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Autore: _BlueLady_    25/08/2020    3 recensioni
Fine e Rein: due ragazze come tante, un pò maldestre, esuberanti, con un pizzico di vitalità in più.
Due ragazze come tante, solo gemelle. Una fortuna per molti, una sfortuna per loro.
Soprattutto quando i ragazzi da loro amati dimostrano ogni volta di avere una preferenza per la gemella opposta, anche in estate, in occasione di una vacanza col loro gruppo di amiche.
La domanda sorge spontanea: "Perchè preferiscono sempre lei a me? Cos'ho io di sbagliato?"
Sorgono così gelosia, invidia, frustrazione, rammarico.
"Sarebbe bello, almeno per una volta, essere come lei"
Il desiderio nasce spontaneo, quando prima era soltanto semplice curiosità.
Grazie ad una singolare successione di eventi, che comporterà la realizzazione di un episodio a dir poco straordinario, Fine e Rein capiranno che non è sempre la bellezza fisica la carta vincente che ci rende amabili agli occhi di una persona, e che essere se stessi nell'anima e nel corpo, conservando la propria integrità, è il principio più importante.
Perchè essere amati per ciò che si è, è la cosa più bella che ci possa mai capitare.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bright, Fine, Rein, Shade
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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~ CAPITOLO 26: NONOSTANTE TUTTO ~
 
Il giorno seguente quel fortuito salvataggio in mare, Fine si scusò con Rein per averle rivolto, nello spavento di averla potuta perdere per sempre, parole acide e dure.
Le erano uscite d’istinto, senza ragionare, alimentate dalla rabbia di essersi sentita completamente inutile nel prendere parte al salvataggio. Dopo averle pronunciate si era subito pentita di essersele lasciate sfuggire di bocca, ma l’euforia dello spavento e quell’insensato risentimento verso la sorella le avevano impedito di ragionare su quello che stava dicendo. Da una parte, il gesto coraggioso di Rein le aveva fatto salire in petto una rabbia ed una gelosia inspiegabili.
Avrebbe voluto anche lei abbandonarsi ad una simile dimostrazione di coraggio senza stare a pensarci più di tanto. Si sarebbe risparmiata un grosso spavento, oltre che sentirsi fiera di aver compiuto un gesto così eroico e disinteressato.
Dall’altra parte fu costretta a riconoscere che quello che Rein aveva fatto, ovvero buttarsi in mare per riportare a galla due persone quando non sapeva neanche nuotare e l’acqua le provocava forti crisi di panico, era qualcosa di straordinario.
- Ancora non riesco a credere come tu possa esserci riuscita – asserì ammirata, stritolandola in un abbraccio – Le lezioni di Shade devono essere davvero miracolose –
Rein restava immobile, a fissare il vuoto sconcertata. Nemmeno lei, dopo un’intera giornata passata a rimuginarci sopra, riusciva ancora a darsi una spiegazione. Era una di quelle domande a cui non avrebbe mai trovato risposta, come quando aveva nuotato fino a riva in balia di onde più grandi di lei assieme a Shade.
Sapeva solo che, questa volta, non aveva avuto bisogno di stimoli per decidersi ad agire. L’unica cosa che l’aveva spinta a tuffarsi era stata la paura di poter perdere Shade, affiorata sulla pelle come un brivido. Era stato angosciante, come sentirsi mancare l’aria.
La vecchia signora era stata ricoverata nell’ospedale a qualche chilometro fuori dal paese. I ragazzi erano riusciti ad ottenere per vie traverse delle informazioni molto generiche sul suo stato di salute.
Sembrava fosse viva, anche se i medici ancora brancolavano nel buio per capire quale strano male potesse averla colta così all’improvviso.
Non aveva parenti nelle vicinanze che potessero prestarle un minimo di supporto. A dir la verità, sembrava che quella signora fosse sola al mondo.
Quando ne venne a conoscenza, a Rein si strinse il cuore di tenerezza. Provò ad immaginarsela, sola nel suo letto attaccata ad una miriade di macchinari e flebo, senza ancora realizzare bene sul dove si trovasse, e perché. Doveva essere molto disorientata e spaventata.
Così, la mattina successiva, alzatasi alle sei come tutti i giorni, provò ad avanzare a Shade la proposta che le era venuta in mente rimuginandoci sopra la notte passata.
- Vorresti andare a trovarla?- aveva esclamato il moro, incredulo.
Rein aveva annuito, decisa.
- Mi piacerebbe sapere come sta, e se ha bisogno di qualsiasi cosa – disse – non faccio che pensarci da quando l’ho vista partire verso il pronto soccorso a sirene spiegate -
- Ok, ma… l’ospedale è a diversi chilometri da qui. Dobbiamo come minimo prendere un treno, o una corriera. Ci vorrà una giornata intera, e non sappiamo nemmeno se quando saremo lì ci faranno entrare, considerato che non siamo suoi parenti -
Rein aveva abbassato lo sguardo, sconsolata.
- È che saperla da sola, senza nessuno su cui fare affidamento, mi mette addosso tanta tenerezza – asserì, sincera – Dev’essere così triste non avere nessuno che si interessi sinceramente per te quando stai male, o quando hai veramente bisogno -
Nell’ascoltare quelle parole, Shade avvertì un’improvvisa stretta al cuore smuovergli impercettibile la coscienza.
- D’accordo – disse infine in un sospiro, intenerito dalla sua premura – vorrà dire che avviserò Bright che per oggi gli altri dovranno fare a meno di noi –
Rein alzò lo sguardo raggiante, quasi buttandoglisi al collo dalla contentezza.
