fanno scivolare dolcemente verso la calma, pacata oscurità che ha già accolto Julian.

***

Il mattino dopo mi sveglio per una sensazione strana, come di qualcosa avvolto attorno al torace.

-Faust?- tento, ma no, non è il famiglio di Asra. È un braccio umano.

Quando apro gli occhi e capisco a chi appartiene il braccio faccio un salto e mi districo più in fretta che posso, e non solo dal braccio: nel sonno Julian si è aggrappato a me, e non è facile sbrogliarmi dal suo corpo magro ed affusolato.

Ci riesco e per fortuna lui non si sveglia.

Avrei potuto morire di imbarazzo se fosse stato lui a svegliarsi per primo o mentre cercavo di staccarmelo di dosso!

Scendo dal letto ma lui è ancora profondamente addormentato, e per questo decido di lasciarlo lì e di fare qualcosa di utile.

Ad esempio lavarmi, cambiarmi, e procurare l'ennesimo rimedio cortesia della casa.

Quando torno nella stanza con la tazza in mano Julian è di nuovo rannicchiato a lamentarsi con la testa tra le mani.

Ormai non dovrebbe più sorprendermi vederlo in queste condizioni, anche perché so perfettamente che stavolta sono banalmente i postumi dell'ubriacatura a farlo lamentare.

-Sei sveglio, vedo-

-Ahiahi... la mia testaaa...- geme.

Sapevo che sarebbe andata così, ed ho già pronto quello che gli serve.

Gli afferro la mano e lo tiro su, semiseduto, poi, quando si è stabilizzato, gli faccio afferrare la tazza, ma per sicurezza non la lascio. Non mi fido della sua presa, ed a ragione.

-Che è successo? Dove sono?-

-Sei alla bottega. Ed hai bevuto troppo. Bevi questo: ti farà sentire meglio-

-Peggio sarebbe difficile... tanto vale provare le tue pozioni-

Fa ancora lo spaccone, ma nemmeno riesce ad aprire gli occhi per il dolore, e sono io ad accompagnare la tazza fino alle sue labbra.

Lui beve storcendo il viso per l'amaro, ma io non gli permetto di lasciare nemmeno una goccia.

-Bleah! Era terribile!-

-Ma ti farà bene. Piuttosto, come sai che non ti sto avvelenando?-

Lui sghignazza e per un attimo sembra tornato il solito insopportabile presuntuoso.

-Ci hanno già provato e fino ad ora non ha mai funzionato nulla. Sono proprio curioso di trovare il veleno che riuscirebbe ad uccidermi, ma non prima di aver sistemato certi altri... affari-

-Come scoprire se hai davvero ucciso il Conte Lucio?-

-Come fai a saperlo?-

-Me lo hai detto tu ieri sera. Eri ubriaco ed hai straparlato-

-Capisco... che peccato! Pare che non mi protegga dagli inconvenienti dell'alcol-

Intanto cerca a tentoni attorno, con solo un occhio socchiuso, e finalmente trova la sua benda.

Quando riesce a sistemarla sopra l'occhio destro allora tenta di aprire per bene anche il sinistro.

-Ah! Così va meglio!-

-Che non ti protegga cosa?- gli chiedo io ignorando la sua esclamazione.

-Ah, questa sarebbe una storia interessante, ma se permetti adesso ho io qualche domanda. Prima di tutto cosa ci faccio qui? Siamo nella tua bottega, non è vero? Riconosco l'odore di tutte quelle robe che usava Asra per i suoi intrugli-

Vorrei fargli notare che le erbe usate dai maghi sono le stesse usate dai medici, ma non voglio imbarcarmi in una polemica inutile.

Intanto lui continua a guardarsi attorno e recupera anche il suo guanto che era rimasto appoggiato sul comodino.

Per un attimo tutti e due siamo coscienti del marchio sulla sua mano, ed allora per spezzare la tensione preferisco rispondere alla sua domanda.

-Avevi bisogno di un posto sicuro in cui passare la notte. Te l'ho detto, ieri sera eri ubriaco fradicio-

-Un deplorevole inconveniente, lo ammetto. Mi dispiace di averti imposto la mia presenza e di aver abusato della tua pazienza, della tua ospitalità e delle tue magie. Posso sapere perché continui a cercarmi? Forse perché non ho pagato quella lettura delle carte? Se è questo il problema...-

Non ricorda che ieri sera gli ho chieso del conte o del resto della nostra conversazione? O forse lo ricorda ma da sobrio non ne vuole parlare.

-La Contessa Nadia mi ha dato l'incarico di trovarti e di consegnarti alla giustizia per l'omicidio di suo marito- lo interrompo.

-Oh-

Oh? Davvero? È il suo unico commento?

Per un attimo sembra pensieroso, poi però mi scocca di nuovo quel ghigno storto.

-Bè, i miei complimenti, apprendista di magia! Hai catturato l'assassino del conte!-

Accidenti! Julian è davvero un corvo chiassoso, non ci sono dubbi!

Mi rivolge uno sconclusionato inchino a braccia a perte, che lo fa sembrare ancora più strano, dal momento che è ancora seduto sul letto.

