EPILOGO
LOVE ALONE IS WORTH THE FIGHT
Ben
presto, la biblioteca ritornò silenziosa e tranquilla mentre
Bronze, Silver e
Gold Saint si distribuivano in giro per divani, poltrone e perfino
tappeti senza
però allontanarsi troppo gli uni dagli altri: e mentre Marin
era rimasta
immobile sul divano e sorreggeva la testa assonnata di Seiya che
ciondolava
contro il proprio petto, Camus e Milo fiancheggiavano Hyoga, seduto sul
tappeto
davanti al caminetto acceso, e Shiryu e Dohko occupavano l'altro
divano.
Aiolos, silenzioso, stava alle spalle del Saint di Pegasus e della sua
maestra,
come a voler proteggere il ragazzo appisolatosi.
Al
centro della stanza, Ban aveva spostato una poltrona in modo che Saori
potesse
sedersi e potesse essere vista da tutti, e potesse vedere al contempo
tutti,
con i restanti Bronze sparpagliati per il tappeto ormai fin troppo
affollato.
Con
gli sguardi stralunati, Shiryu e Hyoga fissavano ora la sorella ora i
fratelli,
ma non riuscivano ad aprire bocca.
"Ragazzi,
se avessimo saputo che avreste reagito così non avremmo
messo in piedi tutto
questo." fece notare Jabu: "Sembra che abbiate visto dei
fantasmi."
"Quello
che questo indelicato di un pony vuole dire," intervenne Geki pacato:
"è che non volevamo turbarvi. Sembrate parecchio…
fuori fase."
azzardò lui con espressione preoccupata.
"Turbarci…?"
mormorò Hyoga con voce rauca e l'occhio sano sospettosamente
lucido:
"F-Forse non vi rendete conto davvero della situazione…"
Cygnus si
passò una mano sul viso e le spalle vennero scosse da un
singhiozzo,
"Geki, se pensi che questo significa turbarci davvero non hai capito
nulla." continuò il russo con la voce che gli
sfumò in un rantolo,
"Dèi, non riesco neppure a parlare decentemente, это пиздец!1"
L'ultima
parola
suonava come un'imprecazione, e anche l'occhiata di biasimo di Camus e
quella
divertita di Milo confermarono l'impressione dei presenti, che tuttavia
non ne
domandarono la traduzione; trascorsero alcuni minuti di silenzio, rotti
di
quando in quando dal crepitio delle fiamme che divoravano il legno, poi
finalmente Shiryu sembrò riprendersi e, nonostante le
lacrime che minacciavano
di strabordare dai suoi occhi, si voltò verso Saori e i loro
sguardi si
incrociarono, caldo e rassicurante quello di lei e lievemente sperduto
quello
di lui.
"Ma
come…?"
"Ne
parleremo
quando sarete meno fragili emotivamente, non voglio che portiate anche
questo
peso…" rispose lei con tono affettuoso: "Per una volta, ci
pensiamo
noi!" esclamò Nachi, "Voi pensate a non sciogliervi in
lacrime."
li prese bonariamente in giro lui, "Non so se in casa abbiamo
abbastanza
stracci per asciugare tutto."
Shiryu
cercò di
ricomporsi e premette sul ponte del naso come a voler allontanare un
mal di
testa in arrivo: "Quindi… Non siete andati in Europa?"
chiese lui.
"Sì
che ci
siamo andati, non siamo andati in Francia, però." rispose
Wolf con aria
soddisfatta: "Ci siamo fermati in Grecia, abbiamo caricato un paio di
Gold
Saint e poi siamo tornati indietro. Due giorni, scali compresi."
"Quindi
anche
gli altri…?"
Stavolta
fu Shun a
porre la domanda.
"Sì,
stanno tutti
bene. Anche se alcuni ancora hanno bisogno di aiuto per stare in
piedi."
rispose Dohko mentre prendeva la tazza che Ban gli passava: "Ma non
manca
nessuno ed è più di quanto ci saremmo mai
aspettati."
"Anche
Kanon?"
