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Autore: Iaiasdream    29/08/2020    0 recensioni
[Can Yaman]
Tutti i diritti riservati agli autori (Bay Yanlis)
Ezgi è una ragazza delusa dall'amore. Determinata a lasciarsi le sue frequentazioni fallimentari alle spalle, accetta l'aiuto di Ozgur, un ricco barista, dalla vita frivola, nonché suo vicino di casa il quale la guiderà nell'intento di cercare l'uomo giusto con cui trascorrere il resto della vita.
Tra un consiglio e l'altro, Ozgur, che ha sempre messo da parte il forte sentimento, finisce per innamorsarsi di Ezgi, a quel punto dovrà decidere tra la ragione e il sentimento.
Cos'accadrà tra i due?
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NDA: La seguente storia è la versione scritta dell'omonima serie Turca. Ho cercato di essere fedele ai dialoghi delle puntate.

Tutti i diritti sono riservati agli autori (Bay Yanlis)

Spero vi piaccia. Buona lettura.

 

 

RELAZIONI SBAGLIATE

Era tutto pronto e perfetto.

Qualunque oggetto in quella casa faceva intendere che Ezgi e Soner erano una coppia, anche il più piccolo gingillo era personalizzato. Dalle tazze, ai cuscini, perfino l'orologio tondo appeso alla parete dell'entrata riportava la loro foto insieme: sorridenti e felici. Perché era così che Ezgi si sentiva: felice. Finalmente aveva trovato il vero amore, quello che presto l'avrebbe portata all'altare, anche se Soner non le aveva mai fatto intendere che fosse d'accordo e che in varie occasioni, quando la ragazza chiedeva quando avrebbero fatto il grande passo, lui rispondeva sempre che non era il momento e che non si sentiva ancora pronto, malgrado questo, ad Ezgi non importava, era felice. In fin dei conti, aveva un uomo al suo fianco e perciò non sarebbe invecchiata zitella.

Quanti ne aveva cambiati? La prima delusione la ebbe ai tempi dell'università. Ma perché rivangare il passato? Il presente era diverso ed era quello che contava.

Ma il futuro?

Quando Ezgi entrò furtivamente nella casa in cui viveva insieme col suo amato, mai avrebbe immaginato che i suoi castelli costruiti meticolosamente per aria si sarebbero frantumati con un soffio di vento.

Era il giorno del compleanno di Soner. Aveva organizzato un piano per una festa indimenticabile. Aveva inventata la scusa di recarsi fuori Istanbul poiché sua mamma si era ammalata e doveva starle vicino. Così facendo, aveva trovato il modo per allestire la casa con palloncini, festoni e tavoli pieni di dolci; gli amici l'avevano raggiunta all'orario prestabilito, c'erano: sua cugina Cansu un'affascinate donna dai capelli ricci e biondi, accompagnata dal suo fidanzato Levent, un chirurgo plastico dai modi eleganti e dal temperamento esageratamente calmo; la sua amica d'infanzia Denise la bellissima avvocatessa sicura di sé e incline a diffidare di ogni uomo, seguita da altri conoscenti, amici del festeggiato.

Per la seconda volta, la giovane innamorata pensò che era tutto perfetto. Doveva esserlo. Chi meglio di lei conosceva quel lavoro? Organizzare feste era il suo pane quotidiano.

Tutta eccitata, consegnò ai presenti cappellini a punta e fischietti, chiamò Soner per sapere se sarebbe rincasato presto, dopodiché ordinò agli altri di nascondersi e di prepararsi all'arrivo del giovane, mentre lei afferrava lo spara-coriandoli e si accostava dietro alla porta della sala da pranzo.

Come le aveva detto nella chiamata, Soner non tardò molto, ma invece di ricevere la sorpresa, ne fece una lui.

