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Autore: dollie    17/08/2009    3 recensioni
Come recita la Legge di Gumperson, le probabilità che qualcosa accada sono inversamente proporzionali alla sua desiderabilità e Sunny, adolescente di 17 anni, sa bene che questa non è solo una curiosa variante della Legge di Murphy. Nel giro di una settimana si ritrova confinata in una cittadina sperduta tra i monti dove piove sempre, o quasi. Dai tropici al diluvio universale perenne. E tutto questo grazie a quell'eccentrica coppia formata dai suoi genitori. Come se già la vita non fosse abbastanza complicata, si innamora del figlio dei suoi vicini di casa, un ragazzo bello da far paura, troppo pieno di sé, suo nemico giurato dal primo incontro e con la sospetta abitudine di ululare alla luna piena.
Genere: Comico, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era già passata un'ora da quando avevo iniziato la colazione eppure la mia tazza da latte era ancora piena e sommersa dai corn flakes ormai informi e appiccicosi.
Infilai svogliatamente il cucchiaio in quella che ormai sembrava una brodaglia schifosa mentre il mio sguardo si perdeva altrove, al di la della vetrata che fungeva da parete del salotto.

Lo spettacolo era sempre il medesimo: alberi, pioggia e ogni tanto un bambino idiota con il suo impermeabile giallo canarino saltare nelle pozzanghere.
L'idiota per essere precisi aveva pure un nome, Mathias, ed era il mio "adorato" fratello minore di dieci anni.

"Pioggia, sempre e solo pioggia..." sbuffai alzandomi e buttando la mia colazione giù per il lavello della cucina.

Dopo tutti quegli anni non capivo perchè mia madre si ostinasse ancora a comprare i corn flakes.
Avevo cercato di farglielo capire in tutti mi modi possibili e immaginabili ma a quanto pare le parole di una figlia non sono nient'altro che un agglomerato di lettere buttate li per il puro piacere di aprire la bocca...

Diedi un'ultima occhiata alla vetrata e mi diressi verso il divano.

Nonostante la pioggia incessante no, non era autunno, era pieno Agosto e mi trovavo chiusa in quella maledetta casa in una cittadina di cui non mi ero nemmeno premurata di conoscere il nome, lontana dai miei amici e dal clima tropicale a cui ero abituata.

Invece che sul quell'orrido divano dal motivo geometrico e dai colori accessi, chiara testimonianza del pessimo gusto in fatto di arredemaneto di mia madre, avrei potuto essere sulla mia tavola da surf alla ricerca dell'onda perfetta.

Ben presto le mie fantasie sportive vennero interrotte dall'ennesima prova che ero lontana da casa e la stanza fu invasa da un freddo pungente: si era nuovamente rotta la caldaia.

No, non era una semplice vacanza in montagna da dimenticare, era la scenografia fissa del mio nuovo incubo, la colonna sonora della mia nuova vita.
Ci eravamo trasferiti.
La famiglia Branden al completo si era trasferita: Philp Branden, eccentrico veterinario che non voleva animali in casa, Margaret Branden, casalinga fissata con i lavori ad uncinetto, Mathias, bimbo-scimmia di dieci anni convinto di essere un ninja come Naruto e me, Sunny, diciassette anni, single e disperata.

Ora analizziamo attentamente le informazioni che ho dato su di me...
Sunny: nome abbastanza ironico per una costratta a vivere in un posto dove piove sempre;
17 anni: numero ritenuto sfortunato sin dai tempi dell'antica Roma;
Single: maschi? Specie ostile proveniente da un altro pianeta;
Disperata: ero stata sdradicata dal mio mondo senza alcun preavviso solo una settimana prima.

Arrivare alla mia camera fu un'impresa: dopo aver trovato la forza necessaria per staccare il mio fondoschiena dal divano, dovetti affrontare un mare di scatoloni ammucchiati qua e la in giro per la casa, una rampa di scale che non sembrava finire più e il corridoio disseminato dei giocattoli di mio fratello.

Come Ulisse che dopo vent'anni giunse alla sua amata Itaca, io riuscii ad arrivare alla mia stanza, oasi felice e ultimo baluardo di difesa da quel territorio ostile.
Mi diressi verso l'armadio in cerca di qualcosa di comodo e caldo da mettermi.
Mi tolsi il pigiama rimanendo a fissare nella specchiera il mio fisico asciutto e abbronzato alterato dalla pelle d'oca.

Avevo appena finito di infilarmi un maglione caldo a motivi floreali che sentii suonare il campanello.
Mi precipitai giù per le scale e aprii la porta pronta ad urlare di tutto e di più convinta che fosse mio padre, tornato dopo ore da chissà dove.

Ma il fiato mi morì in gola.
Li, di fronte a me stava il ragazzo più bello che avessi mai visto, alto almeno quindici centimetri più di me, fisico da nuotatore, capelli scuri e occhi di un azzurro chiarissimo.
E mi fissava.
No, un momento, non fissava me, stava guardando in basso.

"Oh-mio-dio..." dissi imbarazzatissima.

Ero in mutande, ma non in mutande qualsiasi, quelle rosa con le paperelle disegnate sul davanti che mi aveva regalato la nonna.

In quel preciso istante avrei voluto morire per auto-combustione.


  
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