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Autore: Little_Lotte    30/08/2020    3 recensioni
Kurt e Blaine sono ormai adulti, vivono a New York e da poco sono padri di una bellissima bambina di nome Sophia.
Le cose non potrebbero andare meglio di così, se non fosse per un piccolo problema che ogni neo genitore si ritrova a dover affrontare durante i primi mesi di vita del proprio bambino: una lunghissima notte in bianco.
[Racconto scritto per la challenge #onemomentchallenge indetta dal gruppo facebook "Better Than Canon"]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sophia Elizabeth Anderson Hummel non era una bambina come tutte le altre.

Lo dimostrava in primo luogo il suo nome, eccessivamente lungo e pomposo per una neonata, frutto di una serie di accese litigate fra i suoi genitori per i quali sembrava impossibile trovare un nome che andasse a genio ad entrambi, senza dover scomodare qualche vecchia stella di Broadway o protagonista di un medesimo musical.

La prima scelta, in effetti, sarebbe stata Barbara ma Rachel era stata fin troppo chiara in merito alla questione: “Se solo provate a rubare alla mia futura primogenita il nome che ho scelto per lei quando avevo quattro anni, allora potete benissimo dimenticarvi della mia esistenza!”

E per un attimo ci avevano pensato davvero alla possibilità di sbarazzarsi definitivamente di Rachel Berry, ma in fin dei conti sapevano che avrebbero sentito la sua mancanza ed inoltre avere una zia così ricca e famosa, con una villa con piscina a due passi da Central Park poteva sempre fare comodo.

Sophia era diversa dalle altre bambine anche per altri improbabili motivi, come ad esempio il fatto che per poco – a causa di una brusca tormenta di neve che impediva alle macchine di muoversi in città – non era nata all'interno di un teatro di Broadway, e Blaine aveva la netta sensazione che una parte di Kurt e Rachel – neanche troppo profonda – avrebbero preferito di gran lunga che il parto fosse avvenuto proprio lì dentro, piuttosto che in una regolamentare sala parto, asettica e sanificata.

Del resto, quanti famosi attori di teatro avrebbero mai potuto vantare un simile evento miracoloso sul proprio curriculum?

Al di sopra di ogni altra cosa, comunque, a rendere la piccola Sophia così speciale e diversa dagli altri bambini era la sua enorme, bizzarra ed innamoratissima famiglia: papà Kurt e papà Blaine, che l'amavano incondizionatamente, abitavano a pochi minuti di macchina da zio Jessie e zia Rachel – che di Sophia era anche madre biologica, una vecchia promessa che per nessuna ragione al mondo si sarebbe mai sognata di infrangere – e poteva vantare, oltre all'affetto di quattro splendidi nonni, una lunga serie di zii e zie acquisiti ormai sparsi per tutta l'America, i quali comunque alla notizia della sua nascita avevano giurato solennemente che avrebbero trovato al più presto il tempo e l'occasione per una vacanza a New York, così da conoscere personalmente la piccola erede di casa Hummel-Anderson.

Kurt e Blaine, padri devoti e premurosi, l'avevano già battezzata a poche ore dalla sua nascita il loro “piccolo miracolo”, perché fino a pochi anni prima nessuno dei due avrebbe mai pensato che la vita avrebbe mai fatto loro un simile dono. Una famiglia normale, come quella di chiunque altro, è un lusso al quale nessun gay pensa di poter realmente ambire e per molti anni i due, come molte altre persone in tutto il mondo, avevano lottato affinché un sogno come quello potesse diventare realtà.

Non era facile, certo, essere sempre ottimisti e speranzosi, pensare che un bel giorno tutte le disuguaglianze del mondo sarebbero finite e nessuno, gay o lesbica, uomo o donna, nero o bianco sarebbe più stato discriminato o maltrattato.

Non lo era neppure adesso, nonostante tutte le belle cose accadute nella loro vita e per questo Sophia rappresentava il loro miracolo, quel piccolo frammento di speranza in un mondo fatto di odio e di paura. Era la loro gioia più grande, un tesoro sacro ed intoccabile, e per nessuna ragione al mondo avrebbero permesso a qualcuno di avvicinarla e farle del male.

L'avrebbero amata sempre, incondizionatamente, a prescindere da tutto il resto.

“Ueeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee! Ueeeeeeeeeeeeeeeeueeeeeeeeeeeeeeeeeeeueeeeeeeeeeeeeeeee!”

Beh... Quasi sempre.

“Diamice, questa è già la terza volta stanotte... Non è possibile.”

“Beh, il dottore lo aveva detto che i primi tempi sarebbe stato così.”

“E se fosse malata? Oddio, Blaine... Magari ha qualcosa di grave, forse dovremmo chiamare il medico o portarla in ospedale!”

“Kurt, ti prego. Sophia sta benissimo, ha probabilmente fame e non c'è alcun motivo di allertare il pediatra, tanto meno di portarla in ospedale.”

Kurt e Blaine rimasero immobili per qualche minuto, le orecchie protese a captare un eventuale segnale di quiete che avrebbe potuto permettere loro di rimettersi a dormire senza problemi ignorando le richieste della piccola Sophia. Per un attimo la piccola parve effettivamente acquietarsi, salvo poi ricominciare a piangere a pieni polmoni e far svanire in entrambi i padri ogni più piccola speranza di rimettersi a dormire.

“Ti prego, Blaine... Potresti andare tu questa volta?”

