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Autore: Carme93    29/08/2020    1 recensioni
Pronti a partecipare a una competizione fuori dagli schemi?
Due famiglie, 80 città e un premio a sorpresa.
Chi vincerà?
[Storia partecipante alla challenge "Il giro d'Italia in 80 storie" indetta da Ghostmaker sul forum di EFP]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo sesto
 
 





 
Ancora un giro di pedale
 







 
“Innanzi a tutti, o nobile Piemonte,
quei che a Sfacteria dorme e in Alessandria
diè a l'aure per primo il tricolore, 
Santorre
 di Santarosa

(“Piemonte” di Giosuè Carducci)
 
 
 




 
Il cielo era terso e luminoso. Si prospettava un’altra calda giornata di luglio.
Samuele si passò una mano tra i capelli e sorrise: la camera era inondata dal sole e, a parer suo, non c’era modo migliore di svegliarsi. Lanciò un’occhiata al letto accanto al suo e si rese conto che la madre dormiva ancora, così scese dal letto silenziosamente e si avvicinò all’ampia finestra per sbirciare fuori.
Erano arrivati ad Alessandria la sera prima, o, per essere pignoli, la notte prima: avevano preso l’ultimo treno della giornata per un pelo – sennò chi l’avrebbe sentita la zia Penelope? Personalmente avrebbe preferito pernottare a Torino e spostarsi la mattina a un orario decente, ma la zia non aveva voluto sentire ragioni. In compenso li aveva portati in uno degli hotel più belli della città – o almeno così aveva garantito lei - e sito nel centro storico, a pochi passi dalla stazione (anche se a Samuele dopo la caccia al tesoro, la distanza tra la stazione e l’hotel era sembrata infinita).
Adesso doveva ammettere di essere contento di trovarsi già nella città della nuova gara e di non dover alzarsi presto per viaggiare, ma la sera prima era troppo stanco per considerare ragionevole la decisione della zia.
Lui e la madre dividevano una camera doppia, mentre la zia ne aveva presa una singola per sé. Ricordava vagamente che, dopo un’estenuante discussione – che tra l’altro aveva rischiato di svegliare gli altri ospiti dell’hotel -, la mamma e la zia si erano accordate per incontrarsi per la colazione alle nove e mezza e in seguito avrebbero compiuto un tour della città, come suggerito dagli organizzatori del programma televisivo. A quanto sembrava avrebbero dovuto attendere l’ora di pranzo per scoprire che cosa avrebbero dovuto affrontare questa volta.
Erano ancora le nove meno dieci, ma non aveva voglia di tornare a letto, così approfittò del bagno ancora libero e si preparò con calma. Solo quando fu pronto, scosse la madre. Lei mugugnò, ma si alzò quasi subito.
«Volevi dormire ancora?» le chiese Samuele.
«No, non sia mai che tu zia venga a buttare giù la porta per un minuto di ritardo».
Il ragazzino ridacchiò e approfittò del momento libero – e dell’assenza della zia ˗ per chiamare il padre e raccontargli con calma della caccia al tesoro, ma soprattutto del completo e del pallone autografato della Juventus.
«È possibile che andiamo solo in città dove non c’è il mare?» si lamentò restituendo il cellulare alla madre.
«No» replicò Ambra pazientemente, mentre sistemava il proprio zaino. «L’Italia è una penisola, no?».
«Speriamo di andare presto in Liguria allora, lì il mare è bello, no?».
«Oh, sì, ma stai tranquillo. Stiamo facendo una vacanza fuori dal comune e quasi gratis, non succede nulla se per un’estate non vai a mare».
Samuele le rivolse un’occhiata scioccata e non replicò.
Ambra sbuffò. «Su, andiamo a fare colazione».
La zia Penelope li attendeva già fin troppo combattiva, ma Ambra la costrinse a tener per sé i suoi piani strategici durante la colazione.
«Che ha il ragazzino?» chiese Penelope alla sorella, mentre procedevano sul largo marciapiede antistante l’hotel. Samuele procedeva davanti a loro, leggermente imbronciato.
«Nostalgia del mare e di casa, immagino» replicò Ambra stringendosi nelle spalle.
«Per il mare forse potremo rimediare. Ieri ho sentito delle indiscrezioni: a quanto pare questa è l’ultima tappa del Piemonte».
«Davvero? E dove pensi che andremo domani?».
«Non sono riuscita a carpire nulla» sbuffò Penelope. «Ma potrebbe benissimo essere la Liguria, no? Insomma dalla Valle d’Aosta siamo passati in Piemonte, quindi sarebbe logico andare in Liguria adesso».
«Speriamo, così almeno Samuele si distrae un po’».
«Dove andiamo?» chiese Samuele interrompendole.
«Potremmo andare al Duomo, a quanto pare il campanile è il terzo più alto d’Italia».
Penelope e Samuele annuirono non avendo proposte migliori.
 