Hyoga
si strinse
nelle spalle: "Nonostante tutto, si è rivelato essere un
buon
compagno…" aggiunse a mo' di giustificazione; Milo, al suo
fianco, sorrise
orgoglioso prima di posargli una mano sul braccio, "Quel pazzo ha la
pelle
dura, lui e Saga non sono ancora in piena forma ma stanno bene. Finora,
l'unico
ad essere in condizioni discrete è il nobile Shion."
Un
sospiro di
sollievo percorse la stanza mentre Shun si asciugava di soppiatto una
lacrima e
Ikki gli stringeva il polso con fare protettivo: "Sono notizie
meravigliose."
sussurrò il Saint di Andromeda, "Temevamo che dopo il Muro
del
Pianto…"
"Shun,"
la
voce serena e al tempo stesso autoritaria di Dohko fece sobbalzare il
più
giovane, il quale alzò lo sguardo verso il Gold Saint con
aria ansiosa:
"Ragazzo mio, non devi piangere, non per noi." aggiunse l'uomo,
guardando nei grandi occhi verdi del compagno d'arme con i propri,
marroni e
caldi, "Avremmo dato volentieri le nostre vite e le nostre anime per
salvare anche solo uno di voi. Tra tutti, voi siete quelli che questa
Guerra ha
colpito di più e l'idea di sopravvivervi ci addolorava."
così dicendo,
strinse con forza la mano del proprio allievo, del ragazzo che vedeva
come un
figlio mentre Camus faceva lo stesso con Hyoga e, poteva giurarci,
anche Marin
con Seiya.
"Ma
ora siamo
tutti qui, vivi." s'intromise Saori: "E non voglio più
sentir parlare
di sacrifici in nome mio. Potete onorarmi meglio, e onorare queste
nuove vite,
costruendo nuovi ricordi felici con chi amate. E se il Destino
vorrà ancora una
volta farci scendere in battaglia, nessuno combatterà solo,
saremo uniti. Ma
per ora voglio solo che voi siate felici, tutti voi. Voglio che siamo
felici." si corresse, memore della promessa fatta ai ragazzi prima di
partire per la Grecia.
I
presenti annuirono,
consapevoli del momento delicato e sentimentale che stavano vivendo,
avvolti
dal Cosmo dorato della Dea che li stringeva con l'amore di una madre.
Non
dissero nulla,
si bearono della vicinanza gli uni degli altri e del calore che li
circondava.
"Sarete
stanchi
per il viaggio." disse Ban dopo qualche minuto di silenzio pensieroso
rivolgendosi agli ospiti: "Akiko-san ha preparato le stanze per voi,
sono
proprio accanto alle nostre. Ah, e Saori, ha fatto spostare anche tutte
le tue
cose come hai chiesto. Abbiamo scelto la stanza tra quella di Seiya e
quella di
Jabu, così non litigheranno per chi deve stare accanto a te."
"Allora
chi
vuole può andare a riposare," disse Saori dopo aver posato
la propria
tazza vuota per poi alzarsi in piedi: "Se non avete bisogno di me, io
mi
ritirerei, è stata una lunga giornata." concluse con un
lungo sbadiglio a
stento coperto dalla mano.
"Ti
accompagno," si offrì Jabu prima di alzarsi in piedi; ebbe
appena il tempo
di muovere qualche passo verso la coetanea quando, all'improvviso, il
ragazzo
si sentì tirare all'indietro per poi ritrovarsi stretto tra
le familiari
braccia di Shiryu, con il braccio che toccava quello di Nachi.
A
fatica, riuscì a
guardarsi attorno, scoprendosi al centro di un abbraccio di gruppo con
tutti i
fratelli attorno e con la testa contro il petto del Saint di Dragon, il
quale
singhiozzava tra i suoi capelli; sorpreso, Unicorn cercò di
divincolarsi per
assicurarsi che il cinese stesse bene, ma questi lo strinse
più forte,
impedendogli di staccarsi.
"Grazie…"
mormorò Hyoga da qualche parte: "Di tutto…".
