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Autore: Robin03    30/08/2020    1 recensioni
-Ifigenia...-
-Sì, madre?-
-Tuo padre ti ama, non avrebbe mai scelto per te un bruto, neanche se fosse stato l'aristos achaion. E io, pur essendo una donna, avrei impedito che ciò accadesse. Credimi.-
-E che cosa potreste fare se invece non fosse così...-
-Lo ucciderei.- Ifigenia fece per sorridere, ma poi guardò nello specchio l'espressione e gli occhi grigi della madre. “Una donna con il cuore da uomo” la chiamavano.
-Credimi, nessuna madre è clemente con coloro che fanno del male ai suoi figli.-
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Elettra aveva origliato la lettera del padre . Era corsa in camera sua prima che la potessero vedere, e si era andata a mettere sul proprio letto, dove stava la sorellina Crisotemi, intenta a mangiare della frutta che gli aveva tagliato poco prima. Era una bambina piccola, simile a lei di aspetto, ma aveva un carattere timido e taciturno. Lanciò un'occhiata al suo telaio, dove avrebbe dovuto tessere il regalo per il padre una volta tornato dalla spedizione. “Tutti storti” pensò guardando i punti della sua tela. Cilissa le aveva anche assegnato da fare un disegno semplice, un motivo porpora e dorato. Posò lo sguardo sul telaio della sorella maggiore, dove stavano ordinate tutte le sue tele. Ne aveva già fatte molte, tutte con disegni articolati; un cervo bianco su sfondo argentato circondato da rami rossi intrecciati tra di loro; due leoni che si fronteggiavano su sfondo porpora con una spada a separarli; una cerva argentea con motivi floreali rosa e rossi. Cervo e leone, simboli degli Atridi. Perfette, esattamente come sua sorella. “Le sue tele sono incantevoli, meravigliose” aveva sentito dire da Cilissa alla madre “Elettra...ho visto più grazia nelle mani di un sacerdote mentre sgozza un maiale” La madre aveva sorriso e concordato. Una volta, vedendola in difficoltà, Ifigenia le aveva offerto di regalarle una delle sue tele. Una delle cose che più Elettra non sopportava della sorella era questa sua gentilezza, che non avrebbe mai saputo dire se era naturale o forzata dalla sua rigida etichetta. “Tanto non gliene importa nulla di queste tele, le userà soltanto per pulirsi” Questa frase, sentita dalla madre, le era costata una settimana di lavori domestici.

“Padre a me non ha scritto nessuna lettera” pensava Elettra, sentendosi pizzicare gli occhi. Erano già passati due mesi da l'ultima volta che lo aveva visto e non ne aveva più avuto notizie. Non aveva chiesto notizie di lei, e anzi aveva espressamente chiesto che non venisse alle nozze in Aulide. “Tanto chi ci voleva andare al matrimonio di quel bellimbusto e di quell'oca” si disse “almeno così se ne andrà via di casa appena finito l'assedio”.

Non era un segreto che Elettra risentisse dell'amore che i suoi genitori avevano per Ifigenia. Per ottenere quello della madre, Elettra ci aveva già rinunciato da parecchio tempo. Non sarebbe mai stata in grado di competere con il loro legame e con la perfezione della sorella. Ma sapeva di avere ancora delle speranze con il padre. Certo, amava alla follia Ifigenia. Quando lei cantava o danzava, o gli recitava le poesie che scriveva appositamente per lui, o anche solo quando la vedeva corrergli incontro, i suoi occhi neri si accendevano di una sfumatura d'orgoglio, non quello sprezzante che lo accompagnava sempre, ma uno positivo, fiero, e sembrava dire “Questa è la cosa migliore che io abbia fatto”.

Ma di Elettra adorava il suo temperamento acceso, si scambiavano spesso battute sagaci (“Specie se riguardano mia madre”) e l' intelligenza. Spesso parlava con le due figlie, mettendosele sulle ginocchia, di strategie militari, armi, guerra e miti su eroi e re, e sebbene Ifigenia lo ascoltasse educatamente e cercasse di intervenire, era chiaro fosse Elettra quella più interessata e spigliata. La portava a fare delle passeggiate nei giardini del palazzo e le raccontava di quante ricchezze e schiave le avrebbe portato dopo aver conquistato Troia, o delle voci che correvano sui re della Grecia, o, una volta, la portò a visitare la tomba di Atreo, suo nonno. Ifigenia non era mai voluta andarci.

Una volta, il giorno prima che partisse, le aveva mostrato la sua spada e voleva insegnarle a come usarla, ma era troppo pesante perché la potesse anche solo sollevare. Agamennone rise e imprecò mentre la rimetteva nella fodera, e le disse “Quando tornerò da Troia, ti insegnerò come si tira con l'arco, o a usare un pugnale, quelli dovresti essere capace di tenerli, pur essendo donna.”

“Mi mancherai tanto, padre” disse Elettra dopo qualche secondo di silenzio. Quello sospirò e prese la figlia in braccio. Aveva dieci anni e gli arrivava a stento alla vita. Ai suoi occhi il padre era una statua bronzea.

