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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    19/08/2020    2 recensioni
[Angst/HurtComfort/FamilyFluff][PostHades]
Versione riveduta e corretta, divisa opportunamente in capitoli, della mia fic con lo stesso nome.
Quando non si sa se le cose miglioreranno o meno, quando un certo numero di segreti sono talmente dolorosi da rischiare di distruggere una famiglia ancora prima che questa possa muovere i primi passi...
Quando la Guerra Santa porta ferite molto più profonde di quelle fisiche.
Genere: Drammatico, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Pegasus Seiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nei Giardini Che Nessuno Sa'
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EPILOGO

LOVE ALONE IS WORTH THE FIGHT

Ben presto, la biblioteca ritornò silenziosa e tranquilla mentre Bronze, Silver e Gold Saint si distribuivano in giro per divani, poltrone e perfino tappeti senza però allontanarsi troppo gli uni dagli altri: e mentre Marin era rimasta immobile sul divano e sorreggeva la testa assonnata di Seiya che ciondolava contro il proprio petto, Camus e Milo fiancheggiavano Hyoga, seduto sul tappeto davanti al caminetto acceso, e Shiryu e Dohko occupavano l'altro divano. Aiolos, silenzioso, stava alle spalle del Saint di Pegasus e della sua maestra, come a voler proteggere il ragazzo appisolatosi.

Al centro della stanza, Ban aveva spostato una poltrona in modo che Saori potesse sedersi e potesse essere vista da tutti, e potesse vedere al contempo tutti, con i restanti Bronze sparpagliati per il tappeto ormai fin troppo affollato.

Con gli sguardi stralunati, Shiryu e Hyoga fissavano ora la sorella ora i fratelli, ma non riuscivano ad aprire bocca.

"Ragazzi, se avessimo saputo che avreste reagito così non avremmo messo in piedi tutto questo." fece notare Jabu: "Sembra che abbiate visto dei fantasmi."

"Quello che questo indelicato di un pony vuole dire," intervenne Geki pacato: "è che non volevamo turbarvi. Sembrate parecchio… fuori fase." azzardò lui con espressione preoccupata.

"Turbarci…?" mormorò Hyoga con voce rauca e l'occhio sano sospettosamente lucido: "F-Forse non vi rendete conto davvero della situazione…" Cygnus si passò una mano sul viso e le spalle vennero scosse da un singhiozzo, "Geki, se pensi che questo significa turbarci davvero non hai capito nulla." continuò il russo con la voce che gli sfumò in un rantolo, "Dèi, non riesco neppure a parlare decentemente, это пиздец!1"

L'ultima parola suonava come un'imprecazione, e anche l'occhiata di biasimo di Camus e quella divertita di Milo confermarono l'impressione dei presenti, che tuttavia non ne domandarono la traduzione; trascorsero alcuni minuti di silenzio, rotti di quando in quando dal crepitio delle fiamme che divoravano il legno, poi finalmente Shiryu sembrò riprendersi e, nonostante le lacrime che minacciavano di strabordare dai suoi occhi, si voltò verso Saori e i loro sguardi si incrociarono, caldo e rassicurante quello di lei e lievemente sperduto quello di lui.

"Ma come…?"

"Ne parleremo quando sarete meno fragili emotivamente, non voglio che portiate anche questo peso…" rispose lei con tono affettuoso: "Per una volta, ci pensiamo noi!" esclamò Nachi, "Voi pensate a non sciogliervi in lacrime." li prese bonariamente in giro lui, "Non so se in casa abbiamo abbastanza stracci per asciugare tutto."

Shiryu cercò di ricomporsi e premette sul ponte del naso come a voler allontanare un mal di testa in arrivo: "Quindi… Non siete andati in Europa?" chiese lui.

"Sì che ci siamo andati, non siamo andati in Francia, però." rispose Wolf con aria soddisfatta: "Ci siamo fermati in Grecia, abbiamo caricato un paio di Gold Saint e poi siamo tornati indietro. Due giorni, scali compresi."