Fu troppo tardi per metabolizzare quello che stava accadendo, Ezgi aveva sparato e i coriandoli trionfarono nell'aria con tutti i loro sgargianti colori. Volteggiarono lentamente, come una moviola, davanti ai suoi occhi la cui lucentezza si stava repentinamente spegnendo, osservando con tutta delusione la scena che gli si stagliava difronte: c'era un'altra donna accanto a Soner, e a giudicare dagli atteggiamenti intimi e dall'espressione sgomenta del ragazzo nell'essere stato beccato, non erano affatto amici.

Ezgi vide i suoi tre anni di relazione sciogliersi come il ghiaccio.

E rimase di nuovo sola, triste e in lacrime.

TRE MESI DOPO

Denise la invitò una sera a cena. Ed Ezgi si presentò accompagnata da sua cugina.

Per tutta la serata non fece altro che parlare di Soner, esternando la sua rabbia, mentre mandava giù chicchi d'uva gialla e le sue amiche l'ascoltavano annoiate, sedute a un tavolo fuori alla veranda.

«Al posto di elemosinare il mio perdono, mi ha lasciata dicendo che la nostra relazione ha perso l'entusiasmo – diceva imitando in malo modo la voce del traditore – che ha provato a dirmelo, ma non me ne sono resa conto. Al solo pensiero, impazzisco! Non ci posso ancora credere!»

«Ed io non posso credere che stai così da tre mesi!» la interruppe esasperata Denise «Ripeti sempre le stesse cose, sei impazzita?»

«Denise!» intervenne Cansu lanciando un'occhiata di rimprovero all'amica.

«Che c'è? È ossessionata da Soner!»

«Allora dimmi!» riprese Ezgi «Se Soner avesse ragione, dov'è che starei sbagliando?»

«Non sai scegliere quello giusto!» rispose l'avvocatessa accomodandosi contro la spalliera della sedia.

Ezgi scrollò le spalle arresa.

«Esatto – aggiunse sua cugina – pensa agli uomini con cui sei stata.»

La ragazza fece una smorfia, ripensando a Koray. Anche per lui aveva preparato una sorpresa. Ricordò che quel giorno, non aveva accettato l'invito delle sue amiche di andare al cinema dopo le lezioni all'università. Come un'ingenua gli aveva fatto i suoi compiti e si stava preparando per andare a casa sua a preparargli una zuppa, poiché si era ammalato. Anche allora le ragazze l'avevano messa in guardia, ma lei non aveva voluto sentir ragioni e quando era giunta a casa del suo ragazzo, ad accoglierla era stata Burcu, una compagna di studi, seguita poi da un Koray semi nudo e imbarazzato dall'essere stato scoperto.

Fu una fine deprimente, ma a deprimerla veramente era stato Ugur, il quale le aveva regalato un'automobile rubata e per poco non era finita in carcere.

Ma quel farabutto non fu certo l'ultimo e non poté competere con Sinan. Bisognoso di soldi, le aveva fatto firmare una finanziaria, promettendole di pagare regolarmente ogni mese, dopodiché si era dileguato e qualche tempo dopo si erano presentati a casa sua degli ufficiali giudiziari.

«Va bene, ne ho abbastanza!» esclamò dopo essere ritornata al presente. «Mi sono fatta pestare i piedi da tutti e a via di ripensarci credo che diventerò pazza!»

«Se continui a metterti con certi uomini, molto presto impazzirai davvero.» sentenziò Cansu. «Ragazza mia, hai davvero voglia di dedicare la tua vita a questi tipi vuoti?»

Ezgi alzò il viso verso il cielo e gesticolando, rispose: «Non è colpa mia se lo voglio.»

«Ezgi, tu non lo vuoi. Lo scegli!» questa volta fu Denise a parlare «Tu vai dov'è l'uomo sbagliato! Sei come un parafulmine per questi tipi di uomini.»

«Ok. Non c'è bisogno di parlare ancora. Ho capito. Dopo questa ho finito con l'amore. Mi comprerò una dozzina di gatti. Sarò più a mio agio.»

