Serie TV > Don Matteo
Segui la storia  |       
Autore: Doux_Ange    22/08/2020    0 recensioni
Viste le numerose incongruenze della dodicesima stagione (particolarmente negli ultimi tre episodi), insieme al disastroso finale, io e la mia partner in crime Martina abbiamo pensavo di sviluppare quella che, secondo noi, avrebbe potuto essere l'edizione numero dodici della celebre fiction.
Speriamo vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
SEMBRO MATTO

Marco’s pov

“Sei un idiota, lo sai?”

Non ti ci mettere anche tu, Grillo! Lo so già di mio, che ho fatto un casino... come sempre, del resto. Ci penseranno Cecchini ed Elisa appena scoprono tutto, a dirmene quattro. Posso già sentirli, “Come ti è saltato in mente? Lo sai, com’è fatta Anna!
Appunto, nessuno meglio di me lo sa, ma non è bastato a fermarmi in tempo, a impedirmi di dire quelle cose.
Quando tutto va bene, ci penso da solo a mettermi i bastoni tra le ruote. Perché deve succedere tutte le stramaledette volte?!
Sono appoggiato all’auto parcheggiata fuori dal cancello della villetta.
È sera, la luce è accesa, Anna è in casa.
Il problema è che io sono stato chiuso fuori, ed è stata lei a farlo.
Vedo la sagoma di mia moglie, attraverso le tende della finestra del salotto, intenta a giocare con le bambine, Ines e Lottie.
Ebbene sì, abbiamo litigato, e stavolta non per motivi tanto futili: Anna vuole rientrare al lavoro.
Okay, i quattro mesi di maternità stanno per terminare, ma il punto è lei vuole ricominciare praticamente a tempo pieno, e io ritengo che sia ancora troppo presto.

Mai toccare la divisa ad Anna o dirle cosa deve fare! Le basi, Marco!

Lo so, lo so, ma quando mi innervosisco, tendo a perdere il controllo, te lo devo ricordare? E non intendevo dire quello che ho detto.

Ma lo hai detto!

Infatti ora ne sto pagando le conseguenze, no?
 
Continuo a osservare quanto accade all’interno della villetta, finché le luci si spengono. Abbasso la testa, sconsolato. Sapevo che non avrebbe cambiato idea.

Vuoi farti perdonare? E allora pensa ‘da Marco’! La soluzione la trovi.

Magari fosse facile, Grillo... e poi, non sei tu che dovresti suggerirmi cosa fare?

Io sono la tua coscienza, ma quando si tratta d’amore, è il cuore che devi seguire, non la testa!

Anche questo è vero.
A forza di ascoltare il cervello, per poco non mi ero lasciato scappare la cosa più bella che mi sia mai capitata nella vita, qualche anno fa. Di certo non posso permettere che adesso sia un litigio, a rovinare tutto.
So che Anna non vede l’ora di rimettere la divisa, che per quanto adori passare il tempo con le bambine, dedicandosi a loro tutto il giorno, l’uniforme è praticamente la sua seconda pelle. Che se non torna ad essere Zorro sta male.
E proprio io, che avevo sempre sostenuto che avrebbe potuto essere madre e Capitano al contempo, che una cosa non esclude l’altra, me ne sono uscito con quella discussione.
Il punto è che lei non è arrabbiata solo perché le ho detto che è ancora presto, ma perché ho affermato che la divisa non è impostante. E detto da me, quelle parole le hanno fatto ovviamente male.
Devo trovare una soluzione, inventarmi qualcosa... ma cosa?

Per il momento, ho chiesto ospitalità a Cecchini. Elisa è andata a Roma a trovare alcune sue amiche, e per fortuna il maresciallo non ha fatto domande, sul perché io sia qui, alle undici di sera, a domandargli di ospitarmi per stanotte. Si è limitato a sorridere, accogliendomi come un padre farebbe col figlio. Ha certamente capito che è successo qualcosa con mia moglie, solo mi sembra strano non abbia commentato, conoscendo il soggetto. Ma probabilmente ha solo rinviato la conversazione a domattina.

