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Autore: HHall93    19/08/2020    0 recensioni
Fu durante un'estate della sua adolescenza che la vita di Aria cambiò.
Amore e amicizia uniti a segreti e misteri la condurranno verso qualcosa che mai si sarebbe aspettata.
Genere: Commedia, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parte prima

Era il 3 luglio 2016. Era una di quelle giornate dove il sole ti scotta la pelle e hai voglia di tuffarti in acqua a qualsiasi costo. Una di quelle giornate luminose che riescono a farsi apprezzare anche dalle anime più cupe. Tuttavia io non ero diretta in nessun posto luminoso e affascinante ma bensì alla stazione di Brixton, dove avrei preso il treno diretto a Birmingham per raggiungere le mie amiche all'attesissimo concerto dei The Fray, la nostra band preferita. Il gruppo si sarebbe esibito nelle due tappe consecutive di Birmingham in quei giorni e per nulla al mondo mi sarei persa quel concerto così tanto atteso. Quando mesi prima erano uscite le date del tour eravamo così felici che comprammo i biglietti per entrambe le serate, e questa piccola pazzia si stava rivelando molto utile per me: sarei dovuta partire il giorno precedente insieme alle mie amiche ma in seguito ad un incidente stradale di mio zio mi ero persa il primo evento. Le sue condizioni non si erano rivelate gravi come erano apparse all'inizio così decisi di raggiungere comunque le altre, almeno per la seconda serata. Nessuno aveva potuto accompagnarmi data l'agitazione dei parenti ancora all'ospedale e viaggiare da sola mi rendeva nervosa.
Arrivai alla fermata degli autobus alle 14:40. Mancavano ancora 5 minuti all'arrivo ma cominciai comunque a farmi prendere dall'ansia.
E se avessi sbagliato fermata? Se avessi sbagliato autobus? Se fosse stato pieno?
Dovevo calmarmi. Non potevo agitarmi sempre per ragioni così futili.
Ma ero fatta così.
Mi appoggiai al palo sul quale erano scritti gli orari degli autobus e cominciai a osservare indiscretamente le persone sedute sulla panchina in prossimità della fermata. Una mamma spingeva avanti e indietro la carrozzina con il figlio, un uomo sulla quarantina leggeva il giornale e un ragazzo muoveva la testa a ritmo della musica che stava ascoltando con le cuffie. Erano tutti tranquilli tranne me.
Per far passare il tempo provai a immaginare la storia di quegli sconosciuti, dov'erano diretti e che tipo di persone fossero.
Ricordo che mi posi questa domanda: se qualcuno avesse provato a fare il mio stesso gioco, cosa avrebbe pensato di me quel giorno?
Ero una normale ragazza di diciassette anni che viveva in una normale città con una vita altrettanto normale e quello sarebbe stato un giorno, speciale sì, ma come tanti altri.
Se non avessi incontrato lui.
In quel momento però, appoggiata a quel palo, l'unica cosa che desideravo era poter essere al concerto. Il mio primo concerto. Nonostante la distanza, convincere i miei genitori non si era rivelata un'impresa ardua: essendo figlia unica molte volte mi bastava fare un discorso ben motivato e loro si convincevano; cominciavo a raccontargli che essendo la loro unica figlia avrebbero dovuto lasciarmi fare questo e quello altrimenti sarebbero stati presi dai rimorsi.
Sì, posso essere molto ruffiana.
Ma in fondo si tratta solo di avere buoni doti di persuasione.
L'autobus arrivò nell'arco di qualche minuto e mi affrettai a salire, scoprendo purtroppo che una delle mie paure si era verificata: era pieno.
L'unico posto libero era in prima fila accanto a una tizia bionda spilungona con la puzza sotto al naso che si dimenava con la musica nelle orecchie. Forse anche lei stava andando ad un concerto...
Lasciai quel posto alla mamma con il bambino e decisi di proseguire sperando che qualcuno scendesse ma poi notai un posto vuoto in penultima fila accanto a una ragazza dai lunghi capelli rossi.
I miei occhi tuttavia si soffermarono su qualcun altro: dietro di lei c'era James Hill.
Non ci potevo credere.
Non era reale.
Conoscevo lui e il suo gruppo solamente di vista, non ci avevo mai parlato.
Era tra i più popolari della mia scuola.
Mi avvicinai nonostante stessero facendo una confusione pazzesca.
-Posso sedermi?- chiesi sorridendo alla ragazza dai capelli rossi.