«Anche un cane va bene», Denise sembrò d'accordo con quella decisione.

«Non essere stupida – la rimbeccò la dottoressa – nessuno ti sta dicendo che non devi più avere una relazione. Quello che devi fare d'ora in poi è: mirare all'uomo giusto e stare lontana da quello sbagliato. È così facile.»

«Quindi, se sei d'accordo con tua cugina, almeno prometti che non uscirai mai più con uomini sbagliati. Non lo farai!»

Ezgi allargò le labbra carnose in un sorriso perfetto e sicura di sé si fece strappare quella promessa.

***

La luna imperava sulla città di Istanbul mostrando la sua pienezza a quelle strade illuminate dalla movida. In una delle arterie principali, una jaguar* color cobalto sfrecciava a tutta velocità, lasciando la eco di una canzone al suo passaggio.

La guidava un uomo sulla trentina, bello da mozzare il fiato, sexy con muscoli che metteva in bella mostra indossando canottiere dal giromanica largo.

Sorrideva mentre si lasciava sferzare il viso privo di imperfezioni dal caldo vento estivo. Dopo qualche tratto fermò l'auto d'avanti al ristorante di lusso: la Gabbia dove lui ne era proprietario e dove ogni sera, le donne facevano la fila per incontrarlo e magari avere la fortuna di passare la notte nel suo letto.

Chi meglio di Ozgur Atasoy poteva appagarle?

Quella sera ricevette l'invito da tre ragazze, ma la sua scelta cadde sua una che ballava al centro della sala e si muoveva in modo sensuale senza togliergli gli occhi di dosso.

Ozgur non volle certo un invito, lasciò il locale in compagnia della donna e la portò nel suo appartamento.

Anche quella notte si divertì a modo suo, quello che lui voleva non era certo amore. Aveva perso interesse per quel sentimento da parecchio tempo e ormai vedeva la donna come un oggetto per sfogare i suoi istinti sessuali. E a giudicare dalla sua bellezza, non gli era difficile ottenerle.

A volte, però, dimenticava che ci sono donne alle quali non basta una notte di passione e che vivono di illusioni e convinzioni.

Ne ebbe la prova la mattina dopo. Fu svegliato dal suono del cellulare. Vedendo il nome di sua madre sullo schermo, decise di non rispondere e sprofondò la testa sul cuscino, ma ormai era sveglio e in quel barlume di lucidità si ricordò della sera prima, strisciando sul materasso, si guardò intorno e, trovando ancora gli abiti della ragazza rimorchiata nel suo locale, decise di alzarsi e cercarla. Si recò nel grande soggiorno dove il poster in bianco e nero di James Dean occupava una parete divisoria. Lì, con sua sorpresa, trovò la tavola imbandita e la ragazza, di cui non conosceva neppure il nome, stava sistemando i piatti, accogliendolo con un "Buongiorno, amore mio!"

Amore mio?!

La risposta di Ozgur fu un freddo "Buongiorno"

«Dal momento che non so cosa ti piace, ho preparato ricette diverse» trillò la ragazza tutta eccitata.

Ozgur si allontanò dal poster dell'attore e si avvicinò alla tavola, seccato.

«In frigo non c'era molto, così ho ordinato tutto. – riprese lei convinta, elencando poi i vari prodotti – a partire da oggi farò la spesa da casa.»

A quel punto il ragazzo le lanciò uno sguardo dubbioso, si grattò la testa, per poi passarsi la mano sulla barba e incrociare le braccia al petto. Ma che situazione è questa? Pensò. Decise quindi, di stroncare al più presto quell'increscioso malinteso. «Ascoltami – esordì – io non sono un tipo mattiniero. Di solito non faccio colazione la mattina, perché al mattino non mi piace nemmeno parlare – spiegò mentre lei lo ascoltava attenta, pizzicando qualche pezzo di formaggio dal vassoio centrale – Ma come puoi saperlo – riprese lui massaggiandosi nervosamente la nuca – ci siamo incontrati appena ieri sera.»