"Quindi anche gli altri…?"

Stavolta fu Shun a porre la domanda.

"Sì, stanno tutti bene. Anche se alcuni ancora hanno bisogno di aiuto per stare in piedi." rispose Dohko mentre prendeva la tazza che Ban gli passava: "Ma non manca nessuno ed è più di quanto ci saremmo mai aspettati."

"Anche Kanon?"

Hyoga si strinse nelle spalle: "Nonostante tutto, si è rivelato essere un buon compagno…" aggiunse a mo' di giustificazione; Milo, al suo fianco, sorrise orgoglioso prima di posargli una mano sul braccio, "Quel pazzo ha la pelle dura, lui e Saga non sono ancora in piena forma ma stanno bene. Finora, l'unico ad essere in condizioni discrete è il nobile Shion."

Un sospiro di sollievo percorse la stanza mentre Shun si asciugava di soppiatto una lacrima e Ikki gli stringeva il polso con fare protettivo: "Sono notizie meravigliose." sussurrò il Saint di Andromeda, "Temevamo che dopo il Muro del Pianto…"

"Shun," la voce serena e al tempo stesso autoritaria di Dohko fece sobbalzare il più giovane, il quale alzò lo sguardo verso il Gold Saint con aria ansiosa: "Ragazzo mio, non devi piangere, non per noi." aggiunse l'uomo, guardando nei grandi occhi verdi del compagno d'arme con i propri, marroni e caldi, "Avremmo dato volentieri le nostre vite e le nostre anime per salvare anche solo uno di voi. Tra tutti, voi siete quelli che questa Guerra ha colpito di più e l'idea di sopravvivervi ci addolorava." così dicendo, strinse con forza la mano del proprio allievo, del ragazzo che vedeva come un figlio mentre Camus faceva lo stesso con Hyoga e, poteva giurarci, anche Marin con Seiya.

"Ma ora siamo tutti qui, vivi." s'intromise Saori: "E non voglio più sentir parlare di sacrifici in nome mio. Potete onorarmi meglio, e onorare queste nuove vite, costruendo nuovi ricordi felici con chi amate. E se il Destino vorrà ancora una volta farci scendere in battaglia, nessuno combatterà solo, saremo uniti. Ma per ora voglio solo che voi siate felici, tutti voi. Voglio che siamo felici." si corresse, memore della promessa fatta ai ragazzi prima di partire per la Grecia.

I presenti annuirono, consapevoli del momento delicato e sentimentale che stavano vivendo, avvolti dal Cosmo dorato della Dea che li stringeva con l'amore di una madre.

Non dissero nulla, si bearono della vicinanza gli uni degli altri e del calore che li circondava.

"Sarete stanchi per il viaggio." disse Ban dopo qualche minuto di silenzio pensieroso rivolgendosi agli ospiti: "Akiko-san ha preparato le stanze per voi, sono proprio accanto alle nostre. Ah, e Saori, ha fatto spostare anche tutte le tue cose come hai chiesto. Abbiamo scelto la stanza tra quella di Seiya e quella di Jabu, così non litigheranno per chi deve stare accanto a te."

"Allora chi vuole può andare a riposare," disse Saori dopo aver posato la propria tazza vuota per poi alzarsi in piedi: "Se non avete bisogno di me, io mi ritirerei, è stata una lunga giornata." concluse con un lungo sbadiglio a stento coperto dalla mano.

"Ti accompagno," si offrì Jabu prima di alzarsi in piedi; ebbe appena il tempo di muovere qualche passo verso la coetanea quando, all'improvviso, il ragazzo si sentì tirare all'indietro per poi ritrovarsi stretto tra le familiari braccia di Shiryu, con il braccio che toccava quello di Nachi.