Anna’s pov

Ho messo da poco le bambine a letto, quando mi chiudo in bagno e mi immergo nella vasca.
Le candele profumate che mi ha regalato Chiara riempiono l’aria di un meraviglioso odore di rosa.
Appoggio stancamente la testa al bordo della vasca, una ciocca di capelli sfugge alla crocchia tenuta su da una matita, bagnandosi, ma non ci faccio troppo caso, mentre mi soffermo a osservare il piccolo vaso poggiato sul mobiletto.
C’è una rosa bianca, dentro, in mezzo ad altri fiori essiccati. Ma, seppur immacolata, non è finta, tutt’altro: ha subito tutta una procedura affinché la potessi conservare intatta, e di queste rose ce n’è almeno una in ogni stanza della casa.
Sono dodici in tutto, e formavano, insieme ad altri fiori, il bouquet del mio matrimonio.
Era stata mia sorella a coglierlo al volo, ma me lo aveva restituito, tenendo per sé solo uno degli altri fiori. Mi aveva detto semplicemente che bastava il valore simbolico, in fondo non aveva nemmeno un panda da sposare, e che secondo lei era giusto lo conservassi io, in quanto emblema perfetto di come nei dodici mesi (come le rose) che avevano separato un matrimonio dall’altro, io e Marco eravamo cresciuti insieme, come coppia, ed eravamo riusciti a trasformare la nostra vita, perché quando tutto stava per crollare, avevamo saputo rialzarci insieme, più forti e uniti di prima. Era stata mamma a volere che il bouquet avesse esattamente questa composizione, per queste ragioni. Ricordo di aver pianto, quando me lo ha detto.
E anche ora son tornate le lacrime. Ma non di gioia, stavolta. Perché quando tutto sembra andar bene, ecco che succede qualcosa che rompe l’equilibrio. E nonostante la presenza delle bambine con me, questa sera la casa sembra estremamente vuota.
 
«Come ritrovarsi in una casa vuota…»

Sono arrabbiata con Marco.

Sicura, sia rabbia?

no, in effetti forse è più delusione. Il mio Marco, l’uomo che ha ripetuto più volte che mi ama esattamente come sono, ha definito la mia divisa ‘non importante’.

Sono certa che non lo pensa davvero, dai...

Ma lo ha detto, Vocina. Le hai sentite anche tu, le sue parole. E mi hanno fatto male, soprattutto perché è stato lui a pronunciarle.

Io non voglio sminuire la situazione, ma non pensi sia giusto cercare di vedere la situazione anche dal suo punto di vista?

Ma tu da che parte stai?

Dalla tua, ovviamente. Ma sono la tua coscienza, e do voce a quei pensieri che non vuoi ascoltare, ma che tu stessa generi.

Rilascio un lungo sospiro. Forse dovrei davvero farlo, ma... cosa può aver spinto mio marito a dire certe cose? Perché se le ha dette, vuol dire che le pensa. E da lui, non me lo aspettavo.
Sento altre lacrime tornare a pizzicare, quando una testolina riccioluto fa capolino dalla porta.
Ines.
“Non riesco a dormire...” biascica, stropicciandosi un occhio.
Sorrido, intenerita.
“Torna a letto, arrivo subito.”

Fine della pausa relax.

Quando la raggiungo nella sua cameretta, la trovo seduta a gambe incrociate sul letto, con stretta tra le mani una foto scattata la settimana scorsa durante il nostro viaggio di nozze alternativo.
“Perché Marco non è a casa con noi?”
“... è fuori per lavoro,” mento, mordendomi la lingua. Avrei dovuto aspettarmi la sua domanda.
“Non ci credo. Vi ho sentiti litigare, prima. E ho visto che piangevi, nella vasca.”

Tuo marito l’ha sempre detto, che è troppo furba.

“No, hai ragione. Abbiamo litigato, e stasera non torna. Ma sono cose che capitano, tra grandi, tu non ti devi preoccupare.”
Lei però abbassa lo sguardo, e noto i suoi occhioni nocciola riempirsi di lacrime.
“Avete litigato perché non vi volete più bene?”
Avverto il cuore incrinarsi alle sue parole, così la abbraccio forte, mentre lei si accoccola contro il mio petto, le manine chiuse a pugno attorno alla mia canotta.
“Ma no, non è per questo, anzi...!” cerco di rassicurarla. “è proprio perché ci vogliamo bene, molto bene, che abbiamo litigato.”
Ines sembra confusa. “E com’è possibile?”
“Siamo complicati, noi grandi, vero?” scherzo. “Sai, certe volte, quando due persone si vogliono così tanto bene, come me e Marco, a volte vedono le cose in maniera diversa, ma solo perché vogliono il meglio l’uno per l’altra.”

Un ragionamento interessante. Su cui puoi riflettere per bene.

La bambina annuisce, prima di assopirsi tra le mie braccia. La sistemo sotto le coperte, pensando alle mie stesse parole.
E se Marco quelle cose le avesse dette perché vuole il meglio per me? Per... noi?
 
«…E il cuore batte forte perché ha l'ansia di arrivare...»

Prendo la foto che Ines stringeva prima tra le mani, avvertendo il cuore iniziare a battere forte solo osservandola.
È incredibile come quell’uomo impossibile sia capace di provocare tutto questo scompiglio, dentro di me. Come riesca sempre a smuovere qualcosa. E nessuno prima, o dopo, di lui, è mai riuscito a fare altrettanto. È come se ogni volta che ci guardassimo negli occhi, in realtà ci guardassimo dentro, per controllare che sia tutto a posto, integro, senza dolori, o ricordi, o incomprensioni che possano farci star male. E se c’è qualche problema in punta di piedi entriamo l’uno dentro l’altra per provare a sistemare ciò che non va.

