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Autore: Signorina Granger    20/08/2020    6 recensioni
INTERATTIVA || Completa
Toujours Pur, per sempre puro.
Solo questo conta, per la Famiglia Black: la purezza che da tanti secoli decantano fieramente.
E' una famiglia dalle regole e dai valori molto rigidi, che non ammette anticonformisti al suo interno, chi esce dagli schemi viene cancellato, letteralmente.
Ci sono grandi aspettative per i membri più giovani della famiglia che un giorno, forse, terrano in mano le redini della società, prendendo il posto dei loro genitori. E altrettanto alte sono le aspettative verso coloro che sederanno accanto ad un Black.
[La storia prende ispirazione da "Elite" di Lady Blackfyre e ne è una sorta di prequel]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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Capitolo 9   (Parte II)
 
 
 
“Bentley, vecchio mio! Non mi avevi detto che saresti venuto.”
 
Rigel rivolse un sorriso allegro al fratello maggiore, dandogli una pacca sulla spalla mentre l’altro gettava un’occhiata torva al bicchiere di whiskey che il minore teneva in mano:
 
“La mamma è a Londra con Georgiana, sono venuto io in rappresentanza della famiglia. Quanti ne hai bevuti, Rigel?”
“Non troppi Ben, non ti preoccupare. Mi dispiace che non ci sia Georgie, mi manca molto.”
 
Il volto di Rigel si rabbuiò leggermente e sentendo quelle parole, fin troppo sincere, Bentley intuì che il fratello avesse già bvuto più di due whiskey.
 
“Ti manda i suoi saluti. Come te la passi?”
“Bene, anche se confesso che nessuna delle deliziose fanciulle qui presenti ha stuzzicato granché il mio interesse. Vivian Lumacorno è bellissima, ma ha un certo caratterino che non ti dico…”
 
“Rigel, parla piano! Vado a salutare la zia e lo zio, aspettami qui.”
 
Il tono di Bentley aveva un che di minaccioso, ma non appena il rosso si fu allontanato per salutare Belvina ed Herbert Rigel si allontanò con una mano sprofondata nella tasca dei pantaloni bianchi, scolando il whiskey rimasto prima di appoggiare il bicchiere sul vassoio di un cameriere, arraffandone immediatamente un altro.
 
Stava gironzolando per la sala, chiacchierando un po’ con chiunque gli capitasse a tiro, compreso nonno Black, quando s’imbattè in Athyna, seduta su una sedia mentre guardava Danae ballare con Ewart con aria soddisfatta, mentre Althea trascinava sulla pista Christopher e Aghata e Amias sghignazzavano dopo aver messo un ragno finto nel bicchiere di Castor.
 
 
“Oh, tò guarda chi si vede. Posso sedermi?”
Rigel non aspettò una risposta e prese posto accanto alla Grifondoro, che gli rivolse un’occhiata leggermente torva:
 
“Non avevo ancora risposto, ma accomodati pure.”
“Non essere antipatica Athyna, ho un principio di mal di testa, sai! E sono un po’ triste.”
“E come mai?”
 
Tutto sommato Rigel brillo sembrava divertente, anche se aveva improvvisamente smesso di essere allegro, così Athyna – che si stava un po’ annoiando – ne approfittò per fare conversazione. Il Serpeverde, preso un altro bicchiere, bevve un piccolo sorso di Whiskey prima di guardare il liquido ambrato con aria quasi schifata e appoggiarlo sul tavolo con decisione, chiedendo alla ragazza di non farlo bere più per il resto della serata.
 
“D’accordo, come preferisci.”
“Grazie. Non voglio essere come mio padre. Lui tornava ubriaco una sera sì e una no, praticamente.”
 
“… Mi dispiace.”       Rigel incrociò le braccia al petto e Athyna, in cuor suo, pregò il ragazzo di non approfondire l’argomento: loro due non erano certo in confidenza, e non avrebbe proprio saputo come gestire una simile conversazione.
Aveva sentito molte storie sui problemi finanziari della famiglia di Rigel, sulla malattia di sua sorella, sul suicidio di suo padre… Con lui faceva sempre finta di nulla, ovviamente, ma non avrebbe potuto alzarsi e andarsene se il ragazzo avesse intavolato l’argomento.
 
“Sì, insomma, lo so che stava male, uno non si suicida se non sta male, ma i problemi non vanno affrontati così, non se hai una famiglia di cui occuparti. Georgiana era una ragazzina con il cancro al fegato, era spaventata, e suo padre si mette a bere come una spugna perché aveva finito i soldi.”
 
Rigel sbuffò, mentre Athyna rimase in religioso silenzio, lasciandolo proseguire senza emettere un fiato.
Dopo un paio di minuti passati ad ascoltare le elucubrazioni del ragazzo Athyna sfoggiò un accenno di sorriso, guardandosi le mani mentre mormorava qualcosa:
 
“A volte certi problemi ci sembrano più grandi di noi. Forse per tuo padre è stato così.”
 
Rigel la guardò, gli occhi scuri carichi di curiosità, e le chiese se fosse capitato qualcosa di simile anche a lei.
La ragazza esitò, ma infondo, si disse, con molta probabilità il giorno seguente Rigel avrebbe scordato quella conversazione.
 
