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Autore: Frederick92    30/08/2020    0 recensioni
[La Principessa e il Ranocchio]
[La Principessa e il Ranocchio]La storia narra delle origini del Dottor Facilier del film La Principessa e il Ranocchio, come e dove è nato, cosa gli succede durante il corso della sua vita prima di diventare il cattivo principale del film. All'inizio della storia ha un altro nome.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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1. Verso una vita migliore
 
Haiti. Verso la fine del 1800. Una giovane coppia africana, Aisha e Antoine, stanno per diventare genitori. Sono felici ma allo stesso tempo preoccupati, perché non sanno come fare per mantenere se stessi e il loro futuro figlio.
“Dobbiamo andarcene da qui”, disse un giorno Aisha ad Antoine. “Dobbiamo andare via, in un posto dove potremo crescere nostro figlio come si deve”. Antoine la abbracciò, la baciò e le disse: “Non ti preoccupare, vedrai che riusciremo a dare al nostro Kiros una vita migliore della nostra!”. “Perché continui a dargli nomi da maschio? Magari è una bambina e voglio chiamarla Garcelle!”, “E invece sarà un bel maschietto!”, ribattè Antoine scherzosamente. “In ogni caso, maschio o femmina, gli daremo una vita migliore, crescerà sano e forte e un giorno diventerà qualcuno di importante!”, “Lo spero proprio”, disse Aisha, “Qui ad Haiti non avrà un gran futuro, il Paese è sempre più in rovina, non ci sono segni di miglioramento! Come lo cresceremo nella miseria? Se un giorno dovesse morire di fame davanti ai nostri occhi? No, non voglio!”. Aisha scoppiò a piangere. Antoine le prese il volto tra le mani e le disse: “Stai tranquilla, non lo permetterò! Qualunque cosa accada nostro figlio vivrà e starà benissimo! Farò di tutto perché cresca come si deve, nostro figlio ce la farà!”, “Sei un tesoro…”, Aisha smise di piangere, sorrise. “Ti amo, Antoine”, “Anch’io, tesoro. Coraggio, andiamo a dormire, è tardi. Domattina penseremo meglio a qualcosa”, detto questo, andarono a letto e poco dopo si addormentarono.
La mattina dopo, Antoine svegliò Aisha, la fece vestire e le disse di fare in fretta. “Che succede? E’ ancora buio, dove stiamo
andando?”, disse Aisha, “Tra poco attraccherà al porto un mercantile, dobbiamo sbrigarci!”, le rispose Antoine, “Ci imbarcheremo di nascosto, dovunque ci porterà quella nave sarà molto meglio che qui, ma dobbiamo fare in fretta prima che riparta!”, “Ma è una follia!”, disse Aisha, “Non ce la faremo mai, ci scopriranno!”, “No, stai tranquilla. Ho organizzato tutto: ti ricordi dei miei amici, Marc e Joseph? Loro ci daranno una mano, ci copriranno mentre saliremo a bordo, nessuno ci vedrà.”, “Io spero tanto che funzioni, ma se non ce la faremo?”, Aisha era veramente preoccupata, “Ti prego, Aisha. Ti chiedo ancora una volta di fidarti di me. Noi ce la faremo, e garantiremo a nostro figlio il futuro che si merita!”. Aisha lo abbracciò: “Sì, amore mio. Io mi fido di te. Va bene, andiamo”.
Dopo aver portato con loro delle provviste, andarono verso il porto. Subito dopo arrivò il mercantile come aveva detto Antoine. I suoi amici, dopo averli salutati, li aiutarono a salire a bordo di nascosto, distraendo l’equipaggio per fare in modo che Aisha e Antoine non venissero scoperti. Una volta a bordo, trovarono un buon posto per nascondersi e subito dopo la nave partì dal porto di Haiti verso un nuovo Paese.
Quella notte, Antoine si avvicinò ad Aisha e le disse: “Amore mio, ti amo più della mia stessa vita. Tu lo sai, vero?”, “Certo, Antoine. Anch’io ti amo”, “Ora devo chiederti di mantenere due promesse per me”, continuò Antoine, “D’accordo?”, “Va bene”, Aisha non capì. “Bene, per prima cosa promettimi che, appena arrivati a destinazione, se le cose si mettono male e dovessero scoprirci, correrai il più velocemente possibile lontano dalla nave senza mai guardarti indietro, promettimi che lo farai”, Aisha promise, anche se era preoccupata, sperava con tutto il cuore che potessero farcela
insieme. Antoine proseguì: “Seconda cosa, promettimi che tu e nostro figlio ce la farete e che una volta in salvo farete una splendida vita insieme. Una vita ricca e felice, nostro figlio un giorno diventerà qualcuno di importante”, “Perché solo io e il bambino? Tu verrai con noi, DEVI venire con noi! Non puoi lasciarci!”, pianse Aisha, “Tu che farai?”, “Ti prego, Aisha, fidati di me e vedrai che andrà tutto bene! E’ una promessa, ora ti prego promettimi quello che ti ho chiesto poco fa. Fallo per nostro figlio”. Aisha promise. Lo baciò e gli disse in un singhiozzo: “Ti prego, non lasciarci!”, “Andrà tutto bene”, la rassicurò Antoine, “Te lo prometto”. Aisha pianse a lungo. Ci teneva a mantenere le promesse fatte ad Antoine, ma non voleva che capitasse qualcosa di brutto. Cercò di non pensarci, si tirò su e, per cambiare discorso, gli chiese: “Perché i giorni scorsi insistevi a voler dare a nostro figlio il nome Kiros?”. Antoine la guardò, non si aspettava questa domanda all’improvviso. Subito dopo le rispose: “Il nome Kiros significa ‘re’, e come ti ho già detto, nostro figlio un giorno sarà qualcuno di veramente importante, non passerà quello che abbiamo passato noi o altri come noi, questo MAI!”, “E se invece è una femmina? Hai qualche nome con qualche significato simile anche per lei? Comunque volevo chiamarla Garcelle”, rispose Aisha scherzosamente. Antoine sorrise, poi le disse: “In ogni caso, al nome penseremo poi. La cosa più importante ora è cercare di arrivare a destinazione e trovare un buon posto per farlo nascere”, “Giusto. Ora dormiamo, il viaggio è ancora lungo”, disse Aisha, poi lo abbracciò e si addormentò.
Dopo un viaggio interminabile, il mercantile attraccò al porto di New Orleans. Aisha e Antoine aspettarono che non ci fosse nessuno, scesero dalla nave, ma prima che potessero orientarsi, si
avvicinarono a loro due soldati minacciosi. “Ehi, voi due! Che ci facevate su quella nave? Siete sbarcati qui senza permesso?”, disse uno dei due, “Ora vi facciamo sbattere in galera e passerete lì il resto dei vostri giorni!”, attaccò l’altro. Aisha era terrorizzata, se fossero finiti in galera, tutti i loro sogni per il loro bambino sarebbero svaniti nel nulla. Stava per mettersi a gridare, quando Antoine si lanciò contro i soldati e le gridò: “CORRI! SCAPPA, AISHA! SCAPPA! METTITI IN SALVO!”. Aisha stava per andare in suo soccorso, ma Antoine insistette: “SCAPPA, NON PENSARE A ME! SALVA TE STESSA E NOSTRO FIGLIO!”. Dopo queste parole, Aisha corse via come non aveva mai corso in vita sua, tenendo una mano sul ventre dolorante. Era veramente terrorizzata. Sentì la voce di uno dei soldati dire all’altro di fermarla, ma lei non si voltò, corse via cercando di mettersi in salvo. Mentre correva, sentiva la voce di Antoine che urlava mentre cercava di trattenere il soldato, subito dopo sentì un colpo di fucile, e le sue urla cessarono. Non vide nulla, ma già immaginava. Stava per piangere, ma si trattenne cercando prima un posto sicuro. Arrivò in una palude, il Bayou di New Orleans, e scappò in quella direzione sperando di far perdere le sue tracce dal soldato che la inseguiva. Dopo parecchi minuti, si fermò. Era riuscita a seminarlo, non sentiva più la sua voce o i suoi passi, ma era distrutta, affamata e assetata. Antoine non c’era più ed era completamente sola. Scoppiò a piangere disperata, anche se aveva promesso a suo marito che lei e il bambino avrebbero vissuto una bella vita felice, in quella situazione non sapeva proprio come avrebbero fatto. Era in un Paese completamente nuovo e sconosciuto a lei, quei due soldati avrebbero continuato a cercarla e prima o poi sicuramente l’avrebbero trovata. In più non aveva con sé né cibo né acqua, sarebbe morta di stenti e con lei il
bambino. “No, questo mai!”, urlò Aisha, “Te lo prometto, Antoine! Nostro figlio vivrà e avrà la vita che si merita!”. Si tirò su e, dopo essersi asciugata gli occhi, si guardò intorno cercando di capire dove poteva andare. Vide l’acqua del fiume che scorreva tranquilla e vide delle bellissime lucciole volarci sopra. Alcune di loro venivano mangiate dai pesci, le altre continuavano a volare tranquille sopra il fiume. Andavano dove scorreva l’acqua e Aisha decise di andare anche lei in quella direzione, stando distante dalla riva per evitare di venire attaccata dagli alligatori della palude. Camminò a lungo, alla fine divenne buio. Quando stavano per cederle le gambe, vide una luce in lontananza e le andò incontro. Una volta arrivata, vide una grossa barca in cima ad un enorme albero. “Che strano posto, chissà chi ci abita qui?”, disse Aisha tra sé e sé.
Entrò. Dentro era tutto illuminato, un ambiente molto confortante dopo il buio tetro della palude. Si guardò intorno e notò molti oggetti Voodoo in tutta la stanza. “C’è qualcuno?”, chiamò Aisha. Nessuna risposta. “Vi prego, ho bisogno di aiuto! Sono disperata!”. Ancora nessuna risposta. Stava per dire ancora qualcosa, quando all’improvviso un serpente strisciò verso di lei. Aisha si mise a gridare terrorizzata, si ritrovò con le spalle al muro e chiuse gli occhi. Sentì subito dopo una voce femminile: “Juju! Quante volte ti avrò detto di non strisciare in questo modo verso le persone?”. Aisha aprì gli occhi e vide un’anziana signora, probabilmente la padrona di casa. Andò verso di lei e si presentò: “Salve, signora! Mi scusi per il disturbo. Mi chiamo Aisha e sono…”, “Juju! Vieni qui!”, stava ancora parlando con il serpente, ormai Aisha aveva capito che era innocuo ed anche domestico. Riprovò a parlarle: “Mi scusi, potrebbe aiutarmi? Sono
disperata!”, “Mia cara, siediti qui e riposati, sarai stanca dopo tutto quello che hai passato. Ora ti porto subito da bere, sei quasi disidratata”. Aisha si sorprese. C’erano molte mambo ad Haiti, ma come questa donna non ne aveva mai viste, sapeva già tutto ancora prima che aprisse bocca, era veramente in gamba. “Io sono Mamma Odie, ovviamente non mi conosci, ma io conosco la tua storia, e ora dimmi, che cosa hai intenzione di fare adesso?”, Aisha le disse che era preoccupata per il suo bambino, non sapeva come fare per farlo crescere come si deve e non sapeva neppure dove andare. “Tu hai promesso a tuo marito che avresti fatto una vita ricca e felice insieme a vostro figlio, è quello che volete ma non quello di cui avete bisogno”, Aisha non capì, stava per chiederle spiegazioni e Mamma Odie continuò: “C’è una bella differenza tra queste due cose, sai? Comunque, visto che sei appena arrivata a New Orleans e vista la tua situazione, ti aiuterò a portare a termine la gravidanza, ma dopo che tuo figlio sarà nato e quando in città le acque si saranno calmate, dovrai cavartela da sola e vivere la tua nuova vita in città, qui non posso tenere nessuno”, “Ti ringrazio, Mamma Odie”, disse Aisha, “E’ già tanto che mi aiuti a far nascere mio figlio, te ne sarò per sempre grata”, “Sì, sì, ora però mangia qualcosa e poi riposati cara, devi stare bene prima tu per far star bene tuo figlio”. Detto questo, le preparò un comodo letto vicino al suo e, appena sdraiata, Aisha si addormentò subito.
I giorni trascorsero tranquilli per Aisha insieme a Mamma Odie, per ripagarla dell’ospitalità faceva le pulizie e la aiutava in tante altre cose, poi un bel giorno ad Aisha si ruppero le acque. “Mamma Odie! Mamma Odie! Sta per nascere!”, “Juju! Vieni qui e portami il necessario per il parto!”, Mamma Odie fece sdraiare
Aisha sul suo letto e, dopo qualche ora di travaglio, il bambino nacque. “E’ proprio un bel maschietto!”, disse Mamma Odie, “Come lo chiamerai?”, Aisha ripensò ad Antoine e al loro ultimo discorso sul mercantile e disse: “Lo chiamerò Kiros, era il nome che voleva dargli mio marito se fosse nato maschio. Era quello che avrebbe voluto”, disse sospirando. Mamma Odie le rispose: “Bel nome davvero! Comunque ricorda quello che ti ho detto la sera che ci siamo conosciute: tu e tuo marito volevate una vita migliore, vivere bene e felici con vostro figlio, ma ora sai di che cosa hai bisogno?”, Aisha aveva pensato continuamente a quella frase, la guardò e le disse: “Sì, Mamma Odie. Quello che volevi dirmi dall’inizio è che quello di cui io e mio figlio abbiamo bisogno veramente è vivere bene insieme, farlo crescere come si deve, garantirgli un futuro e vederlo felice”, “Esatto, brava ragazza! Sono in pochi ad arrivarci!”, “Ma la promessa che avevo fatto ad Antoine…” disse Aisha, ma Mamma Odie la interruppe: “Hai mantenuto quella più importante, tu e tuo figlio siete in salvo e hai intenzione di farlo crescere bene, il resto conta poco. Bene, nei prossimi giorni, appena ti sarai ripresa, dovrai trovarti una nuova sistemazione in città, come ti avevo detto all’inizio, una volta nato il bambino dovevi cavartela da sola. Solo un ultimo consiglio: cambia vestito e pettinatura, nel caso quei due soldati ti stessero ancora cercando. Almeno corri meno rischi di venire riconosciuta e potrai camminare tranquillamente per New Orleans”, “Aspetta, Mamma Odie”, disse Aisha, “Posso chiederti un’ultima cosa?”, “Dimmi pure”, “Ancora non conosco bene New Orleans, ti posso affidare Kiros mentre cerco un lavoro e una buona sistemazione? Ti prego…”, “Non se ne parla neanche! Non è posto per bambini questo!”, disse nervosamente Mamma Odie, ma Aisha continuò a supplicarla: “Ti prego, solo il tempo di
trovare casa e lavoro, non ti chiedo altro! Non so a chi affidarlo e finora tu sei l’unica di cui mi possa fidare veramente! Ti supplico!”. Mamma Odie ci pensò su, poi le disse: “E va bene, puoi lasciarlo qui finchè non ti sarai sistemata definitivamente, ma appena avrai un tuo appartamento e anche un lavoro, fuori di qui, intesi?”, “Ti ringrazio molto! Grazie!”, “Va bene, va bene, ora dai il latte a tuo figlio, mica di farlo morire di fame!”.
