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Autore: Iron_Captain    20/08/2020    3 recensioni
Un killer misterioso che sta terrorizzando la città... Una verità che sconvolgerà la vita di Judy... Cosa accadrà e come riuscirà Judy Hopps ad affrontare e gestire queste situazioni?
Genere: Azione, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 30: La verità omessa

Quando il treno arrivò alla stazione di Bunnyburrow, la famiglia Hopps si preparò a scendere da uno dei vagoni di seconda fila assieme ad altri mammiferi di taglia differenti. Con il fatto che erano sempre pochi gli animali che scendevano in quella località piccola, la stazione ferroviaria era sempre ordinata, pulita e per niente affollata. I conigli, infatti, raggiunsero presto i loro automezzi parcheggiati di fronte all'edificio. Judy riconobbe il tipico furgone dei loro genitori, che usavano spesso trasportare i componenti per allestire il loro stand e la merce che poi vendevano; e a fianco ad esso c'era l’automobile di Angelica; era beige e piccola, dotata soltanto di due sedili. Ideale per chi non aveva ancora messo su famiglia. Judy andò insieme alla propria sorella maggiore a caricare le loro valigie nella sua macchina.
“Vado un attimo da nostra madre a chiederle una cosa.” disse Judy ad Angelica, prima di allontanarsi da lei.
Una volta raggiunti i conigli adulti, Judy chiese a Bonnie se poteva venire nella macchina di Angelica, e fare il viaggio di ritorno a casa insieme alle sue figlie; il desiderio era guidato da tanti motivi, ma quello più importante era che voleva stare insieme a lei, oltre al fatto che era in cerca di risposte.
Inizialmente Bonnie e Stu si scambiarono un’occhiata, un po’ interrogativa e un po’ preoccupata.
“Mi dispiace Judy, ma non posso venire con voi perché io e tuo padre dobbiamo parlare di alcune cose importanti. Comunque stai tranquilla: staremo insieme quando saremo arrivati a casa.” replicò la mamma allo scopo di tranquillizzare la figlia.
Anche se un po’ delusa, Judy annuì e andò a raggiungere la propria sorella maggiore in macchina.
Il viaggio era stato tranquillo, e in entrambi i veicoli i conigli avevano conversato: mentre Bonnie e Stu parlarono di questioni importanti, Angelica e Judy parlarono del più e del meno, alle volte ridendo e scherzando, permettendo alla piccola agente di distrarsi e recuperare l'allegria e la felicità che le erano state portate via da quell’incubo.
Una volta arrivati a casa, i conigli scesero dalle loro macchine: Angelica andò a scaricare immediatamente il proprio bagaglio e quello di Judy, dal momento che la sorella minore non era in grado di poterlo fare, ma le lasciò portare la sua valigia, nonostante non fosse d'accordo e avesse preferito che la piccola agente non compisse alcuno sforzo eccessivo, dopodiché entrarono in casa; mentre Bonnie e Stu rimasero ancora nelle vicinanze del loro furgoncino e continuarono a parlare; e per giunta non avevano ancora scaricato i bagagli.
“Sei davvero sicura di volerglielo dire?” continuò a chiederle il marito, il quale non era per niente d'accordo sulla decisione di sua moglie.
“Si Stu, è giunto il momento: è ormai grande e matura abbastanza per conoscere la verità. Ed è suo diritto sapere quello che non le avevamo detto per anni.”
“Bonnie…”
Nel momento in cui la leporide adulta sentì la presa sul braccio sinistro ad opera del marito, si voltò; l’espressione che vide sul suo volto non era il solito disappunto di chi non è d'accordo su una decisione da prendere, ma era di quello di un coniglio preoccupato e demoralizzato, dove manifestava il suo disaccordo in segno di protezione. Quando lo vide Bonnie, la sua espressione divenne…comprensiva.
“Va tutto bene tesoro...va tutto bene.” replicò la leporide abbracciando il suo amato marito.
