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Autore: MauraLCohen    25/08/2020    2 recensioni
[Raccolta di flashfic]
Sandy e Kirsten a Berkeley.
Momenti importanti della loro storia, della loro quotidianità, prima di Newport.
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kirsten Cohen, Sandy Cohen
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Contesto: Sandy e Kirsten sono tornati nel dormitorio femminile dopo la cena, ma lei non riesce a dormire e non è l'unica quella notte.
Prompt: pensieri;
Parole: 1.993.
__________________

 

VIII parte

Sveglia di notte
 

Ormai era notte inoltrata quando gli occhi di Kirsten si spalancarono, fissi sul soffitto bianco sopra la sua testa. 
Aveva avuto un incubo, l’ennesimo, per quella notte. 
La discussione che aveva avuto al telefono con Caleb qualche giorno prima l’aveva scossa più di quanto credeva e questo la faceva sentire ancora peggio; si era giurata, lasciando Newport, che non avrebbe mai più permesso al giudizio del padre di farla sentire insignificante. E invece eccola lì, sveglia alle quattro del mattino - così diceva la sveglia sul comodino - rimuginando su quello che Caleb le aveva detto qualche giorno prima. 
 
« Questo capriccio è durato fin troppo, signorina. È tempo che tu torni a casa e ti decida a raggiungere Jimmy alla USC. »
 
Capriccio. 
Signorina. 
 
L’eco di quelle parole rimbombò nella sua testa, chiudendole lo stomaco. 
 
Non è un capriccio. 
Non è una fase o uno stupido tentativo di farti arrabbiare. 
Maledizione, papà. Non può girare sempre tutto intorno a te. 
Ho bisogno di stare qui. 
Voglio stare qui. 
Devo capire chi sono. 
Cosa voglio. 
E Newport… Newport non è il mio posto. 
Il nostro posto. 
 
Al pensiero di Sandy, Kirsten rivolse istintivamente lo sguardo di lato, dove il corpo languido del ragazzo era appena coperto dalle lenzuola. 
Sandy dormiva sulla pancia, con la schiena scoperta e il viso completamente affondato nel cuscino. Il suo braccio destro avvolgeva saldamente la vita di Kirsten, impedendole ogni movimento.
 
Anche quando non era padrone di ciò che faceva, Sandy era iperprotettivo con lei. 
 
Kirsten gli sorrise, cercando di sistemarsi meglio tra le sue braccia. Addormentato com’era, non si accorse neanche della testa che si appoggiava alla sua spalla né delle dita affusolate che avevano iniziato a giocare delicatamente con qualche ciocca di capelli che gli copriva la nuca. Di tanto in tanto russava con la bocca semi aperta e Kirsten rideva, ripensando a tutte le volte in cui lui l’aveva presa in giro per lo stesso motivo e così, per qualche momento, la voce di Caleb uscì dalle sue orecchie, permettendole di godersi semplicemente la presenza di Sandy accanto a lei. 
 
Era davvero felice a Berkeley, con Sandy. 
 
Non è questo che un padre dovrebbe volere per la propria figlia? Che sia felice?  
 
E di nuovo, le parole di Caleb parvero schiaffeggiarla. 
 
« Io voglio il meglio per te. »
 
« Allora non portarmi via da Berkeley. » Era ciò che lei gli aveva risposto, prima di sbattere la cornetta con violenza contro la base. 
 
Il meglio. 
Tu non sai cos’è meglio per me, non lo hai mai saputo. 
Pensi di saperlo, ma non è così.
Non ascolti mai. 
Non ascolti me, la mamma, Hailey. 
Non ci conosci. 
 
Kirsten sentì gli occhi riempirsi di lacrime e iniziare a bruciare.
 
Non piangere.
 
NON. PIANGERE.
 
Continuava a ripetersi mentre si mordeva la gengiva con forza.
 
Non devi piangere, non ne vale la pena.
 
Ma faceva male, dannatamente male sapere che il proprio padre non riesce a vedere chi sei, cosa vuoi.
 
« Non sai nulla di me » singhiozzò a bassa voce, affondando il viso nella spalla di Sandy.
 
Ed era la verità, Caleb non la conosceva, non la capiva. 
L’uomo se lo ripeté per l’ennesima volta e intanto versava un altro dito di Whisky nel bicchiere, stando seduto nella poltrona dell’ufficio nella sua immensa e altrettanto silenziosa villa.
Amava la sua bambina e forse era proprio questo il vero problema. Kirsten era sempre stata indipendente, fin da piccola; aveva i suoi interessi, le sue idee… Non importava cosa lui le dicesse, cosa le consigliasse, lei continuava a fare quello che si sentiva. Era un piccolo tornado che aveva travolto la vita di Caleb ed era proprio quell’aspetto della figlia, quel carattere forte e indipendente, che gliela faceva amare così tanto. In fondo, lo aveva ereditato da lui. 
 
In pochi riuscivano a tenere testa a Caleb Nichol e quasi nessuno aveva il coraggio di farlo, ma Kirsten… Lei non ci pensava due volte. Era testarda, decisa e se voleva qualcosa faceva di tutto per ottenerla.
 