“Sì, una volta… Quando andavo ancora a scuola. Per fortuna anche io ho avuto qualcuno che mi è stato vicino, come tu sei stato vicino a tua sorella.”
Athyna sorrise e, per un istante, i suoi occhi saettarono su Danae, che stava sorridendo e chiacchierando con Ewart.
 
Rigel stava per chiederle di più quando, con leggero sollievo della ragazza, suo fratello maggiore li raggiunse a passo di marcia:
 
“Rigel, non posso lasciarti solo due secondi, ma quando crescerai? Mi scusi tanto, Signorina Avery.”
“Non c’è problema, sono abituata a sopportare suo fratello.”
 
 
Athyna sorrise, divertita, e guardò Bentley trascinare via Rigel mentre Althea la raggiungeva, sedendo accanto a lei per parlarle con aria divertita:
 
“Ho le traveggole o stavi parlando con Rigel con aria pacifica? Ti senti bene?”
“Sono un po’ annoiata in realtà… Credo che andrò a trascinare qualcuno sulla pista, il mio vestito è troppo bello per restare in una angolo senza essere ammirato. Chris, dove credi di andare? Ora tocca a me!”
 
Cristopher, ormai convinto di essere salvo dai balli, gemette con aria grave al cenno della Grifondoro, facendo dietro front per tornare al centro della sala insieme a lei: avrebbe dovuto nascondersi da qualche parte, invece di improvvisarsi cavaliere per tutte.
 
 
*
 
 
Quando aveva chiesto a Cora di ballare, fermandosi accanto a lei e schiarendosi la voce per attirare l’attenzione sua e di nonna Anja, Gerard si era sinceramente chiesto se avrebbe accettato: sapeva che l’amica non amava particolarmente ballare, e di solito alle feste di quel tipo preferiva intrattenersi a giocare a poker con gli uomini.
 
Con suo sollievo e stupore però, la ragazza aveva accettato e si era immediatamente congedata dalla nonna, che aveva sorriso con aria soddisfatta nel guardarla allontanarsi mano nella mano con Gerard.
 
 
“Conosco quello sguardo. A cosa stai pensando, Anja?”
Laios Travers, seduto dall’altro lato del tavolo, sfoggiò un sorrisetto mentre si portava il bicchiere alle labbra, facendo scintillare l’anello d’argento con lo stemma di famiglia che portava al dito alla luce dei lampadari.
 
“Che adoro mia nipote tanto quanto amavo mio figlio, ma come è stato per lui all’epoca so che è cresciuta e mi farebbe piacere vederla intraprendere la sua strada con qualcuno. Sarà difficile perderla, ma è giusto così. So che mi capisci meglio di chiunque, Laios. Anche tu hai cresciuto le tue nipoti, come me.”
 
“Megara e Nemea mi sembrano ancora le bambine di quattro anni che vennero a stare da me con la madre e mio figlio… Eppure sono delle splendide giovane donne in età da marito, ormai. Tu quanti anni avevi quando ti sei sposata?”
“Oh, ero molto più giovane di Cora, e più giovane anche delle tue nipoti. Ero una ragazzina. E non mi sono sposata per amore, naturalmente, ma imparai a stimare molto mio marito e ci affezionammo, col tempo. Cora mi somiglia più degli altri miei nipoti o di quanto mi somigliasse mio figlio, e spero che possa avere quello che a me è mancato.”
 
 
“Tua nonna ci guarda.”  
Le parole che Gerard le sussurrò all’orecchio la fecero sbuffare, anche se Cora non riuscì comunque a trattenere un sorriso:
 
“Credo che voglia adottarti come nipote, ti adora sai? E’ sempre felice quando passiamo tempo insieme.”
“Mi fa davvero piacere saperlo, anche io la stimo moltissimo. Ha cresciuto una persona meravigliosa, non le sarò mai abbastanza grato.”
 
“Parli di me Gerry?”
“Di te? Certo che no, di tua sorella Amelia naturalmente!”
 
Gerard sorrise e Cora rise mentre le faceva fare una giravolta.
 
“Posso sapere a cosa devo l’onore? Tu non balli mai.”
“Nemmeno tu Cora, se è per questo. Ma per la mia amica posso fare un’eccezione.”
“Lo stesso.”
 
Cora gli sorrise e Gerard ricambiò, pensando a suo fratello maggiore – che di solito presenziava a quegli eventi al posto suo – e a quello che avrebbe pensato se lo avesse visto quella sera: probabilmente lo avrebbe riconosciuto a stento, tra il vederlo ballare e il vederlo sorridere, sorrisi che a casa era molto restio a sfoggiare.
 
 
*
 
 
“Ma buonasera, ecco il nostro damerino. Allora, ti stai Blackizzando per bene, Amias?”
 
Amias roteò gli occhi scuri alle parole del fratello minore Clayton, che però lo abbracciò con affetto, seguito da Adhara e Jennifer, le loro sorelle.
 
“Non iniziare, Clay. Samuel non c’è?”
“Abbiamo lasciato il piccoletto a casa. Noi eravamo curiosi di vedere come stai.”
 