A fatica, riuscì a guardarsi attorno, scoprendosi al centro di un abbraccio di gruppo con tutti i fratelli attorno e con la testa contro il petto del Saint di Dragon, il quale singhiozzava tra i suoi capelli; sorpreso, Unicorn cercò di divincolarsi per assicurarsi che il cinese stesse bene, ma questi lo strinse più forte, impedendogli di staccarsi.

"Grazie…" mormorò Hyoga da qualche parte: "Di tutto…".

Senza parole e incapaci di articolare un pensiero coerente, i membri del gruppo di 'cospiratori' si limitarono ad accettare l'abbraccio, sentendo tuttavia al contempo una sensazione di calore avviluppargli la gola e le viscere, qualcosa che non avevano mai provato prima.

Jabu sentì Ichi singhiozzare e Ban bofonchiare qualcosa che somigliava sospettosamente a un "Non importa" ma non era sicuro di nulla: doveva ammettere che quell'abbraccio gli piaceva e si ritrovò a desiderarne altri, quasi a voler compensare la mancanza degli stessi negli ultimi anni.

Quando infine si staccarono, non si guardarono direttamente negli occhi – c'era ancora un po' di imbarazzo tra loro ma, e di questo Unicorn ne era certo, avrebbero avuto tutto il tempo per lavorare sui loro sentimenti e sugli errori che avevano fatto in passato – ma l'atmosfera era più rilassata, leggera.

Ban si avvicinò al divano occupato da Marin e, aiutato dalla Silver Saint, prese Seiya ancora addormentato tra le braccia e si diresse poi verso la porta, tallonato non solo da Eagle ma anche da Sagittarius: "Porto il pargolo a letto, Shiryu. Tu resta pure qui. A domattina, buonanotte." salutò lui con un sorriso prima che Dragon potesse fare alcunché.

Geki gli posò una mano sulla spalla: "Avrete sicuramente molto di cui parlare, Seiya è in buone mani e sono sicuro che Marin-san e Aiolos-san resteranno con lui stanotte, perciò per stasera sei in libera uscita.” rise il ben più massiccio fratello mentre Jabu si congedava assieme a Saori e Nachi.

Shun e Ichi si erano messi a raccogliere i libri in giro per la stanza e Ikki stava impilando piattini sul vassoio accanto alle tazze già radunate: i tre lavoravano in silenzio, come se non volessero farsi notare o disturbare.

Quando poi ebbero terminato, Hydra fece un cenno a Ursa Minor; questi annuì prima di voltarsi verso i fratelli e i loro Maestri con un sorriso: “Cercheremo di aspettarvi per colazione, ma se Seiya inizia a mangiare vi terremo qualcosa da parte. Non andate a letto troppo tardi, mi raccomando.”

Hyoga bofonchiò qualcosa come “Non sei mia madre” a viso basso ma Geki restò soddisfatto dall’assenso silenzioso di Milo e Dohko.

Dopodiché, seguì i fratelli nel corridoio.

§§§

Il mattino dopo, Tatsumi stava versando il tè fumante nella tazza di Saori posizionata sul tavolo della sala da pranzo ancora deserta quando sentì un certo tramestio nel corridoio; con un sospiro irritato, posò la teiera semi-svuotata sul tavolo e si voltò verso la porta nell’esatto momento in cui dalla stessa entrarono Ban, Geki e Nachi, intenti a chiacchierare e a ridere nonostante il sonno che ancora non li aveva lasciati.

Quando videro che non erano soli, i tre ragazzi si fermarono sul posto e bofonchiarono un “Buongiorno” distratto prima di sedersi silenziosamente.

Tatsumi li avrebbe ripresi se solo non fosse entrata Akiko-san qualche istante dopo, la quale salutò con calore i tre signorini prima di chiedere loro se avessero dormito bene e se fosse arrivata Saori-ojousama.