Lui sorrise.
- Questo però significa che sei in debito di una lezione –
 
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Quando giunsero in reparto, dopo essersi persi più volte tra i corridoi dell’immensa struttura ospedaliera che pareva un labirinto, non fu difficile sapere in che stanza la signora fosse ricoverata.
Quando si presentarono all’ingresso spiegando chi fossero e per chi erano venuti lì, il caposala ed un paio di infermieri non sollevarono nessun impedimento per permettere loro di accedere per una visita.
Quando era giunta in pronto soccorso, la notizia del coraggioso salvataggio era corsa di bocca in bocca tra gli operatori sanitari, diventando ormai una sorta di leggenda.
- Ci sarebbe piaciuto conoscere dal vivo i due eroi! – esclamarono gli uomini in divisa, mentre li scortavano alla camera – Siete quasi delle celebrità, qui dentro!-
Una volta giunti a destinazione, ancora non poterono entrare.
La vecchia signora stava riposando, e gli infermieri chiesero loro di attendere fuori dalla porta fintanto che non si fosse svegliata.
Shade e Rein si accomodarono in un paio di sedie sistemate lungo il corridoio, attendendo in silenzio.
La finta rossa sembrava molto agitata.
- Mi domando se sia stato davvero giusto venire fin qui…- mormorò in preda ad un ripensamento improvviso.
- In ogni caso, ormai ci siamo, e la prossima corriera riparte alle quattro del pomeriggio. Ci tocca aspettare comunque – asserì Shade, seduto a braccia conserte accanto a lei.
Trascorsero una buona mezz’ora ad attendere in silenzio, senza il coraggio di guardarsi negli occhi.
L’odore pungente di disinfettante pizzicava loro il naso e la gola.
Soltanto quando cominciò a divenire insopportabile, Shade si offrì di andare a prendere qualcosa al bar situato due piani più sotto, domandandole se anche lei avesse bisogno di qualcosa.
- Un succo di frutta, grazie – rispose Rein, osservandolo alzarsi in piedi.
- Spero di non metterci troppo. Torno subito – le disse lui di rimando, avviandosi mani in tasca lungo il corridoio.
Rein l’osservo allontanarsi di spalle con la punta di un sorriso a velarle le labbra. Gli era profondamente grata per averla accompagnata in quel breve viaggio. Non sapeva se alla vecchia signora avrebbe fatto piacere quella visita improvvisata, e per un attimo fu colta dal dubbio e dalla paura che potesse addirittura non ricordarsi di loro, visto il trauma subito. Dopotutto era svenuta subito dopo essere stata portata a riva: lo shock ed il panico generale potevano anche averle provocato un breve momento di amnesia, e a quel punto presentarsi a lei come una completa sconosciuta sarebbe stato a dir poco imbarazzante.
Scosse la testa, sciogliendosi in un sospiro agitato.
Dalla camera avvertì dei mugugni sommessi, segno che forse la sua ospite si stava riprendendo dal torpore del sonno.
Provò ad affacciarsi discreta allo stipite della porta, per accertarsi che fosse sveglia. Per un istante le parve di scorgere con la coda dell’occhio l’ombra di un gatto bianco appollaiato sulla finestra ad osservarla.
Istintivamente trasalì, quasi avesse visto un fantasma.
Si stropicciò gli occhi due volte, incredula, ma quando li riaprì trovò soltanto un volto sorridente e pieno di rughe ad accoglierla sornione.
- Oh! – esclamò imbarazzata, guardandosi intorno senza sapere cosa fare. Shade non era ancora tornato, e non si era minimamente preparata su come presentarsi – B-buongiorno! Io, ecco… s-sono la ragazza che le ha prestato soccorso in mare… s-sono venuta a trovarla per…-
- Non c’è alcuno bisogno che ti presenti. So benissimo chi sei – asserì l’altra, troncando il suo impacciato tentativo di darle una spiegazione sul nascere.
Nell’udire quelle parole, Rein alzò lo sguardo stupita.
- Davvero mi ha riconosciuta? – esclamò sollevata, entrando definitivamente nella stanza ed avvicinandosi al letto – Mi fa molto piacere vedere che sta bene! Dopo averla vista in quello stato preoccupante, non ho fatto altro che pensare a lei e a come…-
Ma ancora una volta, la vecchia troncò la conversazione sul nascere.
- Cosa sono tutti questi formalismi, Rein? L’ultima volta non mi sembrava ti sprecassi tanto a simili convenevoli. Basta un leggero aumento di peso per mandarti in crisi, e far sì che tu non mi riconosca?-
Rein annuì sconcertata, con il sentore di una sensazione familiare a bruciarle in petto. Era strano, eppure ebbe l’impressione si conoscessero già. Provò a fare mente locale su dove mai potesse averla incontrata, ma la tempesta di emozioni contrastanti che le esplodevano dentro le appannarono per un istante i pensieri.
– A proposito di convenevoli: come va con Shade? Quel caro ragazzo ti ha accompagnata fin qui, non è vero? Dovresti cominciare a dedicargli un po’ più di attenzioni, sai? Se non ti decidi in fretta a fargli capire quanto tieni a lui, potresti rimpiangerlo per tutta la vita –
Rein ascoltava ogni parola pietrificata, sbigottita, completamente incapace di reagire. Cominciò a volgere lo sguardo intorno alla stanza, cercando di cogliere alcuni particolari che potessero ricondurla il più in fretta possibile alla risoluzione del suo dubbio.