 
*
 
 

 

«Basta» si lamentò Ludovico.
Maria lo ignorò e continuò a passeggiare tranquillamente. Non aveva mai avuto la possibilità di visitare Alessandria, ma era antica – da quanto affermava la guida loro consegnata, era stata fondata nel 1168 - e ricca di palazzi e, avendo l’intera mattina libera per visitarla, non aveva alcuna intenzione di farsi rovinare il momento dal fratello. Personalmente aveva preteso di andare a visitare la cittadella, uno degli edifici militari più importanti d’Europa, costruita per volere del re Vittorio Amedeo II nel 1728. Non che apprezzasse particolarmente quel tipo di architetture, ma doveva ammettere che le immagini dall’alto erano sorprendenti: la pianta della cittadella è a forma di stella, con sei baluardi circondati da fossati. Un luogo decisamente impressionante. In più proprio lì per la prima volta era stato alzato il tricolore italiano nel 1821.
Perché Ludovico non si lasciasse travolgere dalla Storia che bisbigliava in quei luoghi, proprio Maria non riusciva a comprenderlo.
 Peccato che alcune costruzioni fossero rovinate, specialmente nella parte sommitale era evidente la mancanza di molte tegole.
Uno degli edifici, Salle d’artifice, era stato voluto da Napoleone Bonaparte.
 
«Dimmi che cosa c’è d’interessante in questo posto in rovina» borbottò Ludovico.
«Sei il solito ignorante!» sbottò Maria. «Lo vedi quel cippo?» gli chiese indicando il bastione di Santa Barbara. «È stato posto in ricordo di alcuni partigiani fucilati qui nel 1945».
«Ci sono gli spiriti, quindi?».
Maria gli tirò un pugno sulla spalla. «Idiota! È una cosa seria!».
«Lo so» sbuffò Ludovico. «Ma possiamo fare qualcos’altro?».
«Andiamo a vedere il Teatro delle Scienze» propose Saverio parlando per la prima volta.
«Basta che ci sia l’aria condizionata» disse Ludovico.
Maria incrociò le braccia al petto e li seguì seccata.
Il Teatro delle Scienze di solito il sabato apriva solo di pomeriggio, ma eccezionalmente per loro – il potere della televisione ˗ aprì anche la mattina.
La visita non fu terribile come Maria si sarebbe aspettata, ma anzi fu quasi interessante.
Il Teatro delle Scienze comprende il Museo di Scienze Naturali e il Planetario con il laboratorio di Astronomia.
Furono accolti da un video sull’origine e l’evoluzione della Terra e dopo seguirono un percorso che li portò fino al centro del pianeta, dove poterono toccare con mano delle rocce di origine vulcanica.
Ciò che, però, lasciò senza fiato Maria fu il circadiano: la registrazione dei suoni diurni e notturni della natura. Fu fantastico. Altrettanto la colpì la ricostruzione dei miti legati alle costellazioni che ascoltò nel laboratorio astronomico.
«Non mi dispiacerebbe studiare scienze in un posto così» mormorò Maria.
«Nemmeno a me» disse Ludovico.
«Un miracolo» borbottò Saverio, scuotendo la testa ben consapevole di quanto Maria odiasse le discipline scientifiche.
La visita al Teatro aveva portato via quasi tutta la mattina ed erano in ritardo per il pranzo.
«Tanto senza di noi non iniziano» disse Ludovico.
Saverio gli lanciò un’occhiata di rimprovero, mentre Maria ridacchiò convinta, però, che per una volta avesse ragione.
 