Senza
parole e
incapaci di articolare un pensiero coerente, i membri del gruppo di
'cospiratori' si limitarono ad accettare l'abbraccio, sentendo tuttavia
al
contempo una sensazione di calore avviluppargli la gola e le viscere,
qualcosa
che non avevano mai provato prima.
Jabu
sentì Ichi
singhiozzare e Ban bofonchiare qualcosa che somigliava sospettosamente
a un
"Non importa" ma non era sicuro di nulla: doveva ammettere che
quell'abbraccio gli piaceva e si ritrovò a desiderarne
altri, quasi a voler
compensare la mancanza degli stessi negli ultimi anni.
Quando
infine si
staccarono, non si guardarono direttamente negli occhi –
c'era ancora un po' di
imbarazzo tra loro ma, e di questo Unicorn ne era certo, avrebbero
avuto tutto
il tempo per lavorare sui loro sentimenti e sugli errori che avevano
fatto in
passato – ma l'atmosfera era più rilassata,
leggera.
Ban
si avvicinò al
divano occupato da Marin e, aiutato dalla Silver Saint, prese Seiya
ancora
addormentato tra le braccia e si diresse poi verso la porta, tallonato
non solo
da Eagle ma anche da Sagittarius: "Porto il pargolo a letto, Shiryu. Tu
resta pure qui. A domattina, buonanotte." salutò lui con un
sorriso prima
che Dragon potesse fare alcunché.
Geki
gli posò una
mano sulla spalla: "Avrete sicuramente molto di cui parlare, Seiya
è in
buone mani e sono sicuro che Marin-san e Aiolos-san resteranno con lui
stanotte, perciò per stasera sei in libera
uscita.” rise il ben più massiccio
fratello mentre Jabu si congedava assieme a Saori e Nachi.
Shun
e Ichi si erano
messi a raccogliere i libri in giro per la stanza e Ikki stava
impilando
piattini sul vassoio accanto alle tazze già radunate: i tre
lavoravano in
silenzio, come se non volessero farsi notare o disturbare.
Quando
poi ebbero
terminato, Hydra fece un cenno a Ursa Minor; questi annuì
prima di voltarsi
verso i fratelli e i loro Maestri con un sorriso: “Cercheremo
di aspettarvi per
colazione, ma se Seiya inizia a mangiare vi terremo qualcosa da parte.
Non
andate a letto troppo tardi, mi raccomando.”
Hyoga
bofonchiò
qualcosa come “Non sei mia madre” a viso basso ma
Geki restò soddisfatto
dall’assenso silenzioso di Milo e Dohko.
Dopodiché,
seguì i
fratelli nel corridoio.
§§§
Il
mattino dopo,
Tatsumi stava versando il tè fumante nella tazza di Saori
posizionata sul
tavolo della sala da pranzo ancora deserta quando sentì un
certo tramestio nel
corridoio; con un sospiro irritato, posò la teiera
semi-svuotata sul tavolo e
si voltò verso la porta nell’esatto momento in cui
dalla stessa entrarono Ban,
Geki e Nachi, intenti a chiacchierare e a ridere nonostante il sonno
che ancora
non li aveva lasciati.
Quando
videro che
non erano soli, i tre ragazzi si fermarono sul posto e bofonchiarono un
“Buongiorno” distratto prima di sedersi
silenziosamente.
Tatsumi
li avrebbe ripresi
se solo non fosse entrata Akiko-san qualche istante dopo, la quale
salutò con
calore i tre signorini prima di chiedere loro se avessero dormito bene
e se
fosse arrivata Saori-ojousama.
L’uomo
ignorò le
risposte che i più giovani diedero alla donna di servizio e
si concentrò sul
pulire un’invisibile macchia di sporco sulle posate; cinque
minuti dopo, altre
voci precedettero l’arrivo di Shiryu, Hyoga e dei loro
Maestri, che si
sedettero attorno al tavolo senza quasi rivolgergli parola, non che al
maggiordomo importasse granché.
Anche
se, dovette
ammetterlo in cuor suo, lo sguardo dei Gold Saint non era dei
più rassicuranti.