Passarono alcuni mesi. Non c’era più bisogno di allattare Kiros e Aisha, mentre Mamma Odie si prendeva cura di suo figlio, usciva a cercare una nuova sistemazione e un impiego. Dopo qualche giorno di ricerca, Aisha tornò felice da Mamma Odie dicendole che aveva trovato un lavoretto in un’osteria come cameriera e aveva già adocchiato un monolocale molto carino, l’affitto era basso e, dopo qualche settimana di lavoro, poteva permetterselo. “Sono felice per te, mia cara”, le disse Mamma Odie. Aisha le rispose: “Appena mi avranno dato la casa, io e Kiros non ti daremo più fastidio”, le disse sorridendo, “Grazie davvero, non ti dimenticherò”.
Purtroppo, un bel giorno, Aisha non fece più ritorno. Mamma Odie si ritrovò da sola a curare Kiros. “Chissà che fine avrà fatto? Accidenti! Ora dovrò fare da madre a suo figlio!”, disse furiosa, “Beh, non tutto il male viene per nuocere. Gli insegnerò il mio mestiere, crescerà comunque come voleva sua madre, e in più potrà aiutarmi quando sarà grande. Spero solo di non pentirmene…”. Ancora non sapeva quel che sarebbe potuto succedere al piccolo Kiros nel corso della sua vita…
[continua]…
 
 
2. Il figlio adottivo
Passarono giorni, settimane, mesi… Aisha sembrava proprio scomparsa. Non tornò mai più a riprendere Kiros. Mamma Odie, dopo poco tempo, era riuscita a scoprire cosa le fosse successo, ma decise di non dire nulla a Kiros per il momento e lo crebbe come se fosse figlio suo. Appena imparò a camminare, non stette fermo un attimo, era sempre iperattivo, correva e correva senza stancarsi mai e a volte faceva dispetti a Juju per divertimento. Mamma Odie faceva fatica a volte a tenerlo buono, l’unico modo era cantare e ballare, o si tranquillizzava o ballava cercando di imitare Mamma Odie. Adorava la musica e danzare a ritmo di essa. Quando ebbe sei anni, Mamma Odie cominciò, per prima cosa, a parlargli del Bayou e di tutte le creature che ci vivevano, poi gli parlò della città di New Orleans, delle sue origini e di ciò che si svolgeva all’interno di essa. Siccome Kiros adorava la musica, gli disse che New Orleans era famosa, oltre che per la buona cucina, anche per il jazz, nato proprio in questa città. “Che bello!”, disse Kiros tutto contento, “Potrò andare in città un giorno ad ascoltarla dal vivo?”, “Ma certo, quando sarai più grande ti lascerò andare in giro a darci un’occhiata”, gli rispose Mamma Odie sorridendo, “Ora ascoltami”, continuò, “per il momento è meglio che resti qui con me, ho ancora tanto da insegnarti e tu ancora tanto da imparare, da domani comincerò a insegnarti alcune cose base sul Voodoo e poco a poco ti insegnerò tutto il resto”, “Non vedo l’ora!”, rispose Kiros, “Prometto che ti ascolterò su tutto e farò tutto quello che mi chiederai di fare!”, “Bravo ragazzo, così mi piaci! Su, ora a letto che è tardi, cominceremo domattina presto con la prima lezione”, “Ma non ho ancora sonno! Mi canti una canzone prima di dormire? Poi ti
prometto che dormirò fino a domani”, “E va bene, come faccio a dirti di no? Ma solo una canzone, poi subito a nanna, capito?”, “Evviva!”. Mamma Odie gli cantò una stupenda ninna nanna danzando contemporaneamente, e dopo qualche risata finalmente Kiros si addormentò. Lei gli si avvicinò, gli diede una carezza e un bacio sulla fronte e gli sussurrò all’orecchio: “Sei proprio un bravo ragazzo, spero tanto che la luce dentro di te non si spenga mai”, subito dopo andò a dormire.
La mattina dopo Kiros era già in piedi ancora prima che Mamma Odie lo svegliasse, era veramente ansioso di imparare qualunque cosa, specialmente il Voodoo che lo affascinava molto e gli piaceva vedere Mamma Odie mentre faceva incantesimi. “Quello che mi vedi fare abitualmente, te lo insegnerò più avanti”, gli spiegò, “prima c’è molto altro da imparare, si inizia sempre dalle basi”, “Va bene, però vorrei imparare anche molto presto la magia che pratichi tu”, disse Kiros. Mamma Odie gli diede un colpetto in testa col suo bastone e gli rispose: “Che cosa ti ho detto? Si parte sempre dalle basi! Tu costruiresti mai una casa partendo prima dal tetto?”, “Ehm… no”, “Certo che no! Si parte sempre dalle basi e si avanza un passo alla volta con molto impegno. Ora cominciamo”.
Giorno dopo giorno, Mamma Odie insegnava a Kiros la storia sul Voodoo, il significato di molti oggetti che teneva in casa e molto altro. Kiros era sempre più affascinato, ma anche impaziente, e Mamma Odie ogni giorno gli ripeteva che nella vita bisogna impegnarsi, pazientare e fare tutto un passo alla volta, la vita era difficile per tutti e di non cercare mai e poi mai una via alternativa, le strade facili non esistono e chi prova a fare questo percorso ne paga sempre le conseguenze.
All’età di dieci anni, Kiros chiese a Mamma Odie come regalo di compleanno di visitare il centro di New Orleans. “Va bene, te lo sei meritato. Fino a oggi ti sei sempre comportato bene, quindi vai pure, ma mi raccomando, fai molta attenzione. Prendi il sentiero che ti ho detto per uscire dal Bayou se non vuoi fare da pranzo a qualche alligatore affamato. E quando sei in città, non parlare con gli sconosciuti, intesi?”, “Sì, Mamma Odie”, “E torna per l’ora di cena!”, “D’accordo, grazie!”. Fece per uscire, poi tornò indietro, la abbracciò, la baciò sulla guancia e le disse: “Ti voglio bene”, “Anch’io, ragazzo mio. Ora vai, goditi il tuo compleanno in centro, poi raccontami com’è andata!”, detto questo, Kiros la salutò e corse fuori.
Uscito dal Bayou, arrivò in città e ne rimase subito colpito. Era molto graziosa New Orleans, non c’erano dubbi. Quasi in tutte le strade c’erano mini orchestre dove suonavano musica jazz, e non resistette ad avvicinarsi e a ballare davanti ad una di esse. Ballando attirò alcune persone che si fermarono a vederlo danzare felice, e appena finì la sua danza tutti lo applaudirono, compresi i musicisti. Kiros si sentiva veramente pieno di vita. Passeggiando ancora, più in là notò dei ragazzini che stavano circondando un ragazzino della sua stessa età circa, lo prendevano in giro e alcuni di loro lo picchiavano. Lui piangeva e non sapeva come difendersi. Kiros non poteva sopportare una cosa così, se c’era una cosa che odiava erano i prepotenti, corse in soccorso del ragazzino e gridò: “Ehi, lasciatelo stare!”. Quelli si girarono verso di lui, risero e uno di loro disse: “Ah, guardate! Ce n’è un altro! Vieni qui a prenderle anche tu!”. Sentendo queste parole, Kiros si infuriò ancora di più. Come si permettevano a comportarsi così? Prepotenti e vigliacchi, questo era veramente troppo. Provò a
tirare un pugno a quello più vicino, ma l’altro era più forte, gli prese il braccio, gli tirò un pugno in faccia e lo fece cadere per terra. Kiros era magro e gracile e non poteva affrontare nemmeno uno di loro, figuriamoci tutti insieme. Ormai ci era finito dentro anche lui insieme a quel povero ragazzino, i bulli cominciarono a picchiare entrambi, insultandoli pesantemente. Kiros notava alcune persone che passavano per strada e nessuno che si fermava ad aiutarli, totalmente indifferenti come se per la gente fosse una cosa normale. Solamente uno si avvicinò per fermarli, ma mentre Kiros pensava ‘Meno male, qualcuno che è intervenuto per aiutarci’, quello disse ai bulli: “Lasciate perdere, ragazzi! Non state qui a sporcarvi le mani con questi due, non ne vale la pena!”. Dopo queste parole, Kiros rimase impietrito. Mamma Odie gli aveva insegnato che nel mondo c’è tanta cattiveria, ma non poteva immaginare una cosa così. Troppa cattiveria in pochi minuti, insulti e botte, ma perché? Si girò verso l’altro ragazzino e gli disse: “Stai bene?”. Lui lo guardò con gli occhi lucidi, gli sorrise e gli disse: “Sì, grazie. Sei stato gentile a venire ad aiutarmi, però ti consiglio di non farlo più, altrimenti prenderanno di mira anche te”, “Però non è giusto! Perché fanno così? E perché quel signore ha difeso loro e non noi?”, “E’ sempre successo, purtroppo, e nessuno fa nulla per impedirlo. Chi è ricco, come quelli lì, pensa di potersi comportare come vuole e quelli come noi non valgono niente per loro”, “Beh, a me non sta bene!”, gridò Kiros infuriato, “Ricco o povero, se c’è una cosa che proprio non sopporto, è la mancanza di rispetto! Se fossi io al comando, cambierei subito questa cosa, e saranno i bulli come quei ragazzi di prima a venire picchiati!”, “Sarebbe bello davvero”, gli rispose l’altro ragazzo, “Comunque io sono James, e tu come ti chiami?”, “Io sono Kiros, molto piacere”, gli strinse la mano, “Sei nuovo di qui?”, gli chiese
James, “In realtà sono nato qui, ma ho sempre vissuto nel Bayou”, “Forte! Com’è vivere in mezzo alla palude?”, “Non c’è male, dopo un po’ ci si abitua. Oggi è il mio compleanno e ho deciso di venire qui in centro a fare un giro, bulli a parte è proprio un bel posto”, “Sì, è vero. Buon cibo e buona musica. Senti, ora devo andare, nei prossimi giorni se vuoi possiamo incontrarci ancora, così ti faccio vedere il resto della città”, “Sì, molto volentieri”, gli rispose Kiros, “Ora vado anch’io, devo tornare prima di cena. Tornerò nei prossimi giorni, ciao!”, “A presto!”. Dopo i saluti, Kiros si diresse verso casa.
Appena tornato, Mamma Odie gli disse: “Sei uscito per la prima volta in città e già ti sei cacciato nei guai, vedo”, “Io volevo solo…”, cercò di spiegare Kiros, ma Mamma Odie lo interruppe: “Niente scuse! Capisco le tue buone intenzioni, ma agire impulsivamente non porta a nulla di buono, la rabbia acceca e non ti fa ragionare lucidamente!”, “Mi dispiace…”, “Ma almeno hai avuto anche delle buone esperienze, l’importante è che ti sia divertito. Ora vieni qui che ti medico le ferite”. Mentre Mamma Odie medicava Kiros, lui le raccontò del suo nuovo amico e che gli sarebbe piaciuto rivederlo. “Ma certo, basta che mi prometti di stare lontano dai guai, d’accordo? Non fare più una cosa del genere come oggi!”, “Te lo prometto, starò molto più attento. L’unica cosa che conta per me ora è giocare e scherzare con James”, “Molto bene, Kiros. Ora mangiamo e poi di corsa a dormire. Troppe emozioni in un giorno, e domattina ho delle cose nuove da insegnarti”, “Non vedo l’ora!”.
Una volta a letto, Kiros si addormentò quasi subito, poi sognò i bulli che avevano picchiato lui e James, e anche nel suo sogno continuavano a picchiarlo e non poteva fare niente per impedirlo.
Kiros detestava le ingiustizie e le mancanze di rispetto, e questa sua prima esperienza con una cosa del genere lo segnò profondamente nel cuore, mai più avrebbe scordato quell’esperienza subita, e nel frattempo dentro di lui cominciò a crescere piano piano un enorme rancore che, ben presto, lo avrebbe rovinato, ma ancora non lo sapeva…
[continua]…
 
 
3. Scelte difficili
I giorni successivi, Kiros andava spesso a trovare James in città, trascorrevano molto tempo assieme, giocando, ridendo e scherzando. Un giorno, James disse a Kiros: “Appena troverò un lavoro, metterò da parte tutto quello che guadagnerò per potermi comprare un ristorante tutto mio”, “E io sarò il tuo primo cliente”, gli rispose Kiros sorridendo. “Sarebbe bello”, continuò James, “Adoro cucinare e poterlo fare in un posto tutto mio senza dipendere da nessuno è il mio grande sogno”, “Un sogno davvero stupendo, vorrei tanto che si realizzasse davvero. Io vorrei essere ricco e al comando della città, così nessuno si permetterà più di toccarmi e potrò fare quello che voglio!”, disse Kiros speranzoso. “Che bello! Spero tanto che anche il tuo sogno si avveri, preferisco mille volte te al comando di New Orleans al posto di certa gente. Tu sei buono e altruista e saresti perfetto, non come il sindaco che abbiamo ora, il signor La Bouff. Parla sempre del bene della città, ma chi è povero rimane povero e non viene mai considerato. Invece suo figlio, Eli La Bouff, sembra più gentile. Speriamo non diventi come il padre e che pensi di più a tutte le persone di New Orleans”, “Ho i miei dubbi. Comunque non ho ancora pensato a come diventare ricco, ma vedrai che un giorno non lontano lo sarò”, “Buona fortuna, allora. Bene, ora devo tornare a casa. Ci vediamo domani in centro, come al solito?”, “Certo, ciao James!”, si salutarono e tornarono ognuno a casa propria.