-Certo- rispose lei togliendo la sua borsa dal sedile.
Mi trovavo dalla parte del corridoio. Bene. Durante le gite scolastiche mi sedevo sempre da quel lato per poter interagire meglio con i compagni cercando di evitare di farmi film mentali guardando fuori dal finestrino, rischiando di sembrare asociale.
James e il ragazzo con i ricci a fianco a lui frequentavano il mio istituto, stavano per terminare l'ultimo anno.
Avevo sempre notato James, fin da quando, tre anni prima, avevo cominciato le lezioni nella scuola affianco alla sua. I cortili dei due edifici confinavano e io lo osservavo sempre mentre rideva con i ragazzi del suo gruppo.
Il suo sorriso era il più bello del mondo.
Era la prima persona che cercavo entrando e uscendo da scuola; anche solo vederlo mi migliorava la giornata, mi rendeva più rilassata.
Capii di essere innamorata quando ogni volta che leggevo frasi romantiche o qualcuno parlava d'amore io sorridevo pensando a lui.
In realtà il concetto di "amore" non l'avevo mai capito fino in fondo: i sentimenti non si dividono in amore e odio. Ci sono troppe sfumature in mezzo che ancora non mi erano chiare. Io ero un esempio perfetto di come l'amore fosse strano: mi innamorai di una persona che non sapeva della mia esistenza, che non mi aveva mai nemmeno parlato. Che cosa aveva fatto sì che io, tra tutte le persone che avevo incontrato nella mia vita, vedessi lui come avvolto in una luce dorata? Come poteva essere una situazione così bella e così triste allo stesso tempo? Speravo sempre che alla mattina, quando passava con il suo skateboard davanti al bar dove facevo colazione, entrasse e in qualche modo mi notasse, invece non si era mai fermato e non mi aveva mai notata, nemmeno per sbaglio.
E nonostante questo, per tutti quegli anni, era stato l'unico ragazzo a cui avessi mai pensato.
Ero sempre stata così: mi intrigavano gli amori platonici e quelli per i quali era necessario lottare. Anche se, arrivato il momento di mettersi in gioco, la paura aveva in genere la meglio: non avevo mai avuto il coraggio di dirgli niente, nemmeno di avvicinarmi al suo gruppo.
Eravamo troppo diversi.
O almeno questo era quello che pensavo io.
Non sapevo se la rossa di fianco a me li conoscesse. Sembrava molto impegnata al cellulare così decisi di tirarlo fuori dalla borsa anche io per controllare per la milionesima volta l'orario.
Sarei dovuta arrivare alla stazione alle 15:10.
Assurdo come quell'anno i The Fray non fecero tappa a Londra: abitando nel quartiere di Brixton sarebbe stato perfetto per me. Era una cittadina semplice ma tutto sommato mi piaceva. Brulicava di parchi e strade con negozi ma la maggior parte del tempo io lo trascorrevo in palestra e a scuola, la quale sarebbe terminata dopo tre giorni, uno dei quali era domenica.
Sapevo già che sarei stata promossa, anche se quell'anno era stato veramente difficile per me. Era stato in un certo senso diverso dagli altri.
Tutto si era rivelato più complicato del previsto: le materie, gli insegnanti e non da ultimo il rapporto con le mie due attuali migliori amiche.
Le adoravo, anche se negli ultimi tempi avevo notato dei comportamenti insoliti in loro. Ma d'altronde la scuola aveva stressato tutti.. con l'inizio dell'estate le cose sarebbero di certo migliorate. Ero assorta nei miei pensieri e sui possibili ritardi del treno quando da uno dei cinque posti in fondo al pullman subito dietro di me partì un urlo che sovrastò gli altri e che mi fece sobbalzare.
La rossa si voltò bisbigliando a James: -Dai! Spaventate le persone a urlare cosi, smettetela-
-Ma dillo a loro, cazzo c'entro io- le rispose lui.
Li conosceva. Sorrise e tornò a voltarsi.
Con la scusa di essermi girata per ascoltare quello che aveva detto la ragazza mi soffermai a guardare il sorriso bellissimo e gli occhi azzurri da favola di James.
La sua voce poi.
Era la prima volta che l'ascoltavo da vicino. Nonostante avesse detto solamente sette parole, tra cui una era anche un’imprecazione, in quel momento decisi che sarebbe stato il suono che più preferivo al mondo. A scuola faceva spesso battute stupide alle quali tutti ridevano ed era sempre con quelli del suo gruppo, per questo alcuni pensavano se la tirassero... perchè stavano sempre per conto proprio. Al contrario di quanto aveva appena detto, James era uno di quelli che stava facendo più confusione sull'autobus. Mi soffermai a guardare gli altri suoi amici: da vicino erano ancora più belli.
