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Autore: MidnightRadio    22/08/2020    1 recensioni
Le soffiò addosso una vampa di incenso incandescente e si allontanò leggermente da davanti il suo viso. Inconsciamente fece un altro passo indietro, poi sentì una mano ruvida spingerla da dietro la schiena.
“Ti abbiamo portato la ragazza, ora dacci le parti”
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fece un piccolo passo indietro, la puzza proveniente dai tubi di scarico di quell’essere fu abbastanza per farle rigirare lo stomaco.

Le lenti rosse mal funzionanti la guardavano apatiche e le placche nere di metallo minacciavano di staccarsi da un momento all’altro dal corpo di quella macchina.

Le soffiò addosso una vampa di incenso incandescente e si allontanò leggermente da davanti il suo viso. Inconsciamente fece un altro passo indietro, poi sentì una mano ruvida spingerla da dietro la schiena.
“Ti abbiamo portato la ragazza, ora dacci le parti”

La macchina non parlò, si limitò a fare un cenno con quella che doveva essere una mano, e in una frazione di secondo i tecno –barbari dietro di lei vennero ridotti ad una nebbia di sangue vaporizzato.

Uno sciame di minuscole macchine accompagnavano il suo nuovo maestro, tra di loro alcune più grandi delle altre: erano state quelle, armate di fucili al plasma, a ridurre i barbari… ex barbari, in quello stato.

“Hai un nome?”

La macchina parlava in modo atono, ogni parola sollevava altro incenso e fumo che le bruciavano polmoni ed occhi.

Non rispose, di suo canto la macchina rimase ferma, impassibile mentre aspettava una risposta.

Ma come rispondere? Il suo nome non lo ricordava, anzi, non pensava di averne mai avuto uno. Dopo un po’ la macchina si stancò, le lenti che sostituivano i suoi occhi iniziarono a brillare più di prima, come se si fosse arrabbiato. Voltandosi alzò un mare di polvere dal terreno che andò ad unirsi al fumo.

“Il mio nome è Teek’nash. Sono il tuo nuovo padrone. Seguimi”

Fece come diceva. Teek’nash era enorme, il suo corpo ricoperto di tubi, cavi e schermi di cui non comprendeva il funzionamento. Ogni traccia di umanità era stata cancellata: vedendolo dal basso non riuscì ad individuare nemmeno un lembo di pelle. Portava una lunga tunica da sotto la quale spuntavano numerose zampe artigliate, il torso, completamente robotico, era snello e slanciato, si aiutava a camminare con un bastone, bastone che portava con una delle tre braccia; con una delle due mani rimanenti stringeva una lunga pistola dall’aspetto antico ma non trasandato, la terza invece era libera. Tutte e tre le mani erano dotate di lunghi artigli di metallo nero come il resto del corpo. Da dietro la schiena spiccavano numerosi tubi di scappamento che creavano una sorta di corona dietro la sua testa, testa che era composta da un ammasso di fili sormontato da una maschera di metallo con due lenti al posto degli occhi.

“Da oggi il tuo nome è Rohiri”

Le parlò senza girarsi, ogni suo movimento risuonava nei condotti dentro i quali camminavano, in lontananza si scorgeva della luce.

Rohiri, che nome strano. Lei non sapeva leggere ed aveva visto poco del mondo, ma il nome Rohiri non lo aveva mai sentito da nessuna parte. Nemmeno quelle buffe persone che si vestivano di piume e foglie avevano mai pronunciato quella parola.
Cosa voleva dire? Aveva un senso? Il suo flusso di pensieri venne interrotto da una domanda più grande.

“Perché mi hai fatta rapire?”

Teek’nash non si voltò, i suoi tubi si limitarono a rilasciare più fumo e la mano che stringeva la pistola rafforzò l’impugnatura.

“Tutto ti sarà spiegato a tempo debito. Basta domande ora, pensa a camminare”

Basta domande? Come poteva dire una cosa del genere se quella era la prima domanda che gli poneva? Abbassò lo sguardo e continuò a seguirlo.

Il silenzio assordante di quel tunnel era interrotto solo dal rumore dello sciame e da quello dei passi di Teek’nash, al fumo proveniente dalla macchina si unì il puzzo acre della galleria. I suoi piedi si appoggiavano sul metallo freddo che componeva il pavimento, tuttavia senza delle scarpe se li sarebbe bruciati una volta in superficie, quel deserto non perdonava.

“Signor Teek’nash, io non…”
“Basta domande, pensa a camminare”
“Ma…”
“Basta domande, pensa a camminare”
“Hey, sai dire altro!?”

Teek’nash si girò di scatto, i suoi occhi più rossi che mai. Si mosse così veloce che Rohiri non riuscì a vederlo, tutto quello che sentì fu uno sparo, lei però non era stata colpita. Di contro vicino ai suoi piedi scalzi c’era il foro di un proiettile.

La canna della pistola ancora emetteva fumo e la macchina la guardava dall’alto in basso con i suoi occhi di brace, intanto Rohiri era rimasta senza fiato, forse per la paura o forse per il fumo, che adesso intossicava la poca aria respirabile.

Cominciò a tossire, il fumo era troppo e i suoi polmoni chiedevano aria pulita, o almeno riposo. Teek’nash le buttò ai piedi un fazzoletto molto lungo. Se lo legò in faccia per coprire il naso e la bocca, le arrivava fino alla vita e sopra vi era ricamato un motivo a onde.