All’ora di cena, Kiros disse a Mamma Odie che da grande gli sarebbe piaciuto diventare ricco e di voler essere al comando della città. “Ah, senti, senti…”, gli rispose, “se oltre a quello che ti
insegno qui vuoi anche trovarti un altro lavoro, puoi farlo. Però il fatto di voler comandare su New Orleans, chiunque lo vorrebbe, ma rimarrà solo un sogno, Kiros”, “Ma io…”, “Niente ‘ma’, solo perché desideri una cosa, non vuol dire che puoi renderla reale! Puoi trovarti un lavoro e farti una vita tua, ma il tuo sogno è pura fantasia e resterà tale!”. Dopo queste parole, Kiros ci rimase male, corse verso il suo letto, si buttò sopra e scoppiò a piangere. Dopo qualche minuto, arrivò Mamma Odie, si sedette accanto a lui e gli disse dolcemente: “Ascoltami bene, capisco che ti piacerebbe essere ricco per avere ciò che vuoi, ma non è quella la felicità. I ricchi pensano di avere tutto, ma si sbagliano. Tu, per esempio, hai trovato un ottimo amico. Il tuo James, da come me lo hai descritto, è proprio un ragazzino perbene e di buon cuore, e un amico così vale molto di più dell’oro. Devi imparare a riconoscere le cose veramente importanti, se non lo farai, potresti solo perdere tutto e ritrovarti da solo con niente. Non sono i soldi, i bei vestiti o roba simile che contano, ricordalo bene. Su, ora asciugati gli occhi. Ho una sorpresa da mostrarti”. Kiros si tirò su, si asciugò le lacrime e la seguì. “Ora chiudi gli occhi”, gli disse Mamma Odie. Kiros, curioso, obbedì. “Tendi le braccia”, continuò Mamma Odie. Kiros non stava più nella pelle. Che sorpresa poteva mai essere? All’improvviso sentì strisciare qualcosa sulle sue braccia. Aprì gli occhi e trovò due serpenti molto simili a Juju strisciargli verso il volto e fermarsi sulle sue spalle. Erano molto docili. “Questo è un mio regalo per te, Kiros. Spero ti piacciano”, “Li adoro! Grazie, Mamma Odie!”, “Sono una coppia, maschio e femmina. Prenditi sempre cura di loro e ti vorranno sempre bene! Hai già deciso come chiamarli?”, “Il maschio voglio chiamarlo James, come il mio amico”, “Molto bene. E la femmina?”, “Aisha”. Sentendo questo nome, Mamma Odie smise di sorridere per qualche
secondo e si bloccò. “Mamma Odie, tutto bene?”, “Sì, sì, sto bene. Scusami Kiros, sono molto stanca oggi. Perché non giochi un po’ coi tuoi nuovi amici? Oggi ti do il permesso di stare sveglio fino a tardi”, “Evviva! Grazie!”. Mentre Kiros giocava coi suoi nuovi serpenti domestici, Mamma Odie andò a sedersi sul suo letto. Sentir nominare da Kiros il nome di sua madre la fece riflettere. Ancora non gli aveva detto le sue origini e che fine aveva fatto Aisha, voleva aspettare ancora un po’ prima di dirgli la verità, ma prima o poi sarebbe venuto a saperlo. No, ancora non era il momento. Decise di aspettare almeno qualche anno ancora, poi gli avrebbe raccontato tutto. Nel frattempo continuò a tirarlo su meglio che poteva, tra le lezioni che gli dava e tutto il resto.
Qualche anno dopo, arrivarono brutte notizie. L’esercito americano stava cercando nuove reclute da mandare al campo di addestramento per prepararsi a guerre future. Mamma Odie era preoccupata, Kiros era molto gracile, non ce l’avrebbe mai fatta a superare l’addestramento. In più ci teneva a lui, non voleva che gli capitasse nulla, non solo perché i suoi genitori han lottato tanto per lui, ma anche perché ormai si era affezionata, era come un figlio per lei ed era il suo tesoro. Prese una decisione molto pericolosa: decise di tenerlo nascosto finchè l’esercito non avrebbe smesso di cercare i ragazzi di casa in casa. Doveva stare attenta o sarebbero stati puniti severamente entrambi. “Mi raccomando, Kiros. In questi periodi non devi assolutamente uscire di casa o ti porteranno di corsa al campo di addestramento”, “Quindi non potrò rivedere James?”, “Temo di no, e comunque lo avranno portato via insieme a tanti altri ragazzi”, “Oh, no! James!”. Kiros era preoccupato, temeva di non rivederlo mai più. “Stai tranquillo, vedrai che, appena avrà finito l’addestramento, tornerà”, “E se
scoppia una guerra e lo chiameranno a combattere? E se dovesse morire? No, non voglio!”, “Non possiamo farci niente, Kiros! Se dovesse succedere, per quanto sarà doloroso, bisogna farsi forza, accettarlo e andare avanti! Nel frattempo, possiamo solo sperare che vada tutto bene”. Mamma Odie abbracciò Kiros. “Stai tranquillo, ora questo periodo dobbiamo solo stare attenti che nessuno ti scopra o manderanno anche te all’addestramento”, “Sì, Mamma Odie”. Kiros si girò, vide uno dei libri di incantesimi di Mamma Odie, ma prima che potesse dire qualcosa, lei gli disse: “Non pensarci nemmeno! Il Voodoo non può risolvere tutti i tuoi problemi, lo sai! Non è un gioco, Kiros! E se usato nel modo sbagliato, puoi solo far del male a te stesso o agli altri!”, detto questo, prese il suo libro di incantesimi e lo ripose al sicuro nella credenza. Kiros non disse nulla, andò in silenzio sul suo letto a cercare conforto coi suoi serpenti James e Aisha.
Passò qualche anno, e finalmente l’esercito non venne più a chiamare nessuno. Kiros poteva di nuovo uscire di casa. Ormai aveva vent’anni, era maturo. Un giorno arrivò la notizia che i ragazzi mandati all’addestramento militare sarebbero tornati a New Orleans e Kiros corse subito in città nella speranza di rivedere James. Arrivato, lo trovò quasi subito e come lo vide gli corse incontro. Anche James era contento di rivedere il suo amico e andò di corsa ad abbracciarlo. “Però, come sei cresciuto!”, “Anche tu, Kiros! Mi spiace che tu non sia potuto venire con me!”, “Lo so, ma pensi che avrei resistito in un posto del genere? Sono contento che tu ce l’abbia fatta, chissà com’è stata dura!”, “Sì, parecchio!”, gli rispose James. “Ora che è finita, mi trovo subito un lavoro, così potrò realizzare il mio sogno”, “Sì, anch’io!
Potremmo lavorare insieme se ci va bene!”, “Sarebbe stupendo, tentiamo!”.
Nei giorni successivi, James e Kiros si misero alla ricerca di un lavoro. James venne assunto come operaio in fabbrica, ma Kiros venne scartato perché ritenuto troppo magro e debole per un lavoro del genere. Per quanto gli dispiacesse di non poter lavorare insieme al suo amico, Kiros non si arrese e cercò subito un altro lavoro. Finalmente venne assunto come lavapiatti in un ristorante. Il lavoro era pesante e la paga era misera, ma per il momento si dovette accontentare. Nel frattempo, nella sua mente escogitava un metodo più veloce per uscire dalla miseria e dalla povertà. Era veramente stufo di vedere i ricchi farsi la bella vita mentre lui, James e tanti altri si dovevano spaccare la schiena per pochi spiccioli per volta. Sapeva che una vita sola non sarebbe bastata ad accumulare abbastanza per avere una vita migliore, per cui, nonostante quello che gli ha sempre ripetuto Mamma Odie, cercava disperatamente una via alternativa, non badando a quali sarebbero potute essere le conseguenze.
Un giorno, Kiros vide James in dolce compagnia. Era una ragazza bellissima e James, dal suo sguardo, sembrava veramente innamorato. “Ciao, Kiros! Vieni, voglio presentarti la mia fidanzata! Eudora, lui è Kiros, il mio miglior amico!”, “Molto piacere!”, disse lei con voce dolce. “Piacere mio!”, le rispose Kiros. Quella sera, James invitò Kiros a cena da lui e gli disse che conoscere Eudora lo aveva reso davvero felice, era veramente innamorato di lei. “Ho intenzione di chiederle di sposarmi”, “Sul serio?!”, disse sorpreso Kiros, “Sei sicuro? Cioè, vuoi già fare il grande passo?”, “Sì, ho deciso. Ho intenzione di trascorrere la mia vita assieme a lei e di metter su famiglia!”, “Splendido, ma come
farai con il tuo sogno? Il tuo ristorante, insomma!”, “Kiros, ci tengo veramente ad avere un ristorante tutto mio, ma ci sono cose molto più importanti nella vita. Continuerò a lavorare per avere abbastanza soldi da poterlo comprare, ma il mio sogno non sarà mai completo senza Eudora!”, “Se lo dici tu, va bene. Basta che sai quello che fai”. James ci rimase un po’ male dalle risposte fredde di Kiros, proprio non se l’aspettava, che cosa gli stava succedendo? ‘Forse, se gli presento un’amica di Eudora, capirà anche lui come mi sento io’, pensò, e così fece.
Il giorno dopo James disse a Eudora se le andava di presentare una sua amica a Kiros, così magari se facevano coppia potevano uscire tutti e quattro assieme. “Va bene, ma questo Kiros com’è? Io lo conosco veramente poco. E’ un bravo ragazzo?”, “Sì, te lo assicuro. Siamo amici da quando siamo bambini, ha un cuore d’oro”, “Va bene, allora mi fido.”. Detto questo, il giorno seguente Eudora presentò a Kiros la sua migliore amica, Janell. Lavorava come sarta proprio come Eudora. Come la vide, Kiros ne fu subito affascinato. Una splendida ragazza, poco più giovane di lui, un sorriso bellissimo e due occhi dolcissimi. “Ciao, mi chiamo Janell”, Kiros le prese la mano, gliela baciò e le disse: “Molto piacere, Janell. Io sono Kiros”. Janell sorrise, era veramente colpita dai modi gentili e dolci di Kiros. Il loro fu come un amore a prima vista, da quel giorno non smisero mai di frequentarsi. Andarono insieme anche al matrimonio di James e Eudora, e quando Eudora lanciò in aria il bouquet, Janell lo prese al volo e guardò Kiros molto felice. Lui le sorrise, la amava davvero, non era mai stato innamorato prima, ma dentro di sé era sempre ossessionato dal suo sogno di diventare ricco il prima possibile. Non voleva perdere Janell per nulla al mondo, ma non voleva
neanche vivere per sempre nella povertà. Un giorno sarebbe stato costretto a scegliere tra l’amore e il suo sogno. Poteva avere entrambi, ma la sua ossessione e il suo odio verso i ricchi lo consumavano piano piano…
[continua]…
 
 
4. Una terribile scoperta
La relazione tra Kiros e Janell divenne intensa, erano sempre più innamorati l’uno dell’altra. Una sera, Kiros portò Janell a visitare le zone più belle del Bayou per stare da solo con lei. A un certo punto, lui raccolse un fiore, glielo porse e le disse: “Mia cara, stare con te è la cosa più bella che mi sia mai capitata finora! Io ti amo, Janell. E farò di tutto per renderti sempre felice!”. Janell prese il fiore, poi guardò Kiros, gli sorrise e lo baciò. “Grazie, anch’io ti amo! E mi piacerebbe un giorno se potessimo sposarci come James e Eudora e vivere per sempre felici insieme!”. Sentendo queste parole, Kiros per un secondo si agitò. Ancora non aveva pensato di chiederle di sposarlo, non se la sentiva, non con i progetti che aveva in testa sul diventare ricco e controllare la città. Non sapeva ancora come fare per avere Janell e realizzare il suo sogno nello stesso momento. Cercò di non darle a vedere la sua preoccupazione, la baciò e le disse: “Un giorno non lontano, io e te vivremo felici e i nostri desideri saranno realizzati”. In realtà cercava solo di prendere tempo dicendole queste parole, fino a che non le avrebbe detto la verità, ma ancora non se la sentiva, ci teneva troppo a Janell e non voleva perderla. La abbracciò e la baciò più appassionatamente, stava per sfilarle il vestito, ma lei lo fermò: “Che cosa fai? Non qui nella palude, ti prego!”, “Andiamo, tesoro! Non passa mai nessuno qui ed è una delle zone più sicure del Bayou, tranquilla!”, le rispose Kiros. Janell era talmente innamorata che lo lasciò fare, si fidava ciecamente di lui, e finirono per consumare il loro primo rapporto lì, su una delle sponde del Bayou, con la luce delle lucciole che danzavano sul fiume.
Poi, rimasero sdraiati l’uno accanto all’altra, scambiandosi un bacio ogni tanto e osservando il cielo stellato. A un certo punto, Janell gli disse: “Lo sai che il tuo nome è molto particolare? Non lo avevo mai sentito prima”, “Hai ragione, comunque ho letto su un libro che Kiros vuol dire ‘re’. Chissà, forse è il mio destino!”, rise Kiros, anche se dentro di lui aveva sempre pensato che fosse davvero così, che quel nome gli era stato dato perché era destinato a diventare qualcuno. “Magari i tuoi genitori son veramente dei reali, chissà”, disse scherzosamente Janell, “Perché non mi parli di loro? Prima o poi dovrai presentarmeli”. Kiros sospirò: “Purtroppo sono orfano, non ho mai conosciuto i miei veri genitori. Sono cresciuto qui nel Bayou”, “Davvero? Perché non me l’hai mai detto finora?”, “Temevo che mi giudicassi e che non volevi avere niente a che fare con un orfano come me”, “Ma cosa dici? Non m’importa da dove vieni o se hai genitori oppure no, io ti amo per quello che sei e lo sai!”, “Lo so, cara. Ma cerca anche di capire me. Da quando sono piccolo, a parte James, ho conosciuto solo persone cattive che oltre a prendermi in giro e giudicarmi non facevano. Solo James e Mamma Odie mi hanno dimostrato affetto finora, prima che arrivassi tu”, “Mamma Odie? Questo nome non mi è nuovo”, “E’ la donna che mi ha cresciuto, è come una madre per me. Finora mi ha detto che i miei genitori mi hanno affidato a lei appena nato perché stavano cercando una nuova casa e cercavano qualcuno che mi accudisse finchè non l’avessero trovata, ma non hanno mai fatto ritorno e Mamma Odie non vuole dirmi perché. Io so che lo sa, dice di non saperlo e di non preoccuparmi, ma non è vero, lei sa qualcosa e io lo scoprirò!”, “Va bene, Kiros, ora calmati!”, Janell cercò di tranquillizzarlo, “Forse non lo sa davvero, oppure se non vuole dirti tutta la verità lo fa per proteggerti perché ti vuole bene”, “Da qualche anno ho
cominciato a pensare che i miei genitori siano veramente delle persone ricche e importanti, se no perché mi avrebbero dato questo nome con questo significato? Però per quale motivo mi hanno scaricato qui nel Bayou? Per farsi la bella vita senza di me? Se veramente è così, LI ODIO!”, “Kiros, insomma! Vuoi calmarti? Non puoi saperlo, quindi non ha senso odiare qualcuno senza motivo! Quando torni da Mamma Odie, chiedile se finalmente ti può parlare dei tuoi genitori, così ti metti il cuore in pace appena saprai la verità!”, “Hai ragione, scusami”, disse Kiros, “In effetti perché mi avrebbero abbandonato per questo motivo? Se mi han dato questo nome, ci tenevano che diventassi qualcuno di veramente importante. Sarà successo loro qualcosa. Devo saperlo”. Detto questo, fece per alzarsi, poi però notò qualcosa attaccato a un cespuglio lì vicino. Si avvicinò e vide un pezzo di stoffa incastrato tra le foglie. Lo prese, lo esaminò bene e cercò di capire com’era finito lì. Non era l’ennesima vittima di un alligatore, questo no, non c’erano resti o segni di sangue. Aveva dei bei colori, verde e rosso. A chi poteva appartenere? Lo girò e vide che c’era scritto qualcosa. Lesse la frase ‘Te lo prometto, Antoine. Nostro figlio vivrà come mi hai chiesto. Sarò forte fino alla fine. Ti amo – Aisha’. Dopo aver letto, rimase impietrito. Una donna di nome Aisha era passata di lì lasciando questo messaggio, ma quando poteva essere successo? Il Bayou ormai lo conosceva bene e non accadeva nulla che lui non venisse a sapere da quando aveva memoria, doveva essere successo molto tempo prima. All’improvviso venne assalito da un enorme dubbio. Questa donna che lascia questo messaggio promettendo di salvare il bambino, nessuno ha mai saputo niente di lei e Kiros non sapeva nulla dei suoi genitori. Possibile che quella donna potesse essere…? Lasciò cadere la stoffa per terra e si mise le mani nei capelli. Cominciò a
sudare freddo. “Kiros, che cos’hai? Stai male?”, si preoccupò Janell. Kiros non le rispose, si rivestì alla svelta, prese da terra il pezzo di stoffa e corse via, lasciando Janell da sola.