 
 
*
 
 


 
La produzione aveva organizzato un pranzo ricco di piatti tipici della città. Leones e Strange Threesome furono invitati a sedere allo stesso tavolo, ma per fortuna sia Saverio sia Penelope erano troppo accaldati e affamati per battibeccare tra loro. E di ciò ne furono tutti grati.
Samuele, Maria e Ludovico presero posto vicini in modo da poter chiacchierare lontano dagli adulti.
«Non è che i tuoi figli voglio circuire mio nipote per strappargli informazioni sulle nostre tattiche?» chiese a bruciapelo Penelope.
Ambra le lanciò un’occhiataccia e si assicurò che il signor De Vecchi e il giovane conduttore, a tavola con loro, non avessero sentito. Alle volte Penelope era veramente imbarazzante.
«Circuire?» sbottò Saverio abbandonando il pane che stava sbocconcellando in attesa del primo. «Ma sei seria?».
«Serissima» ribatté Penelope. «Quei due sono figli tuoi si vede benissimo, ne sapranno una più del diavolo».
«Smettila» sibilò Ambra.
«Ora che mi hai dato la tua benedizione, non dovrò correre a effettuare il test di paternità» ribatté Saverio tagliente.
In quel momento per fortuna giunse il cameriere che servì gli antipasti: dei tavolieri pieni di salumi e formaggi vari. In particolar modo attirò l’attenzione degli ospiti sui salamini di Mandrogne, alcuni crudi altri cotti al forno al cartoccio con aromi e vino Barbera.
Il cibo non impedì a Penelope di replicare, anche se a voce bassa, beccandosi un calcio sotto il tavolo dalla sorella.
«Non esagerare e non diventare volgare» la rimbrottò. «E mangia».
«Guarda che non sono tuo figlio» borbottò lei che voleva per forza l’ultima parola.
Il resto del pranzo trascorse tranquillamente e la conversazione si spostò sulla gara. Nonostante le insistenze di Penelope, però, il signor De Vecchi non lasciò trapelare nulla sulla prova del pomeriggio né sulla meta successiva.
Gli agnolotti in brodo furono colti con un certo scetticismo dai presenti che avrebbero preferito rinunciare a un piatto tipico della città pur di non dover mangiare qualcosa di così caldo in una giornata estiva di per sé rovente.
Tutti, però, apprezzarono i rabaton – piccole polpettine ripiene di ricotta, erbette di campo e spinaci ˗ cotte al forno e non nel brodo, com’era anche tradizione e il pollo alla Marengo.
I dolci furono quelli accolti con maggior entusiasmo: tartufata di amaretti, polenta dolce di Marengo, la Giacometta – crema spalmabile alle nocciole ˗, amaretti, i biscotti della salute di Ovada e molti altri ancora.
«Magnifico» sospirò soddisfatto Ludovico stravaccandosi sulla sedia e ignorando il monito della sorella di star seduto più composto. «Dicono che questa è l’ultima tappa qui in Piemonte, come faremo senza il nostro buon cibo?».
Maria alzò gli occhi al cielo. «Non hai mai sentito dire: “Non di solo pane vive l’uomo”».
«Una volta ho litigato con la catechista per questa cosa».
«Il cibo è molto buono anche in altri posti» disse, invece, Samuele piccato. «Soprattutto al Sud».
Ludovico roteò gli occhi. «Non è vero».
«Sì, che è vero» ribatté il ragazzino.
«Trovate un altro modo, possibilmente più silenzioso e costruttivo, per digerire» sbottò Maria che non aveva alcuna voglia di sorbirsi discorsi sul cibo, soprattutto dopo tutto quello che avevano mangiato.
«Qualcosa di costruttivo? Io di solito dormo dopo pranzo, va bene lo stesso?» chiese Ludovico.
Samuele suo malgrado rise alla battuta.
«Non puoi dormire qui. Io proporrei di uscire fuori, così ci facciamo qualche foto mentre gli adulti chiacchierano. Ludovico, se vuoi, puoi dormire sul marciapiede».
«Oh, ma quanto sei spiritosa» borbottò il ragazzo.
Samuele sorrise e li seguì volentieri, consolandosi con il pensiero che prima o poi sarebbero andati anche nella sua città e allora li avrebbe fatto vedere e poi non poteva rinunciare a delle foto con Maria.
 