Il ragazzo riccio nell'angolo aveva le cuffie nelle orecchie, la testa appoggiata al finestrino e guardava fuori dal vetro appannato con i suoi grandi occhi verdi e malinconici. Lui era Nathan. Da quel poco che avevo scoperto osservandoli avevo capito che Nathan era dolce e molto timido; era gentile con tutti e per questo era simpatico alla maggior parte della scuola. C'era anche chi diceva di odiarlo ma è questo che accade quando si è troppo belli: aveva un sorriso e uno sguardo dolcissimi e a chiunque sarebbe venuta voglia di toccargli i ricci. Spesso a scuola si guardava intorno con aria persa e molti si domandavano a chi o a cosa stesse pensando, se avesse per caso una misteriosa ragazza nella testa...
Dall'altra parte accanto a James c'era un ragazzo castano, con il ciuffo sugli occhi e il cappello con la visiera al contrario. Era Christian, il figlio della compagna del padre di Noelle, una delle mie due amiche che mi aspettava a Birmingham, ma l'avevo visto pochissime volte. Era pieno di tatuaggi, indossava dei jeans neri attillatissimi e una semplice canottiera nera smanicata.
Rideva, ma aveva comunque uno sguardo minaccioso. Non so perché ma ebbi la sensazione fosse pericoloso mettersi contro di lui. I suoi occhi azzurro ghiaccio sembravano nascondere un passato difficile, ma queste erano solo mie supposizioni. Urlava cori da stadio e altre cose che io non capivo insieme al ragazzo moro seduto di fianco, anche lui pieno zeppo di tatuaggi e con i piercing alle orecchie: Jaden Castillo, chiamato da tutti J.C.. Anche lui non aveva un'aria molto amichevole a primo impatto, anche se... aveva un fascino misterioso, quasi da cattivo ragazzo. Non aveva proprio una bella reputazione tuttavia io non lo conoscevo, se non di fama. L'altro era Thomas, se ne stava tranquillo al cellulare massaggiando; era robusto e secondo me aveva qualche anno in più dei suoi amici, infatti credo stesse quasi per terminare l’ultimo anno di college. Alla fine delle lezioni passava insieme agli altri a prendere James e Nathan, gli unici che ancora frequentavano la scuola, poi partivano su due macchine, ma nessuno sapeva dove andassero.
Notai che non era presente il ragazzo alquanto bizzarro dai capelli rossi che a volte stava con loro. Lo si notava poco a causa del suo carattere riservato.
Erano tutti esageratamente belli. Questo l'avevo sempre pensato. A scuola chiunque li guardava perché davvero avevano qualcosa di misterioso e bellissimo. Sembravano un po' la famiglia Cullen di Twilight.
In quel gruppo l'unico legame di sangue era quello tra J.C. e Thomas: erano cugini. Ne ero a conoscenza grazie a una ragazza dell’ultimo anno alla quale avevo chiesto informazioni. Davanti ai ragazzi, nella corsia dell'autobus opposta alla mia, c'erano le due ragazze del gruppo ovvero Marina Campbell, la fidanzata di J.C., la quale doveva avere circa ventidue anni e la sua amica bionda. Marina era adorata da tutti i miei compagni nonostante la si vedesse solamente nei cinque minuti in cui si fermava a parlare davanti alla scuola: era solare, divertente e anche lei bellissima, con i suoi lunghi capelli biondi, il piercing al naso e un gran bel fisico. Noelle diceva che avrebbe potuto fare la modella ma io le rispondevo sempre che anche lei avrebbe potuto, dato che erano simili di aspetto. Cominciavo a sospettare che lo dicesse solo per sentirsi dare questa risposta.
L'amica di Marina era anch'essa bionda e con un bel sorriso, ma era più timida, perciò meno conosciuta e meno notata.
Non sapevo quali altri legami ci fossero in quel gruppo, ma mi piacevano.
Avevo da sempre voluto conoscerli e infatti mi stupì tantissimo quando Marina, smettendo all'improvviso di darsi lo smalto, si voltò verso di me: -Ehy, come mai non ci sono le tue due amiche con te?- mi chiese con un gran sorriso.