Dopo aver finito di parlare, i due conigli adulti presero dal loro furgoncino i loro bagagli ed entrarono in casa.

Dopo aver aiutato la propria sorellina a svuotare la sua valigia e a sistemare i suoi vestiti nella cassettiera e nel suo armadio, le due leporidi andarono nella camera di Angelica, a fianco di quella di Judy per fare la stessa cosa con l’altra valigia. Mentre attraversarono quel breve tratto di corridoio, al piano superiore, sopraggiunsero i loro genitori con i bagagli; mentre Stu proseguì oltre, Bonnie si fermò per un istante e rivolse lo sguardo verso Judy.
“Appena avrai finito di aiutare tua sorella a mettere a posto i suoi vestiti, vai fuori casa e aspettami: dobbiamo parlare di una cosa molto importante.”
Judy si limitò ad annuire. Quando la loro mamma fu abbastanza lontana da loro, Angelica rivolse alla piccola agente un’espressione preoccupata.
“Va tutto bene?”
“Si.” si limitò a rispondere la leporide, intuendo tuttavia che quella domanda non era rivolta al proprio stato di salute.
“Voglio dire…va tutto bene con nostra madre?”
“Si: non abbiamo litigato…”
Angelica osservò con sguardo interrogativo la propria sorellina, che aveva anche lei la sua stessa espressione; segno che non sapeva se fosse accaduto qualcosa oppure no.
“Dai, andiamo.” disse infine a Judy sorridendole e invitandola a non preoccuparsi su ciò che la loro mamma avrebbe dovuto dirle.

Dopo aver finito di sistemare i loro indumenti, Judy e Bonnie uscirono di casa come stabilito: nessuna delle due si ritrovò ad aspettare l'altra, in quanto avevano finito di svuotare le loro valigie nello stesso momento.
“Vieni con me, Judy.” le disse Bonnie.
La leporide seguì il proprio genitore, chiedendosi ripetutamente cosa le volesse dire di tanto importante. Le due conigliette percorsero il lato destro della casa, fino a raggiungere due porte di legno chiuse e bloccate da un catenaccio che conducevano verso lo scantinato della casa. La mamma prese dalla tasca del vestito le chiavi, che usò per sbloccare il lucchetto. Dopo aver rimosso il catenaccio e aver aperto le porte, le due conigliette scesero gli scalini di legno. Una volta raggiunto il pavimento, Bonnie accese le molteplici luci che illuminavano l’enorme cantina che si trovava sotto la loro casa. A differenza dei conigli un qualsiasi altro mammifero sarebbe stato rimasto allibito di vedere una cantina così grande.
“Come mai siamo venute qui?” chiese Judy incuriosita e in parte sospettosa.
Invece di risponderle, Bonnie cominciò a camminare, seguita subito dopo da sua figlia. Dopo aver percorso metà cantina, Bonnie iniziò a spostare diversi scatoloni che si trovavano a sinistra.
“Lascia che ti dia una mano.” disse Judy, che non voleva permettere al proprio genitore di fare da solo quel faticoso lavoro.
“Non preoccuparti Judy: posso farcela.” la rassicurò Bonnie, che non voleva che Judy si fosse sentita male con la ferita, che miracolosamente si sembrava essersi rimarginata nonostante il disastro che aveva combinato dal precedente dottore incapace che l’aveva visitata.
La leporide, aiutata comunque in parte da Judy a spostare trascinando gli scatoloni e una parte degli oggetti che erano conservati là, finì dopo qualche ora il faticoso lavoro. A quel punto poté prendere dallo scaffale che si trovava di fronte a sé un contenitore di cartone rinforzato di colore grigio scuro. Bonnie cominciò a mandare via con la zampa il grosso della polvere che si era posato sopra. Judy iniziò a squadrarlo per bene: non aveva disegni particolari incisi sul coperchio, e la scatola sembrava essere abbastanza grande per contenere un libro.