 
 
*
 
 


 
Nel pomeriggio il signor De Vecchi e il giovane conduttore li condussero al Museo della bicicletta, nato qualche anno prima da un’esposizione divenuta di fatto permanente. L’allestimento è nel Palazzo Monferrato nel pieno centro storico della città.
Qui li attendavano, oltre la solita squadra di cameraman e addetti della televisione che provvidero subito a microfonarli, anche una pletora di sindaci, assessori alla Cultura e addirittura il presidente della regione.
«Non staranno esagerando?» mormorò Maria, a disagio per quel dispiegamento di autorità e personaggi importanti.
Samuele gemette e non replicò: effettivamente le telecamere erano già difficili da sopportare.
Vennero accolti in una sala elegante del palazzo, dove già si erano posizionati un’infinità di giornalisti.
Le due squadre si schierarono alle spalle del giovane conduttore; le poltrone in prima fila erano riservate ai vari ospiti illustri, mentre il sindaco di Alessandria affiancava il presidente della regione entrambi accanto del signor De Vecchi e del conduttore.
«Buonasera a tutti!» esordì quest’ultimo. «Eccoci all’ultima tappa piemontese di questa magnifica gara! Non per nulla questa sera, ci ha onorati della sua presenza il presidente del Piemonte».
A quel punto si susseguirono i soliti noiosi e retorici saluti e discorsi di benvenuto pronunciati dal presidente e dal sindaco.
«Bene, non lasciamo ancora i nostri concorrenti nell’incertezza! In fondo è da stamattina che attendono trepidanti di scoprire che cosa dovranno affrontare» riprese la parola il giovane conduttore. «Signori e signore, le nostre due squadre dovranno affrontare una corsa in bicicletta… Oh, sì, sì, lo so che cosa state mormorando “Di nuovo?”, “Hanno già esaurito la loro invettiva?”. Eh, vi assicuro che non sarà una corsa normale e ci sarà da divertirsi».
«Non per noi» borbottò Penelope che non aveva dimenticato la ‘passeggiata’ in bici ad Aosta.
«Prima, però, visiteremo insieme il Museo della bicicletta. Sono sicuro che vi piacerà!».
«Ad Alessandria si ha la prima attestazione della presenza di un velocipede in Italia» prese la parola il sindaco. «Era l’estate del 1867 e all’improvviso un giovane, Carlo Michel, si mise in mostra con quello che venne definito un ‘ferreo destriero’, attirando l’attenzione di tutta la popolazione. Si trattava, nello specifico, di un ‘bicicletto’ e veniva prodotto in Francia. Il giovane l’aveva comperato all’Esposizione Universale di Parigi di qualche settimana prima. Alessandria nel 1898 è stata addirittura scelta come sede dell’Unione Velocipedistica Italiana. Nel 1896 venne fondata anche la fabbrica di bicicletta Maino, su una delle quali corse persino Girardengo! Senza contare il grande Fausto Coppi che è stato un nostro concittadino! Seguitemi e vedrete con i vostri occhi molte altre storie fantastiche nel nostro museo».
E così tutti si spostarono nella sala dedicata alla mostra. La visita fu decisamente impressionante, in quanto nessuno dei ragazzi e nemmeno degli adulti si era mai posto il problema di quanti modelli, alcuni anche abbastanza strani, avevano preceduto le biciclette alle quali siamo abituati oggi: alcune avevano manubri completamente ricurvi, altre delle ruote enormi.
Alla fine il giovane conduttore li condusse all’ingresso del palazzo e disse con un ghigno preoccupante: «La gara di corsa è particolare perché dovrete usare un velocipede. Sarà divertente, no?».