Arrivò a casa. Mamma Odie lo stava aspettando. “Come mai così tardi? Che hai combinato? Ti vedo molto agitato”, gli disse. Kiros non le disse nulla del pezzo di stoffa che aveva trovato, le raccontò solo del suo appuntamento con Janell: “Le ho fatto visitare una parte del Bayou, ma poi mi ha detto che vorrebbe sposarsi e io mi sono agitato perché ancora non mi sento pronto, purtroppo”, “Beh, non c’è bisogno di agitarsi così per questo. Comunque sei agitato anche per qualcos’altro, secondo me. Te lo leggo negli occhi”, “Effettivamente sì, Janell a un certo punto mi ha detto che voleva conoscere i miei genitori, io le ho risposto che sono orfano e che non li ho mai conosciuti. Poi ho cominciato a pensarci ancora di più. Ora ti prego, lo so che è tardi, ma non posso più aspettare! Raccontami dei miei genitori, dimmi chi erano e perché mi hanno abbandonato!”. Mamma Odie sospirò, si alzò dalla sua sedia, andò ad abbracciarlo e gli disse: “Sapevo che prima o poi me lo avresti chiesto, ma ancora non sei pronto per sapere tutta la verità. Domattina ti racconterò una parte della loro storia, più avanti ti racconterò il resto”, “No, voglio saperlo ora!”, urlò Kiros, “Perché non mi dici niente? Che cosa mi nascondi?”, “Non alzare la voce, Kiros! Non ti ho educato così! Ora calmati e vai a riposare, domattina quando ti sarai calmato te lo racconterò!”, “Devi dirmelo ORA!”, urlò così forte che Juju strisciò veloce sotto la sedia tutto spaventato. Mamma Odie ebbe un leggero sussulto, percepiva dalla rabbia di Kiros un forte cambiamento in lui, un cambiamento decisamente negativo. Era sempre stato vivace ed emotivo, ma ora era arrivato al punto che
non gestiva più certe emozioni come la rabbia ed era un bel problema. La rabbia, portata al limite, porta a fare pazzie, e in quel momento Kiros mostrava una furia come nessun altro. Rischiava che la luce dentro di sé si potesse spegnere definitivamente se avesse continuato così. “Kiros, ti prego…”, “Devi dirmelo!”, “Te lo dirò domattina, ti prego! Ora calmati, non ci si comporta così!”, “Dimmelo ora!”, Kiros perse il controllo e stava per lanciare un brutto incantesimo su Mamma Odie, ma lei svelta prese il suo bastone e invertì la direzione dell’incantesimo contro la parete, che si bruciacchiò. Kiros, ripresa la sua lucidità, vide cosa aveva fatto e cosa avrebbe potuto farle se Mamma Odie non avesse avuto i riflessi pronti. Si mise in ginocchio, si portò le mani al volto e scoppiò a piangere. “Ti prego, perdonami! Non so cosa mi sia preso!”. Mamma Odie, sebbene spaventata, andò da lui, gli si sedette di fianco e lo abbracciò. “Va tutto bene, Kiros. Non è successo niente. Ma d’ora in poi cerca di gestire la tua rabbia, e non usare mai più gli incantesimi che ti ho insegnato per fare una cosa del genere. Il Voodoo, se usato come hai fatto tu prima, hai visto che cosa succede. Ora vieni, andiamo a dormire, ne hai veramente bisogno”, lo prese per mano e lo accompagnò a letto.
Quella notte, Kiros ebbe gli incubi. Continuava a sognare una donna che correva disperatamente nel Bayou, lasciava cadere il pezzo di stoffa che aveva trovato e riprese a correre, fino ad arrivare da Mamma Odie. Sempre nel sogno, questa donna lasciò un fagottino davanti alla porta e scappò via. Prima di svegliarsi, Kiros continuò a sognare la donna che era fuggita abbandonando suo figlio e nel sogno lei era finita in un posto orrendo, buio e inospitale, e qualcosa la stava aspettando nell’ombra. Prima che le accadesse qualcosa, Kiros si svegliò di soprassalto,
completamente sudato. Non riusciva più a dormire, allora prese il pezzo di stoffa e andò a prendere il libro di incantesimi di Mamma Odie, facendo molta attenzione a non svegliarla. Ordinò ai suoi serpenti James e Aisha di tenere d’occhio Juju, per evitare che andasse a svegliarla. Lesse sul libro un incantesimo che gli avrebbe permesso di scoprire cosa fosse successo ai suoi genitori. Per iniziare, serviva un loro oggetto. Kiros usò il pezzo di stoffa che aveva trovato, sempre più convinto che appartenesse davvero a sua madre, anche se aveva paura a scoprirlo. Lo mise per terra, lanciò l’incantesimo e, sopra il pezzo di stoffa, cominciarono ad apparire delle immagini in movimento, come delle visioni. Vide così le origini dei suoi genitori, Antoine e Aisha. Venivano da Haiti e sono arrivati clandestinamente a New Orleans solo per potergli dare una vita migliore. Vide la fine che fece suo padre e la fuga disperata di sua madre, della frase che scrisse sul pezzo di stoffa prima di lasciarlo nella palude, di come arrivò da Mamma Odie e del tempo che passò lì con lei. Le ultime immagini gli mostrarono poi sua madre che cercava casa e lavoro in città, aveva trovato un posto in un’osteria, ma a quanto pare non era durata a lungo. Dopo pochi giorni era stata licenziata e lei, disperata, diceva: “Ora come farò? Oh, il mio povero Kiros! Come potrò crescerlo ora?”, e subito dopo nell’ultima immagine si vide lei entrare in un vicolo buio e inospitale e si stava dirigendo verso una porta. Sopra la porta c’era una vecchia insegna con una scritta.
Kiros non fece in tempo a leggere perché James e Aisha si stavano azzuffando con Juju per impedirgli di andare a svegliare Mamma Odie, distraendosi non riuscì a finire di vedere il resto della visione, che subito si dissolse. Comunque aveva visto abbastanza e finalmente sapeva delle sue origini e dei suoi genitori, anche se
non ne fu veramente felice. Suo padre era morto prima che lui nascesse e sua madre era sparita misteriosamente in un posto orrendo e misterioso, da quel che aveva visto nella visione. Rimise tutto a posto, dopodiché uscì a prendere un po’ d’aria.
Rimase a lungo in ginocchio sulla sponda del fiume, non riusciva a darsi pace dopo quello che aveva visto. “Non potevi proprio aspettare, eh?”, Mamma Odie si sedette accanto a lui. “Ti avrei detto tutto con calma domattina! Non usare mai più la mia roba senza il mio permesso, chiaro?”, “Non riuscivo più a dormire, dovevo sapere! Perché non me ne hai mai parlato prima?”, “Non volevo darti troppi pensieri durante la tua infanzia, volevo aspettare il momento giusto, certe cose è meglio non venirle a sapere troppo presto”, cercò di spiegargli Mamma Odie. “I tuoi genitori si sono sacrificati per te, Kiros. Per darti una vita migliore. Ci tenevano davvero a te, e tua madre, dopo quello che è successo a tuo padre, ha combattuto fino alla fine per poterti dare alla luce e avrebbe tanto voluto crescerti nel migliore dei modi, ma purtroppo non è mai più tornata”, “Nella visione ho visto solo che è finita in un vicolo buio e stava per entrare in una porta con sopra un’insegna, che posto era?”, “Un posto da evitare!”, gli disse Mamma Odie, “Dammi retta, stacci alla larga! Ormai per tua madre non c’è più nulla da fare, ha fatto la sua scelta! Nel tentativo di volerti dare una vita migliore, ha imboccato una brutta strada e ora è troppo tardi per lei per poter tornare indietro! Non andare a cercarla o rischierai di fare la sua stessa fine!”, “Ma è mia madre, posso sempre tentare! Se è in pericolo, devo salvarla!”, “Per l’ultima volta, Kiros, lascia perdere! Ancora non sei pronto ad affrontare una cosa del genere!”. Detto questo, Mamma Odie si alzò. “Su, torniamo a dormire. E’ tardi”.
Il giorno dopo, Kiros si svegliò stanchissimo. Non aveva quasi dormito. Andò a farsi una passeggiata in centro per provare a distrarsi, ma i suoi pensieri erano fissi su sua madre. Quel posto in cui era finita… Che le sarà capitato? Perché sarebbe dovuto essere troppo tardi per lei? In quel momento, passò per strada il signor La Bouff con suo figlio Eli a bordo di una costosa automobile, guidata dal suo autista personale. La goccia che fece traboccare il vaso. Quelli si davano alla bella vita senza badare ai problemi degli altri. Ripensò ai suoi genitori, pensò al fatto che non aveva potuto stare con loro solo perché la povertà li aveva divisi, mentre invece il figlio del signor La Bouff, ricco sfondato, si dava alla pazza gioia con suo padre e veniva viziato tutti i giorni. Non lo poteva sopportare, era veramente troppo. La sua invidia e la sua rabbia crescevano sempre più.
Camminando, arrivò davanti a un vicolo buio. Non era mai stato in quella zona di New Orleans prima d’ora. Sembrava proprio quello della visione. Senza pensare a quello che gli aveva detto Mamma Odie, entrò. Arrivò in fondo e vide un vecchio albero morto al centro del cortile. Era veramente il quartiere più povero e malandato della città. In fondo, quasi nascosta, c’era una vecchia porta e sopra di essa c’era un’insegna. La lesse: “Emporio Voodoo del Dottor Samdi”. Non lo aveva mai sentito nominare da nessuno, e Mamma Odie voleva che stava lontano da questo posto, ma ormai era lì e, spinto dalla curiosità, bussò. Non rispose nessuno. La porta era aperta, quindi entrò. L’interno era buio, c’erano solo poche candele accese in alcuni angoli della stanza e Kiros notò moltissimi oggetti Voodoo per tutto il posto. Sembrava la casa di Mamma Odie, ma al buio e con oggetti quasi diversi dai suoi. Entrando, notò sulla sinistra un pianoforte. Non ne aveva mai visto
uno da vicino e ne rimase affascinato, essendo amante della musica. Sfiorò alcuni tasti con le dita, quando una voce dietro di lui lo fece trasalire: “Ti piace la musica, a quanto pare. La adoro anch’io. Abbiamo già una cosa in comune, Kiros”, “Come sai il mio nome?”, disse Kiros, “Sono uno stregone, so sempre tutto. Sapevo che prima o poi saresti venuto da me. Prego, accomodati”. Kiros era spaventato. Lo stregone aveva un aspetto decisamente inquietante. Indossava un cappello a cilindro nero con disegnato sopra un teschio, portava una giacca nera e pantaloni dello stesso colore, indossava occhiali molto scuri e aveva con sé un bastone con una curiosa pietra in cima. Fece sedere Kiros al suo tavolo, gli si sedette di fronte e gli disse: “So perché sei qui. Cerchi tua madre, non è vero?”, “Se le hai fatto qualcosa, io…”, “Stai calmo, e resta seduto! Non ti conviene sfidarmi, Kiros. Nemmeno Mamma Odie riesce a tenermi testa”. Sentendo queste parole, rimase impietrito. Mamma Odie era molto potente, se perfino lei si teneva alla larga, era veramente pericoloso! Se solo l’avesse ascoltata e non fosse entrato in questo posto, ma ormai era lì e comunque voleva andare fino in fondo per scoprire cosa fosse successo a sua madre. “Dunque, come stavo dicendo…”, continuò lo stregone, accendendosi un sigaro, “… tu stai cercando tua madre. Sì, passò di qui vent’anni orsono, era veramente una donna attraente”, rise. Kiros trattenne la rabbia, lo stregone lo stava provocando apposta, ma cercò di resistere per sapere tutta la storia. “Trovò per caso il mio emporio, mentre cercava aiuto in città. Poverina, non aveva più un lavoro e non poteva permettersi di vivere da nessuna parte. Quando venne da me, era una donna veramente a pezzi. Non sapeva più cosa fare per poter crescere suo figlio, mi diceva. Io le proposi un patto, lavorare per me in cambio di ciò che voleva. All’inizio non accettò subito, ma poi non aveva
più altra scelta. Strinse il patto con me”, “E ora dov’è? Voglio vederla!”, “Ah, sì. Prima di tutto, sappi che mi ha servito assai bene i primi tempi, ma poi divenne troppo per lei e fece per andarsene, ma così facendo infranse il nostro patto e la sua anima ora mi appartiene!”, “Che cosa vuoi dire? Cosa le hai fatto?!”, urlò Kiros. Subito dopo lo stregone gli mostrò una testa raggrinzita appesa dietro di lui. “Cosa significa?”, disse Kiros spaventato, ma già immaginava, “Non ci arrivi proprio? Infranto il patto, non poteva più saldare il suo debito e la sua anima divenne mia, donata poi ai miei Amici dell’Aldilà. La sua testa, invece, ho deciso di tenerla qui con me”. Kiros rimase immobile. Era inorridito e spaventato da tutto questo. L’unica cosa che trovò di sua madre era la sua testa raggrinzita, nient’altro. Si era spinta a trovare una soluzione tramite questo stregone e ne aveva pagato le conseguenze. Improvvisamente, sentì la rabbia salirgli lungo la spina dorsale. Si girò verso lo stregone, digrignò i denti, lo guardò minaccioso e urlò: “Maledetto! Che tu sia maledetto! Lurido demonio! Te la farò pagare!”. Come la sera prima, per la rabbia lanciò senza controllo un potente incantesimo contro lo stregone, ma questo subito lo respinse con un contro-incantesimo. Subito dopo delle ombre uscirono allo scoperto e immobilizzarono l’ombra di Kiros. Kiros era immobilizzato, bloccata la sua ombra, nemmeno lui poteva muoversi, per quanto si sforzasse. “Potrei ucciderti all’istante, lo sai? Ho ancora molte anime da donare ai miei Amici dell’Aldilà e la tua mi farebbe molto comodo! Ma non lo farò, noto che hai del potenziale. Mamma Odie ti ha insegnato bene, ma ancora ne hai di strada da fare. Lavora per me e ti insegnerò meglio di quanto non ti abbia insegnato lei”, “Non lavorerò mai per te, mostro!”, urlò Kiros. Una delle ombre prese per la gola la sua ombra e Kiros si sentì soffocare. “Come
preferisci, in ogni caso fa pochissima differenza per me, se vivi o muori”. Kiros era terrorizzato, non voleva morire e non voleva di certo dargliela vinta. Annaspando, gli disse: “Va bene! Va bene! Lavorerò per te!”, “Ah, molto bene! Diamoci la mano e il patto sarà concluso!”. Kiros esitò, ma non volendo morire, gli strinse la mano. Le ombre lo lasciarono libero. “Ora la tua anima è in mano mia!”, gli disse lo stregone, “Se non vuoi fare la fine di tua madre, dovrai fare tutto quello che ti chiedo, siamo intesi?”, Kiros annuì. “Molto bene”, continuò lo stregone, “Ora puoi andare, ma ti aspetto qui stanotte per il tuo primo incarico, a mezzanotte in punto. Non tardare!”. Kiros corse fuori.