“Che cos'è?”
La mamma, che aveva fissato anche lei per qualche istante la scatola, volse lo sguardo verso Judy.
“Ti racconterò tutto quando usciamo dalla cantina: non fa bene ai nostri polmoni respirare polvere.”
Temendo che fosse un’altra scusa per evitare di parlare, Judy si lasciò prendere dalla preoccupazione.
“Mamma, dimmi cosa sta succedendo.”
Bonnie squadrò Judy, e avvertì la sua preoccupazione.
“Niente, figlia mia.”
Dopo averla accarezzata sul viso, la leporide adulta si avviò verso l’uscita della cantina, seguita immediatamente da Judy.
Una volta uscite fuori, Bonnie chiuse le porte di legno con il lucchetto, dopodiché andò a sedersi a terra, in mezzo al prato, a qualche metro di distanza dalla cantina. Quando anche Judy si sedette, a fianco a lei, il genitore aprì la scatola e tirò fuori un libro con la copertina di cartone duro rinforzato, con gli angoli protetti da due spigoli di metallo per evitare che si rovinassero, e lo diede alla propria figlia. Le due conigliette cominciarono a sfogliare quel libro, che conteneva diverse foto.
“Siete voi!” esclamò Judy felice non appena vide le foto dei suoi genitori di quando erano giovani; e in alcune di esse erano adolescenti, perciò non ancora sposati.
Nel vedere quelle foto, Bonnie ripensò ai bei vecchi tempi in cui lei e Stu erano semplicemente fidanzati, ma più giovani e spensierati. C’erano alcune cose della giovinezza che le mancavano e che non poteva purtroppo riavere…Ma non aveva preso quell’album di fotografie per ricordare il passato e raccontarlo a Judy, nonostante lo avrebbe fatto in un secondo momento.
Dopo aver visto la propria mamma svoltare qualche pagina del libro, Judy si ritrovò a guardare alcune fotografie in cui erano presenti i suoi genitori, giovani e sposati…e una coniglietta molto piccola.
“Lei chi è?” chiese Judy, che aveva capito al volo che era una delle proprie sorelle maggiori.
Dopo qualche istante di silenzio, Bonnie rispose alla domanda di Judy.
“Lei è Lucia Hopps, la mia prima figlia che ebbi con tuo padre.” disse con tono mogio.
Quando ebbe quella risposta, Judy abbassò le orecchie e rimase di stucco. Quando tornò a guardare l'album, svoltò un paio di pagine, finendo per guardare alcune foto in cui Lucia era adolescente…e sorrideva. Non sapeva cosa dire: era davvero allibita. Non aveva mai sentito parlare di lei, e aveva sempre saputo che aveva 275 fratelli; mentre ora aveva scoperto di averne un altro.
“Perché non me ne hai parlato?” chiese sconcertata Judy, sapendo che aveva fatto un incubo in cui lei era una spietata killer vendicatrice che non aveva alcuno scrupolo ad eliminare la sua famiglia. “Perché mi stai dicendo solo ora che ho un’altra sorella? Perché non mi hai mai parlato di lei?”
“Perché non eri ancora pronta per sapere la verità.” replicò Bonnie Bonnie demoralizzata.
“Quale verità?” chiese Judy, che era per metà arrabbiata e per metà impaurita a sapere la verità su di lei.
Dopo aver tirato un profondo respiro, Bonnie decise di raccontare la verità che aveva deciso di omettere per tanto tempo.
“Lei era morta diversi anni fa: era andata in Kazakistan, dove c'era una guerra civile tra i ribelli e le forze del governo, e si era offerta volontaria per dare una mano ai profughi che fuggivano via dalle loro case perché erano state distrutte a causa della guerra, e che venivano accolti dalle forze militari del Governo americano. Lei cucinava il cibo che poi dava loro da mangiare…” dopo qualche minuto di silenzio, durante il quale Bonnie cercò di trattenere le lacrime, riprese a raccontare. “Un giorno io e tuo padre venimmo a sapere, tramite una telefonata, che quella base militare era stata bombardata e distrutta…e che Lucia era morta.”