Jabu
e Shun, insieme
a Ichi e Ikki, furono i terzi ad arrivare in sala da pranzo.
Akiko
era impegnata
a distribuire tè e caffè a chi era già
arrivato mentre Michiko-san portava
dentro dalla porta di servizio un carrello con brioche e torte da poco
sfornate, che ancora emanavano calore; la comparsa dei dolci
rinvigorì i
ragazzi, i cui occhi si illuminarono per la golosità
– Jabu prendeva in giro
Seiya per la sua ghiottoneria ma non era certo l’unico ad
apprezzare una
concentrazione di zuccheri – spingendoli a servirsi di fette
grondanti di
cioccolato e crema come se non mangiassero da giorni.
Tatsumi
stava per
rimproverarli quando la porta, apertasi nuovamente, fece entrare Seiya,
seduto
sulla sedia a rotelle spinta da un austero Aiolos con Marin accanto;
nel
vederlo, il maggiordomo strabuzzò gli occhi, notando come
– a differenza di
tutti gli altri – il ragazzino più piccolo di
tutti fosse ancora in pigiama, la
cui casacca gli cadeva enorme sulle ginocchia magre e ossute.
“Seiya,
ne avevamo
già parlato. A tavola non ci si presenta in
pigiama.” lo apostrofò lui con aria
severa e irritata: “Per di più quando ci sono
ospiti.” la voce del maggiordomo
aumentò di volume mentre questi si avvicinava a larghi passi.
Senza
che l’uomo se
ne fosse accorto, il brusio nella stanza cessò e, quando
questi afferrò il
polso del Saint di Pegasus, la temperatura sembrò essersi
bruscamente
abbassata: se gli sguardi avessero potuto uccidere, probabilmente
Tatsumi
sarebbe stramazzato a terra senza vita.
“Cosa
sta facendo?”
Il
tono metallico
della voce di Marin, filtrata dalla maschera, precedette di un attimo
il basso
ringhio di Ikki e i sussurri affrettati dei Gold Saint già
attorno al tavolo
che cercavano di calmare i Bronze; la Sacerdotessa dai folti ricci
rossi colpì
con la mano quella di Tatsumi, costringendolo a lasciare la presa su
Seiya;
quest’ultimo sembrò volersi fare piccolo piccolo,
come se volesse scomparire.
Protettiva,
Eagle
mosse un passo in avanti: “Questo ragazzo è sotto
la nostra protezione ed è il mio
allievo. Lo tocchi ancora una volta e le farò provare tutte
le sofferenze che
Hades non ha inflitto all’umanità.”.
“Tutti
questi
ragazzi sono sotto la nostra protezione e giuro su Athena e su quanto
ho di più
caro al mondo che, se solo osa toccarne uno…”
“Cosa
succede qui?!”
Sorpresa,
Saori era
entrata in sala da pranzo salvo poi fermarsi sui propri passi nel
vedere Seiya
rannicchiato sulla sedia a rotelle, Marin che sollevava Tatsumi con una
mano e
Milo in piedi con gli occhi sbarrati.
Preoccupata,
si
precipitò davanti al fratello adottivo e, inginocchiatasi,
gli posò una mano
sul petto: “Respira, Seiya…” gli
mormorò, “Come ti ha insegnato Fournier-kun,
inspira, espira…”
“Ojou-sama,
le porto
dell’acqua?” chiese Akiko ansiosa.
“No,
per ora
aspettiamo che si calmi… Inspira,
espira…”
Mentre
Athena si
occupava di Seiya, Aiolos mosse un passo in avanti, posizionandosi
accanto a
Marin, che non aveva ancora lasciato andare il colletto della camicia
del
maggiordomo, i cui occhi erano lo specchio del terrore: “Che
astio può provare
nei confronti di questi ragazzi, tale da non rispettarne neppure la
convalescenza? Che razza di uomo è quello che se la prende
con chi ha
sacrificato tutto per difendere l’umanità, che
alza le mani su chi non può
difendersi?” chiese Sagittarius con tono lapidario.
