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Autore: MauraLCohen    28/08/2020    3 recensioni
Sophie Rose è ormai entrata a fare parte dei teenager e un giorno torna a casa con la notizia che ogni padre teme di sentire.
Dal testo:
« Ha già la macchina. La macchina, Kirsten. Non succede mai nulla di buono quando nella stessa frase ci sono le parole macchina e adolescente. Soprattutto se in quella stessa frase c’è anche mia figlia. »
Kirsten alzò gli occhi al cielo. « E sarei io quella melodrammatica? » scherzò, non riuscendo a trattenersi.
« È la mia bambina. Non va da nessuna parte. »
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kirsten Cohen, Sandy Cohen, Sophie Rosie Cohen | Coppie: Ryan Atwood/Taylor Townsend, Seth Cohen/Summer Roberts
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#1 
The O.C.
Sandy/Kirsten 
La One Shot partecipa alla #onemomentchallenge del gruppo Better than Canon
La piccola di casa ha il suo primo appuntamento e uno dei genitori non prende bene la novità. 

–––––————————
 
Sophie’s first date 
 
Erano da poco scoccate le cinque sull’orologio digitale che troneggiava in una delle pareti laterali della cucina quando Sophie Rose varcò la porta di casa, ancora vestita con la sua divisa da calcio blu cobalto. Sui pantaloncini aveva diverse macchie sbavate di fango con qualche filo d’erba attaccato, una di esse copriva per intero il numero 10 stampato sul margine del pantaloncino destro. 
Sophie sperò con tutta se stessa che la madre non fosse ancora tornata da lavoro, perché sapeva che avrebbe dato di matto se l’avesse vista in quelle condizioni. 
Guardò l’ora sul suo cellulare. 
Merda. 
 
La casa era silenziosa, segno che Sandy doveva essersi fermato da Ryan. Non era insolito che il padre si intrattenesse a casa del ragazzo. Infatti, da quando Ryan aveva accettato di lavorare come architetto per un’impresa edile importante, si vedeva di rado durante la settimana. Così, se Maometto non va dalla montagna… Sandy scherzava sempre sul fatto che il figlio non si sarebbe liberato di lui tanto facilmente e Sophie rideva di cuore quando lo sentiva parlare così. 
 
Scuotendo il capo, la ragazza afferrò con due dita l’elastico nero che teneva insieme la sua lunga coda bionda, ormai floscia e disordinata, per sfilarlo. Si passò una mano tra i capelli per sistemarli un poco e si diresse in cucina per prendere un bicchiere d’acqua. 
 
Girò l’angolo della parete che separava l’ingresso dalla cucina e il soggiorno, gettando per terra il pesante borsone nero che aveva tenuto sulla spalla. Lo osservò scivolare ai piedi della grande isola color crema che troneggiava al centro della stanza e con uno sguardo spazientito si rivolse verso la madre, in piedi davanti al lavello. 
 
« Ora lo porto su » le disse, pentendosi subito dopo del tono antipatico che aveva usato. Era stata una giornata faticosa e non aveva voglia di sentirsi rimproverare, non subito almeno; ma si rendeva conto che la colpa dei suoi nervi scoperti non era della madre. Così si lasciò cadere su uno degli sgabelli che fiancheggiavano l’isola e osservò Kirsten sistemare l’ultima pila di piatti freschi di lavastoviglie nell’apposito ripiano della mensola. 
 
« Non ho detto nulla » scherzò la donna, notando il viso esausto della figlia. Avrebbe voluto dire qualcosa sul fatto che le stava imbrattando una cucina immacolata, ma da buona madre aveva capito che qualcosa non andava, così si limitò a finire ciò che stava facendo, guardando la quattordicenne seduta dietro di lei con la coda dell’occhio. 
 
« Scusa. Non volevo risponderti male. » Sophie esordì con un filo di voce, flettendo la schiena all’indietro per stiracchiarla. 
 
Kirsten le sorrise e si girò verso di lei. « Brutta giornata? » 
 
« Sfiancare » sospirò, rimettendosi dritta. « Mi dai un bicchiere d’acqua, per favore? »
 
Kirsten annuì, prendendo dalla lavastoviglie ancora aperta un bicchiere pulito. Aprì il rubinetto e lasciò che il getto d’acqua fredda lo riempisse fin quasi all’orlo. 
« Ecco » le disse, poggiandolo sull’isola. 
 
Sophie le fece un cenno con il capo per ringraziarla, prima di svuotare il bicchiere in un solo sorso. Moriva di sete. Allenarsi sotto il sole cocente di Berkeley la sfiniva, soprattutto quando l’allenatore-pazzo – così lo avevano ribattezzato lei e le sue compagne di squadra – faceva correre in tondo l’intero gruppo di ventitré ragazze per quasi un’ora intera. 
Quando riappoggiò il bicchiere vuoto, Sophie si rese conto che la madre non le aveva staccato gli occhi di dosso neanche per un secondo e lo sguardo apprensivo che le era comparso sul viso non prometteva nulla di buono. Chiacchierata madre e figlia in arrivo – pensò e non sbagliava. Kirsten, infatti, chiuse la lavastoviglie con un gesto fluido del piede e subito si sedette sullo sgabello accanto a quello su cui stava la figlia. 
 