Non appena Judy finì di ascoltare il racconto della mamma, rimase completamente senza parole: aveva avuto davvero una sorella maggiore che si chiamava Lucia Hopps, ma non era come era apparsa nell’incubo. Era sollevata di sapere che non era una spietata killer, ma allo stesso tempo era rimasta di stucco e per di più era malinconica. Non aveva neanche un ricordo della reale Lucia Hopps, ma solo quello della sua versione distorta, che neanche era reale. E poi venire a sapere che era una coniglietta sensibile e altruista che aiutava i mammiferi che avevano perso tutto…era confusa e totalmente sconcertata.
“Io…l’avevo sognata…e volevo sapere la verità…ma avevo paura…” riuscì a dire Judy, che fu sul punto di piangere…ed iniziò a sentirsi in colpa perché aveva pensato per un attimo che di aver avuto come sorella un’assassina spietata.
Bonnie le appoggiò una zampa sulla spalla del braccio sinistro. L'aveva capito quando Judy le aveva fatto quella domanda sul treno: aveva sognato che la sorella maggiore, la primogenita, che non aveva mai conosciuto era il killer che aveva ucciso i suoi genitori…e lei.
“Quando io e tuo padre avevamo saputo della morte di tua sorella, il mondo ci era crollato addosso; noi eravamo inesperti a quell'epoca, e le avevamo permesso di realizzare i suoi sogni, ma a causa di ciò l’avevamo persa per sempre…e noi non eravamo là a prenderci cura di lei e proteggerla. È per questo motivo che avevamo convinto, e quasi imposto, ai nostri figli di fare il nostro stesso lavoro che facciamo da generazioni. Noi non vogliamo perdere un altro figlio.”
Fu a quel punto che la piccola agente capì il comportamento quasi iperprotettivo dei suoi genitori; ed ora che lo sapeva, non li poteva affatto biasimare. Probabilmente si sarebbe comportata come loro se avesse anche solo rischiato di perdere qualcuno a lei caro, soprattutto se fosse stato un membro della propria famiglia. Tuttavia c'era ancora una cosa che non capiva.
“Cosa vi ha spinto a lasciarmi diventare un’agente di polizia?”
La leporide adulta non rispose subito alla domanda della figlia; la squadrò a lungo, guardandola dritto negli occhi. Poi sorrise.
“Perché tu sembri essere lei, Judy: è come se tu fossi la sua reincarnazione, anche se io e Stu non crediamo a queste cose.”
A quella risposta, la leporide si incuriosì parecchio.
“Cosa vuoi dire?”
“Che lei aveva il tuo stesso carattere: era testarda, iperattiva e ribelle; e voleva anche lei rendere il mondo un posto migliore, anche se in modo diverso.”
Prima che le due leporidi potessero dire altro sopraggiunse Angelica, che stava cercando Bonnie.
“Scusate se vi interrompo. Si sta avvicinando l'ora di cena, mamma…”
“Oh…adesso vengo, cara.” tagliò corto la leporide adulta non appena guardò l'ora sull'orologio.
“Poi continueremo a parlare, Judy.”
Dopo aver preso l'album di famiglia, che aveva messo all'interno della scatola grigia, la mamma e Angelica tornarono a casa; mentre Judy rimase sola a riflettere su ciò che aveva saputo. Fece fatica a credere al fatto che prima di lei c'era stata un'altra Hopps che aveva realizzato i suoi sogni e che aveva dedicato la sua vita ad aiutare il prossimo. Tuttavia aveva bisogno di sapere altro; e sapeva da chi andare.

La piccola agente arrivò nel campo quando il sole era iniziato di tramontare. Davanti a lei c'era Stu che stava caricando sul rimorchio del trattore due grandi casse di verdure.