« Tu mi farai diventare matto, vero, Kiki? Io già lo so… » le aveva detto la prima volta che la prese in braccio mentre la guardava far sapere a tutti a pieni polmoni che Kirsten Nichol era nata. 
 
Forse sbagliava, ma Caleb lo faceva a fin di bene. 
Voleva proteggere la sua bambina, anche adesso che bambina non lo era più. 
 
L’aveva vista andare via di casa un giorno, con i bagagli fatti e senza preavviso, pronta ad intraprendere quella nuova strada che l’avrebbe portata a Berkeley, lontana da lui e Rose.
 
« Non te lo sto chiedendo, papà. Te lo sto dicendo: io studierò a Berkeley, che ti piaccia o no. » Quelle erano state le esatte parole di Kirsten la sera in cui gli aveva comunicato che aveva lasciato Jimmy e che non avrebbe frequentato la USC. Inutili furono le urla, le liti, le porte sbattute: niente riuscì a farle cambiare idea e alla fine, sconfitti, sia lui che Rose dovettero arrendersi e dargliela vinta.
 
Una parte di Caleb, in realtà, fu felice di averlo fatto perché capiva cosa spingeva la figlia a volersi allontanare da Newport per mettersi alla prova. Buon sangue non mente si disse, svuotando il bicchiere, che subito tornò a riempire con quel liquido marrone e amaro.  
Caleb sbuffò, fissando una fotografia che aveva sulla scrivania. La cornice in oro conteneva l’immagine di una piccola bambina bionda con un sorriso furbetto. I capelli corti, arricciati dall’acqua del mare e il costume rosa ancora visibilmente umido. Si stringeva a un giovane uomo e lo guardava felice, con amore.
 
Le due persone ritratte in quella foto erano lui e Kirsten, quando lei aveva quattro anni. Era stata Rose a scattare la foto, dopo che con fatica erano riusciti a convincere la loro figliola ad entrare in acqua.
 
« Ma ci sono i pesci, papà! » aveva piagnucolato, mentre lui la teneva in braccio per farla immergere gradualmente.
 
« Non essere ridicola, Kiki, i pesci non ti faranno niente » ricordava di aver risposto, continuando a bagnarle le gambette, che si dimenavano con rabbia.
 
« Mi mordono. »
 
Al ricordo, Caleb non poté fare a meno di ridere.
 
Oh Kiki, quando sei cresciuta?
 
Il sorriso sul suo volto sparì immediatamente.
Era proprio perché poteva comprendere appieno la natura del carattere della figlia che lo temeva. Sapeva che doveva proteggere Kirsten da se stessa, dalla sua impulsività. 
E Berkeley… Berkeley era stata una scelta impulsiva. 
Proprio come quel ragazzo del Bronx. 
 
Stranford?
Sanfort?
 
« Sanford, papà. Lo sai benissimo come si chiama. » A Caleb parve di sentire la voce di Kirsten alle sue spalle che lo rimproverava. 
 
« E comunque, preferisce essere chiamato Sandy. » 
 
Sandy. 
Sandy Cohen. 
 
Era quello il nome del ragazzo con cui doveva contendersi il cuore della figlia e, per principio, Caleb non aveva alcuna intenzione di impararlo. Aveva capito subito, dal modo in cui la sua Kiki ne parlava, che quel ragazzetto del Bronx sarebbe rimasto in circolazione per un bel po’ e questo gli faceva venire il sangue amaro. 
 
Con Kirsten ne faceva una questione di divario sociale, perché la verità non poteva certo dirgliela. Nessun ragazzo sarebbe potuto essere all’altezza della sua bambina e almeno Jimmy era qualcuno che Caleb poteva controllare, prevedere. Quel Sandy, invece, gli aveva dato contro fin dall’inizio e per lui Kirsten sembrava disposta a rinunciare alla vita che Newport poteva offrirle. Un vita piena, ricca, lontana da ogni problema. 
 
« Lui non appartiene al nostro mondo, Kiki. Sai bene che non potrà mai offrirti la vita che avresti con Jimmy » le aveva detto durante la loro ultima telefonata. E con tutta la rabbia che possedeva, Kirsten gli aveva ringhiato contro che non le importava nulla del denaro. 
 
« So che vita avrei avuto con Jimmy, papà, e ti do una notizia che forse ti è sfuggita: ho scelto di non viverla. Voglio stare qui a Berkeley. È questa la vita che voglio. » 
 
Certo che è quella la vita che vuoi. 
Sei giovane. 
Sei innamorata. 
Tesoro mio, due cose che ti rendono stupida e cieca. 
Un giorno ti sveglierai e ti renderai conto che quello che volevi a vent’anni non corrisponde con quello che vuoi a quaranta. 
Ma tu sei troppo testarda per capirlo, per darmi retta. 
 