« Allora, che succede? Problemi con la squadra? » la interrogò, curiosa. 
 
Sophie scosse il capo. 
 
« Con qualche professore? Con i compagni? » insistesse, ma la ragazza si limitò a scuotere vigorosamente la testa un’altra volta. 
 
« Intendi dirmelo o devo continuare a tirare a indovinare? » Dalle labbra di Kirsten sfuggì una risatina indispettita che fece sorridere anche Sophie. 
 
Per un secondo la cucina cadde nel silenzio, gli occhi della giovane si allontanarono da quelli della donna seduta accanto a lei per posarsi su una goccia d’acqua che dall’orlo del bicchiere aveva iniziato a strisciare lentamente lungo tutta la superficie di vetro fino a quella piana dell’isola, lasciando dietro di sé una scia bagnata. 
 
La mente di Sophie tornò a qualche ora prima, quando con Lisa, la sua migliore amica, erano sedute in uno dei divanetti ad angolo della caffetteria della scuola, parlando di uno dei libri che Seth l’aveva convinta a leggere. Stava spiegando a Lisa che, in fondo, Timore e Tremore non era male e che se il fratello l’avesse sentita usare quell’aggettivo per il suo grande amore filosofico Soren Kierkegaard, probabilmente l’avrebbe decapitata seduta stante. L’amica stava per rispondere quando l’avvicinarsi di un giovanotto del terzo anno con i capelli scuri e gli occhi cerulei la zittì. Il ragazzo aveva l’aria incerta, quasi spaventata e Lisa dovette girare la faccia per nascondere il ghigno divertito che vi era comparso sopra.
Si trattava di Aron Logan, la cotta di Sophie. 
I due si erano conosciuti in biblioteca e da allora passavano tutte le loro ore di studio insieme, anche se frequentavano due anni diversi. 
Sophie ricordava di aver sentito il cuore fermarsi nel petto per tutto il tempo in cui Aron era rimasto in piedi davanti a lei, riprendendo a battere all’impazzata solo quando lui aveva girato sui tacchi per andarsene. 
 
Le aveva chiesto di uscire. 
Una cosa semplice, senza impegno. 
 
E le gambe di Sophie avevano ceduto, trasformandosi in burro fuso. Se non fosse stata seduta sarebbe caduta. Ed ora, guardando quel bicchiere davanti a lei, ringraziò il cielo per averla preservata da quella brutta figura. 
 
« Mamma » Sophie si morse il labbro inferiore e la sua voce si trasformò un filo d’aria, appena udibile. Era lo stesso tono che usava da bambina quando doveva chiedere ai suoi se poteva dormire con loro perché in camera da sola aveva paura e Kirsten lo riconobbe subito. 
La figlia aveva continuato a tenere lo sguardo fisso sul bicchiere, ma lei sapeva che i suoi grandi occhi blu erano colmi di irrequietezza e la cosa la terrorizzò. 
 
« Tesoro, che succede? » le chiese, temendo la risposta. 
 
Sophie ruotò di poco il viso, giusto quel tanto che bastava per guardare la madre. « Posso farti una domanda? »
 
Kirsten annuì, l’ansia le stava divorando le interiora e a stento sentiva l’aria riempirle i polmoni. Le accarezzò il capo con il palmo della mano, incontrando le ciocche di capelli sudate che erano rimaste intrappolate in una coda troppo stretta per tutte le ore dell’allenamento. 
 
« La prima volta che sei uscita con papà eri nervosa? »
 
Quando finalmente Sophie diede voce ai suoi pensieri, Kirsten poté tornare a respirare normalmente, scoppiando a ridere per il sollievo. 
 
« Mi hai fatto prendere un colpo. Pensavo fosse successo qualcosa di grave » disse, giustificando la sua reazione. Poi scosse il capo per rispondere alla sua domanda.
 
« Non ho avuto il tempo di sentirmi nervosa. La prima volta che io e tuo padre siamo usciti insieme è stato per un caffè e lo abbiamo preso una manciata di minuti dopo esserci conosciuti. » Così Kirsten iniziò a raccontare alla figlia come lei e Sandy si erano conosciuti davanti al piccolo banco politico che lui aveva messo su per le elezioni di Ferraro e Mondale nell’84.
Le spiegò che si erano già visti perché la sua compagna di stanza, Helen, usciva con Paul, il migliore amico e compagno di stanza di Sandy. 
 