“Siamo
stati in
silenzio, la notte scorsa, quando ha trattato in quella maniera il
giovane
Nachi. E forse avremmo fatto meglio a intervenire, magari avrebbe
capito.”
Dohko si era alzato, circondato di una tenue luce verde:
“Perché Seiya non
merita di essere aggredito, e certo non per un pigiama e non dopo tutto
quello
che ha passato. Lei c’era, no? L’ha visto in coma,
e nonostante ciò osa
aggredirlo come un criminale? Se avessimo potuto essere noi al suo
fianco… E
invece lei, che ha avuto questo privilegio…”
“O-ora
basta…”
Sottile
come un
alito di vento, la voce di Seiya ebbe l’effetto di una bomba,
facendo voltare
tutti i presenti; mentre cercava di sistemarsi la casacca del pigiama
per darsi
un contegno, con Saori protettiva accanto, Seiya si
raddrizzò sulla sedia a
rotelle e guardò con aria stanca prima Marin e poi tutti gli
altri: “S-Sto
bene. Se qualcuno mi accompagna di sopra, posso cambiarmi e tornare
giù.”
“No.”
Saori,
alzatasi in
piedi, fece un cenno alla Silver Saint e rivolse uno sguardo a
metà tra il
furente e il deluso a Tatsumi, accasciatosi a terra dopo essere stato
lasciato
libero dalla presa ferrea della giovane donna: “È
vero che i documenti
ufficiali non sono ancora pronti ma noi siamo una famiglia, ferire uno
dei
ragazzi è come ferire me. Non è bastato
torturarli quando eravamo bambini,
Tatsumi? Dimmi, non è stato sufficiente colpire Ikki con
l’elettroshock?
Picchiare Seiya con il bokken? Costringere Jabu a
servirmi? Premere
perché Ichi venisse bullizzato a causa del suo albinismo?
Per non parlare di
tutti gli altri che ormai non sono più su questa terra.
Dimmi, è così
soddisfacente torturare dei bambini innocenti? E non dire che mio nonno
lo
permetteva perché sono sicura che, se avesse scoperto quello
che facevate, vi
avrebbe licenziati in tronco. Non costringermi a fare qualcosa di cui
potremmo
pentirci entrambi. Sono stata chiara?”
Nella
stanza non si
udiva un fiato.
“Saori
ha ragione.”
A
sorpresa, Ikki fu
il primo a rompere il mutismo generale e lo fece con voce piena di
rabbia,
seppur controllata: “Tatsumi, non mi sono mai ribellato per
non esporre troppo
Shun alle vostre violenze, ma tocca un’altra volta uno dei
miei fratelli e ti
farò pentire di essere nato.”
Un
brusio di assenso
precedette l’alzarsi in piedi di Jabu che, a pugni stretti,
sembrava faticasse
a trattenersi: “Ti ho sempre rispettato, Tatsumi-san, ma
questa è la mia
famiglia e la proteggerò finché avrò
fiato nei polmoni e sangue nelle vene, non
ti permetterò di ferire ancora Seiya. Dovrai passare sul mio
cadavere prima di
poterti avvicinare a lui.”
Spaventato
dalla
piega che avevano preso gli eventi, Seiya alzò una mano per
calmare i presenti:
“Ragazzi… Non è necessario, davvero.
Posso andare a cambiarmi…”
“No,
Seiya. Adesso
ti siederai accanto a me per fare colazione e non penserai ad altro che
a
goderti la mattinata, poi decideremo quando partire per la Grecia, ci
sono
molte persone che ti aspettano. E Tatsumi, puoi andare. Ma ricordati di
quello
che ti ho detto.”
Il
tono di Saori non
ammetteva repliche, lo sguardo della ragazza era quanto di
più fermo l’uomo
avesse mai visto in vita sua; seppur con difficoltà, egli si
rimise in piedi e
barcollò fino alla porta, sparendo poi nel corridoio senza
voltarsi indietro
neppure una volta.