La stanza era spoglia, priva di qualsiasi oggetto personale. Perfino l’armadio riservato ai vestiti era completamente vuoto. Era come se la signora avesse come unico indumento il pesante camicione bianco che portava indosso.
Appeso ad un attaccapanni poco distante dal letto, invece, come unico indizio che la presenza della signora nella camera era reale, stava un morbido foulard color rosa ciliegio.
Trasalì, il cuore che prese a martellarle veloce in petto. Volse uno sguardo alla signora come a chiederle conferma, e solo in quell’istante si rese conto che la vecchia era completamente cieca.
Deglutì.
- G-Grace? Sei tu?- chiese titubante, la gola secca.
Lei ridacchiò divertita, annuendo con fare incoraggiante.
- In carne ed ossa! O forse sarebbe meglio dire: in polvere e stelle! Ce ne hai messo di tempo, bambina mia! –
Rein boccheggiò col fiato sospeso per qualche minuto, incapace di reagire.
- Si può sapere che scherzo è mai questo? – sbottò ad un tratto furibonda, sentendosi presa profondamente in giro – Prima sparisci per intere settimane, abbandonandoci a noi stesse senza più farci sapere nulla, poi ricompari così all’improvviso fingendoti qualcun altro e mettendoci in serio pericolo tutti quanti, senza darci neanche un spiegazione? Ma cosa ti passa per la testa?!-
Un infermiere si affacciò scocciato sulla soglia della porta, intimandole di abbassare il tono della voce. Dopotutto si trovavano all’interno di un ospedale.
Grace scoppiò a ridere di gusto, rotolandosi nel letto quasi avesse appena udito la barzelletta più divertente di tutte.
- Dovresti vedere la tua faccia in questo momento! Da morir dal ridere! – asserì tra le risate, mandando Rein ancora più in bestia.
- Non c’è niente da ridere! Hai idea del pericolo in cui ci hai messo tutti quanti? Potevamo annegare, e la colpa sarebbe stata solo e soltanto tua! Hai idea del colpo che mi sono presa quando ho visto Shade affondare sott’acqua trascinato da te che fingevi un malore improvviso?! Ti sembra una cosa normale da fare, solo per divertirti alle nostre spalle?!-
- Non ho mai voluto mettere in serio pericolo la vita di Shade, né di nessun altro – tagliò corto Grace, impedendole nuovamente di dar sfogo alla sua rabbia – Avevo la situazione pienamente sotto controllo. Mi ero riservata un piano alternativo se tu non avessi dovuto funzionare come dovevi. Anche se già sapevo che sarebbe stato lavoro sprecato. Non hai per niente deluso le mie aspettative –
Rein ascoltò quelle parole sbigottita, battendo due volte le palpebre.
- Io?!- esclamò indicandosi, senza più capire il filo del discorso – Che significa “se non avessi dovuto funzionare come dovevo”? Sono un prototipo in fase di sperimentazione?- asserì sarcastica, provocandola con lo sguardo.
Grace, per tutta risposta, sorrise.
- Ho scommesso molto su di te, Rein, e devo dire che finora non mi hai mai deluso –
La finta rossa boccheggiò, senza capire. La vecchina schioccò la lingua, soddisfatta.
- Se hai bisogno, so dove cercarti – recitò di nuovo, una frase già sentita troppe volte che ormai le dava quasi il voltastomaco a sentirla pronunciare ancora – Hai detto che non sapevi se saresti mai stata in grado di vincere le tue paure. Beh, mi hai appena dimostrato il contrario. Basta poco a spronarti, in fondo. La forza di metterti in gioco ce l’hai, devi solo imparare ad esserne più consapevole anche tu – e sorrise.
Rein avvertì il cuore sobbalzarle in petto al suono di quelle parole, senza capire realmente cosa volessero dire.
- Ho detto? – biascicò sconcertata – Io non ho mai detto parole simili. A te soprattutto – disse.
Grace annuì, birichina.
- Ma lo hai pensato. Più e più volte –
Quelle ultime parole e lo sguardo di conforto che la vecchia cieca le lanciò in seguito a quell’ultima frase la colpirono al petto, facendole mancare il respiro. Un vuoto allo stomaco la assalì. Per un attimo, fu tentata di nuovo di piangerle in faccia. C’era più espressione in quello sguardo vuoto e vitreo, che in qualsiasi pupilla avesse mai avuto l’occasione di incrociare.
Aprì la bocca per risponderle, ma subito le parole le morirono in gola, perché entrambe furono interrotte dall’arrivo di Shade, di ritorno dal bar, con un succo di frutta ed un pacchetto di patatine in mano.
- C’era più fila del previsto, un tizio ha messo in crisi l’intero bar per una sola tazza di caffè – si giustificò, arrivandole accanto – Ma vedo che nel frattempo avete fatto amicizia. Buongiorno, signora. Non so se si ricorda di me. Sono Shade Kudo, il ragazzo che ha cercato di tenerla a galla mentre ha avuto un malore in mare – e tese la mano verso Grace, che subito la accolse tra le sue con un sorriso sornione.
- Oh, che caro ragazzo! – esclamò con voce leggermente stridula, lanciando un’occhiata d’intesa a Rein che aveva storto la bocca, stranita – Sì, la ragazza mi ha raccontato. Che coraggiosi siete stati a cimentarvi in una simile impresa! Molto gentile da parte vostra preoccuparvi per me anche adesso che sono in ospedale!-
- Si figuri, era il minimo che potessimo fare – asserì lui in un sorriso, mentre Rein osservava sbigottita la scena, senza sapere cosa pensare.