Jennifer sorrise, allegra, mentre Adhara, la maggiore, incrociò le braccia al petto e studiò il secondogenito con aria inquisitoria:
 
“Ti prego, dimmi che non stai facendo sul serio, qui.”
“Non ricominciare, Adhara, non ho nessun interesse per Danae, lo giuro. Se voi avete rifiutato di venire qui è affar vostro, io mi sto godendo una vacanza piena di relax e vitto gratis in una residenza magnifica. E comunque, Clay, i gemelli mi sembrano simpatici, contrariamente a come li descrivi tu solitamente.”
 
“Io ero al loro stesso anno ad Hogwarts, e sinceramente Danae non mi è mai piaciuta, ha un carattere troppo forte, e si crede chissà quanto intelligente.”
“A me sembra che lo sia, magari è semplicemente più sveglia di te, ma non ci vuole molto dopotutto…”
 
Amias e Jennifer ridacchiarono mentre Adhara, ormai abituata a quei teatrini avendo quattro fratelli minori, bloccò sul nascere lo scappellotto che Clayton stava per lanciare al maggiore con un’occhiata gelida.
 
“Credo che Clay voglia dire che non sono persone adatte a noi, o alla nostra famiglia, Amias.”
“Lo so, lo so. Probabilmente è così, in effetti non ho ricordi di matrimoni recenti tra un Black e un Paciock, ma ribadisco che sono qui solo per distrarmi un po’ ragazzi, tutto qui. Vieni Jenny, balliamo.”
 
Amias prese la sorella per mano e la condusse sulla pista per ballare sotto lo sguardo degli altri due fratelli. Clay si rivolse alla maggiore, inarcando un sopracciglio:
 
“Pensi che sia serio o ci sta prendendo in giro?”
“No, credo che sia sincero. Non credo che sia ancora pronto a stare con qualcuno, dopo Arabella e la delusione che ha affrontato.”
 
 
*
 
 
“Quindi quella è l’Orsa Maggiore?”
“Sì, e quella la Minore, o Piccolo Carro, la vedi? E’ meno facile da individuare… Quella laggiù è Sirio, molti uomini della mia famiglia si chiamano così in onore di questa stella. E’ la più luminosa della Via Lattea, fa parte del Cane Maggiore.”  (I riferimenti della Rowling sono puramente casuali insomma Nda)
 
“Pensavo fosse la Stella Polare.”
“E’ un errore molto comune, sei perdonata.”
 
 
Castor sorrise a Lilith, seduta accanto a lui su una stuoia che il ragazzo aveva fatto apparire per distenderla sul prato, facendo in modo che lei non si sporcasse il vestito sedendosi per terra.
La ragazza ricambiò, le braccia strette attorno alle gambe mentre, alzando gli occhi sul cielo notturno, mormorava quanto le conoscenze astronomiche di Castor fossero interessanti.
 
“Per noi è una specie di abitudine. Insomma, tutti sanno che i nomi dei Black derivano da stelle e costellazioni, quindi per noi avere conoscenze in materia di Astronomia è la norma.”
“Da dove deriva questa tradizione?”
“In effetti non so risponderti. L’ho chiesto a mia madre più di una volta, ma lo ignora anche lei… persino mio nonno, il che è tutto dire. Certo, il lato negativo è che molti nomi si ripetono tra le generazioni. E poi, in realtà io e i miei fratelli non siamo veri Black.”
 
Castor sfoggiò un sorriso amaro, ma Lilith lo rincuorò sfoggiando un dolce sorriso simile a quelli che disseminava sua sorella maggiore:
 
“Solo perché convenzionalmente si prende il cognome del padre, ma vostra madre è una Black. E i nostri nipoti saranno dei piccoli metà Black e metà Burke, proprio come voi tre.”


“Intendi se Amanda e Pers avranno figli?”
“Sì. So che Amanda ha sempre voluto una famiglia sua, spero che ne abbiano.”
“Sarebbero dei genitori magnifici.”
“Lo penso anche io.”
 
Per qualche minuto tra i due calò il silenzio ed entrambi si limitarono a contemplare la volta celeste, ciascuno assorto nei suoi pensieri, finché Castor non si rivolse nuovamente alla ragazza, schiarendosi la voce: era arrivato il momento di essere chiari, finalmente.
 
“Lilith, mi vorrei scusare per il mio atteggiamento. Se al momento sei confusa, lo capisco benissimo. Non ho mai voluto ignorarti o mancarti di rispetto, e se hai creduto di non piacermi ti sbagli. Ti ho sempre ammirata molto, solo che da lontano.”
 
“In effetti stasera sei molto diverso dal solito, Castor. Ha a che fare col fatto che i nostri fratelli siano sposati?”
 
“Io… So com’è tua madre, e spero che tu non prenda le mie parole per un’offesa, non è mia intenzione. Dico solo che entrambe le nostre famiglie non vedono l’ora di vederci fidanzati con qualcuno, e se io avessi dato una certa impressione mio nonno e tua madre avrebbero organizzato il nostro fidanzamento in quattro e quattr’otto come hanno fatto con Pers e Amanda. E io non voglio imporre niente a nessuno. Un po’ mi spaventa tutto questo, perché so che se io manifestassi interesse per una ragazza la metterei in trappola, in un certo senso.”