“Io? Ma mi sono già alzato le altre due volte, Kurt!”

“È vero, ma tu domani hai il giorno libero mentre io devo presentare quel corso facoltativo alla NIADA, sai quanto Madame Tibidoux conti sulla mia presenza e sulla mia puntualità.”

Blaine, ancora avvoltolato fra le coperte, emise una sorta di grugnito per poi alzarsi di malavoglia, accendendo la piccola lampada sul comodino ed avvicinandosi alla culla di Sophia, ancora piangente.

“Santo cielo, senti che polmoni!” esclamò l'uomo “È davvero la figlia di Rachel Berry, solamente i suoi geni potevano essere capaci di riprodurre una simile macchina del pianto.”

“Maledettissima Rachel.” mormorò Kurt a denti stretti “Era così felice di fare da madre surrogato per noi, una così buona azione! Certo, tanto lei non doveva certo sopportare i cambi di pannolini ed i pianti notturni, quello spetta a noi due!”

Blaine lo guardò di traverso, accostandosi alla culla.

“Non essere così acido, Kurt.” si rivolse a suo marito con fare di ammonimento “Non è certo una passeggiata avere dei figli, specialmente quando sono così piccoli. Ma guardala, non è forse la cosa più bella che tu abbia mai visto?”

Kurt sollevò appena lo sguardo da sotto le coperte e lo rivolse a sua figlia, la quale continuava a sbracciare e ad agitarsi nella culla.

“No.” rispose in tono secco “E francamente adesso non mi sei particolarmente simpatico nemmeno tu, perché non mi lasci dormire?”

Blaine sospirò profondamente, poi allungò entrambe le braccia e afferrò la piccola dalla culla, portandosela dolcemente al petto con un movimento lento ed oscillatorio. La bimba ebbe un lieve singulto, che la fece piangere ancora di più.

“Shhh... Buona, Sophia. Fai la brava, su.”

Incominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, cullando la bimba fra le braccia e canticchiando sommessamente una melodia che sapeva l'avrebbe aiutata a rilassarsi. Sophia faceva ancora un po' di storie ma sembrò reagire in maniera positiva a quella cantilena, aveva pian piano smesso di strillare e gli intervalli fra un singhiozzo e l'altro divenivano sempre più lunghi e frequenti, tanto che Kurt aveva deciso di abbassare la guardia e si era pian piano risollevato sul materasso, fuori dalle coperte ad osservare la scena a lui di fronte.

Blaine non riusciva a distogliere lo sguardo da sua figlia, continuava a cullarla con dolcezza e a canticchiare quel suo motivetto e a mano a mano che la canzone proseguiva la piccola Sophia si placava sempre più, fino al momento in cui non crollò nuovamente addormentata, placida e serena fra le braccia di suo padre.

Kurt, nel guardare quella scena, non poté che lasciarsi andare ad un ampio, serafico sorriso.

“Allora?” bisbigliò a quel punto Blaine, accostandosi a suo marito e mettendosi a sedere sul materasso con cautela, facendo molta attenzione a non svegliare la piccola “Adesso credi di poter cambiare idea?”

Kurt non rispose e si voltò a guardare la bimba, adesso profondamente addormentata.

Guardò le sue guance tonde e rosate, le orecchie un po' all'ingiù, quel naso rotondo che sapeva non poter essere certo un'eredità genetica di Rachel Berry, i capelli scompigliati ed i suoi occhietti ben serrati, solitamente di un colore indefinito ma vagamente simile al blu scuro.

E in quel momento, dentro al suo petto, sentì un'intensa sensazione di calore proprio all'altezza del cuore.

“Oh, sì.” disse infine, avvicinandosi ulteriormente a Blaine e posando con delicatezza la propria testa sulla sua spalla “Adesso sì. Certo, non sarà sempre calma e silenziosa come in questo momento e di cose per cui diventare matti ce ne darà parecchie, nel corso degli anni.”

“Oh, sì.” fece eco Blaine, semi divertito “Specialmente da adolescente, se dovesse diventare una di quelle ragazzine capricciose che strillano a perdifiato per ogni cosa che non va secondo i loro piani.”

“Come Rachel Berry.”

“Come Rachel Berry!”

I due scoppiarono a ridere, poi si zittirono di colpo per non rischiare di ridestare Sophia a causa delle loro risa. Si guardarono silenziosamente negli occhi, per qualche secondo.

“Ce la caveremo.” disse infine Blaine, sorridendo con dolcezza.

Kurt annuì senza parlare, afferrò la mano di suo marito e posò nuovamente la propria testa sulla sua spalla, sospirando beatamente.

Sì, pensò fra sé e sé, se la sarebbero cavata sicuramente.

Perché come avveniva sempre, in ogni loro più piccola o grande disavventura, sarebbero stati insieme.
 



Numi, era da una VITA che non scrivevo su EFP e soprattutto su questa coppia per cui ho consumato per diversi anni le mie dita sopra la tastiera del computer... Chissà, forse avrei fatto meglio a restarmene silente! Comunque, ho scritto questo racconto per la #OneMomentChallenge indetta dal gruppo Facebook "Better Than Canon" e devo dire di averlo fatto volentieri e credo che riprendere in mano la scrittura mi abbia fatto bene, anche se non garantisco circa la buona riuscita del lavoro.
Beh, ma comunque se siete arrivati fino a questo punto vuol dire che l'avete letta e allora... Beh, tanto meglio per me! :D
Un abbraccione a tutti. 

  
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