- Tu riesci a vederla? – domandò ad un tratto a Shade incredula, ricevendo in risposta un’occhiata stranita del moro.
- Hai forse bisogno di un paio di occhiali? – la canzonò, facendola arrossire come un pomodoro.
- Cos…? N-no! È-è solo che… ah, lascia perdere – si arrese infine, dirigendosi in un angolo della stanza sfinita ed appoggiandosi al muro.
Shade ridacchiò.
- Deve essere la stanchezza. Sappiamo tutti quanto ti costa alzarti alle sei del mattino. La tua testolina vuota non carbura bene con poche ore di sonno – la prese in giro, scompigliandole i capelli – Comunque se vuoi chiedo agli infermieri se hanno un letto anche per te. Magari ti passerò a trovare. Se ne avrò voglia – ghignò.
Rein grugnì, inacidita.
- Potrei pensare di farmi ricoverare qui solo per il piacere di non vederti più così spesso!- bofonchiò irritata, guardandolo in cagnesco. Shade ridacchiò divertito.
Sempre. Abboccava sempre.
Grace osservò i due intenerita, con l’ombra di un sorriso a velarle le labbra.
Shade e Rein, sentendosi osservati, deviarono improvvisamente gli sguardi l’uno dall’altra imbarazzati. Come se temessero di essere stati colti sul fatto.
E difatti la vecchia, non perse l’occasione.
- Voi due sembrate una coppia molto affiatata – asserì, birichina.
I due sussultarono.
- U-una coppia?- balbettò Shade, quasi arrossendo.
Rein fulminò Grace con lo sguardo, mentre quella se la rideva sorniona sotto i baffi, conscia di avere colpito i due ragazzi nel loro punto debole.
La finta rossa si schiarì la voce: - Noi non siamo…- provò ad asserire, dopo aver scorto lo sguardo perplesso di Shade, quasi temendo fosse successo l’irreparabile, ma l’anziana signora non le lasciò terminare la frase.
- Oh, domando scusa. Devo aver frainteso. Non siete amici, quindi?- esclamò.
I due ragazzi si lanciarono un’occhiata confusa.
- Certo, ma…- provò a rimediare Rein, ma ancora una volta Grace la precedette.
- Non vorrete farmi credere che il significato che attribuite alla parola “coppia” sia soltanto uno?-
Rein lanciò un’occhiata di sbieco alla donna, profondamente spazientita. Non riusciva a comprendere il suo gioco fino in fondo, e questo le metteva una certa ansia. Grace era capace di tutto, ne aveva avuto prova giusto qualche minuto prima. Chi le avrebbe garantito che non se ne sarebbe saltata fuori da un momento all’altro rivelando a Shade l’inconfessabile segreto che celavano lei e sua sorella?
Shade, d’altro canto, non sapeva se essere molto divertito, o molto imbarazzato di fronte a quel malinteso.
Ridacchiò nel tentativo di sciogliere la tensione. Percepì Rein al suo fianco terribilmente tesa, non seppe dire se per l’imbarazzo o per la paura di ricevere una risposta inaspettata.
- Solitamente, quando qualcuno fa una simile affermazione, allude al significato di “coppia” in termine amoroso- provò a tamponare, ma a Grace quella risposta non bastò. Aveva appena cominciato a metterli alla prova.
- Si può essere una coppia affiatata in molti altri modi. Di amici. Di colleghi. Di sorelle – e nel pronunciare quell’ultima parola, lanciò un’occhiata eloquente verso Rein, che sussultò, punta nella coscienza – Ma del resto, quando ci si vuole bene, cos’altro importa? Le specificazioni sono soltanto una formalità – aggiunse poi, allargando le labbra in un ampio sorriso.
I due ragazzi arrossirono, senza riuscire a guardarsi in viso. Se solo avesse potuto, Rein l’avrebbe incenerita con gli occhi. Una simile figura di fronte a Shade non gliel’avrebbe mai perdonata.
Grace li osservò, timidi ed impacciati, schivarsi con lo sguardo. Sospirò.
- Voi vi volete bene, giusto?- domandò, inquisitoria.
Shade tossì, Rein alzò le spalle.
- A modo nostro, sì- riuscì a rispondere, pregandola tra le righe di chiudere lì il discorso. Non capiva né voleva conoscere fino in fondo le intenzioni di Grace, e dove volesse andare a parare con quell’insulsa conversazione. Desiderava soltanto andarsene di lì il più in fretta possibile. Cominciava a sentirsi a disagio.
Grace, d’altro canto, sorrise.
- Voler bene a qualcuno a modo proprio è il modo migliore per dimostrargli affetto – asserì.
- Quanti modi esistono per volere bene a qualcuno?- domandò Shade sarcastico, incuriosito da quella conversazione insolita.
La vecchia schioccò la lingua, saccente.
- La tua domanda ha un che di provocatorio, ragazzo. Lo sai meglio di me quanti modi esistono per volere bene a qualcuno. Un amore fraterno, piuttosto che passionale, ad esempio –
- Non sono d’accordo – asserì il moro in contropiede – Io penso che quando si vuole bene, non esiste alcuna distinzione. Quando si ama, si ama e basta, indipendentemente da chi sia il beneficiario del nostro sentimento. L’amore è universale –
- Certo. Ma non vorrai farmi credere che ami tua madre alla stessa maniera con cui ami un tuo amico –
- Non alla stessa maniera, ma con la stessa intensità. Quando si ama, si è disposti a fare grandi sacrifici. A spingersi oltre le proprie capacità
Rein e Grace ascoltarono ammirate le parole del ragazzo, profondamente colpite. La finta rossa l’osservò ammirata, riscoprendo in lui una dolcezza d’animo ed una saggezza che in poche altre occasioni aveva avuto occasione di manifestare. Grace, d’altro canto, gongolava nella soddisfazione di essere riuscita a condurre Shade dove voleva condurlo.