« Lo zio Paul e la zia Helen stanno insieme da più tempo di voi? » chiese curiosa Sophie. Sapeva come Paul ed Helen (che lei considerava suoi zii perché li conosceva da tutta la vita) si erano conosciuti, ma non sapeva che stessero insieme da prima dei suoi genitori. Nessuno di loro parlava spesso dei tempi del college, almeno non in sua presenza. Seth le aveva detto che il padre si divertiva con l’erba, ma quello era tutto ciò che sapeva sugli anni bui dei genitori.
 
Kirsten annuì, continuando il suo racconto. Le parlò della caffetteria in cui si erano seduti e del modo in cui Sandy l’aveva presa in giro per la lista infinita di ingredienti che il caffè che aveva ordinato conteneva. Non servivano tante informazioni per rispondere alla domanda di Sophie, ma a Kirsten piaceva ricordare quel giorno. Il suo giorno fortunato. 
 
« Ero nervosa al nostro secondo appuntamento. Tuo padre è uno che non si arrende facilmente e dopo quel caffè avevo declinato ogni suo successivo invito ad uscire. »
 
Sul viso di Sophie comparve un’espressione curiosa. 
 
« Uhm… Era un periodo particolare per me. Mi ero trasferita da poco, avevo chiuso l’unica relazione importante che avevo avuto fino ad allora e sapevo che Sandy aveva appena vissuto lo stesso. Non ero sicura di volermi imbarcare in qualcosa di nuovo così presto e… »
 
« Non eri sicura che papà fosse pronto a fare lo stesso? » Sophie concluse per lei. 
 
Kirsten rimase quasi sconcertata dall’abilità della figlia di comprendere le situazioni, caratteristica che aveva ereditato da Sandy, senza dubbio. Era il loro super potere: guardavano una persona e riuscivano a vedere subito oltre la superficie. A lei, invece, serviva tempo e impegno per comprendere la natura delle cose, per questo si fidava più dell’istinto del marito che del suo. In fondo, se non fosse stato così, ora Ryan non starebbe con loro. 
Al pensiero, sul viso della donna comparve un bellissimo sorriso, sincero e pieno d’amore.
Pizzicò la guancia di Sophie e annuì. 
 
« Esatto. Ma lui continuò a tentare senza sosta per oltre due settimane. Era talmente insistente che un giorno, per evitarlo, dovetti uscire dal campus passando per una scala antincendio. »
 
« Davvero? » Sophie scoppiò a ridere. 
 
« Te lo giuro. » Rideva anche Kirsten.
 
« E poi come ti ha convinta? »
 
« Con una delle sue, come al solito. Gli studenti dell’ultimo anno organizzavano una festa di carnevale sul tetto del dormitorio dei ragazzi a cui si poteva partecipare solo se si frequentava l’ultimo anno o se si riceveva un invito da qualcuno che lo frequentava. Io ed Helen eravamo state invitate da Paul, ma quando è arrivata l’ora di andare, oltre a lui si era presentato alla nostra porta anche un altro ragazzo con una busta della spesa in testa. » Gli occhi di Kirsten si illuminarono al ricordo e la cosa non sfuggì ad una Sophie attentissima. 
 
« Era papà? » chiese e la madre annuì.
 
« Ho pensato di uscire con Elephant man. Quando l’ho visto lì davanti, ti giuro, ho rischiato di svenire. Non sapevo come sarebbe finita la serata, considerando che una parte di me voleva strozzarlo per l’insistenza; ma alla fine l’ansia e la tensione hanno lasciato il posto alle risate e quella serata si è trasformata in una delle più belle della mia vita. » Kirsten evitò accuratamente di dire che un ruolo importante lo aveva avuto anche l’alcol. Ricordava bene la tensione che le attanagliava lo stomaco mentre lei e Sandy stavano seduti su uno dei divanetti disposti ai bordi rialzati in cemento del tetto. Ricordava che una parte di lei non voleva lasciarsi ammagliare da Sandy, perché sapeva che negli ultimi due anni, dopo che la sua ex Rebecca lo aveva lasciato, lui si era progressivamente chiuso in se stesso, concentrandosi solo sugli studi e intraprendendo brevi relazioni finalizzate solo ed esclusivamente al sesso. Per quanto carino e simpatico fosse, Kirsten non aveva alcuna intenzione di essere un passatempo con cui tenere lontano il ricordo di una ex. Non era quello di cui aveva bisogno in quel momento. Ma alla fine Sandy l’aveva convinta ad abbassare la guardia. Non aveva fatto nulla in particolare, ma nel modo in cui parlava e rideva, c’era qualcosa che le diceva che di quel ragazzo poteva fidarsi. Non le capitava mai di sentirsi così a suo agio con una persona conosciuta da poco e a giudicare da come era finita, aveva fatto bene a fidarsi di lui.
 
Scuotendo leggermente la testa per ritornare alla realtà, Kirsten ripensò alla domanda iniziale della figlia e al nervosismo con cui l’aveva vista entrare in cucina e collegò i punti. 
 
« Chi è il ragazzo? » le chiese, sorridendole amorevolmente. 
 