Corse il più lontano possibile, sudato e spaventato. Era finito proprio in un bel guaio. Non aveva il coraggio di tornare da Mamma Odie dopo quello che aveva combinato, nonostante i suoi avvertimenti. Temeva che non lo avrebbe mai più accolto in casa dopo una cosa del genere. Come poteva fare? Non c’era via di fuga, lui non era abbastanza potente da affrontarlo e nemmeno Mamma Odie con la sua magia di luce era mai riuscita a sconfiggerlo. Come fare? Pensò a lungo. Poi si ricordò di un libro di incantesimi che Mamma Odie teneva sempre chiuso nella credenza e che non aveva mai aperto davanti a lui, dicendogli che era roba proibita e molto pericolosa. Decise di fare un tentativo: andò verso casa deciso a sfogliare quel libro per trovare un rimedio al guaio che lui stesso aveva causato.
[continua]…
 
 
5. La nascita dell’Uomo Ombra
Kiros tornò verso casa verso le undici di sera, sperando con tutto il cuore che Mamma Odie dormisse. Entrò e trovò i suoi serpenti James e Aisha che lo aspettavano. Come lo videro, strisciarono contenti verso di lui. Kiros li prese in braccio e li strinse a sé. Ogni volta che era giù, loro lo facevano stare decisamente meglio. Ma stavolta ci voleva molto di più per risollevarlo, dopo quello che gli era capitato. L’unica cosa che aveva trovato di sua madre era la sua testa raggrinzita ed ora era costretto a lavorare per quello stregone per non dover fare la stessa fine. Ancora non aveva imparato tutto sul Voodoo, sapeva fare solo poche cose e gli capitava di lanciare certi incantesimi solo quando perdeva il controllo. Era spaventato dalla situazione, ma non voleva darla vinta al Dottor Samdi, dopo quello che aveva fatto a sua madre e a lui. Il suo odio e la sua rabbia crebbero. Cercò il libro di incantesimi di Mamma Odie e, una volta trovato, si mise a cercare qualcosa che potesse aiutarlo a uscire da quell’impiccio. Non restava molto tempo prima della mezzanotte e se non si faceva trovare poteva dire addio alla sua anima. Se Mamma Odie, con tutta la sua esperienza, non era mai riuscita a sconfiggerlo, quante probabilità aveva Kiros di batterlo? Decise di provare lo stesso, non aveva alcuna intenzione di farsi sottomettere. Sfogliando il libro, lesse qualcosa di molto interessante. Alcuni incantesimi veloci da imparare, in più trovò il modo di dare vita alla propria ombra, di sicuro gli sarebbe tornata utile in quella situazione. Anche il Dottor Samdi controllava le ombre, poteva funzionare cercare di batterlo con le sue stesse armi. Inoltre, nel suo emporio aveva notato una cosa interessante: Samdi portava al collo uno strano talismano. Curiosa come cosa, Mamma Odie gli aveva
insegnato che con il Voodoo non si possono fare incantesimi su sé stessi, ma solo sugli altri. Allora a che gli serviva quell’oggetto? Come ornamento abbinato al suo completo? Troppo strano. Doveva avere qualche altro valore. Per il momento non ci badò molto, cominciò a imparare dei semplici incantesimi, dopodiché provò a dare vita alla sua ombra. Dopo alcuni tentativi, finalmente ci riuscì, e dopo averla vista svolazzare libera per la stanza, la chiamò a sé e l’ombra gli obbedì subito. Non solo era viva e indipendente, ma gli era anche fedele. Lesse poi sul libro delle informazioni in più sulle ombre che dominava Samdi e scoprì che venivano tutte dall’Aldilà ed obbedivano allo stregone che le aveva evocate dopo aver stretto un patto con loro, ma il patto andava mantenuto o quegli spiriti se la sarebbero presa col loro evocatore. Ormai mancava veramente poco a mezzanotte, ripose il libro sulla credenza e corse verso l’emporio dello stregone.
Una volta arrivato, ancora prima di bussare, la porta si aprì da sola. Una volta entrato, come si era aperta, si richiuse all’improvviso. Samdi lo stava aspettando seduto al suo tavolo. “Sei puntuale, Kiros!”, gli disse, “Molto bene, accomodati!”. Kiros si sedette di fronte a lui. Affrontarlo lì nel suo emporio sarebbe stato un suicidio, era il suo territorio e non aveva alcuna possibilità, per cui per il momento rimase in silenzio e stette al suo gioco. “Visto che già conosci una buona parte del Voodoo, intendo insegnarti alcune cose mie, mi torneresti davvero utile un giorno”, gli spiegò Samdi, “Con gli anni, mi sono ritrovato con molti debiti da saldare coi miei Amici dell’Aldilà, troppe anime ho promesso loro e devo saldare i miei debiti il prima possibile. Qui entri in gioco tu. Devi riuscire a portarmi il maggior numero possibile di anime umane, ma se non riuscirai sarà la tua anima
che donerò ai miei Amici”, “Ma come posso fare? Se rapisco qualcuno, la gente se ne accorgerà e mi arresteranno!”, “Non ce ne sarà bisogno, ti insegnerò come fare per ingannare e manipolare gli altri per poterli avere così in tuo potere. Basterà che stringano un patto con te o con me facendogli credere di poter realizzare tutti i loro sogni e la loro anima sarà mia”. Kiros era pietrificato. Non aveva mai fatto del male a nessuno, come poteva fare una cosa del genere? Ma non voleva neanche morire, quindi accettò di fare questo per Samdi. “Comincerai stanotte. C’è un tizio che si aggira sempre da queste parti a quest’ora, è sempre ubriaco ed è molto ingenuo di natura, sarà facile convincerlo. Comincia a portarmi lui e nei prossimi giorni ti insegnerò dei nuovi trucchetti per le altre persone, non sarà mai più facile come stanotte”. Kiros obbedì e uscì dal suo emporio. Come aveva detto lo stregone, sulla strada c’era un uomo sulla mezza età circa che camminava con una bottiglia di vino in mano. Kiros si avvicinò e gli disse: “Buonasera, signore. Mi chiamo Kiros. Stavo andando a bere qualcosa, vorrebbe unirsi a me?”. L’uomo, sentendo quelle parole, gli rispose: “Bere? Ma volentieri! HIC! Un bicchiere non lo rifiuto mai!”. Kiros lo accompagnò fin dentro l’emporio del Dottor Samdi e, una volta lì, assistette alla scena. Lo stregone tirò fuori un mazzo di carte, gli disse all’uomo di sceglierne tre, lui però rispose: “Mi avevano promesso da bere!”, “Scegli tre carte e ti darò tutto quello che vuoi!”, gli disse Samdi. L’uomo obbedì, prese tre carte a caso, lo stregone le mise sul tavolo e gli lesse il suo passato, successivamente gli disse cosa era diventato nel presente e con l’ultima carta gli lesse il suo futuro: gli disse che non avrebbe mai più sofferto la sete. Dopodichè gli porse la mano. L’uomo gliela strinse e subito dopo apparve dietro Samdi un’enorme maschera vivente con una bocca gigantesca piena di
denti acuminati, e da essa fuoriuscirono le ombre che avevano attaccato Kiros qualche ora fa. Gli spiriti si diressero verso l’uomo, afferrarono la sua ombra e lo trascinarono nella bocca del mostro, dove dall’altra parte si trovava l’Aldilà. Kiros sentì le urla dell’uomo scomparire piano piano, poi la bocca di quella creatura si chiuse di scatto e sparì nel nulla. Dopo questo spettacolo, stava quasi per farsela sotto. “E una è andata”, disse Samdi, “E bravo il mio Kiros! Molto bene, che ne dici di rimanere qui stanotte? Prima di dormire ti mostro velocemente come usare i tarocchi, poi nei prossimi giorni ti farò vedere altre cose”, “Non ho alternative, visto che lavoro per te, sono costretto ad accettare!”, gli rispose Kiros, “Ma come sei intelligente! Dai, vieni qui. Poi ti preparo un posto per dormire, non credo che Mamma Odie ti rivoglia più indietro dopo quello che hai fatto!”, “Sei un bugiardo! Mi ha sempre voluto bene, qualunque cosa facessi! Non mi abbandonerebbe mai!”, “Ma ora hai fatto qualcosa di molto più grave, Kiros! Hai rubato l’anima a una persona!”, “L’ho fatto perché mi ci hai costretto tu!”, urlò Kiros, “Ah, davvero? Io non costringo mai nessuno, abbiamo stretto un patto, eri libero di non farlo se non volevi”, gli rispose Samdi, “Certo, così avresti ucciso me al posto di quell’uomo!”, “In ogni caso, ti sei sporcato le mani anche tu, ora. Quindi non lamentarti. Non puoi più tornare indietro, Kiros. Resta con me e ti insegnerò cose strepitose, incantesimi e pozioni che Mamma Odie non ti ha mai neanche mostrato”. Kiros accettò. In fondo, forse aveva ragione. Dopo una cosa del genere, Mamma Odie lo avrebbe cacciato di casa, e dove poteva andare? Rimase lì malvolentieri col Dottor Samdi, quello di cui gli importava ora era avere salva la vita. Raccolse da terra la bottiglia di vino di quel pover’uomo e cominciò a bere per non
pensare troppo a quella brutta situazione. Col tempo avrebbe scoperto di avere la passione per il vino.
Nei giorni seguenti, lo stregone insegnò molte cose a Kiros e lui apprendeva in fretta, di sera gli portava altre anime e poi riprendeva a dargli lezioni. Ormai Kiros si era abituato a veder morire le persone in quel modo, ma era comunque spaventato ogni volta che vedeva comparire quella testa gigantesca e minacciosa, e ogni volta che apriva la bocca vedeva una parte dell’Aldilà, sembrava un posto decisamente inospitale e terribile, sperava con tutto il cuore di non dover mai finire in un posto così.
Passavano i giorni e Kiros ancora decise di aspettare a farla pagare a Samdi per quello che aveva fatto a sua madre, stava imparando veramente tante cose nuove e interessanti. Un giorno, lo stregone gli disse: “Scommetto che Mamma Odie ti ha detto un sacco di volte che nella vita non ci sono vie alternative, vero?”, “Beh, sì. Me lo ripete di continuo”, “Sempre la solita, non cambierà mai! Con tutto quello che ti ho insegnato, puoi realizzare i tuoi sogni più in fretta di quanto immagini! Tu sei stanco di essere povero, di vivere nella miseria, non è così?”, “Sì, è vero! Non sopporto più di vedere quei ricconi che vanno a farsi la bella vita ignorando me e quelli come me! Io mi son sempre dovuto spaccare la schiena per pochi spiccioli mentre loro pensano di fare ciò che vogliono!”, gli rispose Kiros. “Allora metti in pratica ciò che ti ho insegnato finora e vedrai che presto avrai ciò che vorrai”, gli disse Samdi, “Ora vieni, siediti qui”. Lo stregone fece sedere Kiros davanti al suo pianoforte. “Sei stato molto bravo in questi giorni, ragazzo mio. Ora, visto che ti piace la musica, voglio insegnarti a suonare il piano. All’inizio suoneremo insieme, poi farai da solo”, detto questo, si sedette accanto a lui e cominciò ad insegnargli a
suonare. Finita la prima lezione di piano, Samdi abbracciò Kiros e gli disse: “Bravo il mio ragazzo. Impari molto in fretta ciò che ti viene insegnato”. Kiros avrebbe voluto spingerlo via, invece, senza sapere perché, ricambiò il suo abbraccio. Lo odiava a morte, ma allo stesso tempo si era anche affezionato a lui in parte. Gli aveva insegnato molto ed era sempre stato paziente, quasi come un padre, e dopo avergli dato anche lezioni di piano, diventò il suo punto di riferimento. Rischiò quasi di dimenticarsi di vendicarsi su di lui.