- Suppongo che tu abbia ragione – asserì in un sospiro e un’alzata di spalle – Deve essere per questo che io posso ringraziare di essere viva, oggi – e lanciò un’occhiata in direzione di Rein, portando inevitabilmente Shade a fare lo stesso.
Spingersi oltre le proprie capacità.
Il moro le sorrise impercettibilmente.
La ragazza, colta di sorpresa, arrossì.
- B-beh, a-amare qualcuno significa anche sapersi accettare, ed essere disposti a cambiare in meglio – balbettò la turchina d’istinto, quasi nel desiderio di distogliere l’attenzione su di sé.
- Vero anche questo – asserì l’anziana signora sorniona – L’amore cambia, e ci cambia. Ma del resto, voi lo sapete meglio di me. Io ormai sono solo una povera vecchia malconcia-
Trascorsero qualche secondo tutti e tre in silenzio, evitandosi con lo sguardo.
Grace volse lo sguardo verso il panorama alla finestra, sospirando pensosa.
- L’ultimo ricordo che ho prima di aver perso i sensi, è lo sguardo che vi siete scambiati l’un l’altra non appena siete riemersi dall’acqua. Non l’ho visto, ma l’ho percepito. Era uno sguardo pieno. Caldo come un abbraccio materno. Fatto di parole non dette, eppure estremamente confortante. Era lo sguardo di chi non ha bisogno di parlare, per potersi capire. Ecco, io lì ho capito il vostro volervi bene a modo vostro. Ed ho chiuso gli occhi con la certezza di essere finita nelle mani giuste di chi sa prendersi cura del prossimo -
Ci fu un altro istante di silenzio, in cui Rein e Shade si osservarono negli occhi arrossendo, scambiandosi uno dei loro sguardi che voleva dire tutto, pur non dicendosi niente.
Fu la sensazione di un attimo. Come un fulmine a ciel sereno. Poi svanì.
Ma in quel singolo istante, Rein capì di provare per Shade molto di più di quello che si sforzava di voler raccontare a se stessa. Forse per capriccio. Forse per paura. Si chiese se per lui fosse lo stesso. Ci sperò. Se lo augurò. Quella fu l’unica cosa che non riuscì a leggergli negli occhi.
Tutto il resto sì. E ne fu felice, e terrorizzata al tempo stesso.
- Esco un attimo. Ho bisogno di una boccata d’aria – asserì in un sussurro, dirigendosi a passo spedito verso la porta della stanza sotto lo sguardo compiaciuto di Grace, e quello più sconcertato e confuso di Shade.
- Le domando scusa. È molto stanca e provata dal viaggio – biascicò il moro in risposta, osservando il corridoio vuoto che si intravedeva subito dietro la porta.
La vecchia scosse la testa, comprensiva.
- Quella ragazza è molto spaventata – asserì.
Shade sospirò amareggiato.
- Lo so –
- E confusa – aggiunse lei.
- Chi non lo è? –
- E tu invece, ragazzo? Che cosa sei?-
Shade si voltò verso di lei stranito, abbassando lo sguardo colpevole.
- Io sono deluso da me stesso – mormorò solo, stringendo i pugni.
Grace provò a scrutarlo negli occhi.
- Chi non è deluso da se stesso, figliolo? – sorrise.
Shade alzò le spalle.
- Non saprei dirlo… chi è veramente felice, forse – rispose atono.
- E tu credi che chi è veramente felice lo sia sempre stato a prescindere?-
- Non lo so. Può darsi –
- Essere delusi da se stessi è indice di profondo cambiamento interiore. È la chiave per essere felici, in futuro. Bisogna oltrepassare molti ostacoli prima di riuscirsi a guardare indietro, soddisfatti del percorso che si è intrapreso –
Shade sospirò.
- Io non so nemmeno quale sia il percorso che ho intrapreso –
Grace sorrise.
- Avrai modo di capirlo, più avanti. Anche se fino ad ora mi sembra che tu abbia avuto le idee piuttosto chiare. Ma c’è qualcosa che ancora ti frena. La paura di rimanere solo ti spaventa, non è così? –
Shade, alzò lo sguardo su di lei, sbigottito.
- Lei cosa può saperne? – le domandò guardingo, colto sul fatto.
Grace alzò le spalle, disinvolta.
- Basta osservarti un minimo, per capirlo. Sei un libro aperto. Te lo si legge in faccia chiaramente –
- Beh, si sbaglia – asserì lui brusco, voltando di scatto la testa.
Lei, per tutta risposta, schioccò la lingua, consapevole.
- La senti spingere nel petto, fino a farti soffocare le corde vocali. Incombe. Ti opprime. Senti quasi mancare l’aria. Vorresti aggrapparti a qualcuno con tutte le tue forze, ma legarti è la cosa che più ti frena. Allora metti un muro. E poi un altro. Finché a nessuno importa più quello che provi veramente. Nemmeno a te stesso –
Shade, ancora una volta, alzò lo sguardo su di lei, sorpreso ed anche un minimo spaventato.
- Lei come fa a saperlo? – le domandò, in un sussurro. Quella donna sapeva davvero leggere dentro le persone. Era sorprendente.