“Sapevo di trovarti qui, papà.” disse Judy dopo averlo raggiunto.
Dopo essersi asciugato con il braccio il sudore sulla fronte, il leporide adulto gli rivolse lo sguardo.
“Qualcuno deve pur badare al raccolto, figlia mia.”
La coniglietta sorrise.
“Hai parlato con tua madre?”
“Si papà...ma non ho avuto modo di sapere tutto di lei.” fu la risposta di Judy, che capì subito il significato di quella domanda. “E ho anche capito che tu e mia madre avevate parlato sul fatto se fosse stato il caso di dirmi la verità su Lucia.”
Stu divenne improvvisamente serio, poi andò a sedersi sul rimorchio. Judy andò ad affiancarlo.
“Nonostante tu sia in vacanza, continui ad usare il tuo intuito da poliziotto.
“È la mia nuova abitudine, papà.” replicò Judy sarcastica.
Stu sorrise.
“Cos'altro vuoi sapere su tua sorella?”
“Come era da piccola, come andava a scuola, da quanto aveva la sua passione ad aiutare il prossimo…”
“Calma Judy; una domanda per volta.”
A quel punto Stu cominciò a rispondere alle sue domande; a differenza di lei, Lucia, quando era più piccola, le piaceva litigare e azzuffarsi con i suoi compagni; non le piaceva studiare, e preferiva sempre stare in compagnia dei maschi: e quando aveva iniziato a frequentare le scuole medie, faceva in modo di venire corteggiata dai ragazzi grazie al suo particolare modo di vestirsi e mostrando un carattere sfuggente e autoritario; e non andava d’accordo con le ragazze. Riceveva spesso tante note, e una volta era stata sospesa. Era una coniglietta difficile da gestire, ed erano spesso le volte in cui litigava con i suoi genitori.
“Era davvero così…complicata?” gli chiese Judy usando un termine educato.
“Si; era anche diretta e ribelle, anche se non come te, Judy…io e tua madre cercavamo di insegnarle l’educazione, ma era davvero difficile starle dietro, e poi allora eravamo ancora giovani e inesperti.” fu la risposta di Stu, che sorrise nel momento in cui ripensò ai vecchi tempi.
“Che cos’è accaduto poi?” domandò la piccola agente, curiosa di sapere come fosse arrivata a diventare una volontaria che era andata ad aiutare i mammiferi di un’altra nazione, dove per giunta infuriava una guerra civile.
“Un giorno, quando stavamo cenando tutti insieme e stavamo guardando la televisione, era stato trasmesso un annuncio pubblicitario in cui si cercavano dei volontari per aiutare i poveri profughi in Kazakistan a causa della guerra civile. Dopo averlo visto, Lucia era cambiata: studiò a fondo i temi ricorrenti sulla fame nel mondo, la povertà che ancora adesso affligge l'Africa, le conseguenze delle guerre scoppiate in varie Nazioni…e dopo aver studiato a fondo aveva inviato la domanda per offrirsi come volontaria per andare ad aiutare i profughi in Kazakistan. Io e tua madre eravamo entusiasti per la sua decisione e il suo successo, e ci aveva resi veramente fieri di lei dopo tanto tempo. Sarebbe stata via per tre mesi…”
Judy notò che il proprio papà aveva bruscamente smesso di parlare, e vide che fu sul punto di piangere.
“Poi avevate ricevuto quella chiamata…” provò a terminare Judy.
“Quando venimmo a sapere della sua morte…io, tua madre e alcuni dei tuoi fratelli fummo completamente sopraffatti dal dolore…e quando organizzammo il suo funerale, ci sentimmo peggio, soprattutto quando avevamo visto la bara che conteneva il corpo di nostra figlia.”
A quel punto Stu iniziò a piangere a dirotto. La piccola agente lo lasciò sfogare.
“Mi dispiace se sono stata egoista.”
