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Autore: Giuliacardiff    20/08/2020    0 recensioni
3/3/2017 19-20:00
Il mio nome è Kurt Hummel.
un inizio classico, non è vero? Ma in fondo, io sono una persona classica o per meglio dire, un cliché vivente. e vista la mia spiccata vena di protagonismo (Manie da viva repressa, direbbe qualcuno) vorrei raccontarvi una storia, la storia di un giovane guidato dalla fatalità, più o meno.
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kurt Hummel
Note: Nonsense, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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3/3/2017 19-20:00





Il mio nome è Kurt Hummel.


un inizio classico, non è vero? Ma in fondo, io sono una persona classica o per meglio dire, un cliché vivente. e vista la mia spiccata vena di protagonismo (Manie da viva repressa, direbbe qualcuno) vorrei raccontarvi una storia, la storia di un giovane guidato dalla fatalità, più o meno.



Non ho mai conosciuto i miei genitori biologici, mi hanno solo detto che a quanto pare sono nato in Francia da una ragazza madre che mi ha abbandonato ai piedi di un orfanotrofio, ma non uno qualsiasi. no, doveva arrivare sino in America o meglio in Ohio, Lima, per abbandonarmi.



Voglio dire va bene, mi hai abbandonato, okay, ma perché devi farlo proprio in un posto inculato e dimenticato da Dio? Cosa ti eri fumata per scegliere di lasciare la bella Parigi in favore di un paesino bigotto e ostruzionistico come quel cesso di Lima.


Ma sto divagando, dicevo: mio padre biologico, non ho idea di chi sia, mia madre biologica mi ha abbandonato e per i primi quattro anni della mia vita sono stato cresciuto in un orfanotrofio. Bene, fin qui nulla di strano.


A quattro anni sono stato adottato da una coppia di neosposi che non potevano avere figli, e che hanno scelto me. a quel tempo mi sentivo così felice: dopo tutti i soprusi subiti in orfanotrofio, dopo tutte le angherie dei miei compagni, le punizioni di ogni genere che mi impartivano per non essere perfettamente omologato alla massa, qualcuno mi aveva scelto per il mio essere in qualche modo …speciale.



i loro nomi erano Burt ed Elizabeth Hummel. lui era un meccanico abbastanza conosciuto nel quartiere, lei era un ex ballerina di Broadway, una piccola stella caduta troppo presto. Erano davvero brave persone.


Mi diedero un cognome di cui andare fiero, una casa in cui vivere. E una dignità ….











“Ehi ragazzo, questa è la tua nuova casa, ti abbiamo preparato anche una cameretta bellissima, vuoi vederla? “Mi chiede quello che da poco è diventato mio padre. io annuisco.


Mi sento ancora confuso, ma soprattutto spaventato e domande assurde mi affollano la mente. Saranno gentili con me? Mi tratteranno come in orfanotrofio? Gli piacerò? Non mi abbandoneranno vero?


“Non preoccuparti, andrà tutto bene. non siamo male, sai? “Mi sorride lei, quella che diverrà la mamma migliore del mondo.


Rassicurato entro nella mia nuova stanzetta e rimango estasiato. È gigantesca, grande anche più delle camere degli operatori dell’orfanotrofio, ed è coloratissima, piena di rosso giallo blu e verde e tanti altri colori di cui non conosco neanche il nome. così stupefacente, ricca di tanti giochi differenti e con un armadio gigante già pieno di vestiti. non credo di aver mai visto così tanti vestiti tanto diversi e colorati tutti insieme. quasi mi vengono le lacrime agli occhi e so già che sto ridendo come uno scemo.


Tutta la paura di prima sembra svanire, e poi vedo il letto ed è …strano. È alto quasi più di me e il materasso sembra gigantesco e poi è completamente bianco. sembra una nuvola. devo aver fatto una faccia strana perché i genitori mi convincono a provarlo.


Ci salto su e sono più che sicuro di essermi immaginato tutto perché non può essere un letto.


Di solito i letti sono grigi, puzzano di muffa, hanno delle molle che ti trafiggono spietatamente il torace e sono così scomodi che è meglio dormire sul pavimento piuttosto che su quel freddo ammasso di cotone stantio. quindi quello non poteva essere un letto. Doveva essere qualcosa …per i ricchi.
“scusate ma …cos'è questo? “Chiesi indicando la nuvola bianca su cui ero seduto.


Entrambi mi guardarono e con le lacrime agli occhi mi sorrisero amaramente per poi spiegarmi che quello era un vero letto.


In quel momento mi sentii …amato e normale.











Ricordo ancora quanto amassi i miei genitori adottivi, non si lamentavano mai. Erano sempre disposti a salvarmi dai mostri cattivi, a insegnarmi cose che ignoravo del tutto, o farmi amare la vita.