Sai che parlare con te mi fa stare meglio?

Quanto avevo ragione, quel giorno...
Parlare è sempre la chiave per risolvere tutto, tra noi.
Solo che stavolta ho paura. Sì, io.
Paura che quelle parole che Marco ha detto, possa pronunciarle di nuovo. Che lui creda veramente che tornare a indossare la divisa full-time adesso sia troppo presto, o addirittura sbagliato. Ma per me è come una seconda pelle, e non potrebbe mai essere presto o sbagliato.
Non sono ancora pronta a parlare con Marco, ho bisogno di stare un po’ da sola per riflettere.
A volte, la solitudine fa bene, no?

Se lo dici tu...

Marco’s pov

Sono le 7.30 del mattino. Mi sono appena alzato dal divano di Cecchini, scomodo come lo era un anno e mezzo fa. Il maresciallo è a tavola, intento a fare colazione, ma non appena nota i miei movimenti, si affretta a salutarmi e a farmi posto.
“Ha dormito bene?”
“Avrò chiuso occhio sì e no un paio d’ore, maresciallo.”
“È per quello che è successo con Anna?”
Annuisco, incerto. Cos’è, le ha telefonato e lei gli ha raccontato della lite?

Non sono neanche le 8 del mattino, e per quanto tua moglie sia mattiniera, dubito che avrà avuto il tempo, o la voglia, di vuotare il sacco con Cecchini. C’è Ines da portare a scuola e Carlotta da sistemare.

“Io non so perché avete litigato - perché il motivo per cui è qua può essere solo questo - ma dev’essere stata una cosa più pesante del solito.”
Alle sue parole, tentenno. Non so se raccontargli tutto o meno. Alla fine decido di farlo, ma quando sono sul punto di parlare, lui mi blocca.
“Stavolta non mi voglio immischiare. Perché a furia di mettermi in mezzo, ho sempre combinato casini e peggiorato la situazione. Ma sono sicuro che tutto si risolve, Lei la soluzione la sa trovare. Deve solo capire cosa è andato storto, e pensare a cosa piace ad Anna per farsi perdonare, e poter chiarire. Ma se ha bisogno d’aiuto, io sono qua. Mi impiccio solo se me lo chiede.”
Lo osservo per qualche istante, assimilando le sue parole, prima di ringraziarlo. Ha ragione, e mi ha dato un’idea su cosa posso fare. Sto per alzarmi, quando lui riprende a parlare.
“Sa quante volte, io e mia moglie Caterina abbiamo litigato per motivi stupidi, ma poi si è sempre sistemato tutto, come quella volta che-”
“Ah, maresciallo!” lo interrompo, con una risata. “Aveva detto che il Suo aiuto me lo avrebbe dato solo su richiesta!” lo prendo bonariamente in giro.
“Giusto,” mormora lui, abbassando la testa, colto sul fatto.

Sempre il solito Cecchini.
 
«…Come un tornado hai scompigliato tutto
Mentre dormivo lì tranquillo a letto...»

Sono sceso in strada, pronto a dirigermi in tribunale. Però... è come se avessi qualcosa in sospeso, come se mi mancasse qualcosa, stamattina.

Il buongiorno della tua famiglia, magari.

Già, anzi direi proprio la mia famiglia in sé. Mi manca Ines, già iperattiva appena sveglia, che mi racconta i sogni che ha fatto. Mi manca Carlotta, che gioca con la mia barba quando la tengo in braccio mentre facciamo colazione. E mi manca Anna, che mi dà il buongiorno con uno dei suoi baci...
Devo risolvere questo casino in fretta, non è passato nemmeno un giorno e sto già così! Con il matrimonio, è come se la mia vita fosse cambiata di botto, o perlomeno, è così che l’ho percepito. Come un uragano.
 
«…Perché mi hai preso il cuore dentro al petto
Quando credevo che si fosse rotto…»

Ma chi voglio prendere in giro... quel tornado ha mutato tutto la mattina che ho conosciuto Anna, quando tutto ha cambiato colore. Quando la divisa che indossava l’avevo notata appena, perché rapito da quelle iridi di smeraldo, ipnotiche. Avevo sentito un calore diverso pervadermi, come se improvvisamente gli ingranaggi dentro di me avessero ripreso a lavorare dopo un periodo di fermo.
È questo il punto: Anna mi manca più di tutto il resto, non sono passate nemmeno ventiquattr’ore eppure ne sento già gli effetti. Come se quegli ingranaggi si fossero nuovamente bloccati. Mi sento come una nave bloccata a terra, le vele immobili in assenza del vento che le sospinge.
Rivoglio il mio tornado. Devo farmi perdonare.
 