Quando fu calmo, il leporide adulto appoggiò la sua zampa destra sulla spalla sinistra di Judy.
“Tu non sei mai stata egoista.”
La figlia scosse la testa.
“Se avessi saputo il vero motivo per cui non volevate che realizzassi il mio sogno di diventare un’agente di polizia, sarei rimasta al vostro fianco e non avrei insistito…”
“E menomale che non è accaduto questo, Judy!” esclamò Stu interrompendola.
La piccola agente lo squadrò sorpresa.
“È vero che io e tua madre avevamo sofferto per la perdita subita, e che ciò ci aveva spinto a proteggere e stare più vicini ai nostri figli; ma sbagliavamo: non far realizzare i sogni ai nostri figli con il pretesto di proteggerli significa privarli della loro felicità. Quando tu e tua sorella li avevate realizzati noi eravamo stati felici e fieri di voi. Il tuo impegno e la tua caparbietà ci aveva fatto capire che per tanti anni avevamo sbagliato a imporre ai nostri altri figli di essere coltivatori e venditori di carote e ortaggi; certo, lo avevamo fatto per proteggerli, ma al costo della loro felicità. E questo è sbagliato, Judy.”
Quel giorno Judy rimase veramente sorpresa e meravigliata dai discorsi dei suoi genitori: era riuscita a capirli, e aveva saputo la verità sulla sorella che non aveva mai conosciuto, e che prima di lei aveva realizzato il suo sogno: aiutare i più bisognosi. Ora aveva capito perché aveva fatto quell’incubo: doveva indagare e conoscere meglio Lucia…e facendo ciò, sentiva di essersi avvicinata e ancora più legata alla propria famiglia.
“Quel giorno Lucia aveva salvato la vita a Madu Abi Liam, che altri non è che la donnola con cui gioco a carte tutte le volte che lo incontro al bar “Da Baffo". Era originario del Kazakistan, e non aveva fatto altro che dirmi che mia figlia era un angelo disceso dal cielo, e che se fosse stato suo padre, sarebbe stato fiero di lei.” le confidò Stu.
“Veramente?” chiese Judy ancora una volta sorpresa.
“Eh già…io e lui siamo diventati grandi amici, e dopo aver ottenuto la cittadinanza qui a Bunnyburrow, lavora come dipendente di quel bar.”
Vedendo che il cielo era diventato buio, Stu vide dal proprio cellulare che ore erano.
“O caspiterina, è tardi: dobbiamo affrettarci a tornare a casa per la cena.” disse il padre di Judy, che dopo essere sceso dal rimorchio andò ad accendere subito il trattore, mentre la figlia rimase lì dove stava. Mentre l'automezzo si muoveva per il sentiero sterrato tra i campi, Judy ebbe la possibilità di vedere una ipnotica luna arancione. Quando era piccola pensava sempre che fosse infuocata, e credeva che fosse a causa del sole, che nel tentativo di tornare a brillare nel cielo, colpiva con i suoi raggi la luna per indurla alla fuga. Al solo pensiero di ciò che credeva quando era soltanto una cucciola, la leporide rise leggermente.

Una volta arrivati a casa, Stu venne aiutato da sua moglie e alcuni loro figli a scaricare le verdure raccolte e le portarono in casa. Mentre Bonnie e Angelica si trovavano in cucina per preparare la cena, Judy, Stu e Richard apparecchiarono la tavola, mentre James e Veronica badavano ai loro fratellini più piccoli, Emily e Henry. Quando arrivò il momento di cenare, tutti andarono a mangiare. La serata trascorse tranquilla, e permise a Judy e ai suoi genitori di distrarsi e divertirsi insieme al resto della famiglia. Dopo aver finito di mangiare e sparecchiare la tavola, la piccola agente decise di andare nella propria camera da letto. Dopo essersi messa seduta sulla sedia di legno prese con la zampetta la fotografia, racchiusa in una cornice di ceramica ornata con dei fiori azzurri di platica, appoggiata sulla scrivania. Osservò a lungo sé stessa che abbracciava i propri genitori. Era felice e soddisfatta di avere una famiglia che nonostante fosse numerosa era unita nell’amore. Le bastava ciò che aveva, e non sapeva di non aver bisogno di altro per essere felice. Ad un tratto sentì che qualcuno stava bussando alla porta.
