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Autore: Kameyo    24/08/2020    5 recensioni
Ogni essere vivente ha un'anima gemella, ma in mondi tanto vasti è difficile che tutte le coppie riescano a incontrarsi. Per questo, a ogni neonato di ogni pianeta viene regalata una bussola speciale, l'ago punta solo in direzione del proprio spirito affine. Le anime gemelle condivideranno ogni sensazione fisica almeno finché non s'incontreranno e potranno stare insieme.
"Sasuke credeva di aver ricevuto una bussola rotta. Sentiva le sensazioni dell'altra persona su di sé, poteva percepirla, era viva, esisteva, ma l'ago continuava a girare a vuoto come se non riuscisse a trovarla, e Kathréptis era un pianeta fin troppo piccolo perché questo fosse possibile. Ma forse era proprio Kathréptis il problema.
[AU!Soulmate][La raccolta potrebbe contenere delle OS]
Genere: Erotico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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27.
Polvere
 
 
 
Ashura poggia la bussola di Indra sul tavolo, l’ago punta su di lui, inesorabile, e senza Toneri a sostenerlo, quella casa silenziosa appesantisce ancor di più il peso che lo schiaccia da secoli.
Ma presto sarà finita.
«Dimmi soltanto una cosa, e per una volta sii sincero. La maledizione non esiste, non è vero? Kaguya non ha mai avuto questo potere.»
Non si volta a parlare con il suo interlocutore, preferisce dargli le spalle, non vuole guardarlo, non vuole che veda quanto lo odi per ciò che gli ha fatto, che ha fatto a loro.
«Nessuna maledizione» è l’ammissione.
Il cuore di Ashura potrebbe spezzarsi ancor di più, se non si fosse già sgretolato tempo addietro. Duemila anni senza potersi sfiorare né vedere, e alla fine non era altro che una menzogna.
«Kaguya può solo vedere i fili che uniscono le anime, esattamente come Toneri e Hamura. È per questo che ha dato loro il potere di creare le bussole, non c’è altro dietro. Nessuna maledizione per punirti, nessun sangue infetto, nessuna giustizia divina.»
«Ha visto il vostro legame e ha fatto creare le bussole per ferirmi.»
«Quindi, l’unica nostra sfortuna è di essere tuoi figli. La nostra maledizione è di essere nati fratelli, ma, così come il fatto di essere anime gemelle, anche questo è stato un caso. Tutto nella nostra vita è stato un caso e tu ci hai fatto credere che-»
Sbatte il pugno sul muro, la rabbia è tale da creare una crepa. Continua a non volersi voltare, a non voler mostrare quell’odio smisurato, non vuole che l’ultimo loro ricordo sia il suo viso contratto dall’ira, ma è l’unica gentilezza che gli riserva in mezzo all’amarezza. Non gli risparmierà altro.
«Non sarebbe cambiato nulla» afferma. «Se anche non ci fossero state le bussole, non sarebbe cambiato assolutamente niente! Ho capito di amarlo molto prima che trovarsi quelle maledette scatole! Sono la sua anima gemella, l’avrei amato in qualunque caso!»
Non può vederlo, ma lo immagina: le dita serrate attorno al bastone, il viso pieno di rughe corrugato dalla sofferenza. Suo padre non ha mai smesso di credere di aver fatto la cosa giusta, non ammetterà mai di averli distrutti con le sue stesse mani.
«Siete fratelli, condividete lo stesso sangue. Cos’altro avrei potuto fare?»
«Avresti potuto lasciarci vivere! Giri lo sguardo dall’altra parte quando non riesci più a guardare, non potevi farlo anche con noi? O avresti potuto lasciarci morire, ci saremmo reincarnati e tutto si sarebbe aggiustato.»
«Ma io vi avrei persi.»
Ashura si lascia scappare una risata disperata, ha la gola serrata dalla voglia di piangere. Vorrebbe fare a pezzi ogni cosa, la Terra stessa.
«Ci hai separati per duemila anni! Credi davvero di non averci perso?!»
Hagoromo non risponde, resta in silenzio alle sue spalle. Non vuole più neanche immaginarlo, prova troppa rabbia per poterne avere pena. Che soffra. Che si disperi come hanno fatto loro per secoli.
«Quando Indra sarà qui, voglio che ti giri dall’altra parte. So che hai già deciso cosa ne sarà di noi, ma non hai il permesso di guardarci. Che sia la vita o che sia la morte l’affronteremo da soli, io e Indra, perché prima di essere fratelli, prima di essere i tuoi figli, siamo anime gemelle e niente potrà cambiare questo fatto.»
Ashura si asciuga il viso, afferra la bussola di Indra – la sua è ben custodita in una tasca – e si avvia alla porta, prima di varcarne la soglia rivolge ad Hagoromo le sue ultime parole:
«Toneri rinuncerà all’immortalità per vivere sulla Terra con Hinata, non osare intrometterti. Hai già causato abbastanza dolore.»
L’attimo dopo è fuori, ed è certo che Hagoromo sia già sparito.
 
L’aria fresca della sera è un dolce sollievo, gli accarezza il viso e lenisce il dolore.
Ashura respira a pieni polmoni, si gode il profumo dell’erba e del bosco che lo circondano. Corre verso il precipizio e quando arriva al limite si ferma, allarga le braccia e guarda con occhi nuovi la città ai suoi piedi.
Il fiume sulle cui sponde si sono detti addio non esiste più, Konoha ne ha riempito il letto secco d’asfalto e tutto intorno ha eretto case e palazzi. Da qualche parte fra quelle luci Naruto e Sasuke finalmente si abbracciano, ma non prova più invidia per loro, è solo felice.
Si allontana di qualche passo dal burrone e guarda la bussola di Indra, sul retro il localizzatore ha un solo pulsante, gli basterà sfiorarlo…
È agitato, non ha idea di cosa aspettarsi. Si riconosceranno? Indra sarà cambiato? Cosa dirà quando lo vedrà? Si baceranno come un tempo? Sentirà ancora il familiare calore del suo tocco?
Porta la bussola al cuore, tenta di calmarne i battiti. Non importa cosa ne sarà di loro, vuole soltanto rivederlo, anche se fosse l’ultima volta.
Preme il pulsante e attende.
Uno.
Due.
Tre.
Una luce bluastra gli illumina il viso.
Quattro.
Il portale si apre.
Cinque.
Il volto di Indra appare dal nulla, poi arrivano i capelli, le braccia, le gambe.
Sei.
Indra poggia i piedi sull’erba.
Sette.
La luce svanisce esattamente com’è apparsa.
Indra è lì.
Ashura lo guarda senza parole. È un misto d’incredulità e stupore, di terrore e felicità. Possibile sia davvero davanti a lui? Possibile possa finalmente riabbracciarlo? È successo tutto così in fretta da non esserne sicuro, e lo sguardo di Indra è talmente simile al suo da riempirlo di dubbi. Lo guarda senza sapere che cosa fare, a parte tentare invano di trattenere le lacrime – quella sera non sta facendo altro che piangere.
Incerto allunga una mano, l’avvicina al suo viso, vuole toccarlo, scoprire se sia davvero lì, ma gli manca il coraggio. Ha paura di sfiorare il vuoto. Ha paura si tratti di un’illusione.
«Ashura.» La voce di Indra è un tremolio sommesso. «Sono qui» gli dice stringendo la mano tesa e portandosela al volto.
Il calore della sua pelle è lo stesso di duemila anni prima. Così come lo sono gli occhi scuri, i capelli lunghi, il profumo della sua pelle.
Indra l’ha raggiunto. Ha mantenuto la promessa. Non c’è alcuna illusione.
Non appena lo realizza, Ashura avvolge le braccia attorno al corpo del fratello, lo stringe a sé e si lascia stringere a sua volta fino a restare senza fiato. Vorrebbe dirgli tante di quelle cose da non sapere da dove iniziare, ma sa che niente varrà mai tanto quanto quell’abbraccio.
«Non ti lascerò mai più, te lo giuro.»
«Mai» ripete Ashura baciandolo piano sulle labbra. «Non ci dividerà mai più.»
Il sollievo, la gioia, il cuore leggero durano quel tanto da farli illudere per qualche attimo, ma sanno entrambi che è una menzogna. Lo sanno dall’esatto momento in cui hanno rivisto Hagoromo, e il tempo a loro disposizione ha iniziato il conto alla rovescia non appena i piedi di Indra hanno toccato il terreno.
Non avranno altre possibilità in quella vita.
Indra lo bacia ancora, gli stringe i capelli fra le dita, lo abbraccia traboccando di disperazione, e Ashura lo lascia fare, assapora ogni carezza, ogni respiro, lo farà finché non sarà finita.
Era già scritto che finisse in quel modo, lo sapevano duemila anni addietro e lo sanno adesso. Hagoromo non lo avrebbe mai permesso.
«Non voglio dimenticarti. Non voglio dimenticare questa vita, non dopo tutto quello che abbiamo passato.»
«Hamura non lo permetterebbe mai. E anche se dimenticassi, non cambierebbe quello che siamo. Ci rivedremo.»
«La prossima volta ti renderò felice.»
Indra sorride, lo guarda come se fosse l’unica cosa bella nell’universo.
«L’hai già fatto. Dal momento in cui sei nato non hai fatto altro.»
Ashura gli accarezza i capelli, ha paura, ma più di ogni altra cosa si chiede perché debba finire in quel modo, perché non possano trovare un posto nell’universo solo per loro.
Perché siamo i suoi figli.
«Credi che farà male?»
«Non lo so, ma sarò qui con te.»
Non smettono di guardarsi e stringersi neanche per un istante, nemmeno quando il sole sorge e capiscono che la loro esistenza sta per concludersi.
«Perché così poco? Perché non può darci altro tempo?!»
«Guarda me» lo implora Indra.
Ashura smette di sentire le gambe, il freddo lo avvolge, ma c’è Indra, il suo sguardo non lo abbandona.
«Ti ho aspettato per secoli e adesso devo dirti addio.»
«Ci rivedremo. Ti ritroverò.»
I capelli di Indra iniziano a scomparire. Ashura guarda il suo viso sgretolarsi a poco a poco e capisce che lo stesso sta accadendo al suo corpo. Se ne stanno andando senza lasciare traccia, come se non fossero mai esistiti, diverranno polvere e saranno trascinati dal vento.
Crudele.
Padre, non ti perdoneremo per questo.
«Ti amerò in tutte le vite che verranno» sussurra prima che la sua bocca svanisca.
Dagli occhi di Indra scende una lacrima, non sono rimasti che quelli, a entrambi. È il loro ultimo sguardo.
Anch’io. In tutte le vite che vivremo, non smetterò mai.
 
  
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