“Hai paura di costringere, anche se indirettamente, qualcuno a passare la sua vita accanto a te?”
“Credo di sì. Insomma, io sono un Black e un Burke. Nessuna famiglia mi negherebbe mai la propria figlia, nel bene e nel male. Non vorrei mai mettere in gabbia qualcuno.”
 
Lilith annuì, esitando per qualche istante – gli occhi chiari fissi sull’acqua del lago, mossa da qualche luccichio dovuto alle luci che si riflettevano sulla superficie – prima di parlare a bassa voce:
 
“Che intendi con “atteggiamento” quando parli di me? Perché pensi che avrebbero pensato a fidanzare anche noi?”
“Perché…”
 
Castor deglutì, interrompendosi. Strinse una mano a pugno, riuscendo quasi ad udire la voce di Danae intimargli di dire la verità e di essere chiaro una volta per tutte: aveva tirato quella storia già abbastanza per le lunghe.
 
“Perché all’epoca mi piacevi molto, Lilith. Quando Amanda e Perseus si sono fidanzati le nostre famiglie passavano molto tempo insieme, ma io avevo paura di metterti in una brutta situazione, e non so perché ho cominciato a trattarti con distacco, forse anche troppo. Ti ho dato l’impressione sbagliata.”
 
 
*
 
 
“Gerard, perché sembri uno che sta andando al patibolo?”
“Niente.”
“Non fare il burbero, con me puoi parlare, lo sai!”
 
Aghata sorrise al cugino mentre sedeva accanto a lui, offrendogli una tartina che il ragazzo accettò con aria cupa, mormorando qualcosa sul fatto di sentirsi un pesce fuor d’acqua.
 
“Un pesce fuor d’acqua? Ma che dici, sei un ragazzo educato e di buona famiglia!”
“Sì, ma non sarò mai… Lo sai.”
 
Aghata sorrise e allungò una mano per appoggiarla su quella del ragazzo, guardandolo con aria divertita:
 
“Come sei sciocco Gerry, ti preoccupi troppo. E non sei una persona superficiale, a te non importa degli agi, del buon nome e cavolate varie… Se dai peso a queste cose è perché credi di non essere abbastanza per qualcuno, vero? Forse sono di parte perché siamo parenti, ma sappi che, chiunque sarà, sarà fortunata. Non sarà come Elaine.”
 
A sentire quel nome Gerard distolse lo sguardo, posandolo quasi senza volerlo su Cora e Anja, che stavano chiacchierando allegramente con Laios Travers dall’altra parte della sala.
 
No, lei non era come Elaine.
 
Aghata seguì la direzione del suo sguardo e sorrise, soddisfatta di averci visto giusto, e gli assestò una sonora pacca sulla spalla:
 
“Ok, basta coi sentimentalismi, cugino: sei un bravo ragazzo, intelligente e anche bello, cosa vuoi di più? Certo hai un brutto carattere, ma non tutti possono fare centro in tutto come me… Ad ogni modo, ora và da Cora, forza, a lei non importa quanto costa il tuo vestito.”
 
“Oh, ma finiscila.”


Gerard stava effettivamente per alzarsi e andare da Cora quando si sentì incapace di muovere le gambe: stentava a crederci, ma infondo alla sala c’era proprio la persona che sua cugina aveva appena nominato, quasi come l’avesse Appellata con la magia.
 
Elaine Nott era alla festa dei Burke.
 
 
*
 
 
Elaine Nott era alla festa dei Burke.
 
Amanda si portò le mani sulla bocca e Vivian, colpita dal gesto della cugina, si allarmò all’istante:
 
“Per la barba di Merlino, che succede? Quel cretino di Horace mi ha fatto un incantesimo ai capelli?”
“No, non tu Viv… C’è Elaine Nott!”
 
Vivian tirò un sospiro di sollievo, ma allo stesso tempi aggrottò la fronte, chiedendosi perché la cugina stesse drammatizzando a tal punto mentre si voltava a sua volta verso la ragazza bionda:
 
“E quindi? … Ah, giusto, lei non stava con il tuo amico? Ma perché è venuta, insomma, sapeva che lo avrebbe visto… Ma dove vai?!”
“Da Cora!”
 
Vivian guardò la mora allontanarsi in fretta e furia e sospirò, prendendo al contempo al volo un calice di champagne da un cameriere di passaggio senza neanche voltarsi:
 
“Beh, almeno si prospetta un po’ di azione…” 
 
 
*
 
 
Lilith chiuse la porta e, sfilate le scarpe con un calcio, si gettò sul letto sprofondando il viso nel cuscino, chiedendosi come la serata avesse preso una piega simile.
 
Due giorni prima era certa che Castor non la sopportasse, e ora veniva fuori che invece aveva una cotta per lei da tempo.
La Corvonero rotolò su se stessa, mettendosi supina sul letto per guardare il soffitto buio della camera che condivideva con Megara.
 
Com’era possibile che lei piacesse a Castor? Lo stesso ragazzo per cui, tecnicamente, lei e tutte le altre ragazze si trovavano in quella casa da alcune settimane.
Quello che al momento era, probabilmente, lo scapolo più ambito del mondo magico era interessato proprio a lei.
 