Ci misi un attimo a risponderle, tanto ero sorpresa che mi avesse rivolto la parola. Non pensavo sapesse con chi stavo a scuola e non pensavo nemmeno sapesse della mia esistenza. Il gruppo si era zittito per ascoltare la mia risposta.
-Le sto raggiungendo a Birmingham per un concerto, perché ho avuto dei problemi a casa e quindi io le raggiungo oggi- le risposi balbettando e ripetendomi.
James si sporse dal sedile e strappando una strana caramella coi denti, mi rivolse per la prima volta la parola: -Uh che concerto?-
-Dei The Fray- dovevo stare calma.
-Ah capito, sono fighi loro- continuò James.
-Siii io adoro Ben!- intervenne Marina.
-Chi cazzo sono sti qua?- chiese J.C. già infastidito. Mi face sorridere la sua così evidente gelosia.
-Niente amore, una band che non conosci, lascia stare, come ti chiami?- perchè Marina era interessata a me?
-Aria- le risposi.
-Ah si, ti ho vista, sei al penultimo anno vero?- mi chiese il ragazzo dagli occhi di ghiaccio. Aveva una voce strana e acuta ma semplicemente stupenda. Oddio. Calma.
-No. Cioè si. Cioè devo cominciare l'ultimo a settembre-
-Ma sei nell'altra scuola tu vero?- mi domandò Nathan con un sorriso, staccandosi dal vetro e togliendosi una cuffietta.
-Sì sì, è del linguistico, l'ho vista in giardino- rispose Marina anticipandomi. Lui annuì. Momento di silenzio imbarazzante in cui tutta l’attenzione era ancora concentrata su di me. Cercai una domanda.
-Beh come vi chiamate voi?-
-Come se non lo sapessi- bisbigliò J.C., ma in modo che anche io potessi sentirlo.
Marina lo guardò malissimo.
Con altrettanta faccia scocciata gli risposi: -Non di tutti- ed era anche vero.
Ok, praticamente tutta la scuola (e non solo) sapeva il loro nome, non saprei nemmeno bene spiegare perché, a volte si diventa conosciuti senza ragione, ma poteva risparmiarsi di tirarsela in modo così evidente.
-Beh io sono Marina, piacere- disse porgendomi la mano. La sua amica si chiamava Payson e la rossa era Taïsse, aveva origini belghe.
-E voi dove state andando?- volevo continuare a parlare con loro.
Quel momento sarebbe stato da raccontare e sapevo già che le mie amiche sarebbero state invidiose. Io lo sarei stata.
-Eeeh non si può dire tesoro- mi rispose James, appoggiato con le braccia al mio sedile.
James Alexander Hill mi aveva appena chiamata tesoro. Probabilmente lo usava come intercalare con le ragazze.
Già dal fatto che sapessi tutti i suoi nomi si poteva capire quanto lo stalkerassi.
-Ma finiscila- lo zittì Marina -stiamo andando a vedere il Manchester ad Hastings. Prima però facciamo sosta sulla spiaggia-
-Wow figo- le sorrisi. Quindi dopo che passavano a scuola andavano a vedere delle partite di calcio?
Mi misi ad ascoltare quello che James stava dicendo ad Nathan: -Ricordami domani che registro quel coglione di fisica così poi vediamo chi ride per ultimo quando mi darà tre e io avrò le prove che non me lo merito!-
-Ma tu ti meriti tre...- gli fece notare Nathan.
-Ma cazzo dici! Hai visto come mi guarda quello? Mi detesta!-
-Ma no, è solo che fai molto casino...- tentò di nuovo il riccio alzando gli occhi al cielo.
-No, lo odia proprio- intervenni io.
-Visto!? Visto!?- cominciò a urlargli James.
-Aspetta, stai calmo. Perché dici così?- mi domandò Nathan tentando di scrollarsi di dosso James.
-Perché abbiamo lo stesso prof e un giorno è entrato in classe incazzato nero dicendo che "quel cretino biondo della 4A", sue parole, gli aveva rotto i coglioni- sperai che nessuno mi domandasse come facevo a sapere che era anche il suo insegnante.
-Fine questo tizio- commentò Taïsse.
-Guarda giuro che lo asfalto domani mattina!!- James aveva ricominciato a urlare.
-Con uno skateboard J fai ben poco- era intervenuto Thomas.
Marina mi spiegò che il padre di James non gli aveva più permesso di usare la sua bicicletta da quando l'aveva distrutta schiantandosi contro un palo della luce. Più venivo a conoscenza di cose su di lui più mi sembrava fuori di testa.