Grace, per tutta risposta, sospirò.
- Sono sola anche io. Ogni giorno. Non è difficile intuirlo – ridacchiò, accennando alla stanza vuota e spoglia – Ma di solitudine non è mai morto nessuno. Certo, bisogna imparare a conviverci. Tu hai imparato, Shade? –
Il moro scrollò le spalle, stizzito.
- Di che cosa sta parlando?- le domandò, senza capire.
Grace, ancora una volta, ridacchiò sommessamente. Volse lo sguardo di nuovo all’esterno, oltre il vetro della finestra.
- Hai ragione. Tu non hai ancora scelto del tutto – disse solo in un sussurro.
Shade scosse la testa, sbuffando.
“È pazza” pensò tra sé e sé, cercando una maniera per divincolarsi da quella conversazione che aveva cominciato a stare stretta anche a lui.
La vecchia alzò le spalle, ridacchiando.
- Stai pensando che sia pazza, vero? – rise – Beh, ragazzo mio, chi non lo è, a questo mondo? Chiunque pensi un po’ al di fuori delle righe viene giudicato pazzo –
Lui strabuzzò gli occhi, stranito. Come diavolo avesse fatto a leggergli nella mente, proprio non riusciva a spiegarselo. Forse era davvero un libro aperto, come la vecchia aveva insinuato.
- Credo che ci sia qualcosa che tu voglia da te stesso – sussurrò l’anziana signora, riscuotendolo dai suoi pensieri.
Lui storse la bocca in una smorfia, impreparato. Ancora una volta, non sapeva se quella donna fosse riuscita a leggergli nel pensiero, oppure no.
- Io non voglio niente da nessuno – biascicò in risposta, a disagio. Desiderava soltanto che Rein tornasse per tornarsene a casa insieme.
- Menti- asserì quella, tempestiva – è comprensibile. Tutti faticano ad ammettere le proprie debolezze. Riconoscerle è un pregio di molti, affrontarle un merito di pochi. Accettarle è un’impresa che non riesce quasi a nessuno. Tu dove ti collocheresti?-
- Credo sia arrivato il momento di andare a cercare Fine, e tornarcene a casa – tagliò corto lui, come a sbrogliarsi da quella situazione che cominciava a stargli stretta.
- Dimmi una cosa, Shade: quando è stata l’ultima volta che hai parlato sinceramente con qualcuno? Che sei riuscito ad esternare dubbi, paure, emozioni… la tua amica conosce tutto quello che ti tieni dentro? –
Lui arrestò il passo, voltandosi di nuovo verso di lei.
- Onestamente, penso che aiutarsi a vicenda sia un passo fondamentale per chi vuole aiutare. È la logica dell’empatia. La bellezza della condivisione. Chiuderti in te stesso non aiuterà quella ragazza ad affrontare i fantasmi del suo passato. E nemmeno i tuoi. La solitudine, spesso è una scelta. E delle scelte non si può avere paura, bisogna solo trarne insegnamento –
Si guardarono negli occhi. Lei sorrise. Lui deglutì, la gola secca.
Dalla finestra fece capolino la sagoma di un grosso gatto bianco che si stiracchiava al sole. Per un istante a Shade parve che l’animale gli avesse lanciato un’occhiata d’intesa, come se anche lui sapesse.
Fu percorso da un brivido. Volle andarsene.
- È stato un piacere conoscerla. Si riguardi, mi raccomando. Arrivederci – balbettò, secco.
- Il piacere è stato mio – asserì Grace in risposta, osservandolo uscire dalla porta a passo spedito, senza voltarsi indietro.
 
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- Forse abbiamo sbagliato a venire fin qui – asserì Rein malinconica, facendo ciondolare i piedi dalla panchina sulla quale era seduta, in attesa dell’autobus che li avrebbe riportati a casa.
- Decisamente. È stata una tua idea, del resto. E le tue idee sono sempre pessime – la prese in giro Shade in risposta, lanciandole un’occhiatina maliziosa. Da quando erano usciti dall’ospedale, era parso ad entrambi di essere finalmente tornati a respirare.
Rein gli lanciò un’occhiataccia stizzita, gonfiando le guance.
Inspirò profondamente, mordendosi la lingua per non dargli una risposta acida che sicuramente sarebbe stata fuori luogo.
- Cosa ti ha detto Grace, dopo che me ne sono andata? – provò a domandargli, per sciogliere la tensione. Era dispiaciuta di essersene andata senza neanche salutare, ma dopotutto quella delle sparizioni improvvise era proprio quella strana vecchina. Per una volta, si era detta, non sarebbe stato un dramma se fosse stato il contrario.
Shade alzò le spalle, vago.
La tua amica conosce tutto quello che ti tieni dentro?
Fu percorso da un brivido lungo la schiena.
- Niente di importante – disse solo.
- Mi dispiace essermi allontanata così all’improvviso. Cominciava a mancarmi l’aria – si giustificò lei in un sospiro, sentendosi un po’ in colpa. Si rese conto solo in quel momento di quanto lasciare Grace da sola con Shade fosse stato un gesto sconsiderato. Ma ormai il danno era fatto.
- Quella donna mette in soggezione – affermò lui, quasi lasciandoselo sfuggire dalle labbra.
- Vero –
Si guardarono negli occhi, e si sorrisero.
Un gatto bianco attraversò la strada, per accucciarsi proprio ai loro piedi. A entrambi parve familiare. Si mise a fare le fusa. Rein scese dalla panchina, accucciandosi accanto a lui per accarezzarlo.