Athena
non degnò la
sua schiena in fuga neppure di un’occhiata, concentrandosi
invece sullo
spingere Seiya fino al tavolo, tra lei e Shiryu; quest’ultimo
si chinò sul
fratello e gli sistemò la casacca con cura e attenzione
prima di accettare la
coperta che Michiko gli passava per drappeggiargliela sulle gambe:
“Va tutto
bene, Seiya?” gli chiese poi, scrutandolo con ansia negli
occhi verdi: “Stai
tremando.” notò con preoccupazione.
“S-Sto
bene, niisan…”
mormorò Pegasus mentre stringeva con il pugno un lembo del
pigiama all’altezza
del cuore: “N-Non ho pensato al pigiama, non v-volevo creare
p-problemi.”
“Non
devi scusarti,
Seiya.”
Saori
si sedette a
capotavola e sorrise gentile al fratello: “Questa
è casa vostra e qualunque
regola possa aver messo Tatsumi non ha valore. Ho sbagliato a
lasciargli così
tanto potere se questo lo ha portato a pensare di avere il controllo su
di voi,
su uno qualunque di noi. Ora mangiamo, abbiamo tanto di cui discutere e
pianificare.
Abbiamo una famiglia da raggiungere.”
§§§
Quando
il jet
privato della famiglia, una settimana dopo, atterrò nel bel
mezzo del piazzale
antistante la Casa dell’Ariete, era una giornata di sole, con
il cielo limpido
e la luce che rifletteva il bianco del marmo, rendendolo quasi
abbagliante.
In
giro non c’era
nessuno ma, quando il gruppo scese la scaletta – in un
flashback dell’ultima
volta in cui si erano ritrovati in quelle stesse circostanze
più di un anno
prima -, Saori era in testa a tutti, con il proprio scettro in mano e
il peplo
bianco che ondeggiava al vento.
Seiya,
in piedi
accanto a lei, si sorreggeva con le stampelle e scrutava con commozione
tutto
intorno a sé: quanto gli era mancato quel luogo…
“Non
ci aspetta
nessuno?” chiese Jabu con curiosità.
“Non
abbiamo avvertito,
è vero, ma credo che qualcuno stia scendendo a tutta
velocità dalla Tredicesima
Casa per accoglierci.” sorrise la Dea: “E se ho
ragione, Seiya farebbe meglio a
tenersi forte a qualcosa.”
Un
attimo dopo, in
effetti, una figura umana saltò letteralmente fuori dal
nulla e si gettò
addosso al Saint di Pegasus, il quale non cadde rovinosamente a terra
soltanto
grazie alla prontezza di riflessi di Aiolos, che lo afferrò
per le spalle
impedendogli di salutare da vicino il terreno sabbioso.
La
prima cosa che
videro fu un ciuffo rosso, poi la tunica color ocra e infine i due tilaka2
azzurri mentre Kiki, stretto al collo di Seiya, sembrava
impazzito per la
gioia.
“SIETE
QUI!” gridò
il bambino con le lacrime agli occhi: “SIETE DAVVERO
QUI!” continuò tra singhiozzi
e risate il giovane apprendista, “Mu-sama e Shion-sama
l’avevano detto… Ma
volevo vedervi di persona!”
“Anche
per noi è bello
vederti, piccola peste.” Seiya strinse forte il piccolo,
affondando il viso nei
suoi capelli: “G-Grazie per aver protetto Seika-neesan, n-non
avrei saputo che
fare se l’avessi persa di nuovo…”
“Non
c’è di che, ma…
Tu stai bene, ora, vero?” chiese Kiki con quei grandi occhi
azzurri, sinceri e
commossi.
“Sto
bene, Kiki, sto
bene. Mai stato meglio di così… Gli altri dove
sono?”
“Vi
faccio strada,
anzi, potrei portarvi tutti! Sono diventato bravo con la telecinesi e
il
teletrasporto!”
“A
patto che non ti
stanchi e ci abbandoni nel bel mezzo del Santuario, magari in aria. Non
so
ancora volare come un piccione.” Jabu si guadagnò
una boccaccia da parte del
bambino prima che questi si sfregasse le mani come a volersi
concentrare.