“Silenzio”

La macchina si girò e continuò a camminare. Senza fare obiezioni Rohiri lo seguì restando a debita distanza. Grazie al fazzoletto ora riusciva almeno a respirare, tuttavia era ancora in debito d’ossigeno dallo spavento di prima.

Camminarono per quella che le sembrò un’eternità, man mano che avanzavano il pavimento si faceva più caldo e la luce più intensa. Tuttavia col passare del tempo la luce perdeva intensità, ad un certo punto quasi rimasero al buio finché lo sciame non iniziò a brillare di una luce arancione, permettendo ai due di vedere.

Teek’nash non proferiva parola, ogni tanto si girava a controllarla, forse per vedere se rimaneva indietro, oppure picchiettava con una delle tante unghie uno dei tanti schermi sul suo corpo, oppure ancora faceva lo stesso con i pochi macchinari che incontravano sulla loro strada, segno che quei tunnel appartenevano a lui.

Dopo molto tempo riuscirono ad emergere in superficie, sul deserto era calata la notte, per fortuna Rohiri aveva degli stracci per coprirsi, le lune sapevano essere fredde quando volevano.

“I miei calcoli erano giusti. Per la luce nuova saremo arrivati a destinazione”

Voleva chiedere per quanti giorno avrebbero camminato nel deserto, la luce nuova sarebbe arrivata in altri sette giorni.
Iniziarono a camminare, ma non passò molto prima che sentissero delle urla in lontananza.

“TEEK’NASH, BASTARDO! SIAMO TORNATI A PRENDERCI CIO’ CHE CI SPETTA!”

L’urlo venne da una duna lontana, tre figure si avvicinavano a loro facendosi man mano più nitide. Tra di loro una spiccava per altezza, doveva essere il loro capo. I tre barbari aumentarono la velocità, intanto Teek’nash era calmo, o forse stava ragionando, non riuscì a capirlo. Quando furono abbastanza vicini la macchina prese la mira con la pistola. Sparò e prese uno dei tre, staccandogli un braccio con il solo impatto del proiettile.

Sfortunatamente il braccio staccato era meccanico, quindi il barbaro colpito non fermò la sua avanzata.

“Teek’nash, lo sciame!”
“Non posso usarlo. Le sue energie sono basse”

Teek’nash sparò un altro colpo, colpendo sempre lo stesso barbaro nel petto. Uno era stato eliminato, ne mancavano due. La macchina non fece in tempo a ricaricare che il più grosso dei due gli fu addosso. Il più grande attaccava con un’immensa spada a catena, alla fine della quale v’era un grande uncino, i suoi attacchi erano incredibilmente veloci vista la sua stazza.

Mentre Teek’nash combatteva il barbaro, l’altro si dirigeva verso Rohiri, in mano stringeva una pistola incrostata e, probabilmente, mal funzionante, mentre nell’altra un tubo sporco di sangue rappreso. Era vestito di stracci, come lei, e in faccia portava una bandana che ne copriva la maggior parte.

“Scappa Rohiri”

Non se lo fece ripetere due volte. Iniziò a correre a perdifiato, ma il deserto non le permise di andare lontano, in più, il suo inseguitore era troppo più veloce di lei. Corse finché le sue gambe non cedettero, facendola cascare nella sabbia, ormai fredda, del deserto.

Il barbaro la raggiunse, mettendole le mani addosso. Si dimenò come se ne dipendesse della sua vita, molto probabilmente era così, ma il suo aguzzino riuscì ad immobilizzarla con facilità. In lontananza sentiva gli ululati metallici di Teek’nash e il ronzare della spada a catena.

“Sai, ragazzina, ho sentito il bisogno di ucciderti dalla prima volta in cui ti ho visto, ahahah… ti prometto che sarò rapido, ahahah”

Chiuse gli occhi mentre le sue mani viscide si stringevano attorno al suo collo. Perché? Cosa aveva fatto lei di sbagliato? Perché? Perché? Era ingiusto, non aveva fatto nulla, non si meritava una fine del genere… no… no…

No… no, NO!

Urlò più forte che poteva con l’ultimo filo d’aria che aveva nei polmoni finché non sentì più le sue mani sul collo… era morta? Teek’nash l’aveva salvata? Eppure lo sentiva ancora combattere in lontananza, cosa era successo?

Riaprì gli occhi, il barbaro era scomparso ed intorno a lei c’era una nube di elettricità bluastra che dopo un po’ scomparve. Rimase sdraiata sulla sabbia, faceva così freddo e lei non aveva più energie. Era così perdere? Era tanto facile morire?

Aspettò inerme il gelido abbraccio della morte. Gli uomini vestiti di piume le avevano parlato di un certo abisso ululante dove vanno tutte le anime delle persone che muoiono. Come si chiamava? Atsha? Una cosa del genere comunque.

Dopo poco sentì qualcosa che la alzava, non riuscì ad aprire gli occhi, tenerli aperti era uno sforzo troppo grande, ma poteva percepire l’altezza a cui si trovava.

Una voce atona e robotica le giunse, ovattata e lontana.

“Annotare. Prima evidenza di poteri psichici nel soggetto 023-Rohiri. Minaccia umana ridotta a poco più di un cumulo di cenere. Fine annotazione”
   
 
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