“Anche tu, bestiola. Ma non posso permettere a quei barbari di venire e prendersi tutto quello che vogliono. E se un giorno quel Paride Alessandro venisse e prendesse te o tua sorella come sue schiave, come padre come potrei sopportare senza fare niente?” Elettra annuiva, conosceva i motivi della spedizione da giorni e concordava. Era per il loro onore, . “E poi ho un dovere nei confronti di mio fratello e la patria, non farò come quell'eunuco di tuo zio Egisto, che preferisce rimanere nel suo palazzo come una donnetta o uno storpio qualsiasi.”

“So che stare da sola con tua madre è quasi peggio di andare in guerra” aggiunse Agamennone ridendo “ma pensa che quando tornerò, non ti lascerò nemmeno per un attimo.” e le diede un bacio sulla fronte.

Elettra sentiva le voci e le risatine di Ifigenia e le sue due ancelle fuori dalla sua camera avvinarsi, finché non entrarono.

-Ho sentito che è stato allenato da Chirone, il centauro maestro di tutti gli eroi.-le diceva sognante Melissa, l'ancella dai capelli biondo cenere.

-Una serva del palazzo di Peleo mi ha detto che ha i capelli di un biondo così acceso da sembrare rosso fuoco.-continuò Delia, più grande delle altre due di almeno un anno. Tutta la servitù della casa aveva sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti di Ifigenia, sussurrandole segreti e consigli nell'orecchio.

-Le so queste cose, qualche volta è venuto a Micene quando ero piccola, per i giochi, anche se all'epoca era più interessato alle storie di guerra di mio padre e mio zio che a me...- La voce di Ifigenia era soffice come un bacio. Si era distesa sul letto, con i lunghi capelli castani sparsi e con le gote arrossate per l'imbarazzo, mentre teneva stretto uno dei sui cuscini. Sembrava una ninfa. “Schifosamente bellissima” pensò Elettra mordendosi l'interno della guancia. Ifigenia aveva preso i lineamenti della madre, come il volto ovale, gli zigomi alti o il naso piccolo e dritto, o le labbra rosee. Molti dicevano che somigliasse a sua zia Elena di Sparta da fanciulletta. Elettra invece aveva preso dal padre. Era abbastanza alta, ma grossa e goffa, con mani e caviglie enormi. Aveva il naso storto e aquilino del padre, e gli stessi occhi scuri e capelli neri privi di splendore. Quando da piccola le venivano tagliati i capelli come punizione era identica a un maschio, cosa che faceva ridere molto il padre.

-Beh di certo le cose sono cambiate ora, se ritarda per più di un mese l'assedio solo perché prima di andare in guerra vuole vederti.- le disse Delia. Melissa si gettò addosso a Ifigenia abbracciandola. Era la figlia di una serva di Clitennestra che fu compresa nella sua dote e lei e Ifigenia erano praticamente cresciute assieme, quindi certe effusioni non erano strane tra di loro. Melissa aveva un modo di parlare ancora infantile e veloce, e gesticolava molto:-Non riesco a credere che domani ti sposerai, Ifi, cioè sapevo che sarebbe successo, ma pensavo che tua madre volesse usare il metodo spartano tradizionale e aspettare ancora qualche anno ma fa niente, o miei dei non ci credo ancora, ma poi si vede proprio che è cotto anche lui, immagina i figli quanto saranno belli...- Ifigenia sorrise e le mise un dito sulla bocca, capendo che altrimenti sarebbe potuta andare avanti a lungo.

-Di chi state parlando?- chiese Elettra dall'altro capo della stanza

Le tre fanciulle si guardarono, e Delia le rispose simulando un tono sicuro, ma non abbastanza da sembrare offensivo:- Tua sorella domani sera sposerà Achille in Aulide, e ti abbiamo vista da dietro le colonne mentre origliavi.- A Elettra non le piaceva quando la servitù le parlava in quel modo, approfittando della presenza di sua sorella. Quando c'era suo padre a palazzo a stento osavano guardarla in viso. Ora non si preoccupavano neanche più di nascondere i nomignoli che la avevano dato, come “Elettra-faccia-da-cavallo” o “la scrofa”.

Vide Ifigenia sorridere di nuovo verso di lei. Forse si aspettava le facesse le congratulazioni o si mettesse ad ascoltarla parlare di idiozie, come se le non le bastassero le servette per quello.

Non voleva litigare, solo provocarle un po', far capire che era superiore e non si sarebbe abbassata a chiacchiere da donnicciola:-Come se mi importasse...speravo che padre avesse scritto nuovi dettagli sull'assedio, non dei capricci di quel biondino viziato. Oh, o come lo avete chiamato voi “ il prode guerriero dai capelli di fuoco che aspetta solo di sposarmi!”- e nel dire ciò prese il suo cuscino e lo strinse al petto piroettando, scimmiottando le tre ragazze, immagine che fece ridere molto Crisotemi. Delle tre ragazze fu Ifigenia l'unica a sorridere. