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Autore: Roiben    24/08/2020    0 recensioni
[Arsène Lupin] Una fredda mattina d’inverno il telefono squilla e una voce conosciuta, la voce della sua vecchia balia Victoire, lo ridesta e riporta con violenza alla vita reale.
La sparizione improvvisa di una persona importante lo costringe a lasciarsi alle spalle l’esistenza tranquilla che aveva deciso di ritagliarsi, per la quale aveva lottato strenuamente, e tornare a imporsi al mondo.
Ma sulla sua strada è destinato a incontrare ostacoli, e qualcuno che credeva di aver relegato nelle memorie di un passato dimenticato.
Genere: Avventura, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arsène Lupin, Desmalions, Geneviève Ernemont, Herlock Sholmès (Sherlock Holmes), Patrice Belval
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
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Sulle orme di Geneviève 

 

 

 

 

 

1 - Mauvaises nouvelles 

 

Solo quattro mesi prima ha sposato l’allora signorina Florence Levasseur e con lei si è trasferito nel villaggio di Saint-Maclou. Quattro mesi, sedici settimane di pace e giardinaggio e amabili passeggiate sulla riva dell’Oise. Quattro mesi. Poi una telefonata da Victoire, che lo fa tornare alla realtà in modo brusco e senza ricorso: Geneviève è scomparsa. 

 

Da principio ha dato rapide e ferree disposizioni perché venissero avvisati e messi all’opera i ragazzi subito disponibili; purtroppo i fratelli Doudeville sono ben lontani al momento, mentre Charolais, Le Ballu e molti altri si trovano tuttora insediati in Mauritania, Algeria e Marocco e impiegheranno del tempo per rispondere all’appello. Fatto ciò ha preso al volo il primo treno in partenza per Parigi, dal quale è sceso in tutta fretta salendo su un’auto di piazza che lo ha condotto di filato alla Sûreté. Entra, quasi correndo lungo i corridoi già fin troppo affollati, lasciandosi alle spalle le guardie attonite senza degnare nessuno di un singolo sguardo, diretto senza fermate intermedie all’ufficio del prefetto Desmalions, tralasciando perfino la gentilezza di fargli arrivare un suo biglietto da visita, e tantomeno la cortesia di bussare o attendere che lo faccia l’usciere. 

 

«Perbacco! Signor…»Desmalions, pur alterato per i modi bruschi del visitatore, è costretto a bloccarsi per due ottimi motivi: non ha idea del nome da usare per rivolgerglisi e, ancor peggio, lo sguardo affilato che questi gli tributa non lo invoglia per nulla al mondo ad affrontare un discorso con il personaggio appena entrato. 

 

«Usate il nome che vi piace di più. Ho bisogno di informazioni» lo interrompe in modo brutale. 

 

«Che informazioni… signore?» pensa bene di domandare, lasciando volutamente sul vago la propria domanda. 

 

«Una persona è scomparsa, e io devo trovarla, nel modo più assoluto». 

 

«Che persona? Si è fatta denuncia?» tentenna il prefetto, già un po’ sofferente per i grattacapi in vista. 

 

«Denuncia? Certo, mi hanno avvisato questa mattina di buon’ora. Insomma, queste informazioni?». 

 

Desmalions è più che perplesso, è stordito. «Hanno avvisato voi? Ma la denuncia va fatta alle autorità competenti, non…». 

 

«Le autorità!» quasi grida, digrignando i denti esasperato. «Le autorità sono incompetenti! Lei è scomparsa due giorni fa, e va ritrovata al più presto. Potrebbe…» la voce gli viene meno per un lungo istante colmo di angoscia. 

 

«Signore, lei chi? Come possiamo lavorare senza conoscere i fatti?». 

 

Inspira bruscamente, le narici frementi e i pugni serrati sui quali si scorgono in modo distinto i nervi tesi. Poi esala un lieve sospiro e serra le palpebre qualche istante. «Geneviève. Lei è mia figlia». 

 

 

 

«Un momento! Avete una figlia?» sbotta Desmalions. «Ma… ma… da quando?» balbetta confuso. 

 

Assottiglia lo sguardo. «Che importanza può mai avere? Cambierebbe il fatto che non si riesca più a trovare traccia di lei sapere che sono passati ventisei anni dal momento della sua nascita? Non siate ridicolo! Stiamo solo perdendo del tempo che non ho, e intanto chissà cosa potrebbe capitare». 

 

L’espressione desolata e interdetta del prefetto non dà molte speranze, tuttavia. 

 

«Credevo aveste i vostri mezzi» prova con cautela a far notare allo scomodo visitatore. 

 

«Ci vorrebbe troppo tempo. Più della metà si trova ancora in Africa, e l’altra è distribuita su tutto il territorio nazionale e servirà più d’una giornata per radunarli. Ho già dato incarico al mio autista di contattare chi si trova in zona, ma nel mentre è necessario iniziare subito le ricerche». 

 

Desmalions ascolta con attenzione e si trattiene solo all’ultimo istante dallo scuotere la testa contrariato. «Che cosa chiedete, dunque?». 

 

«Che si avviino le ricerche da questo stesso momento. E che mi si mettano a disposizione due dei vostri uomini, di quelli svegli». 

 

Sogghigna, il prefetto. «Due uomini. E immagino abbiate già idea di chi scegliere, dico bene?». 

 

«Per nulla. L’ultimo, il mio povero Mazeroux, me lo avete arrestato sotto gli occhi e ho dovuto svendere il mio regno per la mia e la sua libertà» protesta piccato. 

 

«Uhm! Sono desolato» commenta in tono molto poco convincente. 

 

«Sicuro, vedo bene che lo siete» esclama con sarcasmo. «Ebbene, questi uomini?» insiste, con evidente premura nella voce. 

 

Poiché Desmalions prevede a giusta ragione che non riuscirà mai a liberarsi di quell’impiccio senza offrire del suo in cambio, sospira e solleva il ricevitore del suo ufficio. 

 

«Signor segretario, ho bisogno che mi si mandino in ufficio l’ispettore Flognard e il sergente Lesmous. In fretta, grazie». Fatto ciò riaggancia il ricevitore e torna a prestare attenzione allo scomodo visitatore, dedicandogli un sopracciglio inarcato. «Vi serve altro, signore?» rimarca mordace. 

 

«Aspetto un amico. Se a voi non dispiace, lo attenderò qui» replica per tutta risposta, lasciandosi sfuggire un lieve sogghigno all’occhiata scandalizzata del prefetto. 

 

«Voi vi burlate di me» protesta in un borbottio risentito. 

 

«Affatto, signor prefetto. Il disguido è che al momento non possiedo appartamenti in città e, giacché mi trovo da voi e il luogo è comodamente in centro, ho ritenuto più semplice dare appuntamento qui al mio amico. Nessuna offesa per voi, ve lo garantiscosolo praticità» assicura tranquillo. 

 

Qualche minuto più tardi alla porta dell’ufficio bussano e, dopo l’approvazione del prefetto, si affaccia il viso asciutto dell’usciere, il quale lesto annuncia «Il capitano Patrice Belval, che chiede di poter entrare. Sostiene di avere un appuntamento». 

 

«Un appuntamento? Con me?» si informa il prefetto, che evidentemente non era stato opportunamente ragguagliato per tempo quella mattina. 

 

L’usciere sembra imbarazzato e, sempre fermo sullo specchio della porta, poggia il peso da un piede all’altro in modo inconfortabile. «Per la verità no, signor prefetto. Riferisce di un incontro con il signor Perenna». 

 

Desmalions volta di scatto il viso e fissa intensamente il suo precedente visitatore, che nel frattempo si è rialzato dalla poltrona sulla quale aveva preso posto non molto prima nell’attesa. «Il vostro amico, suppongo». 

 

«Proprio così, signor prefetto» conferma allegro. «È stato molto gentile da parte vostra permettermi di riceverlo qui» aggiunge con affettazione. 

 

Il prefetto ha l’aria di essere indeciso se chiamare all’istante le guardie e farlo mettere agli arresti (con un’accusa qualsiasi, l’importante del resto è toglierselo di torno), oppure chiedere un subitaneo trasferimento. Decide, con rassegnazione, di fingere un’accettazione che non sente affatto di possedere. «Molto bene, signor… Perenna. Usciere, fate pure accomodare il capitano Belval, grazie» si risolve a ordinare, per poi rimettersi comodo in poltrona. «Voglio sperare» aggiunge lugubre, dopo essersi assicurato che l’usciere abbia richiuso la porta alle sue spalle «che gestirete questa storia incresciosa con la dovuta discrezione. E, per amor del cielo, che non intendiate prendere per abitudine questo sconsiderato irrompere nei miei uffici e invitare ospiti senza il mio consenso». 

 

«Ma certo che no» esclama gioviale e con un sorriso ambiguo, facendo correre un improvviso brivido di spavento su per la spina dorsale del prefetto.  

 

 

 

Di nuovo il bussare alla porta interrompe lo sgradevole colloquio fra i due uomini impegnati a fronteggiarsi. L’usciere, con il tiepido permesso del prefetto, dà l’accesso al capitano Belval. Un rintocco ligneo sul marmo dell’assito attira l’attenzione dei presenti, che un momento dopo vengono raggiunti da un giovane uomo sorridente. 

 

Il capitano Belval si guarda attorno con curiosità, fino a che i suoi occhi vivaci si soffermano sulla figura alta e forte che si è appena sollevata dalla seduta. 

 

«Don Luis!» esclama, andandogli prontamente incontro con più agilità di quanta ci si aspetterebbe da una persona sostenuta da una gamba di legno. Stringe con affetto le sue spalle ampie e infine si scosta un poco, osservandolo con curiosità, affetto e una punta di malinconia. «Quanto tempo è passato. Non vi vedevo da… Perbacco, già tre anni, non è vero?» esclama stupito. 

 

«Sì, proprio tre anni, Patrice» mormora, ripensando con dispiacere al tempo trascorso. 

 

«E dunque? Cos’è accaduto? Sono corso non appena ho potuto liberarmi» assicura il capitano, scrutandolo con ansia. 

 

«E io vi ringrazio di cuore, amico mio. Purtroppo non vi ho fatto venire per comunicarvi buone notizie, e me ne rammarico». 

 

«Suvvia!» protesta con veemenza. «Ditemi, di che si tratta?» incalza preoccupato. 

 

Un brillio balena nei suoi occhi e sconcerta il capitano per la sensazione di sgomento che ne raccoglie. «Questa mattina all’alba sono stato contattato da Victoire. Due giorni fa Geneviève è scomparsa e di lei non si sa più nulla». 

  
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