Fanfic su artisti musicali > Mika
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Autore: OneDayYoureGonnaFly    30/08/2020    0 recensioni
"Lo seguo senza troppe esitazioni, come la notte segue il giorno, come se lo avessi sempre fatto, fidarmi di lui mi sembrava una cosa così naturale..."
"Ed è così che la nostra storia è iniziata, come un lampo a ciel sereno in un giorno di piena estate. Come un treno che passa veloce in un paesaggio deserto e lo sconvolge, facendo tremare le foglie e piegare i fili d’erba..."
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Andy Dermanis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclamer: da questo capitolo in poi la storia narrata attingerà sia dalla realtà che dalla mia fantasia (si più di quanto ho fatto fino ad ora) Buona lettura, spero vi piaccia ;)
La porta alle mie spalle si chiude e i miei occhi vengono colti di sorpresa da una luce accecante. Ci sono enormi vetrate su tre lati e al centro troneggia un lucidissimo pianoforte nero. Il coperchio della tastiera è alzato e posso vedere la luce del sole riflettersi nei tasti bianchissimi. Sento il mio cuore battere. Mi rimbomba nella testa. Per un attimo ho la sensazione che si possa vedere il mio petto alzarsi a abbassarsi – proprio come si vede nei cartoni animati. –
“Michael… o preferisce che la chiami Mika?”
La voce dell’uomo che deciderà il mio futuro interrompe bruscamente il suono del battito del mio cuore.
“Mika, grazie”, dico porgendo la mano.
“Bene che Mika sia” – sorride in modo genuino e mi stringe forte la mano dandomi una pacca sulla spalla– 
“Io sono Mr. Thompson, piacere di conoscerla”, si presenta anche a Jules e senza troppi fronzoli ci fa accomodare: io al pianoforte e Jules su una poltrona di fronte. Lui resta in piedi, si mette nell’angolo della stanza, proprio dove le due vetrate si incontrano, si volta verso la città dandoci le spalle. È un uomo giovane, tutto d’un pezzo. Si capisce dalla sua postura che è una persona molto determinata, sa quello che vuole.
“Prego, quando vuole”
La mia testa si affolla di pensieri – non mi aspettavo per niente che il mio incontro iniziasse così. Pensavo mi chiedesse di me, della canzone, delle mie ambizioni. Insomma ero convinto che sarebbe stato un appuntamento come tutti gli altri. Sono agitato. Non sa nemmeno chi io sia. Sa come mi chiamo e basta. O forse Jules gli ha detto qualcosa. Sicuramente si saranno parlati. – Nello stesso istante in cui questo pensiero si palesa mi volto verso Jules, sta sorridendo. Mi calmo. Faccio un respiro profondo mettendo le dita sui tasti. Andrà tutto bene. Chiudo gli occhi e pronuncio ancora incredulo e con parole sottili:
“Love Today”
Ci siamo, devo iniziare. Inizio. Tutto attorno a me sembra sparire. Mi catapulto con la mente in una stanza buia, con sedie e divanetti di velluto. Non c’è nessuno ad ascoltarmi. Solo io e la mia voce che risuona.
 https://www.youtube.com/watch?time_continue=37&v=CGKrUcDDOdI&feature=emb_logo
Riapro gli occhi e la prima cosa che faccio è guardare verso Jules. Ha gli occhi lucidi e sorride, sorride con tutti i denti in mostra.
Un applauso. Mr. Thompson si è voltato verso di me, continua ad applaudire delicatamente ma quel tanto che basta per sapere che forse, dico forse, ero riuscito a convincerlo.
“Io credo in lei Mika”
Io invece al sentire pronunciare queste parole, al contrario, non credo di sentirmi bene. Thompson si avvicina a me, si siede sulla poltrona a lato di quella di Jules.
“Bene, posso darti del tu? Sei un ragazzo così giovane. Raccontami un po’ di te”
Da queste sue parole capisco che lui e J – a volte mi piace chiamare Jules sol J – non avevano per niente parlato, il che mi sembra sempre più assurdo e totalmente fuori dall’ordinario. Ma mi piace, gli racconto di me e lui mi lascia parlare.
“So che hai iniziato a cantare quando ancora eri un bambino. Come sei arrivato alla Royal Opera House?”
È molto interessato al mio passato, mi fa molte domande, dice che è un fattore tremendamente importante per gli artisti. Si stupisce quando scopre che non leggo la musica.
Dopo un’ora, in cui mi è letteralmente sembrato di parlare con due amici e non con il mio manager e il direttore di una delle più grandi e importanti case discografiche di Londra, Mr. Thompson si alza.
“Mika lei sta per firmare il suo primo contratto per un disco. È felice?”
Cazz*, si che sono felice, vorrei saltare e urlare da quanto sono felice. Ma devo trattenermi. E mi limito a dire:
“Non vedo l’ora!”
Lui e Jules parlano di tutta la parte burocratica e nella mia testa l’unico pensiero è quello di sentire Andy. Voglio condividere con lui questa felicità. Era tanto tempo che non volevo condividere qualcosa con qualcuno e questa cosa mi riempie ancora più di gioia.
J mi porge una penna e Mr.Thompson mi allunga il foglio. Firmo il contratto per il mio primo album. Sono incredulo.
Usciamo. Appena varcata la soglia del palazzo faccio un urlo e abbraccio Jules
“Cel’hai fatta Mika! Cosa ti avevo detto io? Credo in te e da oggi anche lui crede in te. Perché non inizi anche tu a credere un po’ di più in te stesso, eh?”, pronuncia queste parole mentre siamo ancora stretti nell’abbraccio.
“Prometto che lo farò”
Tiro fuori il telefono, guardo l’ora. Indovinate un po’… 18.00.
Il mio telefono ha dei tasti così piccoli e nell’agitazione faccio fatica a digitare una frase di senso compiuto con tutte le lettere corrette.
“Hi! Ho finito. È andata benissimo. Non ci credo. Ho voglia e bisogno di vederti.”
Mi sento così fortunato.
Io e Jules facciamo un pezzo di strada insieme prima di salutarci, mi ha promesso che festeggeremo insieme un’altra volta perché ha un impegno, è già quasi in ritardo perché non pensavamo di finire così tardi. Gli dico di non preoccuparsi e lo abbraccio teneramente prima di prendere una via diversa dalla sua.
La mia tasca vibra, sono passati pochi minuti da quando ho scritto ad Andy un sms e infatti è lui. Mi sta chiamando. La sua voce è calda e sorridente.
“Michael, sono così contento!”
“Ciao! Lo sono anche io, sto ancora tremando, non ci credo che sia andata così, davvero non ci credo.”
“Io che ti avevo detto? Sapevo che tutto sarebbe andato bene. Birretta per festeggiare? Lo so che è semplice, ma penso che sia l’idea migliore”
“È davvero perfetto! Devo andare a farmi una doccia ma poi ci sono”
“Passo da casa tua per le 20.30, può andare?”
“Va benissimo”
“A dopo allora… Michael”  – Lui è l’unico che mi chiama Michael, ma a me non è mai piaciuto che mi si chiamasse in questo modo. Da quando avevo esattamente 1.05 ore di vita mia mamma ha deciso che io mi sarei chiamato Mika, anche se mio padre mi aveva messo il nome di Michael Hoolbrook Penniman Jr, proprio come il suo. Quindi nessuno mi chiama più così, se non in casi rari, mi fa un effetto molto strano. Ma pronunciato da lui posso anche accettarlo, almeno per il momento...poi forse glielo dirò, ma tempo al tempo, non voglio terrorizzarlo ahah –
Il sole sta tramontando e sta salendo un po’ di vento.
Arrivo a casa e tutta la tensione scende, mi sento stanco e affamato, tremendamente affamato. Se dovessi descrivermi con tre parole sicuramente direi: uno che ha fame. No però queste sono quattro – penso – beh n’importa – scrollo le spalle e ridacchio perché ho appena detto una cavolata, chi si descriverebbe in questo modo? Di solito tutti usano aggettivi… - Magari penserete che è molto poetica come cosa, perché si può avere fame di conoscenza, fame intesa come curiosità. E sì, in parte è vero anche questo, ma io intendo che io ho sempre e perennemente fame.