L’uomo ignorò le risposte che i più giovani diedero alla donna di servizio e si concentrò sul pulire un’invisibile macchia di sporco sulle posate; cinque minuti dopo, altre voci precedettero l’arrivo di Shiryu, Hyoga e dei loro Maestri, che si sedettero attorno al tavolo senza quasi rivolgergli parola, non che al maggiordomo importasse granché.

Anche se, dovette ammetterlo in cuor suo, lo sguardo dei Gold Saint non era dei più rassicuranti.

Jabu e Shun, insieme a Ichi e Ikki, furono i terzi ad arrivare in sala da pranzo.

Akiko era impegnata a distribuire tè e caffè a chi era già arrivato mentre Michiko-san portava dentro dalla porta di servizio un carrello con brioche e torte da poco sfornate, che ancora emanavano calore; la comparsa dei dolci rinvigorì i ragazzi, i cui occhi si illuminarono per la golosità – Jabu prendeva in giro Seiya per la sua ghiottoneria ma non era certo l’unico ad apprezzare una concentrazione di zuccheri – spingendoli a servirsi di fette grondanti di cioccolato e crema come se non mangiassero da giorni.

Tatsumi stava per rimproverarli quando la porta, apertasi nuovamente, fece entrare Seiya, seduto sulla sedia a rotelle spinta da un austero Aiolos con Marin accanto; nel vederlo, il maggiordomo strabuzzò gli occhi, notando come – a differenza di tutti gli altri – il ragazzino più piccolo di tutti fosse ancora in pigiama, la cui casacca gli cadeva enorme sulle ginocchia magre e ossute.

“Seiya, ne avevamo già parlato. A tavola non ci si presenta in pigiama.” lo apostrofò lui con aria severa e irritata: “Per di più quando ci sono ospiti.” la voce del maggiordomo aumentò di volume mentre questi si avvicinava a larghi passi.

Senza che l’uomo se ne fosse accorto, il brusio nella stanza cessò e, quando questi afferrò il polso del Saint di Pegasus, la temperatura sembrò essersi bruscamente abbassata: se gli sguardi avessero potuto uccidere, probabilmente Tatsumi sarebbe stramazzato a terra senza vita.

“Cosa sta facendo?”

Il tono metallico della voce di Marin, filtrata dalla maschera, precedette di un attimo il basso ringhio di Ikki e i sussurri affrettati dei Gold Saint già attorno al tavolo che cercavano di calmare i Bronze; la Sacerdotessa dai folti ricci rossi colpì con la mano quella di Tatsumi, costringendolo a lasciare la presa su Seiya; quest’ultimo sembrò volersi fare piccolo piccolo, come se volesse scomparire.

Protettiva, Eagle mosse un passo in avanti: “Questo ragazzo è sotto la nostra protezione ed è il mio allievo. Lo tocchi ancora una volta e le farò provare tutte le sofferenze che Hades non ha inflitto all’umanità.”.

“Tutti questi ragazzi sono sotto la nostra protezione e giuro su Athena e su quanto ho di più caro al mondo che, se solo osa toccarne uno…”

“Cosa succede qui?!”

Sorpresa, Saori era entrata in sala da pranzo salvo poi fermarsi sui propri passi nel vedere Seiya rannicchiato sulla sedia a rotelle, Marin che sollevava Tatsumi con una mano e Milo in piedi con gli occhi sbarrati.

Preoccupata, si precipitò davanti al fratello adottivo e, inginocchiatasi, gli posò una mano sul petto: “Respira, Seiya…” gli mormorò, “Come ti ha insegnato Fournier-kun, inspira, espira…”

“Ojou-sama, le porto dell’acqua?” chiese Akiko ansiosa.

“No, per ora aspettiamo che si calmi… Inspira, espira…”

Mentre Athena si occupava di Seiya, Aiolos mosse un passo in avanti, posizionandosi accanto a Marin, che non aveva ancora lasciato andare il colletto della camicia del maggiordomo, i cui occhi erano lo specchio del terrore: “Che astio può provare nei confronti di questi ragazzi, tale da non rispettarne neppure la convalescenza? Che razza di uomo è quello che se la prende con chi ha sacrificato tutto per difendere l’umanità, che alza le mani su chi non può difendersi?” chiese Sagittarius con tono lapidario.