Penelope sbiancò, ma Saverio non fu più contento così non provò neanche a deriderla. I ragazzi, invece, ridacchiarono alla prospettiva e forse credendo che fosse uno scherzo.
Un lungo tratto di strada era stato chiuso e la polizia vigilava attentamente. Su un lato del marciapiede, coperti fino a quel momento da un telone, vi erano sei velocipedi. I ragazzi smisero di ridere.
«Come si sale su quei cosi?» borbottò Maria.
«Tu non puoi, hai le gambe troppo corte» replicò Ludovico. Maria gli pestò un piede, lanciandogli un’occhiataccia.
Effettivamente sembravano molto scomodi rispetto alle mountain bike o alle bici da passeggio alle quali Samuele, ma anche gli altri era abituati.
«Molto bene» continuò il conduttore, «il percorso è semplice, dovete seguire i segnali e la delimitazione – molto chiara, grazie anche all’aiuto della Polizia di Alessandria ˗, arrivare fino in fondo e tornare indietro. Verrà assegnato un punteggio in base all’ordine di arrivo: il primo otterrà 35 punti, il secondo 30 e man mano scalando di cinque punti. Naturalmente la squadra che otterrà più punti, vincerà questa tappa. Ora portate i velocipedi sulla linea del traguardo».
Probabilmente quello faceva parte della prova, perché i velocipedi erano allineati uno accanto all’altro e le due squadre cominciarono a spintonarsi e a imprecare –Ludovico, Saverio e Penelope – nel tentativo di eseguire le istruzioni ricevute.
«Signori, con calma, la corsa non è ancora iniziata!» tentò il conduttore preoccupato che si ferissero ancora prima di cominciare.
Saverio sbuffò e cercò di darsi una calmata: spinse la ruota fuori dal blocco che la teneva ferma e, lentamente, condusse il velocipede alla linea del traguardo. Si chiese se cominciasse a essere troppo vecchio per quel genere di attività. Comunque calcolò che con una buona spinta non avrebbe dovuto avere troppe difficoltà a partire. Si voltò e sussurrò quanto pensato ai figli che, nel frattempo, l’avevano raggiunto. Ludovico assentì all’istante e si strinse nelle spalle come se fosse troppo semplice per lui, mentre Maria lo fissò scettica.
«Lascia stare, lei può anche arrivare ultima» disse Ludovico prendendo posizione. «Ci penso io a raccogliere un po’ di punti».
Maria avvampò e replicò: «Lo vedremo!».
Anche gli Strange Threesome erano riusciti a portarsi sulla linea del via, così il giovane conduttore tutto felice strillò: «Pronti… Via!».
Saverio, con più difficoltà di quanto avesse previsto, mise in atto il suo piano e un po’ si dispiacque perché non vide Penelope cadere di sedere sull’asfalto, ma sentì solo le sue delicate parolacce che probabilmente, in prima serata, sarebbero state coperte da tanti bip. Ridacchiando rischiò di perdere l’equilibrio, ma riuscì a non cadere e non fare brutta figura. Ludovico lo superò senza problemi. Non poteva voltarsi e cercare Maria, ma poco dopo, barcollando in maniera preoccupante, lei gli si affiancò.
«Questa gara è pazzesca» strillò la ragazza. «Meno male che ci hanno dato dei caschi!».
Il percorso da compiere constava di circa due chilometri e sui lati della strada si era raccolta una folla di curiosi, che li additava, li fotografava, probabilmente girava video e ridacchiava. Sarebbe stato come quando passa il Giro d’Italia se non fosse stato che i sei ciclisti sembrassero quasi ubriachi.
 