Un bel giorno, però, vide Samdi giocherellare con la testa raggrinzita di sua madre e questo lo fece infuriare: “Non la toccare!”, “Stai calmo, Kiros. Non le sto facendo nulla di male”, gli rispose ridendo Samdi, “Non la devi mai più toccare!”, “Se permetti, decido io che cosa fare! Questo è il mio emporio e tu lavori per me, non te lo dimenticare!”. Kiros stava per esplodere, ma si trattenne per evitare guai peggiori, però non lasciò correre. Dopo questo episodio, gli tornò alla mente la sua vendetta e nei giorni seguenti escogitò un piano. Quando fu pronto, un giorno disse a Samdi se poteva accompagnarlo di sera alla palude, perché aveva intenzione di dare una degna sepoltura a sua madre: “Starai scherzando?”, lo schernì Samdi, “Lei ora mi appartiene! C’è un motivo se la tengo qui con me!”, “Hai già preso la sua anima, ora ti prego, permettimi di seppellirla e di darle un ultimo addio. Non l’ho mai conosciuta, almeno concedimi questa cosa!”, “E va bene, va bene! Se è questo che vuoi… Ma dovrai portarmi molte più anime la prossima volta, per questo!”, “Non m’importa, mi basta solo poter dare un ultimo saluto a mia madre, non chiedo altro!”, “D’accordo, prepara la pala per stasera. Però spiegami perché proprio nel Bayou vuoi portarla”, “Perché è lì che mi ha fatto
nascere e lì intendo lasciarla”, gli rispose Kiros, “D’accordo, come vuoi. Ora servimi da bere e poi prepara la pala come ti ho detto”. Kiros gli riempì il bicchiere di rum e andò a prendere il necessario per seppellire sua madre. Calata la notte, Kiros e Samdi andarono verso il Bayou. Una volta arrivati, lo stregone si fermò, “Non andiamo oltre, o Mamma Odie potrebbe attaccarci. Sai che non condivide il modo in cui uso la magia”, “Sì, lo so. Qui va bene”. Kiros appoggiò la pala ad un albero e si fermò a fissare l’acqua del fiume che scorreva tranquilla, illuminata dalla luce delle lucciole. “Che cosa stai aspettando? Non ho tempo da perdere, vedi di sbrigarti!”, gli disse nervosamente Samdi, “Dammi ancora un momento”, gli rispose Kiros, “Volevo solo aspettare il momento giusto”, “Vedi di fare in fretta, ragazzo! Ci sono altre anime da portare ai miei Ami…”, lo stregone s’interruppe all’improvviso. Gli girava la testa e aveva la nausea, cadde in ginocchio mezzo stordito e stava per perdere i sensi. Kiros gli disse: “Com’era il rum, stregone dei miei stivali?”, “Che cosa ci hai messo dentro?”, gli chiese Samdi barcollando, “Oh, solo una droga che ti terrà buono il tempo che te l’avrò fatta pagare per quello che hai fatto a me e a mia madre!”. Kiros si inginocchiò di fronte a lui, notò il suo talismano attorno al suo collo e gli disse: “Ci tieni molto a questo oggetto, vedo. Non te lo sei mai tolto da quando ti ho incontrato la prima volta”, “Non toccarlo!”, lo stregone si spaventò quando Kiros cercò di prenderlo. “Ah, bene! Quindi ha un valore! Allora non ti dispiace se lo custodisco io per te!”, “Non sai quello che fai! Non si deve rompere per nessun motivo!”, “Davvero? Altrimenti cosa succede? Vuoi dirmelo o devo scoprirlo da solo?”, lo minacciò Kiros, “Ti prego, non farlo! Ti ridurrò il numero di anime da portarmi se vuoi, ma ti supplico, non toccare il mio talismano! Non hai la minima idea di quel che
succederà!”, “Allora intendo scoprirlo!”, detto questo, Kiros gli strappò il talismano dal collo e fece per buttarlo per terra, quando l’ombra di Samdi afferrò l’ombra del talismano per restituirlo al suo proprietario. Lo stregone rise, poi disse a Kiros: “Pensavi di fregarmi? Ti sei sbagliato di grosso! Peccato, mi sei stato davvero utile finora, ma dopo questo tuo errore dovrò eliminarti!”. Detto questo, l’ombra di Samdi attaccò quella di Kiros, ma la sua ombra fu pronta a difendersi. Riuscì a respingere buona parte dei suoi attacchi, e questo diede il tempo a Kiros di recuperare il talismano. Una volta preso, lo scaraventò a terra, distruggendolo. Lo stregone urlò di rabbia e di paura: “NOOO! Ora come farò a pagare i miei debiti?”. Subito dopo, dietro di lui apparvero delle strane maschere, simili a quella gigantesca che vedeva nel suo emporio, ma più piccole. Assieme a loro, altre creature come bamboline Voodoo e le ombre che Samdi era solito comandare, e tutti questi esseri, accompagnati da un rullo di tamburi, gli cantavano in coro: “Sei pronto? Sei Prontooo?”, “No, vi prego! Farò un altro incantesimo, pagherò il mio debito con voi, datemi un’altra possibilità!”, gridò lo stregone terrorizzato, ma quelli non lo stavano a sentire e subito dopo apparve anche l’enorme maschera dai denti acuminati e, come spalancò la bocca, le ombre afferrarono l’ombra di Samdi e lo trascinarono dentro, dopodiché tutte le creature sparirono nell’Aldilà com’era sparito lo stregone. Kiros era finalmente libero. Le uniche cose che restavano di Samdi erano il suo bastone e il suo cappello. Li raccolse da terra e decise di tenerli con sé, come ricordo della sua vittoria contro quel perfido stregone. Raccolse anche la testa raggrinzita di sua madre e, invece di seppellirla, decise di tenerla per poterle stare sempre vicino.
Ormai non poteva più tornare da Mamma Odie, ma decise di andare comunque a salutarla e recuperare i suoi serpenti James e Aisha. Una volta arrivato, Mamma Odie era ovviamente furiosa: “Ecco, guarda un po’ chi si è degnato di ritornare! Complimenti davvero! Non hai voluto ascoltarmi e guarda come sei diventato! Ti avevo detto di lasciar perdere, per poco non ci rimettevi la pelle!”, “Ma l’ho sconfitto! Questo non conta? D’ora in poi non sarà più un problema per nessuno!”, le rispose Kiros, ma Mamma Odie gli disse: “Certo, ora sarai tu il problema di tutti! Ti sei sporcato le mani, hai cominciato a padroneggiare la magia nera e dopo una cosa del genere non si torna più indietro! Hai ucciso troppe volte per poter rimediare!”, “No, non è vero! Posso sempre ricominciare ora che mi sono liberato di Samdi!”, “Non dire sciocchezze! Lo leggo nel tuo cuore, alla fine ci hai preso gusto e continuerai a farlo! Se fossi tornato subito da me, avrei potuto dirti come fare per uscire da quella situazione senza dover fare del male a nessuno, invece hai preferito continuare a servirlo senza fermarti! Non hai intenzione di fermarti neanche ora come non hai mai avuto intenzione di ascoltarmi! Pensa ai tuoi poveri genitori che si sono sacrificati per te!”. Dopo questa frase, Kiros le mostrò furioso la testa raggrinzita di sua madre: “Certo, e questa è la fine che ha fatto mia madre!”, “Purtroppo alla fine ha ceduto e ha scelto la via sbagliata per poterti dare di più e tu stai facendo come ha fatto lei!”, “E tu non mi hai mai detto niente finora! Se lo avessi fatto, non mi sarei mai imbattuto in Samdi!”, “Smettila di scaricare la colpa sugli altri! Sei sempre stato testardo, anche se te l’avessi detto, lo avresti fatto comunque!”, “E con questo? In ogni caso, i miei genitori volevano dal principio che diventassi qualcuno, che avessi una vita migliore! E solo grazie al potere che ho imparato da Samdi potrò farlo facilmente! Non vivrò mai più
nella povertà e non farò la fine dei miei genitori! E’ per il fatto che erano poveri che non ho potuto stare con loro! Ma ora basta, un giorno sarò ricco e al comando della città e nessuno potrà mai più dirmi cosa fare e cosa no! Avrò ciò che voglio e i miei genitori saranno fieri di me!”, Kiros era fuori di sé. Mamma Odie, per quanto gli dispiacesse, dopo averlo cresciuto tutti quegli anni, gli disse: “Sparisci, non sei più il benvenuto qui! Dopo tutto quello che ti ho insegnato, bel ringraziamento che mi dai, complimenti! Eri un così bravo ragazzo, ma ormai hai imboccato un’altra strada e anche se ci fosse stata una possibilità di farti ragionare, è svanita nel nulla! Ormai hai fatto la tua scelta e vedo che non hai nessuna intenzione di cambiare idea! Hai sempre cercato vie alternative su tutto, hai sempre pensato di più a ciò che volevi per te senza pensare alla cosa più giusta e importante della vita! Ho sempre cercato di fartelo capire, ma vedo che ormai hai scelto! Quindi addio, e se provi a ripresentarti qui, ti caccerò di nuovo!”. Kiros ci rimase parecchio male. La donna che lo aveva cresciuto lo stava mandando via. Dentro al suo cuore, però, sapeva di avere ragione. Ci aveva veramente preso gusto dagli insegnamenti di Samdi ed era vero, non vedeva l’ora di trovare una via alternativa per realizzare i suoi sogni e risolvere tutti i suoi problemi, non aveva alcuna intenzione di tornare indietro, ormai l’unico suo obiettivo era quello di diventare ricco e di godersi la vita, come aveva sempre sognato. Fischiò per chiamare i suoi serpenti, questi arrivarono, gli strisciarono sulle braccia e, prima di uscire, Kiros disse: “Addio, Mamma Odie. Grazie di tutto”, e se ne andò. Prima di uscire, Mamma Odie gli disse un’ultima cosa: “Se continuerai su questa strada, alla fine ne pagherai le conseguenze! Succede sempre così e succederà anche a te!”. Kiros non le rispose, uscì dalla sua casa e non tornò mai più indietro.
Non avendo un posto dove stare, andò ad abitare nel vecchio emporio del Dottor Samdi. Una volta entrato, si sedette al pianoforte e suonò per qualche minuto per tirarsi su il morale, con James e Aisha sulle sue spalle. Finito di suonare, scoppiò a piangere. Gli dispiaceva per il litigio avuto con Mamma Odie, ma allo stesso tempo era arrabbiato con lei, era sempre più convinto che era lei nel torto, che avrebbe dovuto parlargli subito di sua madre, anche se in effetti, come gli aveva detto prima, sarebbe andato comunque a cercare di vendicarla e non sarebbe cambiato niente. Per la prima volta nella sua vita, si sentiva veramente a suo agio. Adorava i nuovi incantesimi che aveva imparato e decise di gestire lui quell’emporio, d’ora in poi. Tra i vestiti del Dottor Samdi, trovò una giacca viola a coda di rondine e dei pantaloni dello stesso colore, più una camicetta, ma per lui era un po’ corta e gli rimase scoperto l’ombelico. Trovò poi delle scarpe eleganti e una collana di denti di alligatore. Per ultimo, indossò il cappello a cilindro dello stregone. Cambiato il suo look, decise anche di cambiare nome. D’ora in poi, per New Orleans, sarebbe stato il Dottor Facilier, e il suo nuovo motto fu: trovo soluzioni facili per tutti a un buon prezzo. Creò anche un nuovo biglietto da visita dove indicava cosa faceva: lettura dei tarocchi, incantesimi, pozioni e sogni realizzati. Infine, modificò l’insegna. Ci scrisse sopra: Emporio Voodoo del Dottor Facilier. Finito di sistemare il suo nuovo emporio, cominciò a evocare quelli che Samdi chiamava i suoi Amici dell’Aldilà. Una volta evocati, strinse un patto con loro: avrebbe loro portato tutte le anime che volevano, in cambio voleva avere i poteri necessari per poter realizzare il suo sogno di diventare ricco. Detto questo, gli spiriti dall’Aldilà gli donarono alcuni oggetti magici, tra cui una strana polvere viola che usava per poter realizzare i sogni degli altri. In più migliorò la
sua abilità nel maneggiare i tarocchi per poter leggere il futuro alla gente.