Sto per salire in auto quando una voce richiama la mia attenzione: la signora Serena. Si avvicina, chiedendomi come mai sono da queste parti.
Col miglior sorriso che riesco a mettere su, rispondo che sono passato solo per un saluto al maresciallo.
“Mh... non mi convince. Non sono mica nata ieri, io, giovanotto! Di solito c’è almeno Ines, con Lei, prima che l’accompagnate a scuola. È proprio sicuro che vada tutto bene?” indaga, con uno sguardo che non ammette bugie.
Mi decido a vuotare il sacco, dicendo di aver avuto semplicemente un diverbio con mia moglie, ma che non è niente di irrisolvibile. Lei, inaspettatamente, mi si avvicina e, stringendomi un braccio, afferma che è convinta si sistemerà tutto in fretta.
 
«…E parlare e ridere con le persone
Per finire ogni discorso sempre e solo col tuo nome...»

Al mio sguardo confuso, lei precisa, “Lei è sempre lo stesso uomo che si è arrampicato su per una scala per raggiungere la finestra della sua Giulietta, e per di più s’è beccato una secchiata d’acqua dalla sottoscritta. Può tutto!”
Ridiamo entrambi al ricordo, con lei che approfitta per scusarsi dell’accaduto.
“Lasci stare, acqua passata.”

Direi più ‘gelata’...

Grillo, ti pare il caso?
La signora Serena mi incoraggia nuovamente, prima di salutarmi e andar via.
“E dica a Sua moglie di passare, ché voglio salutare le bambine!”

Nel tragitto in auto verso il tribunale, ripenso alla conversazione. Tra tutte le idee che mi frullano per la testa, c’è di sicuro la soluzione. Ma qual è quella giusta?
Nel pomeriggio, passo dalla caserma per il solito controllo di routine che faccio ogni giorno da quando Anna è in maternità. Sceso in piazza, in attesa che arrivi anche Cecchini, mi torna in mente quando, proprio da questo punto, le avevo fatto quella ‘sorpresa’, mentre lei era in servizio. Dire che fosse arrabbiata è poco.
Lei sempre così ligia sul lavoro, quell’episodio non le era andato giù.

Mai azzardare qualcosa che va contro le regole, che non rispetta la divisa che indossa.

All’inizio, perfino un bacio era un problema, soprattutto se davanti agli altri. Col tempo è diventata più accondiscendente in merito, ha accettato di passarci sopra, ma sul resto no.
Quella sua seconda pelle va rispettata e nulla deve inficiarne il valore.
Noto un gruppo di ragazze passarmi accanto, e le sento chiedersi perché c’è un tizio strano che da più di dieci minuti è fermo in piazza, a fissare la finestra di una caserma dei carabinieri.
Nel frattempo, Cecchini mi raggiunge, chiedendomi, adesso che siamo lontani da orecchie indiscrete, se ho trovato la soluzione al mio problema. Sono costretto a negare.
“Non si preoccupi, vedrà che troverà il modo di farsi perdonare da Anna.”
“Lo spero, maresciallo. In fondo non è nulla di irrisolvibile, ma Anna ha ragione, ad essere arrabbiata con me dopo quello che le ho detto... Ne sono consapevole, ed è per questo che devo rimediare.”

Mentre ci dirigiamo a piedi verso casa del maresciallo, passiamo accanto alle ragazze di poco fa, e stavolta becco uno strascico di conversazione che mi porta a rallentare il passo.
“... c’era da aspettarselo, che avesse problemi sentimentali e ci fosse di mezzo una donna!” dice una di loro.
Sto per intromettermi per dirle che non è carino origliare (Perché, tu che stai facendo, scusa?), quando lei riprende a parlare.
“Certo, a sentire la conversazione, la sua sembra una causa persa in partenza... deve averla combinata grossa, se ha pure ammesso che lei ha ragione ad arrabbiarsi! Però... tifo per lui.”
“Anch’io,” replica un’altra, annuendo. “Sembra convinto, ce la può fare.”
Le altre ragazze sono d’accordo sulla questione.
Scuoto la testa, ridacchiando, mentre riprendo a camminare.

Wow, chi l’avrebbe mai detto? Hai pure un fanclub! Chiamiamole “Le paladine delle cause perse!” Hahaha!

Grillo!
«…Mi sa che non saprò spiegarti bene tutto questo perché so
Che sembro matto...»