Ma si sa: le cose belle non durano, e di certo quell’effimera felicità non poteva continuare ancora a lungo.









Avevo sei anni. era una tranquilla giornata di inizio aprile e il sole ti accecava ma non tanto da riscaldati, faceva ancora freddo e la mamma mi disse di mettermi la sciarpa. non avevo mai messo una sciarpa se non in inverno, ma mi piaceva la sensazione di calore che mi infondeva.


Eravamo in macchina. i, papà e mamma. ero così felice perché avevo da poco iniziato la scuola e mi stavo ancora ambientando e miei compagni mi sembravano simpatici. ero davvero felice come un qualunque bambino di appena sei anni. tutto andava come doveva andare.


in macchina ci stavamo divertendo con le battute sarcastiche di mia madre e la grossa e contagiosa risata di mio padre. Eravamo così belli insieme, eravamo …Così belli tutti insieme.


Ci volle un piccolo attimo di distrazione, un attimo in cui Papa perse il controllo della macchina.








Non ricordo bene cosa successe, una psicologa che incontrai in seguito all’accaduto mi disse che fu un meccanismo di difesa dimenticare il tutto, oscurare quel tragico momento della mia vita, ma io non le credo perché so che ogni notte il mio inconscio e i miei sogni si uniscono per farmi rivivere all'infinito l'incidente, ma ogni mattina il conscio scaccia via tutti i miei progressi. È un circolo infinito in cui ricordo e non ricordo l’accaduto, vivendo in un limbo di cosa conosco e cosa no. chissà se lo supererò mai.








Quando mi svegliai, non c'era nessuno nella camera. ero immerso nel bianco, mi rilassava tutto quel bianco e mi faceva dimenticare tutto; Mi ipnotizzava, credo che fu in quel momento che iniziai ad amare il bianco. Accanto a me numerosi bip risuonavano in un’armonia sconosciuta ma non per questo fastidioso. Ci vollero molte ore prima che qualcuno si accorgesse che fossi sveglio.


Mi chiamarono miracolo: mi dissero che l'auto si era schiantata contro un muro, la madre morta sul colpo, mio padre in coma come il mio. Doveva essere un coma irreversibile invece contro ogni aspettativa mi ero svegliato. Rimasi in coma per tre mesi.


Dissero che fu un incidente terribile, che sarebbe stato fatale per chiunque. quando mi svegliai compresi che avevo perso la mia nuova famiglia, la famiglia che mi faceva sentire normale.









In quel periodo credo che entrai in depressione: mio padre non ne voleva sapere di svegliarsi, mia madre era ormai morta e io ero in riabilitazione. Passai i sei mesi successivi a vivere per inerzia, senza nessun pensiero coerente, senza vita, senza voglia di vita.


Al termine di quei sei mesi, ero tornato in forma e avvenne un altro miracolo della scienza, ma un incubo per me: mio padre si svegliò. era perfettamente cosciente ma aveva perso gli ultimi tre anni della sua vita. non ricordava di quando mi aveva adottato né di quando siamo ad andare in bici né del suo amore per me.



Il suo ultimo ricordo era sua moglie Elizabeth. Morta.



Quando gli raccontarono tutto lui …mi diede la colpa dell'incidente. Logicamente la colpa non poteva essere la mia, ma …lui non voleva ascoltare la ragione; per lui, il colpevole ero io. così decise di …abbandonarmi.


Legalmente non poteva lasciarmi così, buttarmi via da un giorno all'altro. così decise di tagliare tutti i ponti con me. lui rimase a Lima mentre mi fece trasferire a Westerville. mi comprò un monolocale già arredato, mi disse che da quel giorno in avanti avrei vissuto lì, che dovevo prendermi le mie responsabilità e vivere da adulto. Buffo da dire a un bambino di 7 anni appena compiuti, ma lui non seguiva la ragione.


Mi lasciò il suo recapito telefonico dicendomi di chiamarlo solo in caso di assoluta necessità e io annuii.



Mi spiegò in breve come fare a sopravvivere, come cavarmela da solo ma soprattutto di non dire a nessuno della nostra …condizione.



Nessuno doveva sapere che vivevo da solo; la gente non doveva sapere, perciò doveva fingere.


Mi stava bene: la colpa di tutto è la mia. se non avessi voluto fare una passeggiata in macchina, a quest'ora la mamma sarebbe viva, se non fossi entrato nelle loro vite, la mamma non sarebbe Morta. se non mi avessero adottato, nulla di questo sarebbe accaduto.



Così feci tutto quello che mio padre adottivo mi disse di fare, cominciai a vivere da solo, ogni mese mi arrivava qualcosa da mio padre, in fondo una coscienza l'aveva.



Vissi così per 10 anni …finché non incontrai una persona, una persona che mi avrebbe ridato la voglia di vivere, con cui avrei veramente vissuto a pieno la vita.









Fine prologo





 
  
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