Quando le aveva detto la verità Lilith, incredula, aveva balbettato delle scuse e di aver bisogno di metabolizzare prima di alzarsi e correre dentro casa, lasciando Castor in giardino. Ora che si trovava al sicuro nella sua stanza quasi si dispiacque per quel gesto avventato, ma cos’altro avrebbe dovuto fare?
Era oltremodo confusa, non sapeva neanche che cosa provava a riguardo.
 
 
Lo sguardo della strega finì senza volerlo sul letto dell’amica, e solo in quel momento si rese conto di non vedere Megara dal banchetto: da quando la musica era iniziata lei aveva passato quasi tutto il tempo con Castor, e ricordava solo di averla intravista ballare con Edward.
Lilith sorrise, dicendosi che magari la sua amica avrebbe avuto un epilogo di serata migliore del suo.
 
 
*
 
 
“Hai quella faccia perché hai visto Elaine Nott?”
“Delicatissimo come sempre, Amias.”
 
Gerard fece roteare il contenuto del suo bicchiere mentre Amias, che si era appena seduto accanto a lui, si strinse nelle spalle con nonchalance, osservandolo con attenzione:
 
“Non mi piacciono i giri di parole. Ma immagino di averci visto giuto.”
“Già.”
 
 
“Ti ricordi di Arabella McKinnon?”
 
La domanda a bruciapelo dell’ex Grifondoro lo sorprese, ma Gerard annuì e alzò lo sguardo sul ragazzo, chiedendosi perché volesse parlargli della sua ex fidanzata:
 
“Certo. Perché?”
“Beh, non vado in giro sbandierandolo ai quattro venti, ma posso capire come ti senti, credo. Io e Arabella siamo stati insieme diversi anni, io pensavo che ci saremmo sposati, e poi lei se n’è uscita che si era innamorata di un suo stupido collega… e un anno fa mi ha lasciato.”
 
Gerard quasi rise di fronte alle similitudini che c’erano tra la sua situazione e quella di Amias, che si strinse nelle spalle:
 
“Non sono venuto qui per trovare una ragazza, è passato solo un anno e non credo di sentirmi pronto, anche se mi sta servendo per distrarmi. Per te è passato più tempo, credo. Due anni?”
“Sì. Siamo stati insieme per quattro. Mi dispiace per Arabella.”
 
“Non importa, forse è stato meglio così. E per te lo è stato di sicuro: conosco bene Elaine Nott, Gerard, e sinceramente non mi è mai piaciuta. Non conosco te altrettanto bene, ma credo che meriti di più, esattamente come me, non qualcuno che preferisca un altro a te.”
 
 
Gerard non si sentiva fare spesso complimenti e Amias era solito scherzare, ma in quel momento la sua espressione era così seria che il ragazzo si convinse che non lo stesse prendendo in giro. Così si limitò a sorridere, porgendogli un bicchiere:
 
“Grazie Amias.”
“Di nulla. Ho visto Cora trascinare fuori Elaine, comunque. Confesso che a volte un po’ mi spaventa, ma vedendovi insieme credo che tenga molto a te.”
 
“E io a lei. Forse non lo do molto a vedere, ma è la verità.”
 
 
*
 
 
“Glie l’ho detto, Chris.”
“E com’è andata?”
 
Dalla faccia cupa dell’amico Christopher intuì che non gli doveva essere andata meglio di quando lui aveva confessato la sua cotta a Danae, ma per lo meno ne avevano parlato e risolto, e ora si sentiva molto meglio: quella sera aveva ballato con lei ma l’aveva anche vista ballare con Ewart, e la cosa non lo aveva infastidito, con suo gran sollievo.
 
L’ex Tassorosso sedette accanto all’amico e gli mise una mano sulla spalla, asserendo che era comprensibile se Lilith aveva reagito in un certo modo:
 
“Insomma, cerca di capirla, dev’essere stata una sorpresa per lei.”
“Lo so bene, e la capisco benissimo. Ma una parte di me non poteva che sperare in una sua reazione diversa, credo. Ma è colpa mia, naturalmente, sono stato io l’idiota.”
 
“Non dire così, non è troppo tardi, credimi. Andrà tutto bene Tor. Vedrai. Intanto hai fatto la cosa giusta, ora ti senti meglio?”
“Dopo che è scappa via, praticamente? No!”
 
“… Ok, lo capisco, ma domani… no… Dopodomani starai meglio, vedrai! Dovete solo parlarne e risolvere come abbiamo fatto io e Dany, all’inizio anche lei era stranita, è normale credo. E io e lei siamo amici, per te e Lilith non è lo stesso, magari sarà più difficile, ma si risolverà comunque.”
 
Chris sorrise all’amico, incoraggiante, e Castor esitò prima di annuire e ringraziarlo.
 
“Di nulla, sono qui per questo. Anche se vorrai scusarmi se non ballerò con te per consolarti, le ragazze mi hanno sfruttato anche troppo stasera e ho un male ai piedi…”
“Tranquillo Chris, sopravvivrò.”
 