Saverio rallentò l’andatura perché il caldo, nonostante fosse pieno pomeriggio, era ancora soffocante; in più Ludovico e Maria avrebbero guadagnato abbastanza punti per ottenere un buon risultato. D’altronde dei Strange Threesome, solo il più piccolo sembrava tenere testa a Maria, ma probabilmente non sarebbe riuscito a raggiungere Ludovico, che, grazie al basket, era molto più allenato.
A quel punto, però, apparve al suo fianco Ambra Silvestri cogliendolo di sorpresa. Ella sbandava leggermente, aveva il volto imperlato di sudore ma sembrava ben determinata a non mollare. Saverio si preoccupò rendendosi conto di aver sottovalutato gli avversari. Non ebbe il tempo di chiedersi che fine avesse fatto Penelope che un tonfo fece sobbalzare lui e Ambra. I due si voltarono all’indietro di scatto perdendo così l’equilibrio: Saverio strinse il manubrio per riprendere l’assetto precedente e imprecando contro i freni così diversi da quelli odierni; Ambra ebbe meno fortuna, ma riuscì a cadere allungando le mani davanti a sé e senza farsi schiacciare dal velocipede.
E, naturalmente, la causa di tutto ciò era stata Penelope! La donna, totalmente incapace a stare su due ruote, indipendentemente dalle fattezze del veicolo, era andata a sbattere contro un palo della luce facendo scappare gli spettatori e, straordinariamente, senza investire nessuno.
Furono le Forze dell’Ordine a intervenire per soccorrerla, ma Penelope con la sua consueta testardaggine non aveva alcuna intenzione di abbandonare la gara. «Rimettetemi in sella!» gridò ai due poliziotti.
Ambra, dopo aver costatato che la sorella stesse bene, con non poca fatica risalì sul velocipede e tentò d’inseguire Saverio che, nel frattempo, si era allontanato.
Nel gruppo di testa, come nella precedente gara ciclistica che avevano affrontato, c’erano i ragazzi: Samuele era ben intenzionato a superare Maria questa volta e non lasciarsi fregare, mentre Ludovico scherzava e si metteva in mostra con le ragazze ai bordi della strada e un paio di volte si fermò anche per concedere dei selfie, suscitando l’irritazione della sorella.
Samuele, all’ennesima pausa di Ludovico, decise che ne avrebbe approfittato come la tartaruga con la lepre, doveva solo impegnarsi un po’ di più e non ricommettere l’errore della volta precedente: avrebbe rallentato prima e poi ci avrebbe dato dentro alla fine. Arrivato alla fine del percorso girò con una certa fatica, ma, a differenza di Maria, non fu costretto a scendere e questo gli diede un certo vantaggio su di lei. Ludovico sembrava instancabile, nonostante il caldo.
Il ritorno sembrò più veloce dell’andata e i tre ragazzi avevano distanziato abbastanza gli adulti; Saverio e Ambra si affiancavano e avevano già concluso metà del percorso, mentre Penelope aveva molte difficoltà e rallentava per insultare gli spettatori che ridevano di lei.
«Attenzione, signori, i primi stanno per giungere al traguardo» strillò il giovane conduttore.
Samuele accelerò proprio come si era ripromesso, ma Ludovico era una persona molto competitiva e, ben diversamente dalla lepre, si concentrò sull’ultimo tratto e tagliò il traguardo per primo. Il ragazzino si accontentò del secondo posto. Maria giunse poco dopo di lui.
Saverio si aggiudicò il quarto posto e Ambra il quinto; Penelope con molta fatica completò il percorso una decina di minuti dopo gli altri, questa volta però raggiunse il traguardo in sella al velocipede.
«Bene, signori, mentre le due squadra riprendono fiato i giudici provvederanno a calcolare i punteggi» disse il conduttore.
I membri delle due squadre si riunirono ai margini della strada, dove alcuni addetti presero in custodia i velocipedi, altri si affrettarono a portar loro da bere e da mangiare.
«Ecco il punteggio, signori e signore… I vincitori di questa gara sono i Leones con 80 punti!».
Il pubblico presente, che ormai aveva imparato a conoscerli grazie alla televisione, applaudì ed esultò. Ludovico salutò alcune ragazze più vicine.
«Smettila» sibilò Maria imbarazzata.
«Gli Strange Threesome hanno totalizzato 55 punti» continuò il giovane conduttore. «I Leones vincono un cappello ciascuno firmato Borsalino, mentre gli Strange Threesome si aggiudicano un paio di scarpe da tennis offerte gentilmente dalle associazioni sportive della città».
Ludovico si appropriò subito del suo cappello elegante e cominciò a mettersi in mostra, ignorando le lamentele di Maria.
Samuele per conto suo non si dispiacque troppo, anche perché la zia era troppo stanca per lamentarsi.
«Prima di annunciare l’attuale classifica, abbiamo un altro premio d’assegnare, il Premio Piemonte. Come saprete, Alessandria è l’ultima tappa di questa regione e abbiamo deciso di assegnare questo premio alla squadra che ha totalizzato più punti dalla seconda tappa della gara».
Le due squadre si avvicinarono al giovane conduttore in attesa di conoscere il risultato.
«Allora» riprese quest’ultimo, «il Premio Piemonte è dei Leones!».
Nuovi applausi e strilla riempirono la strada. Il presidente della regione consegnò una medaglia ciascuno ai tre membri della squadra e una targa a Saverio.
«Ancora un attimo di pazienza» intervenne il giovane conduttore tentando di attirare l’attenzione, «la classifica finale è la seguente: i Leones al primo posto con 236 punti, al secondo gli Strange Threesome con 199. Ringraziamo il presidente della regione, il sindaco di Alessandria e tutti gli altri primi cittadini del Piemonte che ci hanno accolto in questi giorni o che ci avrebbero voluto accogliere. Domani ci rivedremo a Pavia! La prossima regione è la Lombardia! Buona serata a tutti!».
   
 
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