« Aron » rispose lei, abbassando di nuovo lo sguardo. 
 
« Il ragazzo con cui studi? »
 
« Uhm uhm. »
 
« Cavolo, è carino! » scherzò Kirsten, dando un buffetto leggero al braccio di Sophie, che subito assunse un’espressione inorridita, tradita dalle guance leggermente colorate di rosso. 
 
« Mamma! » protestò. « Non devi dirlo. Non dirlo. Che schifo! » 
 
« Che c’è? » Kirsten scoppiò a ridere. Sophie in quel momento le parve tale e quale a Seth. 
 
« Sei mia madre. Non puoi dire carino. Non può piacermi un ragazzo che tu trovi carino. Ehw! »
 
« Allora ti piace! » incalzò la donna, ridendo. E Sophie alzò gli occhi al cielo. 
 
« Mamma! » protestò ancora. 
 
« Okay! Okay! Ho capito. » Kirsten alzò le mani in segno di resa. « Sei tale e quale a tuo fratello. » 
 
« Di tre figli, due trovano te e papà imbarazzanti e ancora pensate che siamo noi il problema? » Sophie scoppiò a ridere a sua volta muovendo l’indice a mezz’aria con fare allusivo, ma Kirsten la ignorò, intenta ad approfondire cosa stesse succedendo con Alan.
 
« Ti ha chiesto di uscire? » le domandò, curiosa. « O tu lo hai chiesto a lui? »
 
« Non sono più tanto sicura di volertene parlare. »
 
Kirsten mise su una broncio finto, lo stesso che usava con Sandy quando voleva averla vinta, nella speranza che funzionasse anche con la sua bambina. 
 
« Eddai! » rincarò la dose. « Che gusto c’è ad avere una figlia femmina se non posso ficcare il naso nei suoi affari di cuore?! »
 
Sophie fece spallucce. 
Bel tentativo. 
« Quindi con Seth e Ryan ti facevi gli affari tuoi? » le chiese, ridacchiando. 
 
« Beeh... » Kirsten arricciò il naso. 
 
Ryan di tanto in tanto si confidava con lei da ragazzo e continuava a farlo anche adesso quando le cose con Taylor non andavano bene. Mai parlare di donne con donne che vogliono parlare di donne gli aveva detto un giorno di tanti anni prima e Ryan aveva capito subito che non aveva modo di sottrarsi ai suoi consigli.
In fondo, accettava quelli di Seth e in fatto di ragazze e relazioni lei era una fonte molto più autorevole. 
Seth, d’altronde, era un altro paio di maniche. Non sopportava sentirla pronunciare la parole slippini, figuriamoci come avrebbe reagito se avessero dovuto parlare di ragazze. Ma andava bene così: se voleva qualche informazione, c’era Summer e, a dire il vero, all’inizio della loro storia, neanche a Kirsten faceva impazzire l’idea di immaginare il suo bambino in quel modo. Persino adesso che era sposato, felice e con due splendidi bambini, lei continuava a vederlo come il suo piccolo Seth. Il batuffolo riccioluto di sei anni che si intrufolava sotto le coperte dopo che Sandy andava a fare surf e si riaddormentava abbracciato alla mamma. 
 
Sì, Seth sarebbe rimasto per sempre il suo  cucciolotto, non importava quanti anni avesse. 
 
Vedendo l’espressione colpevole sul viso della madre, Sophie scoppiò in una fragorosa risata. 
Sapeva di essere fortunata ad avere Kirsten e Sandy come genitori. Con loro poteva parlare di tutto e sapeva che qualsiasi cosa avesse fatto, loro le avrebbero voluto bene comunque. Erano tipi in gamba, agli occhi della figlia. Persone su cui potevi sempre contare, che sapevano fare gli amici quando serviva, ma che non si scordavano di essere genitori. 
Aveva notato una cosa buffa negli anni: con Ryan e Seth, il padre era quello più permissivo dei due, mentre la madre faceva la bacchettona quando era necessario. Con lei, invece, i ruoli si erano invertiti. 
 
« Perché il maschio è della mamma; la femmina del papà » le aveva spiegato Julie quando glielo aveva fatto notare e Sophie sapeva che era vero. 
C’erano cose di cui lei poteva parlare solo con la madre, perché il papà continuava a vederla come una bambina e pensava che anche Seth e Ryan dovevano confidarsi con Sandy per alcune cose che a Kirsten non volevano dire. 
 
Alan era fermamente una cosa di cui non poteva parlare con il padre. 
 
Lo rinchiuderebbe in garage – pensò Sophie, prima di alzarsi per prendere un altro bicchiere d’acqua. 
 
« Ne vuoi uno anche tu? » chiese rivolta verso la madre che annuì. Così Sophie prese un altro bicchiere e riempì entrambi, tornando poi a sedersi sullo sgabello. 
 
« È stato lui a chiedermi di uscire » confessò, prendendo un avido sorso d’acqua. 
 