Un giorno, mentre era per strada a leggere le carte a una persona, incontrò Janell. Era da tanto che non la vedeva ed era veramente felice di trovarla lì. Come la vide, le corse incontro per abbracciarla. Lei all’inizio non lo riconobbe subito vedendolo vestito così, ma poi lo guardò bene ed esclamò: “Kiros, ma sei tu! Che fine avevi fatto? Perché non sei più venuto a trovarmi? Ti ho cercato dappertutto, ho una cosa importante da dirti!”, “Anch’io, mia cara! Ho tante cose da raccontarti!”. Detto questo, la portò nel suo emporio. Janell ebbe paura, che cosa gli era successo, com’era capitato lì? Kiros (ormai chiamato Facilier) gli raccontò del suo incontro col Dottor Samdi fino alla sua sconfitta. Janell non riusciva a crederci. “Sarà anche morto, ma ti ha comunque sconfitto. Ti ha cambiato, non ti riconosco più!”, “Perché mi dici questo? Sono sempre io, e i miei sentimenti per te non sono cambiati!”, le rispose Facilier, ma Janell gli disse: “No, non è vero! C’è qualcosa di diverso in te! Il Kiros che conosco io non avrebbe mai preso questa strada! Ti prego, se davvero mi ami ancora, dimostramelo! Lascia perdere tutto questo, viviamo la nostra vita insieme! Possiamo ricominciare!”. Facilier la baciò e le disse: “Mi dispiace, non posso. Ormai ci sono dentro e non c’è più speranza per me. E poi non intendo buttare tutto all’aria proprio ora che sto per realizzare il mio sogno, presto sarò ricco e se vorrai seguirmi, potremo fare una bella vita insieme!”, “Ma non è questo che voglio! Io volevo solo te, non i soldi! E poi non si realizzano i sogni nel modo che dici tu, stai sbagliando! Chi prende una strada come quella che hai preso tu, finisce sempre male! Ti prego, Kiros! Fallo per me, lascia perdere tutto questo! Fallo per nostro
figlio!”. Facilier, sentendo queste parole, si bloccò. Janell era rimasta incinta e stavano per diventare genitori! Si trovò di nuovo a dover scegliere tra quello che voleva e quello di cui aveva bisogno. Aveva bisogno dell’amore di Janell, ci teneva molto a lei e per lui era veramente importante, soprattutto ora che aspettava un bambino da lui. Ma ripensò anche alla fatica che aveva fatto per arrivare fin lì, i poteri che aveva acquisito e i debiti che aveva ancora da saldare coi suoi Amici dell’Aldilà, per cui, a malincuore, le disse: “Mi dispiace, Janell. Se vorrai seguirmi, sarò ben lieto di averti al mio fianco. Altrimenti, io non potrò venire con te se prenderai una strada diversa dalla mia”. Janell scoppiò a piangere. Cercò in tutti i modi di convincerlo a cambiare idea, ma invano. Dopo mille tentativi, Facilier perse la pazienza e le urlò: “Oh, insomma! Se sei venuta qui per darmi ordini, allora grazie al cielo che non ti ho sposato! Sono stufo di sentirmi dire cosa devo fare e cosa no! E ora sparisci! Se non vuoi una lettura dei tarocchi o roba simile, fuori di qui!”. Janell, inorridita da quella risposta, prima di uscire gli rispose: “Spero tanto che il bambino che nascerà, non assomigli a te! Addio, mostro!”, e corse via piangendo. Facilier ribaltò il tavolo urlando per la rabbia, ora anche Janell aveva contro, cos’altro gli poteva succedere ancora? Neanche a farlo apposta, il giorno dopo venne a trovarlo James. Non lo vedeva da tanto, stava per salutarlo ma James gli disse: “Che cosa ti è successo, Kiros? Come ti sei permesso di trattare Janell in quel modo?”, “Casomai, è stata lei che pretendeva di dirmi cosa fare della mia vita, ma io son veramente stufo di ascoltare gli altri, d’ora in poi farò solo quello che voglio io, al diavolo tutti!”, gli rispose Facilier. “Non ti riconosco più! Mi fai schifo! Hai rovinato la vita a Janell, quante altre vite vorrai rovinare ancora?”, “Sono stufo di preoccuparmi degli altri,
andando a cercare la mia vera madre ho rischiato la vita e ne sono uscito per miracolo! Ora che ce l’ho fatta, posso realizzare il mio sogno con tutta facilità! Tu, invece, come sei messo col tuo ristorante? Posso darti una mano io, se vuoi”, “No, scordatelo!”, urlò James, “Non voglio niente da te, dopo quello che sei diventato! Preferisco spaccarmi la schiena tutta la vita piuttosto che voltare le spalle alle persone a cui tengo solo per inseguire un sogno! Ora sono padre, e anche se non dovessi riuscire a comprare il ristorante, almeno avrò sempre accanto le persone che amo, mia moglie Eudora e mia figlia Tiana! Se pensi di fare bene a fare quello che fai, allora tanto peggio per te! Resterai solo come un cane! Credevo che fossi diverso, che fossi buono e altruista, e invece guardati ora! Hai preferito pensare solo a te stesso pur di avere ciò che vuoi invece di pensare a chi ti voleva bene davvero!”, “A fare del bene non si è mai arricchito nessuno!”, gli rispose Facilier, “Ora finalmente potrò avere ciò che voglio da sempre!”, “Sì, bravo! Continua pure su questa strada, ma non mi trascinerai mai con te! Addio, cercherò di ricordarti com’eri un tempo!”, detto questo, uscì sbattendo la porta. Ormai Facilier era solo al mondo, gli unici suoi amici erano i suoi serpenti James e Aisha, oltre alla sua ombra con cui parlava ogni tanto, anche se lei faceva solo versi. James, prima di allontanarsi, si girò a dare un’ultima occhiata all’emporio di Facilier, dopodiché si allontanò piangendo. Non riusciva ancora a crederci che il suo migliore amico avesse preferito i suoi sogni alle persone che amava. Ormai era irrecuperabile, aveva fatto la sua scelta e non c’era più verso di farlo ragionare. Quella fu la penultima volta che lo vide. Tornò verso casa e cercò di non pensarci più.
Facilier non aveva più amici ormai e decise di non affezionarsi più a nessuno, convinto che, se lo avesse fatto, le emozioni avrebbero potuto intralciarlo in ciò che faceva, così facendo non provò più il minimo rimorso nel donare le anime della gente ai suoi Amici. Inoltre, prese gusto a lanciare piccole maledizioni ai suoi clienti ogni tanto giusto per divertirsi un po’, quando questi gli esponevano i propri sogni, ovviamente dopo essersi fatto pagare. Altri non furono così fortunati, visto che Facilier li attirava a sé con un bel gioco di parole, false promesse e spesso ballando e facendo acrobazie per intrattenere le persone e queste, attratte dal suo carisma, lo seguivano e quando si accorgevano della sua vera natura era troppo tardi. Kiros era morto da tempo, ormai. Al suo posto era rimasto il perfido stregone Facilier, noncurante dei sentimenti altrui e con un solo obiettivo: diventare ricco. Ma per farlo, aveva ancora molta strada da fare, e i suoi debiti coi suoi Amici dell’Aldilà crescevano sempre più. Se non li avesse saldati al più presto, avrebbe fatto la stessa fine di Samdi. Facilier, con le sue chiacchiere, convinse i suoi Amici che avrebbe saldato i suoi debiti con loro al più presto e di non preoccuparsi. Li convinse per molto tempo, ma sapeva che prima o poi si sarebbero infuriati, non riusciva a portare loro abbastanza anime, dato che ormai in città si era sparsa la voce di un nuovo stregone e tutti dicevano: “Diffidate dell’Uomo Ombra!”. Facilier era terrorizzato all’idea di dover finire anche lui nell’Aldilà. Presto avrebbe trovato un modo più rapido di saldare i suoi debiti.
[continua]…
 
 
6. Non esistono strade facili
Passarono cinque anni dopo il litigio tra James e Facilier. Quest’ultimo divenne sempre più abile a maneggiare la magia nera e a manipolare gli altri per costringerli a fare ciò che voleva lui, faceva false promesse di sogni realizzati per suo tornaconto personale e si divertiva molto a truffare e maledire i suoi clienti. Purtroppo per lui, a New Orleans cominciarono a diffidare tutti dell’Uomo Ombra, riuscì a truffare solamente le persone che venivano da fuori città, visto che ancora non sapevano niente di lui. Guadagnava sempre meno dalle sue truffe e si indebitava sempre di più coi suoi Amici dell’Aldilà. In più, un giorno i suoi occhi divennero viola, causa del continuo uso di quel tipo di magia. Probabilmente era per questo che il Dottor Samdi portava sempre occhiali scuri. Facilier, invece, non intendeva imitarlo coprendosi gli occhi e, anzi, gli piacevano.
Un giorno, mentre per strada cercava di attirare nuovi clienti per leggere loro i tarocchi, vide una bimba di cinque anni passare davanti a lui. La bambina si girò a guardarlo, gli sorrise, gli si avvicinò e gli disse: “Salve, signore. Che cosa sta facendo?”, “Ciao, piccola”, le rispose sorridendo Facilier, “Vuoi che ti legga il futuro?”. La bimba rise. Era affascinata dai suoi modi gentili, lo trovava veramente simpatico e le piaceva vederlo maneggiare così abilmente le sue carte. All’improvviso, un uomo la chiamò dall’altra parte della strada: “Tiana, vieni subito qui! Quante volte ti avrò detto che non si parla con gli sconosciuti?”. La bimba si girò verso suo padre e gli disse: “Scusa, papà. Mi dispiace”. Facilier alzò lo sguardo e vide James. Ebbene sì, quella bambina era figlia sua e James, vedendola vicino a lui, la allontanò subito e
poi disse a Facilier: “Lascia stare mia figlia, chiaro? Se proverai anche solo a metterle in testa una sola delle tue strane idee, ti giuro che chiamo la polizia!”, “Non stavo facendo niente di male, sto solo leggendo le carte! Ora sparisci o mi farai scappare tutti i clienti!”, “Sai che m’importa! Guai a te se ti avvicinerai ancora a me o a mia figlia!”, detto questo, prese Tiana per mano e si allontanò di corsa. Facilier udì James dire a sua figlia: “Non devi avvicinarti mai più a quell’uomo, Tiana! Quello è l’Uomo Ombra, tutti quanti in città gli stanno alla larga! Si mostra simpatico all’inizio e ti promette qualunque cosa tu desideri, e quelli che ci son cascati hanno perso tutto! Ti inganna in mille modi per convincerti a fare quello che vuole lui, ma non bisogna mai cascarci, bisogna resistere in ogni modo alle sue tentazioni!”. Facilier digrignò i denti infuriato nel sentirlo parlare così. Se fosse rimasta una piccola parte di lui che ancora voleva bene a James, ormai era scomparsa definitivamente. ‘Oh, vedrai James, un giorno ingannerò per bene anche la tua adorata figlioletta e la sua anima sarà mia!’, pensò furioso.
Passarono altri quattordici anni. Facilier venne a sapere della morte in guerra di James ma, visto come si era rotta la loro amicizia, non provò assolutamente nulla. E poi aveva altri problemi a cui pensare. I suoi debiti continuavano a crescere e non sapeva più che scuse inventare per i suoi Amici dell’Aldilà per rimandare il pagamento che spettava loro. Un giorno come tanti, dopo l’ennesima truffa a un poveretto arrivato da fuori città, vide il signor Eli La Bouff (ormai era diventato lui il sindaco di New Orleans dopo la morte di suo padre) sulla sua costosa automobile che sperperava denaro per ogni cosa, addirittura diede moltissimi soldi a un ragazzino che gli vendette il giornale. L’ombra di
Facilier gli fece notare l’unica moneta che aveva guadagnato quella mattina, facendogli capire che così proprio non andava. Lo stregone maledì il signor La Bouff. ‘Non è giusto, tutti questi anni e ancora sono qui a racimolare pochi spiccioli mentre quello ne ha talmente tanti che quasi li butta via!’, pensò infuriato. Pochi minuti dopo, lo vide tornare indietro con la macchina e fermarsi in un ristorante con sua figlia. Entrò di soppiatto e si mise in un angolo del locale nascondendosi dietro al menu e tendendo l’orecchio per sentire i loro discorsi, sperando di trovare un modo di avere la sua fortuna. Riuscì a sentire da quella chiacchierona di sua figlia che il principe Naveen di Maldonia era arrivato a New Orleans quella stessa mattina e suo padre lo aveva invitato a casa loro come ospite personale. Quando uscirono dal ristorante, Facilier prese il giornale che avevano lasciato sul loro tavolo, uscì e tornò al suo emporio. Evocò con un incantesimo i suoi Amici dell’Aldilà e disse loro: “Amici, ho finalmente trovato il modo di risarcirvi in fretta! Dovrò solo fare un incantesimo al principe per averlo in mio potere per arrivare così ad avere la fortuna dei La Bouff! Mi serve solo un talismano per completare il tutto!”. Detto questo, uno di loro gli porse dall’Aldilà il talismano da lui richiesto. Come lo toccò, sentì come una scossa pervadergli il corpo. Toccandolo, la sua vita si era collegata al talismano, i suoi Amici così potevano essere sicuri che non avrebbe cercato di fregarli e che stavolta il suo piano avrebbe funzionato davvero. Non doveva rompersi assolutamente, se no non avrebbe mai più potuto risarcirli e per lui sarebbe stata la fine. Facilier, sebbene un po’ spaventato, ripose con cura il talismano nell’Aldilà per poi riprenderlo quando gli sarebbe servito e si mise subito alla ricerca del principe. Lo trovò a suonare e ballare la musica jazz con dei suonatori di strada, mentre il suo valletto cercava di dirgli che
dovevano andare subito a casa del signor La Bouff e che, se non voleva trovarsi un lavoro, doveva sposare sua figlia e farsi così mantenere. Il principe Naveen era veramente viziato e maleducato e questo diede fastidio a Facilier. Notò poi la frustrazione del suo valletto e questo gli diede un’idea per il suo nuovo piano. Appena Naveen e il suo valletto Lawrence furono soli, Facilier si presentò al principe e gli diede il suo biglietto da visita, accompagnandolo poi di nascosto fino al suo emporio, badando bene che non ci fossero testimoni. Mentre camminavano, Facilier fece finta di leggergli la mano: “Se fossi uno scommettitore, e non lo sono, non gioco mai d’azzardo, ora scommetterei di trovarmi in compagnia di sua Altezza Reale in visita”, gli disse con modi cordiali e simpatici. Naveen era parecchio ingenuo, essendo la prima volta che si trovava fuori dal suo palazzo, e ci cascò, oltre a rimanere colpito dai modi carismatici di Facilier. Il suo valletto notò nella sua tasca posteriore il giornale del mattino e disse a Naveen: “Sire, questo individuo è chiaramente un ciarlatano! Il mio consiglio è di allontanarci al più presto e…”, non fece in tempo a finire la frase che Facilier, infuriato, gli urlò contro: “Non m’insultare, amico mio!”. Lawrence si spaventò di questo suo scatto d’ira improvviso. Facilier non sopportava gli insulti e le mancanze di rispetto, e sentendosi chiamare ‘ciarlatano’ andò su tutte le furie. Subito dopo riprese il controllo, sorrise a Lawrence e a Naveen e, cantando e ballando, li invitò a entrare nel suo emporio. Lo fece con molta insistenza, ma i suoi modi simpatici e carismatici incantarono Naveen, tranne Lawrence che era veramente terrorizzato da ogni cosa all’interno di quell’emporio, ma fu comunque costretto da Facilier e dalla sua stessa ombra a sedersi e rimanere dov’era. Subito dopo, lo stregone fece scegliere loro tre carte a testa e cominciò a leggerle a Naveen. Gli lesse il suo
passato, che discendeva da una famiglia reale e che nel suo sangue c’era regalità. Prima di leggergli il presente, gli disse, mostrandogli la testa raggrinzita di sua madre: “Anch’io sono un reale, da parte di mamma!”. Naveen sorrise, anche se quella testa raggrinzita lo impressionava. Poi Facilier gli lesse il presente, dove risultava povero e costretto a sposare una donna molto ricca, “Adesso devi sposarti, ma una moglie è un cappio al collo e tu vuoi essere libero, saltare di qua e di là! Ma la libertà richiede denaro!”, gli disse sorridendo, poi continuò mostrandogli il suo futuro: “Nel futuro il denaro è proprio quello che avrai!”. Sulla carta c’era la figura di un principe sopra tante banconote, ma Naveen non si accorse che erano disposte in modo strano, formavano infatti una ninfea. Stava per avere la più grossa fregatura della sua vita e ancora non lo sapeva. Intanto Facilier lesse le carte a Lawrence, facendogli notare che nella sua vita aveva solo strisciato facendosi sempre mettere i piedi in testa fino a oggi. Gli disse poi che se nel presente si fosse sposato, sarebbe stata sua moglie a comandare in casa. Naveen rise, mentre Lawrence si stava innervosendo. Subito dopo gli lesse l’ultima carta, dove vedeva Lawrence nel futuro in cui diventava re. Finita la lettura dei tarocchi, invitò i due a stringergli la mano. Naveen lo guardò perplesso, mentre Lawrence, speranzoso di quel suo futuro, non esitò e gliela strinse subito. Naveen fece lo stesso, ma meno convinto. Il patto era concluso, e subito tutti gli oggetti nell’emporio si animarono, l’ombra di Facilier portò allo scoperto disegni di teschi dalle pareti e i due serpenti di Facilier, James e Aisha, immobilizzarono Naveen alla sua sedia. Apparve anche l’enorme mascherone dai denti aguzzi e Facilier prese dalla sua bocca il talismano con cui prelevò del sangue dal dito di Naveen. Successivamente, il principe si trasformò in un ranocchio.