“Sono
pronto!”
annunciò dopo pochi minuti.
L’attimo
dopo, la
Casa di Aries era scomparsa e, al suo posto, era apparso uno Shion
estremamente
perplesso, il quale sembrava fissarli dall’alto… E
cos’era quella sensazione di
duro sotto le loro schiene?
Oh.
“Kiki,
non si era
detto che avresti fatto pratica con l’atterraggio prima di
portare qualcuno con
te?” disse il Gran Sacerdote accigliato.
“Ma
ho fatto
pratica, davvero! Non ho calcolato che portare così tante
persone poteva essere
un po’ troppo…” borbottò il
piccolo, atterrato in braccio a Mu che li fissava a
due passi di distanza, sorpreso quanto loro.
E
dietro di lui, gli
altri Gold Saint osservavano la scena con espressioni identiche, alcuni
si
erano perfino alzati dai letti e si sorreggevano a vicenda.
Aiolos,
ripresosi in
fretta dalla botta della caduta, fu perciò il primo a
mettersi in piedi e - dopo
aver aiutato Saori- sollevò poi Seiya come se non avesse
avuto peso intanto che
gli altri si sistemavano, frastornati; Jabu scosse la testa per
schiarirsi le
idee e imprecò sottovoce, giurando di prendere le scale alla
prossima
occasione.
“Mi
dispiace!”
strillò Kiki, che tuttavia non cercò di liberarsi
dalla presa di Mu: “La
prossima volta sarò più preciso, giuro!”
“Almeno
ci siamo
risparmiati la fatica di fare tutte quelle scale.” fece
notare Ichi: “Anche se
ci sono delle scorciatoie più comode.”
“Beh,”
disse Death Mask
con voce roca da qualche parte alle spalle di Mu: “Non si
può dire che non vi
siate fatti notare, marmocchi.”
Come
se si fossero
svegliati in quel momento, gli altri Gold Saint superarono Aries e
l’istante
dopo erano assiepati attorno ai nuovi venuti, parlandosi gli uni sopra
gli
altri e scambiandosi strette di mano e abbracci – Aiolia non
aveva gli occhi
asciutti mentre le sue braccia erano avvolte attorno al corpo magro di
Seiya,
men che meno li aveva Aldebaran quando lo ebbe caricato sulle spalle
come se
fosse stato un bambino alla pari di Kiki -; Dohko sorrise a Shion e lo
invitò
ad unirsi a loro con un cenno del capo mentre anche gli altri ragazzi
venivano
accolti dai compagni più anziani e ricevevano pacche sulla
schiena e parole di
ammirazione.
Con
la fluidità di
un colore che si mischia agli altri sulla tavolozza per dare vita a
qualcosa di
meraviglioso e nuovo, i due gruppi si confusero tra loro, fratelli
d’arme e
fratelli di sangue, amici e compagni, una sola famiglia che aveva
finalmente
trovato il proprio equilibrio e la propria dimensione
all’indomani della guerra
che aveva tolto loro così tanto ma che aveva anche donato
loro più di quanto
avessero mai sperato di ricevere in vita loro.
Dita
intrecciate,
lacrime amalgamate nella consapevolezza di un sentimento tracimante che
affondava le proprie radici nella parte più intima e fragile
della comunione di
spiriti in quella stanza…
In
quell’amore che Athena
aveva sempre cercato di proteggere in tutte le guerre e le battaglie
che aveva
combattuto fin dall’alba dei tempi.
In
quell’amore che
si era cristallizzato nel sacrificio di Seiya e nelle lacrime della sua
famiglia.
In
quell’amore che, celato
in giardini sconosciuti ma pronti da esplorare come la vita stessa,
valeva ogni
singola lotta, passata, presente e futura.
Grazie per essere arrivati fin qui.
NOTE:
1.
1.
Imprecazione
che, in italiano, si può tradurre con
“Cazzo” o espressioni
similari
2.
2.
I
tilaka sono simboli che, nell’Induismo, rappresentano
l’appartenenza
a una determinata tradizione religiosa