« E non va bene? » chiese allora la donna, notando l’espressione stranita della figlia. 
 
« Mmh! Non lo so. Cioè, io voglio uscirci. Ma lui è più grande e a parte le volte in biblioteca non ci vediamo mai. Lui ha i suoi amici, con cui può fare un sacco di cose che con me non può fare. Anche papà è più grande di te, no? Di quasi quattro anni. Quando eravate al college come avete fatto? Insomma tu eri appena arrivata, dovevi fare ancora tutti e quattro gli anni. Lui invece finiva quell’anno. Come avere trovato un equilibrio? Non eri spaventata all’idea che potesse non funzionare? » Sophie sospirò esausta, come se avesse appena trasportato un carico di una tonnellata per chilometri e Kirsten poteva capire quella sensazione di incertezza, che divampa nel corpo di una persona che si sta per imbarcare in una nuova storia. Era la stessa sensazione che aveva provato lei quando aveva iniziato ad uscire con Sandy. Così si chinò sulla figlia, passandole una mano sulla schiena per confortarla mentre il suo viso crollava sulla superficie dell’isola, affondando il mento sul dorso delle mani. 
 
« Non è stato facile, trovare un equilibrio intendo. Io e tuo padre non dovevamo fare i conti solo con la differenza di età, che per noi in verità non è stato un problema. Quando sarai un po’ più grande ti renderai conto che quattro anni non sono niente. Il nostro problema principale, se così vogliamo chiamarlo, era che non avevano assolutamente nulla in comune, se non il fatto che entrambi ci amavano molto. »
 
« E come avete fatto? » domandò allora Sophie, girando il viso di lato, così che ora fosse la guancia quella premuta contro le mani. 
 
« Ci vuole pazienza per trovare un equilibrio, tesoro. Non è una cosa che arriva dall’oggi al domani. Ma il punto non è questo. Una storia funziona se entrambi vogliono che lo faccia. Per me e tuo padre era così. Non importavano tutte le cose che ci dividevano, perché ci accomunava la più importante: entrambi ci amavano e volevamo stare insieme. Il resto viene da sé. E per noi, dopo quasi quarant’anni, funziona ancora. »
 
Sophie tirò su il naso con fare curioso. « State davvero insieme da così tanto tempo? »
 
Kirsten annuì, sorridendo e il viso le si illuminò.
 
« Quando trovi la persona giusta, l’unica cosa che conta siete voi due, Sophie. Non fasciarti la testa prima di romperla, bambolina. La relazione perfetta non esiste. Tutti devono affrontare degli alti e bassi, anzi, ogni storia che dura più di qualche mese deve fare i conti con i propri, ma anche questo fa parte del gioco. Se ami davvero chi hai accanto col tempo tutto torna al proprio posto e i problemi si superano e si prosegue il cammino più forti. Non è facile. Non lo è per niente. A volte ti consuma tanto che dubiti di farcela. Ma ne vale la pena, sempre. Perché arrivi ad un certo punto in cui capisci che c’è solo una persona con cui vuoi affrontare le montagne russe. » 
 
Nel tono di Kirsten c’era qualcosa che trasmetteva a Sophie tanta sicurezza. In fondo, lei poteva vedere gli effetti di quelle parole nel matrimonio dei genitori. 
Sulla carta, insieme sarebbero dovuti essere un disastro. Venivano da mondi diversi, con valori e interessi diversi; i rispettivi genitori odiavano l’altro e i loro caratteri spesso si scontravano. Eppure funzionavano e lo facevano alla grande. 
Sophie vedeva il modo in cui si guardavano, come si comportavano l’uno con l’altra. Si amavano. Forse anche più dei primi anni. 
Doveva ammettere che le piaceva sbirciarli di tanto in tanto: quando credevano che nessuno li guardasse si comportavano come due ragazzini. 
Avevano quel modo di comunicare che sembrava telepatico. Entrambi sapevano sempre cosa pensava l’altro. Erano complici, sempre. E si supportavano in ogni cosa. 
Per Sophie erano un esempio e voleva anche lei quello che avevano loro. 
Guardò la madre e le sorrise, rimettendosi su composta. 
 
« Grazie mamma! » le disse, gettandosi al suo collo per abbracciarla. 
 
Non sapeva se Aron sarebbe diventato il suo Sandy Cohen, ma era sicura di volerlo scoprire. 
 
« Quindi? Ci uscirai? » chiese Kirsten accarezzandole la schiena, mentre la teneva stretta a sé. 
 
Sophie mormorò un sì contro la sua spalla, sorridendo. 
 
« Faccio la doccia e lo chiamo per confermare » spiegò,  balzando giù dallo sgabello. 
 
« Posso aiutarti con l’outfit? » 
 
« Decisamente no. Ma puoi aiutarmi con i capelli. »
 
Kirsten fece finta di riflettere per un secondo. « Ci sto! » disse, qualche secondo dopo, con un ampio sorriso dipinto sul viso. 
 