Lawrence era terrorizzato, ma Facilier gli disse: “Non temere, non voglio farti del male. Indossa questo e vedrai”. Gli mise al collo il talismano e Lawrence prese le sembianze di Naveen. “Andrai tu a casa dei La Bouff questa sera”, gli spiegò, “Dovrai conquistare la figlia di Gran Papà e chiederle di sposarti, così sarai ricco”. Lawrence, all’inizio, accettò. Facilier mise il vero Naveen in un barattolo di vetro e glielo porse. “Appena sarai lì, nascondilo bene nella camera dove alloggerai e non farlo scappare per nessun motivo”.
Quella sera, a casa dei La Bouff c’era un’enorme festa in maschera. Lawrence, con le sembianze di Naveen, invitò la figlia di Gran Papà La Bouff, Charlotte, a ballare con lui. Stava andando tutto bene, quando all’improvviso due rane saltarono ovunque scatenando il panico. Facilier capì subito che una delle due era Naveen e, infuriato, andò nella camera di Lawrence a controllare e trovò lui davanti a una credenza con dentro il barattolo di vetro vuoto. “L’hai fatto scappare!”, gli urlò contro. “Quel poveretto boccheggiava, così ho allentato il coperchio! Appena un pochino!”, si giustificò Lawrence. Indietreggiando, l’ombra di Facilier lo fece cadere per terra. Dopo questo scherzo, si strappò il talismano dal collo, rifiutandosi di proseguire e lo lanciò in aria. Facilier, terrorizzato, lo prese al volo prima che cadesse a terra e poi minacciò Lawrence: “Non si deve rompere! Altrimenti…”, si fermò, prima che la sua rabbia esplodesse. Fece un respiro profondo e, con calma, spiegò a Lawrence che non poteva fare incantesimi su sé stesso. Continuò poi, spiegandogli che il vero potere non lo da la magia, ma il denaro. “Non sei stanco di vivere ai margini, mentre quei ricconi sulle loro costose automobili non ti degnano di uno sguardo?”, gli disse, ripensando a ciò che lui
stesso aveva passato. “Sì, stanco!”, gli rispose Lawrence. Facilier gli ripetè che doveva sposare la figlia di Gran Papà e, una volta sposata, avrebbe ereditato la sua fortuna e poi loro due avrebbero fatto a metà di tutti i suoi soldi. Lawrence fu definitivamente convinto, ma allo stesso tempo era preoccupato per la fuga di Naveen. Facilier, nervoso per la sua sbadataggine, gli diede una sberla in testa. Poi lo rassicurò dicendogli che, finchè il sangue del principe era nel talismano, non c’erano problemi. Era comunque arrabbiato con lui, doveva sempre tenerlo d’occhio perché non combinava altro che pasticci.
Il peggio arrivò il giorno dopo, quando Lawrence stava per farsi scoprire da Charlotte perché il sangue di Naveen stava scomparendo dal talismano e quindi stava riprendendo il suo vero aspetto. Fortunatamente, Lawrence era riuscito a chiedere a Charlotte di sposarlo prima di farsi scoprire e lei accettò entusiasta, si sarebbero sposati la notte di Martedì Grasso. Charlotte si allontanò prima di scoprire il trucco del talismano, ma Facilier si infuriò sul serio con Lawrence. Lo umiliò, facendolo sentire in colpa e poi disse: “Ora sono obbligato a chiedere aiuto ai miei Amici dell’Aldilà!”.
Quella sera stessa, Facilier rievocò i suoi amici nel suo emporio e chiese loro aiuto per ritrovare Naveen. All’inizio non accettarono, visto quanto era già indebitato con loro, ma Facilier, con un giro di parole, li convinse anche stavolta dicendo loro che, una volta eliminato Gran Papà La Bouff, avrebbe controllato la città e offerto loro tutte le anime che volevano. Detto questo, i suoi Amici decisero di aiutarlo e gli mandarono dall’Aldilà degli spiriti-ombra. Facilier disse loro: “Dobbiamo trovare quel ranocchio! Cercate dappertutto! Nella palude, in città!
Portatemelo vivo, mi serve che il suo cuore batta! Per ora…”. Le ombre obbedirono e si misero alla ricerca di Naveen.
Lo trovarono dopo un bel po’ nel Bayou, ma mentre stavano per portarlo via, vennero scacciati da Mamma Odie, che le colpì con delle palle di fuoco.
La sera di Martedì Grasso, Facilier era disperato. Se non trovava in tempo Naveen, il suo piano andava in fumo e avrebbe fatto la fine di Samdi. Improvvisamente, dal camino uscirono le ombre con in mano Naveen. Facilier lo prese e prelevò il suo sangue per il talismano, così Lawrence riprese le sembianze del principe.
Durante il matrimonio di Charlotte e Lawrence, Facilier aspettava pazientemente nell’ombra con in mano una bambolina Voodoo con le sembianze di Gran Papà La Bouff e nell’altra mano teneva uno spillone puntato sul suo cuore. Concluso il matrimonio, avrebbe ucciso Eli La Bouff, così Charlotte avrebbe ereditato la sua fortuna e divisa poi con Lawrence che a sua volta l’avrebbe divisa con Facilier e, una volta ottenuta la sua parte, si sarebbe sbarazzato anche di lui e si sarebbe messo al comando della città. Il matrimonio stava per concludersi, quando il vero Naveen saltò in testa a Lawrence interrompendo tutto. Il suo valletto lo afferrò e lo portò nella chiesa lì vicino, dicendogli che, dopo lunghi anni di umiliazioni, voleva vendicarsi su di lui. Facilier lo raggiunse e gli disse: “Ritorna subito fuori e concludi la faccenda!”. Naveen, però, fu più veloce. Afferrò il talismano e lo lanciò al suo amico Ray, una simpatica lucciola. Una volta afferrato, lo trascinò a fatica fino al cimitero. Facilier fischiò per richiamare le ombre e ordinò loro di inseguirlo. Al cimitero, Ray aveva affidato a Tiana il talismano dicendole che l’Uomo Ombra non doveva
assolutamente riprenderlo. Mentre Tiana scappava col talismano, Ray teneva occupate le ombre. Stava vincendo, ma poi Facilier lo scaraventò a terra e lo schiacciò con rabbia, allontanandosi poi completamente indifferente. Raggiunse Tiana e, prima che lei distruggesse il talismano, le soffiò contro un po’ della polvere magica che aveva nel taschino della giacca, ritrasformandola in un’umana e facendo apparire il ristorante dei suoi sogni. “Non è molto meglio che continuare a saltellare per la palude per il resto della tua vita?”, le disse Facilier, sorseggiando un bicchiere di vino che trovò su un tavolo del ristorante. Tiana lo riconobbe: “L’Uomo Ombra!”. Facilier rise e continuò: “Eh, sì. Devo ammetterlo, Tiana. Quando sogni, sogni in grande! Basta guardare questo posto! Tutto quello che devi fare per rendere il tuo sogno reale è restituirmi quel vecchio talismano!”. Tiana stava per cedere, ma si tirò subito indietro, sapendo che non era giusto. “Andiamo, tesoro!”, cercò di convincerla Facilier, “Cerca di ricordare tutti i tuoi sacrifici”. Detto questo, le mostrò i suoi ricordi più dolorosi, i suoi amici che la criticavano perché pensava solo a lavorare senza mai uscire con loro e di quelli che non credevano in lei e nel suo sogno. Alla fine aggiunse: “E non dimenticare il tuo papà”. Le mostrò dei ricordi di suo padre che tornava a casa stanco morto dal lavoro e le disse che, nonostante i suoi sforzi, non era mai riuscito a realizzare il suo sogno, “Ma tu puoi regalare a tuo padre ciò che ha sempre voluto”, continuò Facilier, “Coraggio, Tiana. Sei arrivata, ormai”. Dopo questa frase, Tiana stava per cedergli il talismano, ma poi si ricordò di quello che suo padre le aveva insegnato, e disse furiosa a Facilier: “Papà non ha mai avuto quello che voleva, ma quello di cui aveva bisogno sì! Lui ha avuto l’amore, non ha mai dimenticato che cosa è importante! E nemmeno io lo farò!”, e subito dopo scaraventò a
terra il talismano, ma l’ombra di Facilier lo prese al volo, restituendolo al suo padrone. Lo stregone rise e ritrasformò Tiana in una rana. “Dovevi accettare l’offerta!”, le disse, bloccandola a terra col suo bastone, “Ora trascorrerai il resto della vita come una piccola rana melmosa!”. Continuava a tenerla bloccata a terra ridendo, sapendo di avere ormai la vittoria in pugno, e non si accorse che Tiana, allungando la lingua, recuperò il talismano e lo distrusse una volta per tutte. “NO! NOOO! Come potrò mai pagare i miei debiti?”, urlò Facilier disperato, mentre i suoi Amici arrivarono da tutte le parti cantandogli la stessa canzone che cantarono anni fa al Dottor Samdi: “Sei Pronto? Sei Prontooo?”, “No, non sono affatto pronto! In realtà, ho molti altri progetti! Non è che un piccolo contrattempo in una grande operazione!”, cercò di giustificarsi Facilier: “Mi serve un altro po’ di tempo!”, ma stavolta i suoi Amici non lo stettero a sentire e dietro di lui apparve l’enorme maschera dai denti aguzzi, più arrabbiata che mai. Facilier provò ad arretrare, supplicando i suoi Amici, ma uno di loro afferrò la sua ombra per trascinarlo per sempre nell’Aldilà. “No, vi prego!”, urlò terrorizzato Facilier, “Mi serve soltanto un altro po’ di tempo! Pagherò il mio debito con voi, ve lo prometto!!!”, subito dopo venne trascinato nell’Aldilà, accompagnato dalle sue grida di terrore. Poi l’enorme maschera richiuse la bocca e sparì nel nulla. Al suo posto comparve una lapide col volto terrorizzato di Facilier e il suo nome (il nome che apparve fu quello che utilizzò nella sua vita da stregone). E questa fu la sua fine, dopo un’intera vita a seguire solo strade sbagliate e andando avanti raccontando bugie a chiunque, tutto quanto gli si era rivoltato contro, proprio come gli dissero in passato le persone che una volta gli volevano bene, cercando inutilmente di
avvisarlo. Ora tutto ciò che restava di lui era una lapide dove mostrava tutto il suo terrore nei suoi occhi.
Non passò molto tempo che, una ragazza di nome Celia passò di lì, si fermò davanti alla lapide di Facilier, tirò fuori dal suo zaino degli oggetti Voodoo, fece un incantesimo ed evocò l’enorme maschera dai denti aguzzi e le disse: “Ti ho invocato qui per chiederti di farmi parlare con mio padre. Ti sacrifico questo pollo, in cambio fammi parlare con lui per qualche minuto”, detto questo, tirò fuori dallo zaino una gabbietta con dentro una gallina, poi prese un coltello e la sgozzò di fronte al mascherone. Quello aprì la bocca e fece uscire Facilier, lanciandolo a terra. Appena fuori, si rialzò disorientato. Vide Celia di fronte a lui e le chiese: “Non so chi tu sia, ma grazie per avermi liberato”, “Sono tua figlia Celia e posso parlare con te solo per pochi minuti, poi dovrai tornare nell’Aldilà”. Facilier la guardò, incredulo. Si ricordava di Janell e che aspettava un bambino da lui, ma mai avrebbe pensato che sarebbe arrivata sua figlia a riportarlo in vita usando la sua stessa magia. “Ho fatto un semplice incantesimo senza incasinarmi la vita come hai fatto tu. Ti ho riportato in vita perché volevo chiederti alcune cose. Prima di tutto, perché hai abbandonato la mia mamma? Perché non sei rimasto con noi?”. Facilier le prese le mani, gliele baciò e le disse: “Ormai avevo imboccato una strada diversa da tua madre e non potevo più tornare indietro. Io però l’ho sempre amata e perderla mi ha fatto stare veramente male, come anche non averti mai conosciuta o vista crescere mi addolorava”, “Davvero? Mia madre invece ha detto che ormai non provavi più sentimenti per nessuno e che avevi cominciato a pensare solo a te stesso!”, gli rispose Celia, “Potevi trovarlo il modo di lasciarti il passato alle spalle e stare
con noi, se davvero ci tenevi! Invece ci hai voltato le spalle!”, “Ti assicuro che avrei tanto voluto starvi accanto, ma prima dovevo realizzare il mio sogno, così potevamo avere una vita migliore insieme”, “Ma noi volevamo solo te e basta! Quello che hai fatto è sbagliato!”, “Ti giuro che mi dispiace, io…”, stava per risponderle Facilier, ma il suo tempo era scaduto e stava per ritornare nell’Aldilà. “No, ti prego! Non voglio tornare là! Ti prego, aiutami!”, “Mi dispiace, padre. Non voglio rovinarmi la vita per rimediare ai tuoi errori. Tu hai sbagliato e tu paghi le tue conseguenze. Addio, padre”, “No, non abbandonarmi! Ti prego, ti voglio bene!”, urlò Facilier, e subito dopo venne trascinato di nuovo nell’Aldilà. Celia respirò profondamente, poi si asciugò una lacrima. Si era tolta un peso dallo stomaco parlando di persona con suo padre, anche se non era completamente convinta di quello che le aveva detto. Davvero ci teneva a lei? O diceva così solo per farsi aiutare a uscire da lì? Questo purtroppo non venne mai a saperlo. Raccolse la sua roba e la riportò nel suo vecchio emporio. Lì trovò i due serpenti James e Aisha, rimasti lì fin dopo la morte del loro padrone. Come la videro, le strisciarono sulle braccia e si misero sulle sue spalle. Essendo figlia di Facilier, la riconobbero come la loro nuova padrona e le si affezionarono subito. Celia sorrise, le piacevano quei due serpenti. Decise di tenerli, per quanto riguardava la magia di suo padre, non disse nulla a sua madre di quello che aveva fatto quella sera. Non sarebbe mai più successo e non avrebbe seguito le orme di suo padre. Oppure sì? Chissà, alcune cose sul Voodoo la affascinavano, aveva ancora tanti anni davanti a sé, avrebbe continuato tranquillamente la sua vita o si sarebbe dedicata anche lei alla magia come suo padre? Era sangue del suo sangue, dopotutto. Ma questa è un’altra storia…
 
[FINE]
   
 
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