Shade l’osservò, e sorrise.
Quando è stata l’ultima volta che hai parlato sinceramente con qualcuno?
Deglutì. Sentiva un peso opprimente chiudergli la bocca dello stomaco.
- Secondo te, tutte quelle belle parole che hai sprecato in nome dell’amore… valgono anche per i gatti? – si sentì domandare ad un tratto a bruciapelo, dal nulla.
Diresse lo sguardo verso di lei, stranito.
- Come ti vengono in mente certe domande? – le chiese, curiosamente divertito.
Rein schioccò la lingua, pensosa.
- Voglio dire… i gatti sono creature affascinanti e misteriose. Eleganti, indipendenti. Non sai mai cosa passa loro per la testa. Hanno uno sguardo profondo, capace di leggerti dentro… ma tu non sei mai in grado di capire cosa pensano loro di te. Se apprezzano la tua compagnia, o se stanno segretamente progettando di ucciderti – alzò lo sguardo verso di lui, che non sapeva se ridere o preoccuparsi – Tu in molte cose, assomigli ad un gatto –
Shade strabuzzò gli occhi, perplesso.
- Pensi che io stia segretamente progettando di ucciderti? – le domandò divertito, strappandole un sorriso.
- No, stupido – rise lei – intendo dire che sei una persona discreta e taciturna, che ama starsene sulle sue. Apparentemente sembri odiare il mondo intero, ma come un gatto non disdegni un po’ di affetto e compagna, quando è qualcuno ad offrirtele – spiegò, mentre il gatto bianco prendeva a spanciarsi all’aria sotto l’effetto appagante delle sue carezze sotto il mento, abbandonandosi ad un concerto di fusa.
- Quindi mi chiedevo qual è il tuo modo di amare qualcuno. Sai amare come ama un gatto? –
- In maniera opportunistica, vuoi dire? – la prese in giro lui.
- Dai, guarda che sono seria! – esclamò lei.
Shade fece un bel sospiro, chiudendosi in un istante di riflessione.
- Io penso che l’amore di un gatto bisogna saperselo guadagnare. Sono animali sfuggenti, lunatici, egocentrici. Tutti, di primo impatto, giudicano la loro ricerca di attenzioni mero opportunismo. Ma in realtà c’è molto di più. Perché un gatto sa legarsi a poche persone, ma a quelle poche persone sa donare tutto se stesso. I gatti amano rispettosamente. Guadagnati il rispetto di un gatto, ed avrai ottenuto la sua fiducia per sempre. Penso non ci sia niente di più bello che essere amati, sapendo di essere rispettati dall’altro -
- Quindi è questo il tuo modo di volere bene a qualcuno – asserì Rein, affascinata.
Lui alzò le spalle, vago: - Suppongo di sì – disse - Ma non illuderti: sto sempre segretamente progettando come ucciderti –
Risero. Il gatto bianco si stiracchiò un po’ al sole, e poi riprese la sua camminata verso l’ignoto.
- Comunque è molto bello – affermò Rein, dopo una pausa di silenzio – il tuo modo di amare. Penso che chi ha la fortuna di amare così, non corra mai il rischio di rimanere solo –
Lo guardò negli occhi, gli sorrise. Lui lo fece a sua volta, ricambiando il sorriso.
Restarono ad osservarsi in silenzio per un istante, persi in un altro di quegli sguardi fatti solo per loro. Shade capì che Rein aveva capito di cosa avesse bisogno in quel momento. E segretamente la ringraziò, e ringraziò la sua buona stella di avergliela messa accanto così inaspettatamente.
- Fine – disse poi, sciogliendosi in una risatina sommessa – non crederai mai a quello che sto per dirti, e da un lato non ci credo nemmeno io, ma… tu mi piaci. Non in quel senso, aspetta a fare quella faccia. Come posso spiegartelo…
Hai presente quando qualcosa all’inizio non ti convince, ma una ragione inspiegabile ti spinge per forza a provarla? Per esempio. Quando sul menù di un ristorante gli ingredienti di un piatto ti sembrano fin troppo elaborati e con strani accostamenti, e nonostante tutto lo ordini.
Quando ti si presenta il piatto davanti agli occhi, e non ha l’aspetto che immaginavi avesse, e nonostante tutto lo assaggi.
Quando, dopo un primo boccone, il piatto di per sé è buono, anche se ha quel qualcosa che ti fa ancora dubitare, forse le spezie un po’ troppo presenti, forse la menta un po’ più decisa che copre certi sapori e ne esalta altri, e “Il cioccolato con il salato? Mai nella vita!” Eppure, nonostante tutto, continui a mangiarlo finché non lo hai finito tutto, perché “In fondo non era così male. Il sale esaltava il cioccolato, la menta ha creato un nuovo connubio di sapori. È particolare, ma ammetto che lo riassaggerei”; perché in fondo in fondo detesti ammetterlo, ma quel piatto ti piace davvero tanto. E ti senti un idiota ad averlo giudicato, dal principio, solo all’apparenza. Ora tocca ricrederti, ed ingoiare l’orgoglio.
Ecco. Tu sei quel nonostante tutto -
Trascorse un istante di silenzio, in cui restarono ancora a guardarsi negli occhi. Rein abbassò lo sguardo arrossendo un poco, mentre Shade si morse la lingua, maledicendosi per paura di avere detto più del necessario.
Poi la rossa esplose in una risatina sommessa, leggermente imbarazzata.