Sophie la ricambiò, prima di girare su se stessa e correre verso le scale che dividevano la cucina dal soggiorno. Salì i gradini a due a due, canticchiando, ma si fermò a metà strada. Un pensiero le aveva appena sfiorato la mente, congelandola sul posto. 
 
« Mamma » gridò, per farsi sentire dalla donna che era rimasta in cucina. Pochi secondi dopo la vide apparire ai piedi della scala. 
 
« Dimmi, piccola, che c’è? » chiese, incontrando lo sguardo della figlia. 
 
« A papà glielo dici tu? » Più che una domanda, alle orecchie di Kirsten parve una disperata richiesta d’aiuto e non poté fare a meno di ridere pensando alla faccia che avrebbe fatto Sandy quando avrebbe scoperto che la loro bambina stava per uscire con il suo primo ragazzo. 
 
« Non preoccuparti. Ci parlo io » la rassicurò e Sophie le fece un cenno di gratitudine con la testa.
 
« Sei fantastica. Grazie! » le disse, correndo via. 
 
(...) 
 
Sandy si addentrò nel vialetto di casa con il cielo che aveva appena iniziato a tingersi di calde sfumature di rosso e arancione, visibili dallo specchietto retrovisore. L’orologio sul display della BMW segnava le 18:30. Si era trattenuto da Ryan più del solito per aiutarlo a montare una libreria nella cameretta di Josh, che ormai, avendo imparato a leggere, aveva iniziato a divorare libri uno dietro l’altro.
 
Peggio della nonna – ridacchiò Sandy, tra sé e sé. 
 
Josh era il figlio di Ryan e Taylor, aveva ormai otto anni e mezzo e i capelli biondi e gli occhi chiari lo rendevano un mix perfetto tra i suoi genitori. Sandy e Kirsten erano davvero orgogliosi del loro nipotino: si impegnava a scuola, giocava a baseball e nutriva un sano interesse per la lettura, tanto che spesso andava con la nonna a comprare decine di libri, motivo per cui quella libreria era diventata fondamentale per poter ritornare a muoversi liberamente nella stanza del piccolo. 
 
Parcheggiata la macchina in garage, Sandy entrò in casa, lasciando le chiavi sul mobile porta-oggetti dell’ingresso e la valigetta accanto ad esso. Si tolse anche la giacca del completo, lanciandola sul primo divano che gli capitò a tiro; si era completamente scordato di aver lasciato nella tasca la cravatta che cadde sul pavimento. 
 
La raccolgo dopo – pensò tra sé e sé, mentre cercava Kirsten. 
 
Non era in salotto né in cucina, così controllò altrove. Ritornò in soggiorno e superò i divani disposti ad angolo retto, aggirando la scala che portava al piano di sopra, dietro la quale si apriva un lungo corridoio tappezzato di quadri sia a destra che a sinistra e in cui vi erano quattro stanze che servivano: una come camera degli ospiti, una era il bagno e le rimanenti erano state adibite a uffici per lui e Kirsten. 
Come era prevedibile, la trovò seduta alla sua scrivania con una pila di carte in mano, tanto concentrata che non si accorse della presenza di Sandy finché lui non si annunciò bussando delicatamente sulla porta con l’indice. 
 
« Ehi » disse lei, incontrando il suo sguardo e sorridendogli. « Non ti ho sentito rientrare. » 
 
Sandy contraccambiò il sorriso, attraversando la stanza per avvicinarsi a lei.
 
« Lo so » mormorò, chinandosi in avanti per baciarla. 
 
« Guai con la galleria? » le domandò, poi, notando l’ammontare spaventoso di carte che ingombravano la scrivania. 
Kirsten scosse il capo. « Sto valutando l’acquisto di una nuova opera. Ce ne sono di davvero belle. Non è facile scegliere. » 
 
« Allora io sono fortunato » scherzò Sandy, tirandola su per un braccio. Le cinse la vita ridacchiando alla sua espressione curiosa. « Io la mia ce l’ho proprio qui » concluse, portandole entrambe le mani sulle gote per attrarre a sé il suo viso. Le catturò le labbra sorridenti, godendosi quel breve momento di pace. Non si erano visti per tutto il giorno e gli era mancata da morire. Aveva passato gran parte della giornata a pensare a quando l’avrebbe riavuta finalmente tra le braccia; di solito passavano insieme l’ora di pranzo, ma in quei giorni lui era stato impegnato con l’università e lei con la galleria, perciò si salutavano la mattina dopo la colazione per rivedersi la sera prima di cena. 
 
« Mi sei mancata oggi » mormorò poggiando la testa sulla sua spalla mente Kirsten faceva lo stesso. 
 
« Anche tu » rispose lei, muovendo delicatamente le mani sulla sua schiena. 
 