-Piantala-

-Cosa? Non è una soddisfazione? Hai portato a termine il tuo incarico ed avrai per sempre la gratitudine della Contessa, oltre alla taglia sulla testa di questo miserabile, ovviamente. Hai di che...-

-Piantala ti ho già detto-

Quest'uomo mi fa venire mal di testa! Altro che la sua sbronza!

-Ecco cosa faremo- gli dico -È ancora presto e le strade non sono affollate. Tu ti metterai addosso il tuo cappotto, ti coprirai per bene la faccia, e poi uscirai dalla porta sul retro. È chiaro?-

-Ah, certo! Il tuo è un ottimo... aspetta, che? ... mi lasci scappare?-

-Diciamo che ti concedo un vantaggio. Non mi mancano i modi per rintracciarti, come hai potuto vedere-

Lui mi scruta per alcuni secondi. In silenzio... incredibile!

-E perché faresti una cosa del genere? Perchè non consegnarmi subito alle guardie?-

Per un attimo esito. Lui non è lo stesso uomo che ha pianto tutta la notte rannicchiato sul mio letto per non essere riuscito a salvare delle vite.

Da sobrio è irritante, smargiasso, ed antipatico dietro la facciata di raffinatezza, mentre da ubriaco era... era davvero lui. Ma non è il momento di dirglielo.

-Anche io devo chiarire delle cose. Come ti ho già detto, so come rintracciarti, per questo ti concedo il tempo di trovare le tue risposte mentre io cerco le mie-

-La Contessa ti ha ordinato di trovare me, non di indagare. Perché hai bisogno di altre risposte oltre l'uomo ricercato a portata di mano? Perché dovresti lasciarmi andare?-

-Perché non posso consegnare un innocente all'impiccagione-

-Ah, ma io sono davvero innocente?-

Sembra che lo faccia apposta. Per qualche oscuro, masochistico motivo, a quest'uomo piace farsi detestare.

-Non lo sei?-

Torna serio.

-Vorrei tanto saperlo-

-Ed allora sbrigati ad uscire dalla porta sul retro-

Ancora una volta è a corto di parole, e per fortuna ci resta. Però sorride, e non come le altre volte. Sorride timido, come se non osasse essere davvero felice, ed io so che questo è il suo vero sorriso.

Si alza lentamente, come stiracchiandosi, probabilmente per essere certo del suo equilibrio, e poi prende a tentare di sistemare i vestiti spiegazzati.

-Pare che io ti debba molti favori... la lettura, l'ospitalità, la pozione per la mia povera testa dolorante... e questo vantaggio. Spero di poter saldare il conto un giorno-

-Mi basta che tu cerchi di contenerti nel bere, da ora in poi, e saremo pari-

Scoppia a ridere divertito e poi si avvicina a me, prendendomi il mento tra due dita.

-Ah, come è debole la natura umana! Cosa non farei per un viso così affascinante? E va bene! Prometto che... che proverò... a contenermi. Va bene così?-

Sorride a pochi centimetri dal mio viso ed io distolgo lo sguardo prima di arrossire troppo.

Non so dove guardare. I suoi occhi grigioverde mi mettono a disagio, ma guardando in basso c'è la sua camicia a perta sul petto che non mi aiuta neanche un pochino.

-Va... hem... va bene così-

Lui annuisce

-Ci rivedremo, Maru... spero in circostanze migliori-

Si infila il cappotto con uno dei suoi svolazzi teatrali e poi mi saluta con sue dita sulla fronte ed un sorriso sghembo che forse nelle sue intezioni dovrebbe essere affascinante.

-A buon rendere!-

E sparisce giù per le scale.

Poco dopo sento la porta al piano di sotto chiudersi e dalla mia finestra vedo la sua sagoma alta e scura correre via e sparire nella nebbia del mattino.

Non so ancora se ho fatto bene.

O meglio, so di aver fatto bene, ma non so dove questa cosa potrebbe portarmi.

Solo le carte potrebbero saperlo, e forse, con un tipo come Julian, nemmeno gli Arcani ne sarebbero troppo sicuri.

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Cantuccio dell'Autore


*Gruppo i sostegno per quasi trentenni che giocano i giochi di ruolo... Ciao a tutti, mi chiamo Makochan. Ho scaricato su smartphone il gioco “The Arcana” ed ho giocato tutto il prologo e Julian Route in poco più di una settimana. E sono perdutamente innamorata del personaggio di Julian Devorak *

Scherzi a parte, quel gioco è bellissimo!

E poichè quando a me piace una cosa mi sento in obbligo di esprimere la mia devozione scrivendo fanfiction, ecco qui la mia versione alternativa dell'incontro al Rowdy Raven tra il mio personaggio ed il Dottor Julian Devorak nel prologo.

È più ampia e dettagliata per due ragioni: la prima è che io avevo già scelto Julian da quando gli ho spaccato la bottiglia in testa (Ah, l'amour!) e la seconda è volevo dare più spazio alla personalità del mio personaggio.

Ed è una versione diversa perché io e l'hurt comfort camminiamo a braccetto. D'altra parte una scena con Julian tormentato dagli incubi c'è davvero nel gioco, io l'ho solo calcata di più.

Spero che vi sia piaciuta.

Fatemi sapere se avete giocato anche voi quella meraviglia, ed in caso che personaggio avete scelto.


Makochan




   
 
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