Caleb sospirò, lasciando che la poltrona girevole su cui stava ruotasse su se stessa fino a far aderire parte dello schienale al bordo della scrivania. La finestra davanti a lui aveva le persiane aperte e in lontananza, riflessa nell’acqua limpida della piscina, si vedeva la luna piena in tutto il suo pallore. 
Caleb prese l’ultimo sorso di Whisky che aveva nel bicchiere e appoggiò la testa contro la poltrona, rimanendo in silenzio a pensare al modo per sbrogliare quella situazione. 
 
Kirsten nel frattempo non era ancora riuscita a chiudere occhio e non si era mossa. Le sue dita avevano continuato ad arricciare le ciocche dei capelli di Sandy, che intanto si era girato sulla schiena, permettendole così di appoggiare la testa sul suo petto. 
 
Era davvero innamorata di quel ragazzo ed era la prima volta che si sentiva così al sicuro con qualcuno. 
 
Sandy conosceva cose di lei che nessuno poteva immaginare; segreti che non erano mai stati pronunciati ad alta voce ed era bello avere al fianco qualcuno che vedeva la sua vera essenza e con cui poteva semplicemente essere se stessa, senza dover pensare alle conseguenze. Anzi, con Sandy poteva non pensare affatto. 
 
« Che ci fai sveglia? » Kirsten alzò lo sguardo verso di lui e lo vide con gli occhi ancora chiusi e le labbra che si muovevano appena, trasformando la sua voce in un flebile sussurro. 
 
« Ti ho svegliato? » chiese e il tono lasciò trasparire un accenno di senso di colpa. 
 
« Non fa niente. » Sandy strizzò gli occhi, passandosi la mano che non era poggiata sulla schiena di Kirsten sul viso per svegliarsi. « Non riesci a dormire? »
 
Lei sospirò, voltandosi sulla pancia, così da poter posare il mento sul petto di Sandy e guardarlo meglio in faccia. 
 
« Ho fatto un brutto sogno. Nulla di grave. » 
 
« C’entra tuo padre? » Sandy non aveva bisogno che lei rispondesse, sapeva già che era così. Per questo era rimasto lì quella notte. 
 
« Avresti dovuto svegliarmi » aggiunse, senza aspettare la sua risposta. 
 
Kirsten lo guardò colpevole: non voleva che Sandy si sentisse in dovere di prendersi cura di lei. « Dormivi come un bambino. Non volevo farlo. » 
 
« Ora sono sveglio » le fece notare lui, portando anche l’altro braccio attorno alla sua esile figura per stringerla a sé con maggiore decisione. « Ti va di parlarne? » 
 
Kirsten scosse il capo vigorosamente, nel farlo arricciò un poco il naso e agli occhi di Sandy parve una bambina. 
 
« Sei adorabile » le mormorò, chinandosi sul suo viso per baciarle la punta del naso. 
 
Sandy aveva imparato col tempo che l’argomento Caleb Nichol era un tasto dolente per la sua ragazza e che lei non amava parlarne. Sapeva che quando si sarebbe sentita pronta, quando ne avrebbe avuto bisogno, lo avrebbe fatto senza bisogno di stimoli e lui lo aveva accettato. Così non insistette. Le portò una mano sulla guancia, accarezzandola con il dorso del pollice e le sorrise, sfiorandole delicatamente le labbra con le proprie. 
 
« È ancora presto » notò Sandy, indicando con gli occhi la sveglia. « Perché non provi a dormire un po’? »  
 
Kirsten posò il capo tra la spalla e il petto del ragazzo, cingendogli la vita con un braccio. Lui fece lo stesso. Le diede un bacio sulla fronte, accarezzandole la schiena per farla rilassare. Continuò a sfiorarle la pelle scoperta con le dita finché non sentì il suo respiro farsi più profondo.
Abbassò lo sguardo su di lei e il suo viso ora aveva un’espressione serena e rilassata. Le sorrise. 
 
« Andrà tutto bene » le sussurrò, abbracciandola. « Vedrai. »
 
 

Note dell'autrice
Eccomi tornata, siete contenti? Ne dubito, ma non ditemelo. 
Perdonate il ritardo con cui sto postando questo aggiornamento, anche se a mio discolpa posso dire di aver specificato nella mia bio di avere un'ispirazione parecchio altalenante. Motivo per cui ho passato tre mesi a scrivere e postare come se non ci fosse un domani e ora sto avendo una battuta d'arresto, seppure non volontaria. 
Lo stess da immatricolazione non aiuta il mio cervello ad essere creativo e spero davvero tanto che dalla settimana prossima tutta questa ansia per l'università possa in qualche modo diminuire. Intanto, però, sappiate che cotninuo a lavorare per cercare di mantenere attiva la sezione di The O.C.
Ho quasi ultimato il capitolo della mia nuova long e ho diverse OS da finire, che spero possano piacervi. Ho pure pensato di creare una nuova raccolta che dovrebbe contere tutti i missing moments Kandy delle diverse stagioni, visto che sono in vena di fare un altro rewatch. 
Dite che dovrei iniziare a cercare aiuto? Esistono gruppi di supporto per la disintossicazione da Kirsten e Sandy Cohen? Dubito, ma dovrebbe proprio esistere qualcosa del genere. Noi povere fans abbiamo bisogno di supporto psicologico. 

 
   
 
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