Rimasero abbracciati per qualche secondo ancora, respirando il profumo dell’altro. Quando si allontanarono, entrambi avevano ancora un ampio sorriso dipinto sul viso. 
Kirsten era stanca di dedicarsi al lavoro, così abbandonò insieme a Sandy l’ufficio e camminarono mano nella mano fino alla cucina raccontandosi le rispettive giornate. Lei gli parlò delle nuove idee che aveva per la galleria e lo aggiornò sui piani per il weekend che Helen aveva fatto per loro quattro.
 
« E Paul sa già che volete trascinarci in una spa? » chiese Sandy, perplesso. 
 
« Penso di no. Ma le ho fatto prenotare al Fairmont1 » lo rassicurò la moglie, notando subito lo sguardo di gratitudine che le rivolse. 
 
« Quanto ti amo! »
 
Kirsten arricciò il naso. « Lo so. »
 
In cucina, Sandy prese due soda dal frigo, una per sé e una per Kirsten, che intanto aveva iniziato ad armeggiare tra i fornelli per preparare la cena. La loro conversazione andò avanti, stavolta con i racconti di lui. C’era l’università, con gli studenti che stavano battendo la fiacca negli ultimi giorni; la visita a casa di Ryan e gli aneddoti sul piccolo Josh che la facevano sempre ridere. 
 
« Non vede l’ora che sia domani » le comunicò Sandy, mentre la osservava sminuzzare le verdure con cura. 
 
Kirsten alzò lo sguardo per un attimo da ciò che stava facendo, portandolo sul marito. « Anche io. Dopo tre figli completamente disinteressati al mio lavoro, un nipote appassionato all’arte me lo meritavo proprio » scherzò. 
 
« Goditelo, perché quando sarà abbastanza grande verrà con me a fare surf » la incalzò lui, rubando un pezzo di sedano dal vassoio. 
 
Kirsten lo fulminò con lo sguardo. « Scordatelo! » protestò « Hai già traviato Sophie e Lucas2. Non lo farai anche con Josh. » 
 
« Aspetta e vedrai, bambola. » Sul viso di Sandy comparve un sorriso sornione che la moglie punì subito lanciandogli contro il filo di una buccia di cetriolo. Risero entrambi finché nela mente di Kirsten non si insinuò il pensiero dell’appuntamento per cui Sophie si stava preparando al piano di sopra e di cui Sandy ancora non sapeva nulla. Non era sicura che il marito avrebbe continuato a ridere dopo averlo scoperto e la preoccupazione doveva aver influenzato la sua espressione, perché Sandy subito la guardò perplesso. 
 
« Che c’è? » le domandò, curioso. 
 
« Non so se lo vuoi sapere. » Fu tutto quello che lei rispose. 
 
« Kirsten… » la canzonò Sandy. 
 
« Va bene! Va bene! Ma non dire che non ti ho avvertito. »
 
« Quanto sei melodrammatica, che succede? »
 
Kirsten fece un respiro profondo, dando le spalle al marito per dedicarsi alle padelle in cui stava cuocendo la carne. Per tutta la stanza si propagò un profumo intenso di grasso che faceva venire l’acquolina. 
 
« Siamo solo noi due a cena stasera. » Provò a prenderla larga, confidando di addolcire la pillola. 
 
« Sophie va da Lisa? » chiese Sandy, senza badare troppo alla notizia. 
 
« No. »
 
« Da Paul ed Helen? »
 
« No. »
 
« Tesoro, ti amo, lo sai, ma non so leggerti la mente » ironizzò lui, prendendo un sorso di soda. « Dove va Sophie? »
Poi si fermò a riflettere per un secondo e l’orrore gli gremì gli occhi. « Dimmi che non sta arrivando Julie in città. Ti prego. »
 
Il tono terrorizzato di Sandy fece scoppiare Kirsten a ridere. Era incredibile quanto Julie riuscisse a spaventarlo dopo tutti quegli anni. 
 
« No, niente Julie. » Sorrise, forse la prospettiva di dover vedere Julie poteva rendere più gradevole l’idea del primo appuntamento di Sophie.
 
« Nostra figlia ha il suo primo appuntamento » ammise poi, forse con un pizzico di entusiasmo di troppo. 
 
La notizia arrivò a Sandy come una doccia ghiacciata. Julie Cooper non sarebbe stata così male, col senno di poi. 
 
« Non esiste! » brontolò « È troppo piccola. E poi chi sarebbe questo ragazzo? Lo conosciamo? »
 
Kirsten si girò a guardarlo, dando le spalle ai fornelli. « È Aron, il ragazzo con cui studia. » 
 
Il viso di Sandy sembrò rabbuiarsi ancora di più. « Ma è più grande di lei » protestò, poi abbassò la voce per enfatizzare le parole che stava per pronunciare. « Ha già la macchina. La macchina, Kirsten. Non succede mai nulla di buono quando nella stessa frase ci sono le parole macchina e adolescente. Soprattutto se in quella stessa frase c’è anche mia figlia. » 
 
Kirsten alzò gli occhi al cielo. « E sarei io quella melodrammatica? » scherzò, non riuscendo a trattenersi. 
 