18.35
È presto e mi viene l’idea di chiedere ad Andy di mangiare insieme. Non ci penso troppo anche probabilmente spinto dal mio stomaco che brontola insistentemente e continuamente. Prendo il telefono che avevo appoggiato sul tavolo, ovviamente il suo numero mi compare tra i primi perché è stata l’ultima chiamata fatta.
Suona…
“Pronto! quanto tempo” dice ridacchiando
“In effetti non ho fatto passare molto tempo, ma sai il mio stomaco reclama cibo e mi chiedevo se ti andava di cenare insieme. Magari una pizza e poi usciamo per una birra, che dici?”
“Dico che mi hai letto nel pensiero, stavo per uscire a prendermi una pizza”
“Allora lo prendo come un sì! Per me un’enorme margherita! Grazie, ti aspetto”
Andy ride di nuovo, poi replica “Ah ma proprio così? Dai ci penso io, riposati un po’, ma non addormentarti che altrimenti le pizze devo mangiarmele da solo. A tra poco”
“Non c’è pericolo, il mio stomaco me lo impedirà. Suona il campanello quando arrivi”
Riappoggio il telefono sul tavolo e vado di corsa – si non esageriamo, diciamo le cose come stanno– lentamente e pigramente mi trascino su per le scale, butto i vestiti a terra, apro l’acqua e vado a prendere la biancheria pulita.

L’acqua è tiepida e come sempre mi faccio cullare dalle gocce che mi accarezzano il corpo, dolcemente… come il tocco di un tenero amante.
Il tempo scorre veloce quando sono sotto la doccia, anche se a me sembra andare lento. Mi faccio prendere dall’adrenalina che mi torna in circolo e canto canzoni francesi. Un vero showman.
Esco nudo e mi accorgo di aver lasciato l’accappatoio in camera da letto. Gocciolante, anzi grondante, vado a prenderlo e lascio tutte le impronte sul pavimento. Butto un asciugamano a terra e mi ci metto sopra, strisciando, a destra e a sinistra, per asciugare tutta l’acqua per evitare di scivolare – sono abbastanza sbadato e ne sarei capacissimo –
Mi preparo e torno giù. Mi sdraio sul divano e chiudo gli occhi e… inizio a sognare.
Driin, driiin…
Il mio corpo produce una piccola scossa che mi scuote. Apro gli occhi solo di una fessura…
Driin, driin
Oddio! Balzo in piedi e mi stropiccio il viso! Deve essere Andy!
“Arivo! Arivo!”
Giro le chiavi nella serratura, apro ed eccolo lì. Sento che sul mio viso è spuntato un enorme sorriso.
“Eccolo qui quello che non doveva addormentarsi” sorride.
“Eccolo qui”, dico io arricciando il naso e grattandomi la testa in segno di imbarazzo.
Regge i cartoni della pizza con la mano destra, nella sinistra ha una borsina con dentro delle birre. È bello. Indossa un pantalone chiaro e una polo blu.
“Posso entrare?”
“Certo, vieni pure e scusa per il disordine”
Entra e lascia dietro di sé un profumo di pizza che fa brontolare ancora di più la mia pancia. Gli faccio strada e lo porto nel retro. Non ve l’ho detto ma ho un piccolo giardino, veramente piccolo, ma c’è tutto quello che serve. Un tavolo, quattro sedie, un piccolo barbecue e uno sdraio. Prendo i cartoni e li appoggio sul tavolino di metallo.
“Ho pensato di portare anche qualche birra nel caso in cui tu sia troppo stanco per uscire, possiamo tranquillamente stare qui, se ti va”
“Hai avuto una bellissima idea, grazie. In effetti sono stanco, ma sono tanto felice”, mi avvicino a lui e gli do un dolce bacio sulla guancia…
   
 
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