- Beh, mi sarei aspettata qualsiasi cosa da te, Shade, ma non una simile confessione – ammise, balbettando un poco. Poi deglutì, la gola secca – Anche tu mi piaci, nonostante tutto. Non fare quella faccia, hai capito benissimo cosa voglio dire. Sei la dimostrazione che non bisogna mai giudicare un libro solo dalla copertina –
Se quel pomeriggio fosse stato infinito, avrebbero avuto il tempo di dirsi tante altre cose. Ma ogni cosa bella ha una fine, e l’arrivo del pullman segnalò il capolinea di quella giornata fatta di pensieri filosofici e confessioni azzardate.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Ce la sto facendo, Fine, ci sto riuscendo! Shade si sta innamorando, lo sento!- esclamò entusiasta Rein non appena rientrata a casa, con il cuore che batteva a mille e la mente piena, di fronte ad una Fine incuriosita e desiderosa di ricevere tutti i dettagli di quella gita improvvisata.
Rein era su di giri. Non l’aveva mai vista così euforica in vita sua. Fine sorrise, pensando a quanto fosse felice vedere la gemella finalmente serena dal giorno dell’incidente.
 – Non vedo l’ora di sapere se i miei sospetti sono fondati!- continuò la finta rossa in preda all’entusiasmo, saltellando per tutta la stanza – E quando tutta questa storia sarà finita, io e lui finalmente potremmo…- ma si bloccò, rendendosi conto di ciò che le era appena uscito dalle labbra involontariamente.
Fine inclinò la testa di lato, inconsapevole.
Rein le sorrise di rimando, ingoiando un boccone amaro di saliva - V-Volevo dire tu… tu e lui potrete finalmente…- ma non le riusciva di continuare, perché già si sentiva gli occhi pizzicare dalle lacrime – p-potrete…-
Fine le si avvicinò premurosa, intuendo che qualcosa turbava la sorella, di nuovo.
- Rein… è tutto a posto?- domandò, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla.
A quel tocco improvviso e delicato, l’altra si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri, si stropicciò gli occhi, e si voltò verso la sorella con un sorriso raggiante in volto, come se tutto il malessere fosse stato spazzato via in un istante.
- Certo!- esclamò – Ero solo sovrappensiero. Scusami, Fine!- rise, ma dentro di sé si sentiva morire.


Angolo Autrice:

Ciao a tutti! Come state?
Ricompaio dopo mesi di silenzio e dopo tanti eventi capitati in questi giorni affannati. Alcuni belli, alcuni brutti.
Sicuramente tra le belle notizie c'è che finalmente sono riuscita, dopo mesi di lavoro e fatica emotiva infernali, a trovare un pò di tempo per me per tornare a scrivere qualcosa. Non sembra vero neanche a me, ma è stata davvero una boccata d'aria resca poter tornare finalmente a scaricare la mente ed il cuore con qualche parola nero su bianco. E' stato veramente terapeutico liberarsi dopo un pò di tempo. Spero solo di non essere troppo arrugginita, la pausa si fa sentire.
La situazione in ospedale va decisamente meglio, anche se sono stati mesi difficili, e tutti siamo molto stanchi e provati sia fisicamente che emotivamente per questa dura prova a cui siamo stati sottoposti. L'idea che ancora non possiamo definirci fuori pericolo - e purtroppo sarà una situazione da tenere monitorata ancora per molto, e che mi auguro non torni a precipitare come ad inizio anno - sicuramente mi fa mantenere i sensi ed un pò la preoccupazion all'erta, ma se voglio essere in grado di affrontare quello che sarà, c'è bisogno anche di un minimo di riposo. L'appello che feci la volta scorsa rimane sempre valido: precauzione, giudizio, buon senso e collaborazione sono fondamentali, anche se purtroppo di incoscienti in giro ce ne sono fin troppi.
Io mi auguro solo che anche tutti voi siate riusciti a riprendervi da questa situazione paradossale nel migliore dei modi. Vi mando un abbraccio virtuale gigantesco.
Arrivando al capitolo, non vedevo l'ora di scrivere tutto quello che ho fatto succedere oggi. Dico davvero. Rein e Shade, anche grazie ad un piccolo aiuto esterno, stanno capendo molto di loro stessi e del loro rapporto, e io non vedo l'ora, come voi, di fargli finalmente aprire gli occhi. 
Se il tempo ed il resto me lo concederanno, ho in serbo per loro tante belle situazioni che al solo pensarci il mio cuoricino scalpita di gioia (per certe cose non si è mai abbastanza cresciuti).
Spero di non aver deluso le vostre aspettative, è stata una vera gioia ed una sopresa ritrovare tante belle recensioni da leggere dopo mesi che non entravo sul sito, e sentirvi tutti vicini. Grazie <3
Per ultima cosa, a tempo perso, giusto perchè condividiamo insieme la passione per la scrittura e per la lettura, desidero condividere con voi questa piccola notizia che ha reso questo anno nero pece un pò più colorato: a maggio, incredibile ma vero, hanno pubblicato il mio primo libro!! Ed io sono felicissima ed assolutamente emozionata di poter cominciare questa piccola avventura che ancora non mi sembra reale!
Un piccolo sogno che, si spera con il tempo, diventi sempre più realtà. Non intendo assolutamente avvalermi del sito di EFP per fare della pubblicità occulta.
A qualsiasi ed eventuale curiosità in più, risponderò privatamente per messaggio.

Auguro a tutti una buona fine estate. E che determinazione e forza d'animo accompagnino sempre ciascuno di voi.

Baci sparsi

_BlueLady_

 
  
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