« È la mia bambina. Non va da nessuna parte. » 
 
« Sandy! » Kirsten si avvicinò a lui, intenerita dall'iperprotettività del marito.  Lo abbracciò, passando le dita tra i suoi capelli per tranquillizzarlo. 
 
« Ha quattordici anni ed è una ragazza responsabile. Andrà tutto bene. E poi scusa, non eri tu quello che diceva che se avessimo avuto una femmina, non avresti mai fatto il Caleb Nichol della situazione? » 
 
Sandy sbuffò, sapendo che in fin dei conti Kirsten aveva ragione. Sophie era il suo piccolo terremoto, fin dal primo momento in cui l’aveva tenuta in braccio lo aveva conquistato. Quegli enormi occhioni blu che aveva ereditato dalla mamma erano troppo belli per non innamorarsene perdutamente. Non importava quanto tempo passasse, quanti compleanni aggiungevano un anno alle candeline, lei era sempre la sua bambina e una parte di lui continuava a desiderare che non crescesse mai. Ma sapeva che era un pensiero egoistico e che non poteva certo segregare Sophie in casa. Eppure l’idea di immaginarla abbracciata ad un ragazzo non gli piaceva proprio. 
 
« Aron, eh… » brontolò ancora, cingendo la vita di Kirsten con entrambe le braccia. Lei annuì. « E com’è? »
 
« Un bravo ragazzo. Conosco la madre. Diligente, studioso, sportivo. Un po’ testardo da quello che mi racconta Karen. » 
 
« Ah sì? » Sandy continuava a non sembrare molto convinto. Kirsten gli sorrise, mordendosi il labbro inferiore. Era adorabile così imbronciato. Non si trattenne e lo baciò, lasciando vagare le dita affusolate lungo la sua nuca, tra i suoi capelli. 
Sandy accolse le labbra della moglie, rispondendo al bacio e portandole una mano sulla guancia per stringerla a sé con maggior vigore ed esortarla a continuare. 
 
Si allontanarono dopo qualche minuto per riprendere fiato, nessuno dei due tenne conto del tempo. Kirsten posò il viso sulla spalla di Sandy, accarezzandogli il petto con il palmo della mano. « Lasciala andare. Lo sai quanto può essere frustrante avere un padre che non approva il tuo ragazzo. » 
 
Sandy ci pensò ancora per un momento, appoggiando la guancia tra i capelli di Kirsten.  No, non voleva essere come Caleb. Voleva che la sua bambina sapesse che poteva contare su di lui per qualsiasi cosa, anche per quelle che non gli piacevano. E poi – si disse – c’è sempre la buona, vecchia mazza da baseball per Aron.
 
Sospirò sommessamente, prima di dare forma ai suoi pensieri ad alta voce.
 
« Va bene. Ma deve essere a casa per le undici. » 
 
Kirsten gli sorrise, sollevando il viso per guardarlo. Sapeva che non era facile per lui, ma era contenta di aver sposato un uomo che sapeva sempre fare la scelta giusta per la sua famiglia.
 
« Ti amo » gli mormorò.
 
« E fai bene. Sono fantastico » scherzò lui, prima di baciarla di nuovo. 
 
 
 

Chiarimenti

L’hotel esiste davvero ed è bellissimo. Chi alloggia in quelle stanze non solo ha accesso ad una spa incredibile, ma anche ad un campo da golf che farebbe gola a qualsiasi giocatore, specie ad uno come Sandy Cohen. 
 
Lucas è il primo genito di Summer e Seth nel mio headcanon. Il piccolo è nato un anno dopo il matrimonio ed è stato figlio unico per quasi cinque anni, quando poi è arrivata la sorellina, la piccola Marissa. 
  


 
Presta volto 

Nei panni di Sophie Rose Cohen - visto che il nome dell'attrice che l'ha interpretata nella 4x16 è ignoto - ho scelto l'attrice Kiernan Shipka. Non ha gli occhi azzurri, ma voi fingete che li abbia. Grazie. 

Il nostro Alan, invece, deve il suo volto a Dylan O'Brien,

Helen, la moglie di Paul, è la belissima e bravissima Sasha Alexander
 


 
Note dell’autrice

Ebbene eccomi qui, per la seconda volta nella stessa settimana. Sono sorpresa quanto voi, credetemi. Spero che questo sia sintomo di una fine precoce del mio blocco, davvero. Sono esausta di sforzarmi di scrivere senza partorire nulla di buono. 
Ammesso e concesso che questa OS lo sia, chiaramente. Ma per saperlo devo rimettere il giudizio a voi. Fatemi sapere, se vi va. 
Stavolta sono uscita dalla mia comfort zone, perché non so se lo sapete ma faccio molta fatica ad immaginare Sophie Rose adolescente e Sandy e Kirsten, beh… Più vecchi. Spero che il risultato non sia terribile, ecco! 



 

   
 
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