“Siamo stati in silenzio, la notte scorsa, quando ha trattato in quella maniera il giovane Nachi. E forse avremmo fatto meglio a intervenire, magari avrebbe capito.” Dohko si era alzato, circondato di una tenue luce verde: “Perché Seiya non merita di essere aggredito, e certo non per un pigiama e non dopo tutto quello che ha passato. Lei c’era, no? L’ha visto in coma, e nonostante ciò osa aggredirlo come un criminale? Se avessimo potuto essere noi al suo fianco… E invece lei, che ha avuto questo privilegio…”

“O-ora basta…”

Sottile come un alito di vento, la voce di Seiya ebbe l’effetto di una bomba, facendo voltare tutti i presenti; mentre cercava di sistemarsi la casacca del pigiama per darsi un contegno, con Saori protettiva accanto, Seiya si raddrizzò sulla sedia a rotelle e guardò con aria stanca prima Marin e poi tutti gli altri: “S-Sto bene. Se qualcuno mi accompagna di sopra, posso cambiarmi e tornare giù.”

“No.”

Saori, alzatasi in piedi, fece un cenno alla Silver Saint e rivolse uno sguardo a metà tra il furente e il deluso a Tatsumi, accasciatosi a terra dopo essere stato lasciato libero dalla presa ferrea della giovane donna: “È vero che i documenti ufficiali non sono ancora pronti ma noi siamo una famiglia, ferire uno dei ragazzi è come ferire me. Non è bastato torturarli quando eravamo bambini, Tatsumi? Dimmi, non è stato sufficiente colpire Ikki con l’elettroshock? Picchiare Seiya con il bokken? Costringere Jabu a servirmi? Premere perché Ichi venisse bullizzato a causa del suo albinismo? Per non parlare di tutti gli altri che ormai non sono più su questa terra. Dimmi, è così soddisfacente torturare dei bambini innocenti? E non dire che mio nonno lo permetteva perché sono sicura che, se avesse scoperto quello che facevate, vi avrebbe licenziati in tronco. Non costringermi a fare qualcosa di cui potremmo pentirci entrambi. Sono stata chiara?”

Nella stanza non si udiva un fiato.

“Saori ha ragione.”

A sorpresa, Ikki fu il primo a rompere il mutismo generale e lo fece con voce piena di rabbia, seppur controllata: “Tatsumi, non mi sono mai ribellato per non esporre troppo Shun alle vostre violenze, ma tocca un’altra volta uno dei miei fratelli e ti farò pentire di essere nato.”

Un brusio di assenso precedette l’alzarsi in piedi di Jabu che, a pugni stretti, sembrava faticasse a trattenersi: “Ti ho sempre rispettato, Tatsumi-san, ma questa è la mia famiglia e la proteggerò finché avrò fiato nei polmoni e sangue nelle vene, non ti permetterò di ferire ancora Seiya. Dovrai passare sul mio cadavere prima di poterti avvicinare a lui.”

Spaventato dalla piega che avevano preso gli eventi, Seiya alzò una mano per calmare i presenti: “Ragazzi… Non è necessario, davvero. Posso andare a cambiarmi…”

“No, Seiya. Adesso ti siederai accanto a me per fare colazione e non penserai ad altro che a goderti la mattinata, poi decideremo quando partire per la Grecia, ci sono molte persone che ti aspettano. E Tatsumi, puoi andare. Ma ricordati di quello che ti ho detto.”

Il tono di Saori non ammetteva repliche, lo sguardo della ragazza era quanto di più fermo l’uomo avesse mai visto in vita sua; seppur con difficoltà, egli si rimise in piedi e barcollò fino alla porta, sparendo poi nel corridoio senza voltarsi indietro neppure una volta.