 
*
 
 
Amanda non ebbe il tempo di raggiungere Cora. E Elaine non ebbe il tempo di raggiungere il centro della sala, perché si sentì afferrare per un polso e trascinare nell’ingresso, lontana da occhi indiscreti.
 
“Cora, che diavolo stai facendo? Lasciami subito!”
 
Cora non se lo fece ripetere e lasciò il polso della ragazza, incrociando le braccia al petto mentre le si piazzava di fronte.
La Corvonero, già alta di suo, con i tacchi superava di diversi centimetri l’ex compagna di Casa, e la fulminò con un’occhiata gelida prima di chiederle che cosa ci facesse lì, a quell’ora.
 
“Ho accettato l’invito della Signora Burke, ma le ho scritto che sarei arrivata dopo cena perchè mi trovavo a Londra per motivi personali. L’ora a cui mi presento alle feste non è affar tuo.”
“Diventa affar mio se c’è anche Gerard. “Motivi personali” sta per “organizzare il mio matrimonio”, no? E sei venuta qui da sola e in ritardo? Non farmi ridere, sei venuta a ficcanasare per vedere come se la passa Gerry senza di te.”
 
“Non so di cosa parli, Cora.”
“Le persone egoiste come te vogliono sempre avere tutto, Elaine. Lasci Gerard per un matrimonio più conveniente, ma allo stesso tempo non puoi sopportare che si rifaccia la sua vita, magari con un’altra persona, vero? Beh, io lo conosco da prima che stesse con te, e credo che ora stia meglio. Non facevi altro che farlo sentire inferiore sventolando i soldi della tua famiglia, sempre. Ti faceva sentire meglio, ti sentivi superiore a lui, non è così?”
 
Cora ridusse gli occhi a due fessure, quasi tremante di rabbia: non sopportava che si fosse presentata mettendo il suo amico in difficoltà, ma era anche felice di poterle finalmente dire in faccia tutto quello che pensava.
Non l’aveva mai sopportata, ma per affetto per Gerard era rimasta in silenzio per quattro lunghi anni, limitandosi a sfogarsi in privato con Amanda di tanto in tanto.
 
“Ho solo capito che io Gerard eravamo troppo diversi.”
“Oh, su questo non ci piove, perché lui non è una sanguisuga materialista! Sapevi che ci sarebbe stato stasera, solo per questo sei venuta, tu e il tuo anello di diamanti. Non pensi di averlo fatto soffrire già a sufficienza?”
 
Elaine tacque, limitandosi a studiarla con i gelidi occhi grigi prima di abbozzare un sorrisetto:
 
“Tu invece andresti bene per lui, Cora? Prima che io e Gerard ci frequentassimo andavamo abbastanza d’accordo, tutto sommato, poi hai iniziato a rivolgermi la parola solo in sua presenza, sapevo che ti infastidiva la nostra relazione. Non è che sei sempre stata gelosa perché volevi esserci tu, al posto mio?”
 
“Non dire assurdità. Semplicemente io tengo davvero a lui, a differenza tua.”
 
Il tono gelido di Cora non sembrò convincere del tutto Elaine, che però non aggiunse altro quando vide Amanda raggiungerle a passo di marcia, nessun sorriso gentile ad illuminarle il volto.
 
“Buonasera Amanda.”
“Elaine. Posso chiederti cosa ci fai qui?”
“Che domanda è? Mi risulta che ci sia un ricevimento in corso.”
 
“Beh, certo, ma come sai per presenziare ad eventi come questi serve un invito. Posso?”
Amanda, fermatasi accanto all’amica, inclinò le labbra nel più amorevole dei sorrisi, porgendo la mano verso la bionda che, invece, non mosse un dito e si limitò ad inarcare un sopracciglio:
 
“Non serve che ti atteggi già a padrona di casa, Amanda, non mi risulta che tuo marito abbia ancora ereditato la tenuta.”
“Non mi atteggio, faccio solo un favore a mia suocera. Ripeto, posso?”
 
Elaine sbuffò, ma aprì la borsetta per prendere l’invito, strabuzzando gli occhi quando non lo vide.
 
“Ma come…”
“Oh, che peccato. Sembra che dovrò farti scortare fuori, Elaine. Mi dispiace, sono le regole.”
“La Signora Burke…”
 
“Sono IO la Signora Burke, in questo momento.”
 
La durezza del tono di Amanda colpì Elaine tanto quanto Cora, che si voltò a guardare l’amica con sincera sorpresa mentre la strega rivolgeva un cenno ai due maghi in piedi ai lati della porta d’ingresso:
 
“Sareste così gentili da scortare la Signorina fuori? Era passata solo per un rapido saluto. Non preoccuparti Elaine, porgerò i tuoi saluti a Belvina personalmente.”
 
Amanda sorrise, angelica come sempre, e l’ex compagna di Casa, schiumante di rabbia per l’umiliazione, chiuse con uno scatto la borsetta prima di sibilare qualcosa di molto poco elegante rivolto alle due amiche.
 