Il maresciallo mi assicura che posso restare da lui finché non risolvo con Anna, ma io spero che accada presto. Solo che non so come spiegarle perché ho detto quelle cose, come giustificarmi, come farmi perdonare.
Arriviamo sotto casa, per trovare in strada Anna e le bambine, che lo aspettano. A quanto sembra, è stata Ines a insistere.
Non riesco a decifrare l’espressione di mia moglie: è felice di vedermi o no?
Ines, nel frattempo, mi è corsa incontro, dopo aver urlato un “Marcooooooo!” che ha attirato l’attenzione del vicinato, e adesso è aggrappata alla mia gamba rifiutandosi categoricamente di allentare la presa.
Sentiamo una certa finestra aprirsi.
“Buongiorno! C’è bisogno di un secchio d’acqua, per caso?” domanda con un sorriso la signora Serena, scherzando. Per fortuna.
Noto Anna cambiare espressione di botto, così decido che per il momento è meglio non forzare le cose: sembra non essere ancora disposta a parlare con me, per cui saluto il maresciallo,  dicendogli che lo raggiungerò più tardi.
“No, no, non te ne andare!” piagnucola Ines, serrando di nuovo le braccia. “Non te ne andare, Marco!”
Ci vuole qualche minuto di pazienza, ma alla fine accetta il compromesso: domani usciamo per un gelato.
 
Anna’s pov

Quando la signora Serena minaccia di ricorrere al secchio d’acqua, ho avuto un flashback che mi ha riportata a quel dicembre. Marco le aveva tentate tutte, per trovare il modo giusto di farmi la proposta, ma non gliene era andata bene nemmeno una. Eppure aveva sfruttato tutte idee legate a ciò che era sicuro mi sarebbe piaciuto. Ma era stata la maniera più semplice, la meno scontata, quella che solo noi due avremmo potuto comprendere e apprezzare, ad avergli permesso di mettermi al dito quell’anello che ora indosso insieme alla fede nuziale.
A volte mio marito sembra matto, ma è proprio questo che lo rende unico. Senza i suoi difetti, le sue paure e la sua fiducia incondizionata verso i piani di Cecchini non sarebbe lui. E io lo amo anche per questo.
Sono salita in casa con il maresciallo e le bambine, e adesso siamo in soggiorno. Ines fa merenda, raccontando la sua giornata a nonno Nino, che tiene in braccio Lottie, ma la mia mente è altrove.
Sta ripercorrendo il litigio con Marco, in seguito alla mia affermazione di voler tornare al lavoro.

Inizio flashback

«Credo sia arrivato il momento che io rientri al lavoro. Potremmo cercare una babysitter, o chiedere a mia madre di darci una mano con le bambine... Sono sicura che…». Lo sguardo di Marco si era fatto cupo, nel sentire le mie parole, e mi aveva interrotta dicendomi che forse era ancora presto. La situazione era degenerata in pochi in secondi. Avevamo alzato la voce, e poi Marco aveva pronunciato quelle parole «…la divisa, ora, non è la cosa più importante, non credi?». Io, lì non ci avevo più visto: la mia divisa è sempre importante! Un attimo dopo Marco era fuori dalla porta, la mia schiena appoggiata contro di essa e le lacrime che scendevano a fiume.

Fine flashback

Un rumore improvviso alla finestra richiama l’attenzione di tutti.
Qualcuno sta davvero lanciando sassolini? Non sarà Marco, spero!
Nonostante il maresciallo dica che sicuramente sono dei ragazzini che giovano, io mi alzo per controllare, scoprendo che avevo immaginato bene.
Non ci posso credere.
Non passa nemmeno un secondo, e senza rifletterci afferro uno dei cuscini sul dicano per scagliarlo con violenza in strada, beccando in pieno mio marito che non fa in tempo a scansarsi, intimandogli di smetterla di comportarsi come un ragazzino. Chiudo la finestra con un colpo secco, indispettita.
Cecchini mi lancia un’occhiata perplessa.
“Se ne vuole parlare, io sono qua...”
Declino l’offerta, optando per tornare a casa.
 
Sono le 22 quando Ines, esausta per la giornata intensa, è crollata nel suo lettino. Lottie dorme già da un’oretta, dopo l’ultima poppata serale.
Vista la temperatura mite di questo aprile, decido di uscire in balcone a prendere una boccata d’aria.
Noto immediatamente la moto di Marco in strada, ma di lui nemmeno l’ombra.
Aguzzo la vista, prima di vederlo in giardino, intento ad armeggiare con una scala a pioli che avrà recuperato dal garage. Vuole beccarsi un altro cuscino in testa?
“Posso sapere che cosa pensi di fare?” gli chiedo a bruciapelo. Lui solleva lo sguardo.
“Vorrei solo parlare con te.”
“Beh, io non voglio parlare.”
Mio marito fa spallucce, appoggiando la scala, ma quando arriva all’ultimo gradino e scavalca la ringhiera, è troppo tardi, io sono già rientrata chiudendo la porta finestra, sedendomi poi stancamente a terra, con la schiena poggiata contro il vetro.
“Va bene, stiamo così...” sento mormorare dal balcone, e dal fruscio capisco che anche Marco si è seduto per terra, nella mia stessa posizione, dietro di me.
Come ci siamo arrivati, a questo punto? A essere separati volontariamente da un vetro?

Volontariamente per te, vorrai dire. Fosse per lui, lo avrebbe già sfondato, se non fosse che la cosa ti farebbe arrabbiare più ti quanto tu già non lo sia.