-Vado in skateboard perché mi piace!- ribattè.
-Certo- rise Thomas.
James gli fece il dito medio fingendosi offeso.
-Io dico solo che se il Manchester non vince parto a dare calci nel culo a tutti quanti loro- annunciò J.C. cambiando discorso continuando a urlare, come se volesse far sapere a tutti che era tifoso del Manchester. Ebbi la strana sensazione che lui sperava in un'opposizione per poter fare a botte.Mi chiesi se anche le ragazze erano così tifose del calcio o se andavano con loro alle partite solo per farli contenti. Forse con il tempo si erano abituate.
In quel momento mi vibrò il cellulare dalla tasca.
-Pronto mamma dimmi- per un attimo pensai ci fossero brutte notizie dall'ospedale.
Il mio solito ottimismo.
Fortunatamente non era successo niente, anzi mio zio si stava riprendendo piuttosto bene, ma mia madre mi informò che, a causa di un deragliamento di un treno merci, sarebbero stati sospesi tutti i trasporti verso varie città, tra cui anche Birmingham.
No. Non era possibile. Ci tenevo da matti a quel concerto. Lo aspettavo da sei mesi. Cosa avrei fatto adesso? Sarei dovuta tornare a casa...
Pensavo potesse essere una giornata fortunata dato che avevo incontrato il gruppo di James sull'autobus e invece... ma la fortuna virò nuovamente verso di me quando Marina, che evidentemente aveva seguito la telefonata, esclamò: -Puoi venire con noi!- guardò gli altri per avere una conferma ma nessuno le rispose veramente; Nathan e James annuirono un po’ stupiti, Payson e Taïsse sorrisero.
Non poteva essere. Non stava accadendo a me.
Qualsiasi persona per non disturbare o per non sentirsi indesiderata avrebbe rifiutato cortesemente.
Ma io no.
E James Hill mi stava guardando.
-Ehm.. non so, siete sicuri? Cioè mi dispiace imbucarmi così...- avrei dato qualsiasi cosa pur di passare una giornata con lui e i suoi amici. Marina rise.
-Guarda che è normale per noi! In questo momento hai bisogno di un'avventura alternativa e sei stata fortunata: hai trovato noi! E noi siamo esperti di avventure! E guarda che ci si diverte lì! Altrimenti non ci andremmo- Marina sembrava convinta e addirittura pensava che il mio problema fosse il luogo in cui andavano. Se gli altri non mi volevano avrebbero dato in seguito la colpa a lei.
-Ok allora, grazie- ritornai al telefono -Mamma ho incontrato degli amici sull'autobus, mi hanno invitato con loro va bene? Andiamo ad Hastings al mare, torno stasera. Sisi li conosco. Dai mamma fidati! So perfettamente chi sono, siamo nella stessa scuola! Mamma dai già non vado al concerto almeno così passo una bella giornata! Si. Certo. Ok non ti preoccupare. Ciao mamma- ovviamente mi aveva fatto l'interrogatorio e io ci avevo un po' calcato nel rispondere (in fondo non li conoscevo) ma quando praticamente le attaccai il telefono in faccia, lei non richiamò. Avevo evitato di dirle che sarei andata in uno stadio altrimenti avrebbe cominciato una paternale infinita. Glielo avrei detto a cosa fatta; Hastings non era lontana e comunque non avrei accettato un no come risposta.
Sorrisi.
Durante il viaggio continuammo a parlare di cose senza importanza ma io ero contenta anche così. Marina era quella più socievole: mi raccontò del suo lavoro di aiutante estetista e dei suoi aneddoti divertenti. James e Nathan scherzavano con me normalmente e di questo gli fui immensamente grata.
Avvisai le mie amiche che non le avrei raggiunte, senza specificare cosa mi era capitato: quello lo avrei fatto domani, con più calma.

Fu così che conobbi le persone che, in un certo senso, mi cambiarono la vita.
Per una strana coincidenza del destino mi ero ritrovata a scendere da quell'autobus, quel venerdì pomeriggio, due ore dopo il previsto, diretta alla meravigliosa spiaggia di Hastings con il ragazzo di cui ero innamorata da quasi tre anni. D'altronde sono anche questo genere di cose che non ti aspetti, su cui sbatti contro e ti colgono di sorpresa, a dare alla vita qualcosa per cui vale la pena essere vissuta.

   
 
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