Seguì un breve silenzio, appaiato da un sospiro da parte del giovane il quale continuava a pensare a una scusa per liquidarla con galanteria. Poi gli venne un colpo di genio, tornò a guardarla e disse: «Dovrei partire, per questioni di lavoro.»

«Va bene, caro. – rispose l'ingenua – quindi riordino un po' la casa. Usciamo con il cane, oppure prepariamo qualcosa per stasera? Che ne dici se cenassimo fuori?»

Ozugur aveva trovato un osso duro. La ragazza non demordeva, così cambiò strategia per farle capire le sue intenzioni, guardò il suo cane Tesla che se ne stava a pochi passi da loro e li fissava con la lingua penzolante, poi si avvicinò a un tavolino accanto al divano e prese gli orecchini della ragazza porgendoglieli e raccomandandole di non scordarli quando se ne sarebbe andata, aggiungendo ancora una volta che aveva un aereo in giornata e che sarebbe stato a lungo fuori città, nel mentre che parlava l'accompagnò a rivestirsi e ad uscire da casa sua.

«Non preoccuparti, ti chiamerò quando torno.» le mentì sulla soglia della porta.

«Ma non ti ho dato il mio numero?»

«È vero, hai ragione. Lascia che sia io a trovarti, non ti preoccupare. Ci vediamo.» dopodiché le chiuse la porta in faccia.

Quando fu solo, si volse verso Tesla, che l'era rimasta accanto e la rimproverò amorevolmente: «Ma di che stava parlando, eh? Di che? Devi ringhiare contro di loro quando accade questo, e non essere calma! Andiamo a mangiare, adesso.»

L'unica cosa buona che quella donna aveva pensato era preparargli la colazione.

***

Malgrado la promessa fatta alla sua amica e a sua cugina, non erano passate nemmeno dodici ore che Ezgi si ritrovò stesa sul divano di quella casa che per tre anni aveva condiviso con quel lurido traditore, avvinghiata a un enorme pupazzo a forma di cane, a scorrere la sua pagina Instagram e a deprimersi ancor di più nel constatare che Soner aveva cancellato in un niente la loro relazione, lasciando il posto alle foto con la nuova ragazza.

La rabbia di Ezgi aumentò quando vide l'immagine della coppia felice, negli stessi posti che quel mascalzone aveva condiviso con lei.

«Idiota!» mormorò singhiozzando

A un tratto la schermata di Instagram scomparve e il telefono iniziò a squillare, avvisando una video-chiamata. Era sua madre.

Di scatto, la ragazza si mise a sedere sul divano e si asciugò alla bel e meglio il viso, stirando le labbra in un sorriso smagliante, intenzionata a cancellare ogni traccia della sua tristezza.

Conosceva sua madre come le sue tasche e sapeva che se le avesse fatto intendere il suo stato d'animo, avrebbe avuto da ridire. Infatti, come volevasi dimostrare, la prima cosa che la donna le disse fu: «Figlia mia, cos'è quella faccia? Non dirmi che stai pensando ancora a quel verme intestinale?»

Ezgi non rispose.

«Sono passati tre mesi, Ezgi. Tre mesi – riprese sua madre – Sai quanto durano tre mesi per una donna? Soprattutto per una donna della tua età! Quando avevo io la tua età, stavi già frequentando la scuola elementare, ragazza!»

«Mamma, i tempi sono cambiati...» disse sua figlia accennando un lieve sorriso.

«I tempi sì, ma la fisiologia femminile no. Quando avrai intenzione di sposarti e di fare un figlio, sarà troppo tardi. – si lamentò la donna, poi abbassando il tono di voce, aggiunse: - Ascoltami, verrò la prossima settimana, faremo congelare le tue ovaie. Va bene, figlia mia?»