Stava per lasciare la casa, intimando repentinamente ai due uomini di non provare a toccarla, quando si voltò un’ultima volta verso Cora, lanciandole un’occhiata torva:
 
“Tanto perché tu lo sappia, non ho lasciato Gerard solo per fidanzarmi con Sebastian. Era meglio per entrambi. Diceva di amarmi, ma in quasi tutto il tempo in cui siamo stati insieme, sono sempre stata all’ombra di un’altra.”
 
 
 
“Hai fatto evanascere il suo invito mentre ci parlavo?”
“Ovviamente.”
“Mia cara Amanda, stai diventando un vero genio del crimine, non ti sarai fatta contagiare dal gene dei Black, vero?”
“Ma no, ho solo imparato da te.”

 
 
*
 
 
“Dov’è Elaine? Ti ho vista andare da lei.”
“Se n’è andata, ha capito che la sua permanenza non era gradita.”
 
Cora, in piedi nel terrazzo e appoggiata alla ringhiera di pietra, si strinse nelle spalle mentre Gerard si appoggiava a sua volta con un sospiro, osservando la tenuta buia mentre luci, risate e chiacchiericci provenivano dalla sala del ricevimento.
 
“So che c’entri tu, quindi… Grazie Cora.”
“Di nulla. Stasera sei già abbastanza strano senza che arrivi quella sanguisuga a destabilizzarti. Vuoi dirmi che cos’hai, Gerry?”
 
Gli appoggiò una mano sulla spalla e il ragazzo si voltò verso di lei, guardandola con aria cupa prima di scuotere la testa:
 
“Nulla.”
“No Gerry, non fare scena muta con me, sai che non lo sopporto. E sai anche che a me puoi dire tutto. Ha a che fare con Elaine?”
 
“Sì e no. Non puoi capire, Cora.”
Gerard sospirò e l’amica, per tutta risposta, sbuffò sonoramente e incrociò le braccia al petto, asserendo che prima di dire così avrebbe dovuto parlarle per metterle alla prova, invece di evitare l’argomento.
 
“No Cora, tu non puoi sapere com’è. Non sai com’è sentirsi perennemente inferiori a qualcuno, e quando ti senti così nei confronti di qualcuno a cui tieni, qualcuno a cui vorresti stare accanto, è anche peggio. Perché pensi di non meritare quella persona.”
“Ma è Elaine che non ti merita, non il contrario! E non dire così, come se io fossi superiore a te, perché non è affatto così.”
 
Gerard rise quasi senza volerlo, scuotendo il capo. Cora divenne paonazza, strinse i pugni e gli intimò di dirle cosa ci trovasse di divertente. A quel punto Gerard si voltò e le rivolse un sorriso affettuoso e malinconico allo stesso tempo, allungando quasi senza volerlo una mano per sfiorarle la ciocca di capelli scuri lasciata libera ad arte dall’acconciatura:
 
“Rido perché tu non puoi sapere come ci sente, Cora. Non puoi perché sei magnifica in ogni senso, non sarai mai inferiore a nessuno. Tu con le tue stupide paure, che stai qui a farmi la predica quando in realtà siamo uguali. Tu col tuo vestito a maniche lunghe in estate, e riesci comunque ad essere bellissima, per celare al mondo qualcosa che ti fa soffrire, ma di cui dovresti anche andare fiera.”
 
Cora deglutì a fatica, gli occhi fissi in quelli chiari di Gerard senza riuscire a distogliere lo sguardo. Quasi non si accorse di aver iniziato a tremare appena, e senza riuscire a trattenersi mormorò qualcosa che moriva dalla voglia di chiedergli non appena aveva udito quelle parole:
 
“Elaine ha detto che quando stavate insieme si sentiva sempre all’ombra di un’altra. Di chi parlava?”
 
Ti prego
Lo sguardo di Cora si fece implorante, perché dopo quattro anni passati a guardarlo accanto a qualcuno che non lo meritava, dopo mesi passati a consolarlo per la rottura, voleva sentirlo dire. Ne aveva bisogno.
La mano di Gerard si spostò dai suoi capelli fino alla sua guancia, accarezzandola leggermente prima di parlare in un soffio:
 
“Di te.”
“Gerry…”
 
Gli occhi chiari di Cora si inumidirono, e stava cercando di trovare le parole quando una voce riportò entrambi bruscamente alla realtà:
 
“Ragazzi? Oh… scusatemi.”
 
Gerard ritrasse la mano bruscamente ed entrambi si voltarono di scatto verso Rigel, che abbozzò un sorriso di scuse, imbarazzato:
 
“Mia zia sta facendo sapere a tutti che la festa sta per finire, gli ospiti stanno iniziando ad andarsene… e tua nonna ti cerca, Cora.
“Ma certo. Grazie Rigel.”
 
Cora annuì e si allontanò da Gerard quasi come se si fosse scottata, superando Rigel senza voltarsi. Rigel che si rivolse a Gerard e gli chiese se volesse rientrare, ma il Tassorosso asserì che sarebbe rimasto ancora un po’ mentre prendeva una sigaretta.
 
Ne aveva decisamente bisogno.
 
 
*
 
“Ti ringrazio.”
“Per cosa?”
 
“Per avermi tenuto compagnia, non eri tenuto a farlo. … Non te l’ha chiesto Perseus, vero?”
 