Athena non degnò la sua schiena in fuga neppure di un’occhiata, concentrandosi invece sullo spingere Seiya fino al tavolo, tra lei e Shiryu; quest’ultimo si chinò sul fratello e gli sistemò la casacca con cura e attenzione prima di accettare la coperta che Michiko gli passava per drappeggiargliela sulle gambe: “Va tutto bene, Seiya?” gli chiese poi, scrutandolo con ansia negli occhi verdi: “Stai tremando.” notò con preoccupazione.

“S-Sto bene, niisan…” mormorò Pegasus mentre stringeva con il pugno un lembo del pigiama all’altezza del cuore: “N-Non ho pensato al pigiama, non v-volevo creare p-problemi.”

“Non devi scusarti, Seiya.”

Saori si sedette a capotavola e sorrise gentile al fratello: “Questa è casa vostra e qualunque regola possa aver messo Tatsumi non ha valore. Ho sbagliato a lasciargli così tanto potere se questo lo ha portato a pensare di avere il controllo su di voi, su uno qualunque di noi. Ora mangiamo, abbiamo tanto di cui discutere e pianificare. Abbiamo una famiglia da raggiungere.”

§§§

Quando il jet privato della famiglia, una settimana dopo, atterrò nel bel mezzo del piazzale antistante la Casa dell’Ariete, era una giornata di sole, con il cielo limpido e la luce che rifletteva il bianco del marmo, rendendolo quasi abbagliante.

In giro non c’era nessuno ma, quando il gruppo scese la scaletta – in un flashback dell’ultima volta in cui si erano ritrovati in quelle stesse circostanze più di un anno prima -, Saori era in testa a tutti, con il proprio scettro in mano e il peplo bianco che ondeggiava al vento.

Seiya, in piedi accanto a lei, si sorreggeva con le stampelle e scrutava con commozione tutto intorno a sé: quanto gli era mancato quel luogo…

“Non ci aspetta nessuno?” chiese Jabu con curiosità.

“Non abbiamo avvertito, è vero, ma credo che qualcuno stia scendendo a tutta velocità dalla Tredicesima Casa per accoglierci.” sorrise la Dea: “E se ho ragione, Seiya farebbe meglio a tenersi forte a qualcosa.”

Un attimo dopo, in effetti, una figura umana saltò letteralmente fuori dal nulla e si gettò addosso al Saint di Pegasus, il quale non cadde rovinosamente a terra soltanto grazie alla prontezza di riflessi di Aiolos, che lo afferrò per le spalle impedendogli di salutare da vicino il terreno sabbioso.

La prima cosa che videro fu un ciuffo rosso, poi la tunica color ocra e infine i due tilaka2 azzurri mentre Kiki, stretto al collo di Seiya, sembrava impazzito per la gioia.

“SIETE QUI!” gridò il bambino con le lacrime agli occhi: “SIETE DAVVERO QUI!” continuò tra singhiozzi e risate il giovane apprendista, “Mu-sama e Shion-sama l’avevano detto… Ma volevo vedervi di persona!”

“Anche per noi è bello vederti, piccola peste.” Seiya strinse forte il piccolo, affondando il viso nei suoi capelli: “G-Grazie per aver protetto Seika-neesan, n-non avrei saputo che fare se l’avessi persa di nuovo…”

“Non c’è di che, ma… Tu stai bene, ora, vero?” chiese Kiki con quei grandi occhi azzurri, sinceri e commossi.

“Sto bene, Kiki, sto bene. Mai stato meglio di così… Gli altri dove sono?”

“Vi faccio strada, anzi, potrei portarvi tutti! Sono diventato bravo con la telecinesi e il teletrasporto!”

“A patto che non ti stanchi e ci abbandoni nel bel mezzo del Santuario, magari in aria. Non so ancora volare come un piccione.” Jabu si guadagnò una boccaccia da parte del bambino prima che questi si sfregasse le mani come a volersi concentrare.