«Va bene, mamma. Ora devo lasciarti, sono in ritardo per lavoro. Chiudo.» rispose Ezgi sconcertata, poi vide comparire davanti allo schermo Unal l'amato patrigno che le raccomandò di portarsi appresso un ombrello, avvisandola che ad Istanbul prevedeva pioggia. La ragazza ringraziò in fretta e in furia e dopo aver salutato, chiuse la chiamata e andò a prepararsi.

Si sarebbe recata all'agenzia matrimoniale in cui lavorava, sicura che i cattivi pensieri le avrebbero dato tregua.

Quando entrò nella sua cinquecento bianca, con un paio di ali finte sulla cappotta che svolazzavano al vento, accese la radio e impostò la sua stazione preferita.

Una voce che emanava tranquillità diceva: "Iniziamo il nostro viaggio mistico con respiri profondi..."

Ed Ezgi iniziò a fare come suggeriva la voce.

"Inspirate dal naso ed espirate dalla bocca. Respiriamo profondamente aria pulita..."

A quel punto dal finestrino entrò una nuvola di fumo di marmitta e la ragazza si ritrovò a tossire soffocata. Alzò subito il vetro, maledicendo l'autista che l'era passato davanti, poi cercò di riprendere la calma.

"Ripetiamo a noi stesse: sono preziosa, sono importante. Potrei aver preso le decisioni sbagliate, ma mi perdono, la mia vita è bella..."

Ezgi sorrise a quelle parole, e chiuse gli occhi.

"Sono molto fortunata..." disse la voce alla radio e in quello stesso istante: BOOM!

La testa della ragazza sbatté contro il sedile, rendendosi conto che la macchina si era fermata. Quado aprì gli occhi, davanti a sé vide un'automobile scura, e dal cofano della sua fuoriuscire del fumo bianco.

Dall'auto tamponata uscì un uomo pelato, in giacca e cravatta che la guardò torvo. Ezgi si fece minuscola, imbarazzata per quello che era accaduto, mentre la voce alla radio ripeteva la frase "molto fortunata", alzò gli occhi al cielo con esasperazione.

Anche la radio sembrava prenderla in giro.

Il carroattrezzi non tardò ad arrivare, lo vide allontanarsi trainando la cinquecento e scrollò le spalle con la consapevolezza di essere rimasta a piedi. Per di più era in ritardo per il lavoro, cos'altro poteva andare storto? Si chiese, mentre attraversava la strada.

Per fortuna che era una bella giornata e le sarebbe bastato per non stressarsi ulteriormente. Non aveva portato neppure l'ombrello con sé, non aveva intenzione di essere pessimista anche con il tempo, ma le sue aspettative in sole poche ore sembravano non accontentarla.

La pioggia cadde giù frenetica, bagnandola da capo a piedi. Ezgi si fermò sulle strisce pedonali e alzò il capo verso il cielo, gettando un urlo di rabbia, poi si mise a correre per raggiungere l'altro marciapiede e cercare di fermare un taxi.

Il primo che passò era pieno, provò col secondo e niente, il terzo non se lo fece sfuggire. Ignorò l'acqua sull'asfalto che le bagnava i piedi e corse verso il veicolo.

Entrò.

***

Il sole accarezzava la sua pelle perfetta, elargendogli un colore caramellato.

Steso sulla sdraio, fuori in veranda, all'ultimo piano di uno dei grattaceli lussuosi di Istanbul, Ozugur parlava al telefono con la sua apprensiva mamma. Pur sapendo l'argomento della donna, non aveva potuto non chiamarla, sarebbe stata capace di presentarsi a casa sua, seguita da una schiera di investigatori. Non rinunciò comunque al suo relax e lasciò che la donna si lamentasse come sempre. Da un po' di tempo si era fissata con il matrimonio. Voleva che suo figlio si sposasse, che desse un erede al cognome Atasoy. E quella mattina, non contenta dei suoi insuccessi nel tentativo di convincere suo figlio, tirò in ballo sua zia, dicendogli che la stressava a causa del fatto che non avesse ancora un nipote. «Non ho il diritto di assaporare questa felicità, figlio mio? Mio bellissimo figlio!», aveva la voce incrinata.