Danae si sentì sprofondare quando quel dubbio le sfiorò la mente, ma nel vedere Ewart scuotere il capo, sorridendo come se fosse una domanda assurda, si rincuorò:
 
“Certo che no, perché avrebbe dovuto?”
“Non lo so, era per sapere. Beh, buonanotte Ewart.”
“Buonanotte Danae.”
 
Danae si voltò e iniziò a salire le scale per raggiungere la sua stanza al piano superiore mentre Ewart, già arrivato, fece per incamminarsi lungo il corridoio quando il richiamo della ragazza lo fermò:
 
“Ewart?”
“Sì?”
Il biondo si voltò e alzò lo sguardo sulla strega, che lo stava guardando qualche gradino più in alto, appoggiata al corrimano mentre con l’altra mano teneva l’orlo del vestito leggermente sollevato per non pestarlo:
 
“Per te io e Castor siamo sempre stati solo i “fratellini” di Pers… E’ ancora così, ora che ci conosci meglio?”
 
“No, direi di no.”  Ewart sorrise e, rivolgendole un ultimo cenno educato, si congedò e si voltò con le mani nelle tasche, diretto in camera sua. Danae, dal canto suo, lo guardò brevemente allontanarsi prima di sorridere e riprendere a salire le scale, giungendo in camera sua molto più di buon umore rispetto a quando l’aveva lasciata qualche ora prima.
 
 
*
 
 
“Ti ho vista ballare con Ewart, poi siete usciti… Ti sei divertita con lui?”
“Sì.”
 
Danae sorrise, gli occhi chiari luccicanti, e Athyna, distesa accanto a lei sul letto dell’amica, entrambe in camicia da notte, la imitò:
 
“Mi fa molto piacere sentirtelo dire. Ti voglio bene Dany, e vorrei davvero vederti felice.”
“Beh, posso dire lo stesso. Davvero non c’è nessuno che ti piace?”
 
“Credo di no, anche se mi conosci, io ho la cotta facile… solo che poi mi passa in fretta, per me innamorarmi è molto difficile, credo che non mi sia più capitato, dopo Frederick.”
 
Athyna si incupì leggermente ripensando alla relazione che aveva avuto ai tempi di Hogwarts, ma Danae le sorrise, incoraggiante:
 
“Lo dici a me? Non sono certo una persona che si innamora facilmente, lo sai… Però ti ricapiterà, Athyna, vedrai. Sarà più semplice, più bello… e andrà bene, ne sono certa.”
“A volte mi chiedo come sarebbe andata, sai. Tra me e lui, se le cose fossero state diverse.”
 
“Me lo chiedo anche io. Chissà come sarebbe la tua vita, e se saremmo ancora amiche. Immagino che non lo sapremo mai, ma il futuro sarà migliore, vedrai. Non conosco il dolore che hai provato, ma ti prometto che non ricapiterà.”
 
Athyna sorrise all’amica, che le prese la mano, e le assicurò che di certo sarebbero rimaste amiche anche se lei non fosse scivolata dalle scale della Torre di Astronomia, durante il sesto anno, o ancor prima, se non fosse rimasta incinta.
Frederick l’aveva lasciata per questo, e guardandosi indietro Athyna aveva capito, con l’aiuto di Danae, che non era stata un gran perdita. Ciononostante, dopo quell’esperienza aveva continuano a percepire una specie di senso di vuoto che non era mai riuscita a colmare del tutto.
 
 
*
 
 
 
“Tu non pensi che a Danae piaccia Ewart, vero?”
“Cosa te lo fa pensare?”
 
“Non saprei, una sensazione. Ma tu la conosci molto meglio di me, ovviamente.”
 
Amanda abbozzò un sorriso, voltandosi verso il marito, già in vestaglia e seduto sul loro letto mentre lei si spazzolava i lunghi capelli scuri. Perseus, sorrise, gli occhi chiari luccicanti mentre ripensava alla conversazione che lui e l’amico avevano avuto tempo prima nel locale di quest’ultimo: non sapeva se sua moglie avesse ragione o meno, ma di certo ci sperava.
 
“Beh, tu sei una delle persone più perspicaci che conosca, e spero che la mia intelligentissima moglie ci abbia visto giusto. Sarebbe meraviglioso avere Ewart in famiglia.”
Perseus sorrise e Amanda gli rivolse un’occhiata carica d’affetto mentre appoggiava la spazzola di legno sulla toeletta
“Lo so che ti piacerebbe, ma non farti castelli in aria, potresti restare deluso.”
 
Il marito non rispose e la strega scosse il capo prima di sfilarsi gli orecchini: chissà perché, sapeva di star parlando per nulla.
 
 
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………………..
 
Angolo Autrice:
 
Io veramente non so come dirlo, ma mi sono appena resa conto che già nello scorso capitolo avrei dovuto eliminare, oltre a Shedir, anche… Edward.
In questo capitolo non l’ho inserito, come avete visto, immagino che col prossimo deciderò definitivamente cosa fare, anche se sinceramente non ho idea di come gestire la situazione.
 
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e spero anche di non dover fare una strage nel prossimo capitolo XD
A presto!
Signorina Granger

 
 
   
 
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