E che cosa dovrei fare?

Parlagli! Prima che si presenti con un mandolino per farti una serenata, cortesemente. Le mie orecchie non lo sopporterebbero.

Forse devo darti retta, Vocina. E farlo ora.
Ma quando mi alzo, Marco è già andato via.
 
Marco’s pov

Sono in piazza, sotto la caserma. Ho chiesto aiuto a Cecchini, alla fine.
Anna è su con lui, nel suo ufficio, per ritirare alcuni documenti.
Nel suo ufficio, dove vuole tornare al più presto.
Nel frattempo, intorno a me si è radunato un gruppo di curiosi, e a ragione: ho un megafono in mano, anche se non so bene né cosa dire, né cosa io stia facendo. Ma non mi importa se sembro matto, come borbotta una signora alle mie spalle. Sarei pronto a tutto per Anna, e non ho certo paura che alcuni pensino io mi stia mettendo in ridicolo, perché non è così. Ho imparato ad affrontarle, le vere paure.
E l’unica cosa di cui adesso ho davvero paura, è di perdere Anna.
A quanto pare non c’è solo la signora che pensa io sia pazzo, ma qualcuno che scommette che sto per urlare alla mia ‘innamorata’ qualcosa di romantico.
Mi volto, per capire chi sia.

Ehi, ma è una delle ‘Paladine’ di ieri!

Lei mi fa l’occhiolino, proponendosi insieme alle ragazze della combriccola di darmi una mano. Dopo esserci accordati, conto.
3... 2... 1...
Un coro squillante che intona un “TI AMO!” riempie l’aria della piazza.
Come previsto, la finestra si apre, e Anna si affaccia, incredula, le mani a coprire la bocca.
Adesso non so come continuare. Ma lei non sta scappando, è lassù, immobile, che mi osserva.
Una delle ragazze dietro di me mi fa cenno di passarle il megafono, avvicinando poi il cellulare.
Si diffondono le note di una canzone, e le parole sono quelle che probabilmente avrei dovuto dire io.
 
«…Abbiamo dedicato le energie che avevamo
Ai bimbi, ai tramonti, a quei giorni
Che scivolano tra le dita e ora che non ritorni
Ho perso una via d’uscita
La mia migliore amica…»

È vero, mi sento perso senza di lei. Anna è la mia bussola che indica il nord, la strada giusta da prendere. E la stavamo percorrendo assieme, quando io mi sono perso. Ho lasciato che la paura prendesse di nuovo il sopravvento, perché in fondo è questo il problema, ogni volta: non so affrontare ciò che mi spaventa come dovrei, ma stavolta ammetterlo è più difficile, perché riguarda lei.
 
«…La tua risata, i tuoi occhi due fari
Le tue labbra, le tue mani
Ora ricordo quei particolari
Che impari quando servi chi ami...»

Quella mattina, in piazza, mi ero perso nei suoi occhi, e la divisa era come se non ci fosse. Non perché non l’avessi notata, ma perché mi sarebbe servito del temo per notare i veri particolari.
La cura con cui appoggiava la giacca quando la toglieva, il modo di mettere il cappello. L’attenzione con cui osservava la sua immagine allo specchio una volta pronta, per essere sicura che fosse tutto in ordine. La fierezza del portamento, quando la indossa. L’amore per il suo lavoro.
Ha dedicato tutta la vita all’impegno per diventare un carabiniere, conscia dei pericoli che possono presentarsi in ogni momento. Consapevole che avrebbe dovuto lottare contro tutto e tutti per dimostrare di meritare ciò che ha ottenuto. Che quella divisa l’avrebbe fatta sembrare meno donna agli occhi dei più, ma che qualcuno sarebbe stato capace, prima o poi, di guardare oltre.
E io l’avevo fatto, o almeno dall’esterno così sembrava.
Ma la verità è che quella divisa non è mai stata, e mai sarà un ostacolo che mi impedisce di vedere chi la indossa. Perché quando vedo Anna, colgo anche la sua risata alle mie battute che non fanno ridere, quegli occhi verdi che cercano sempre i miei, le sue labbra che mi riportano ai baci che mi lasceranno sempre senza fiato, e le sue mani che stringono forti alle mie come a voler dire, “Sono qui, non vado da nessuna parte.”
Vedo Anna, semplicemente. La donna di cui mi sono perdutamente innamorato. Mia moglie, la madre di mia figlia, che è anche un Capitano dei Carabinieri.
E io non potrei essere più fiero di poterlo dire, e di lei. Della donna che è.
 