«Ma per fortuna Ebru si sta per sposare, mamma. Dille di sbrigarsi.»

«Che fai, cambi discorso? – lo rimproverò sua madre – Quanti anni hai? Tua sorella minore si sta per sposare e tu non mi hai ancora presentato una ragazza. Sposarsi, costruire una famiglia. Non vuoi diventare padre? Avere un figlio?»

A quelle parole, Ozgur si infastidì, ma non rimosse la sua calma, così rispose: «Mamma, non sono ragionamenti da farsi a prima mattina. Che t'importa di quello che dice la zia?»

«Oh, ma tu non sai che quando nascesti, tua zia era molto felice di sapere che fossi un maschio. Diceva che così, il cognome Atasy non si sarebbe estinto. Lo sai, tesoro: il nostro cognome sei tu! Se in questa famiglia non entra un nipote, finirà.»

Ozugr era ormai stufo di sentire sempre la stessa storia, così decise di porre fine a quella chiamata. «Mamma, ho fretta adesso. – mentì - Sono tanto impegnato con il lavoro. Possiamo parlare dopo?»

«Va bene, figliolo, va bene. Torna al tuo lavoro.» e con un paio di schiocchi di labbra si salutarono.

Il giovane si accomodò sulla sdraio, dimentico di quello che le aveva detto la madre e deciso a godersi ancora un po' il sole, prima di tornare davvero ai suoi doveri.

Quando fu in garage si accorse che la sua auto non era al suo posto, si guardò intorno, poi uscì nell'atrio per chiedere spiegazioni ad Haydar l'addetto alla sicurezza del palazzo, un ragazzo tarchiato e con un paio di baffi che celavano un costante sorriso. Lo salutò cordialmente chiedendogli se avesse visto la sua auto.

«Buongiorno, signor Ozgur. Uscì ieri mattina con la jaguar blu e tornò in taxi, quasi ventidue ore dopo.»

«Non dirlo. Ne sei sicuro?» lo prese in giro Atasoy, conscio della sua indiscutibile memoria.

«Certo, Signor Ozgur. E se non si fida, ascolti, so anche che insieme a lei c'era una tipa alta un metro e settantatré, cinquantadue chili, indossava una gonna di pelle, una camicetta rosa, con orecchini a foglia d'oro...»

Ozgur sollevò una mano a mezz'aria per farlo smettere, «Sono abbastanza convinto – aggiunse – Amico, probabilmente sto trascurando il magnesio, la B12, o qualcosa del genere. Ho degli strani vuoti di memoria.»

Risero tutti e due, poi Haydar si avvicinò al suo orecchio sussurrandogli che per lui era un idolo e che grazie a lui vedeva ogni giorno delle belle donne.

«Ti ringrazio – rispose Ozgur soddisfatto – dài, trovami un taxi.» gli disse infine.

«Immediatamente, signore.» esclamò il portinaio scattando verso la cabina per comporre il numero. Dopo un po', avvisò il giovane che non era disponibile nemmeno un taxi e che avrebbe dovuto aspettare. Ma Ozgur non aveva voglia di sorbirsi anche i ragionamenti di quell'uomo, così decise di farsi una passeggiata fino al suo ristorante.

Lo salutò ignorando l'invito che questo gli aveva fatto per trovarsi e chiacchierare e se ne andò.

Dopo qualche minuto dicammino, iniziò a piovere, si sfilò il gilet di dosso per ripararsi e corseverso l'incrocio per cercare di fermare un taxi. Ne vide uno, gli lanciò unfischio, fermandolo, aprì lo sportello posteriore ed entrò.

 

 

*Jaguar: non conosco il modello di auto che Can guida nella puntata, così ho scritto Jaguar ^^'


 

   
 
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