“Avanti.” si limitò a dire Judy.
Dopo essere entrata in camera di sua figlia, Bonnie andò ad affiancarla.
“Perché non vieni a stare giù insieme a noi?” le domandò la madre, che aveva intuito il motivo per cui era andata in camera sua.
“Avrei voluto conoscerla…avrei voluto avere un ricordo di lei.” fu la risposta della giovane leporide.
“Lo so, piccola mia. Ma devi sapere che anche se non la vediamo, lei è qui con noi…e sono convinta che non vorrebbe vederti così triste.”
Dopo aver sentito quelle parole, Judy abbracciò intensamente il suo genitore, poiché non c'erano altre parole da dire. C’erano soltanto i sentimenti…c'era la sua famiglia.
Bonnie ricambiò l’abbraccio, che dopo una mezz’oretta circa venne sciolto.
“Io vorrei andare a letto: mi sento molto stanca.”
Non appena vide l’espressione provata della figlia, la mamma sorrise e le accarezzò la zampa sana.
“Certo figlia mia.”
Dopo essere stata aiutata da Bonnie a mettersi il pigiama, Judy andò a coricarsi a letto.
“Buonanotte piccola mia, e ti auguro di fare dei bei sogni.” le disse la mamma mentre sistemò le sue coperte.
“Grazie. Buonanotte mamma.”
Dopo averle dato un bacio sulla fronte, la leporide adulta uscì dalla camera.
Una volta rimasta sola, Judy spense la luce del lume sul mobiletto a fianco del letto, e si mise a dormire.
Dopo essere entrata nella fase rem, la coniglietta cominciò a sognare; e mentre sul suo volto comparve un largo sorriso, pronunciò, nel sonno, una sola parola.
“Lucia.”

Angolo Autore
Anche se non è stata la prima fanfiction ad aver iniziato a scrivere, è stata la prima che ho finito.
Con questo capitolo ho voluto raccontare il motivo, a mio parere più che plausibile, di come mai i genitori di Judy volevano a tutti i costi che i loro figli portassero avanti la tradizione di famiglia di Coltivatori di Carote. E se da un lato avevo spiegato uno dei vari motivi per cui un figlio potrebbe essere arrabbiato, o persino odiare, i suoi genitori, dall'altro ci sono i motivi per cui i genitori iniziano ad essere come Bonnie e Stu…perché il dolore più grande di un genitore, per l'appunto, è quello di perdere per sempre un figlio e darsi la colpa perché, anche se ingiustificata, di non aver fatto abbastanza, di non averlo protetto. Ed è a quel punto che per cercare di non commettere gli stessi errori, i genitori tentano di proteggere i loro figli adottando comportamenti estremi…
Ma comunque non voglio immergermi in questo discorso, in quanto non sono genitore, e certe cose, anche se tento di immaginarle, non le riuscirei a capire fino in fondo se non le provo in prima persona.
Detto ciò, lascio ora la parola a voi lettori…e vi ringrazio davvero tanto per aver seguito fino alla fine questa mia fanfiction, nella quale sento di aver messo davvero tante cose…e non è semplice riuscire a fare un lavorone come il mio, che non mi sarei mai aspettato di essere riuscito a farlo bene…(a giudicare dalle recensioni che ho ricevuto).
Grazie mille ancora e…ho anche intenzione di farvi ascoltare due canzoni che sono perfette come titoli di coda per questa fanfiction; spero di riuscire a postare i link qui sotto (è la prima volta che lo faccio).

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Vietato Morire

   
 
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