“Sono pronto!” annunciò dopo pochi minuti.

L’attimo dopo, la Casa di Aries era scomparsa e, al suo posto, era apparso uno Shion estremamente perplesso, il quale sembrava fissarli dall’alto… E cos’era quella sensazione di duro sotto le loro schiene?

Oh.

“Kiki, non si era detto che avresti fatto pratica con l’atterraggio prima di portare qualcuno con te?” disse il Gran Sacerdote accigliato.

“Ma ho fatto pratica, davvero! Non ho calcolato che portare così tante persone poteva essere un po’ troppo…” borbottò il piccolo, atterrato in braccio a Mu che li fissava a due passi di distanza, sorpreso quanto loro.

E dietro di lui, gli altri Gold Saint osservavano la scena con espressioni identiche, alcuni si erano perfino alzati dai letti e si sorreggevano a vicenda.

Aiolos, ripresosi in fretta dalla botta della caduta, fu perciò il primo a mettersi in piedi e - dopo aver aiutato Saori- sollevò poi Seiya come se non avesse avuto peso intanto che gli altri si sistemavano, frastornati; Jabu scosse la testa per schiarirsi le idee e imprecò sottovoce, giurando di prendere le scale alla prossima occasione.

“Mi dispiace!” strillò Kiki, che tuttavia non cercò di liberarsi dalla presa di Mu: “La prossima volta sarò più preciso, giuro!”

“Almeno ci siamo risparmiati la fatica di fare tutte quelle scale.” fece notare Ichi: “Anche se ci sono delle scorciatoie più comode.”

“Beh,” disse Death Mask con voce roca da qualche parte alle spalle di Mu: “Non si può dire che non vi siate fatti notare, marmocchi.”

Come se si fossero svegliati in quel momento, gli altri Gold Saint superarono Aries e l’istante dopo erano assiepati attorno ai nuovi venuti, parlandosi gli uni sopra gli altri e scambiandosi strette di mano e abbracci – Aiolia non aveva gli occhi asciutti mentre le sue braccia erano avvolte attorno al corpo magro di Seiya, men che meno li aveva Aldebaran quando lo ebbe caricato sulle spalle come se fosse stato un bambino alla pari di Kiki -; Dohko sorrise a Shion e lo invitò ad unirsi a loro con un cenno del capo mentre anche gli altri ragazzi venivano accolti dai compagni più anziani e ricevevano pacche sulla schiena e parole di ammirazione.

Con la fluidità di un colore che si mischia agli altri sulla tavolozza per dare vita a qualcosa di meraviglioso e nuovo, i due gruppi si confusero tra loro, fratelli d’arme e fratelli di sangue, amici e compagni, una sola famiglia che aveva finalmente trovato il proprio equilibrio e la propria dimensione all’indomani della guerra che aveva tolto loro così tanto ma che aveva anche donato loro più di quanto avessero mai sperato di ricevere in vita loro.

Dita intrecciate, lacrime amalgamate nella consapevolezza di un sentimento tracimante che affondava le proprie radici nella parte più intima e fragile della comunione di spiriti in quella stanza…

In quell’amore che Athena aveva sempre cercato di proteggere in tutte le guerre e le battaglie che aveva combattuto fin dall’alba dei tempi.

In quell’amore che si era cristallizzato nel sacrificio di Seiya e nelle lacrime della sua famiglia.

In quell’amore che, celato in giardini sconosciuti ma pronti da esplorare come la vita stessa, valeva ogni singola lotta, passata, presente e futura.

 

 -------

 

Grazie per essere arrivati fin qui.

NOTE:

1.     1.  Imprecazione che, in italiano, si può tradurre con “Cazzo” o espressioni similari

2.     2.  I tilaka sono simboli che, nell’Induismo, rappresentano l’appartenenza a una determinata tradizione religiosa

   
 
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