«...Il tempo si ferma quando siamo assieme
Perché è con te che io mi sento bene
Voglio quei pomeriggi sul divano
In cui mi stringevi e respiravi piano
Ho perso te la mia armatura di vibranio
Sembro strano…»

Il tempo sembra essersi fermato davvero. La gente intorno a me osserva la scena: Anna continua a fissarmi, ferma alla finestra, mentre io prego per un suo cenno.
La finestra, però, si richiude con un colpo secco.
La piccola folla accenna uno sconsolato “Nooo!”, mentre la ragazza che teneva il megafono ha nel frattempo fermato la musica. Mi consegna l’oggetto, asserendo però che  non devo preoccuparmi, che lei mi perdonerà.
“Forse sei troppo ottimista, mi sa che è davvero una causa persa, questa.”
“Niente affatto,” scuote la testa lei, con un sorriso. “Solo un matto avrebbe accettato di mettersi in gioco così, davanti a tutti. Ma amare è follia, e se lei non è folle abbastanza da capirlo, ha solo da perderne.”
 
Anna’s pov

Sono a casa, intenta a pensare a quanto successo in piazza nel pomeriggio.
Ines ne sta parlando estasiata -  perché Cecchini, ovviamente, non poteva non raccontarle per filo e per segno l’accaduto - e lo sta mimando a Lottie. Ha messo su uno spettacolino niente male, prima interpretando Marco, seduta per terra con un foglio arrotolato a mo’ di megafono, e poi fingendo di essere me, in piedi sul divano.
Carlotta ride, dal suo porte-enfant, mentre Ines si accomoda sul pouf posizionato proprio accanto a mia figlia, e commenta quanto secondo lei la scena sia stata romantica, perché Marco non ha avuto paura che le persone intorno a lui potessero prenderlo in giro nonostante il lavoro importante che fa.
Come fa una bambina di neanche otto anni ad essere così saggia?

Tuo marito l’ha sempre detto.

Lo so, Marco ha sempre affermato che io sono più importante di qualsiasi altra cosa, compreso il suo lavoro. E ha deciso di ignorare il mormorio della gente perché voleva dirmi, in modo che io lo ascoltassi per forza, quanto mi ama.
Mi avvicino alla finestra, per vedere la moto di Marco parcheggiata al solito posto in strada e lui seduto in giardino.

È sempre qui. Nonostante tutto. E lo sai bene, perché.

Esco in balcone. Lui deve avermi sentito aprire la portafinestra, perché si è alzato in piedi. Io non apro bocca, limitandomi a lanciargli le chiavi di casa per poi rientrare.
Passano pochi istanti, prima che Marco mi raggiunga. Ines si sistema meglio sul pouf, in silenzio, prendendo la manina di Carlotta, in attesa.
“Scusa...” è l’unica cosa che mormora mio marito, osservando la mia reazione. Quando io non rispondo, lui continua. “Scusa, se mi sono comportato come un ragazzino lanciando i sassolini alla finestra. Scusa, se ho cercato di forzarti a parlare quando mi sono presentato con la scala sotto casa, e tu non eri pronta a farlo. Scusa, se ti ho messa in imbarazzo, con quella scenetta in piazza. Scusa, se ti sono sembrato un matto. Ma la verità è che lo sono. Lo sono, perché ti amo. Perché non c’è posto nel mondo in cui non sarei pronto ad andare, pur di stare con te. Anche in Pakistan, se fosse necessario. Perché non posso nemmeno immaginarla, una vita senza di te. E non dovevo dirti quelle cose, l’altra sera, ma avevo paura.”
“Paura... di cosa?”
“Di perderti,” risponde mio marito, semplicemente.
Solo adesso capisco tutto. La sua reazione... Il problema non era volermi impedire di tornare a lavorare, ma tutto ciò che può accadere mentre sono in servizio.
Non è più come prima. Adesso siamo sposati, abbiamo una famiglia, e l’idea che possa succedere qualcosa fa più paura.
Scuoto la testa, lasciandomi andare.
Gli prendo il volto tra le mani per poterlo avvicinare a me e baciare.
Ancora una volta, l’errore di partenza è stato il mio, ma non succederà come l’anno scorso.
 
Sento Ines ridacchiare.
“Hai visto, Lottie? Mamma ha perdonato papà! Aveva ragione il nonno...”
Persa nel momento, non capisco se sto fraintendendo le parole della bambina, ma avremo modo di verificare più avanti.
Quando io e Marco ci separiamo per riprendere fiato, lui appoggia la fronte alla mia, le braccia strette attorno ai miei fianchi.
“Lo so quanto la divisa sia importante per te, e quanto non vedi l’ora di poterla indossare di nuovo... So anche che non posso pretendere di tenerti a casa per sempre, pensando che sia questo il posto più sicuro, solo perché ho paura... E... lo ammetto, in realtà mi manca il mio Capitano...”
Rido sommessamente alla sua affermazione.
“Posso prometterti che starò attenta, più di prima. E supereremo questo ostacolo insieme... perché anch’io ho paura. Paura che niente sia più come prima, che possa accadere qualcosa non solo a me, ma anche a te o alle bambine... Però non possiamo vivere ingabbiati. Se siamo arrivati qui, è perché abbiamo imparato che insieme possiamo affrontare tutto, perché per amore si può e si deve cambiare. E cambiare non significa per forza evolversi in qualcosa di nuovo, ma semplicemente... crescere. Maturare. Anche cadendo e sbagliando. Anch’io ho sbagliato, tanto... e avevi ragione, non sono davvero pronta a tornare al lavoro a tempo pieno. Piano piano. Devo ancora abituarmi all’idea di dovermi separare da Carlotta... ce la posso fare solo se mi aiuti tu.”

Marco’s pov

Sono in piazza con Cecchini e le bambine.
Oggi è un giorno importante.
Dietro di noi ci sono schierati tutti i carabinieri della caserma di Spoleto.
Di fronte a me, con passo sicuro e testa alta, con indosso la sua fedele divisa, c’è la donna più bella del mondo, con un sorriso radioso sul viso.
Quando ci raggiunge, tutta la caserma si pone sull’attenti.
Ines, che ha insistito per vestirsi nel modo più simile ad Anna, imita a modo suo la posizione, strappando a tutti una risata. Io tengo la mia Lottie tra le braccia, prima di avanzare, per prendere posto davanti a mia moglie.
“Bentornata, Capitano!”
Anna ha gli occhi lucidi e, con mia grande sorpresa, mi bacia.
“Sei matta? Un bacio, in divisa, davanti a tutti?” scherzo.
Lei accarezza la testolina di nostra figlia, stringendo a sé Ines con la mano libera, prima di tornare con l’attenzione a me.
“A volte ne vale la pena, di sembrare matti.”
 
THE END
 
Eccoci alla fine - vera, stavolta -  di Don Matteo 12 - 2.0!
Come accaduto per il capitolo 10, lascio lo spazio alla mia socia.

Siamo giunti alla vera fine di questa avventura chiamata “Don Matteo 12 - 2.0”.
Questi tre capitoli bonus, il cui numero non è voluto ma sembra quasi richiamare la cabala cristiana, vanno a completare un percorso logico naturale, che riporta Anna ad indossare nuovamente la sua divisa dopo la pausa per la maternità. Perché Anna la considera la sua seconda pelle e per nulla (e nessuno) al mondo è pronta a rinunciarvi. E il cerchio si chiude in piazza Duomo, con Anna e Marco uno di fronte all’altra, dove tutto è iniziato.
L’avventura finisce perché, nonostante le mille idee che potremmo avere sul continuo, voglio (e vogliamo) sperare che la storia per i nostri amati Capitano e PM torni sulla retta via con Don Matteo 13. E quindi, quelle idee, incrociamo le dita perché possano tornarci utili nei prossimi anni, come naturale prosieguo di una stagione andata in onda nel modo che tutti vorremmo.
Se così non fosse, Grillo vi promette che questa storia può sempre ripartire da dove ora finisce.
Come ho fatto qualche capitolo fa, voglio ringraziare nuovamente la mia super socia e amica Mari, che più di altre volte ha dato fiducia alle mie idee. Ma come ho già detto, tutto questo è sempre frutto di un meraviglioso lavoro di squadra. <3
E a proposito di squadra, di team, questo capitolo in particolare è dedicato a tutti quelli che si professano (mi auguro con convinzione) membri del Team Nardi, o meglio di quello Anna&Marco, ma soprattutto alle ‘Paladine delle cause perse’ (che spero abbiano letto il capitolo), perché quando dicevo e dico che prendo spunto da cosa ci raccontiamo, è vero, e i capitoli bonus ne sono la conferma. Un cameo era il minimo che potessi fare per ringraziarvi dell’aiuto che date a “Dory”.
Don Matteo 12 ha fatto molti ‘danni’, ma ha anche fatto cose buone. Spero che l’amicizia nata con le Paladine, e questa storia, ne siano l’esempio, e non solo per me.
Grazie a tutti per averci sostenuto in questo lungo viaggio. Ma come sempre, non è un addio, solo un arrivederci e alla prossima avventura.
Il vostro Grillo <3

Non c’è molto altro che io possa aggiungere, se non che è proprio vero: nonostante lo scempio, è nata un’amicizia bella e speriamo duratura con le “Paladine”, e se per questa volta ci siamo incontrate a Spoleto solo virtualmente, chissà che un giorno riusciamo a farlo davvero, nel ‘mondo reale’.
Io e Marti abbiamo condiviso tanto - anche e soprattutto al di fuori della serie tv - ed è la parte più bella di tutte. Come ho già detto, ho trovato un’amica, e ne sono felice.
Come già menzionato dalla mia socia, è solo un arrivederci, perché altre opere sono in cantiere, tempo permettendo.
A presto,

Mari
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Don Matteo / Vai alla pagina dell'autore: Doux_Ange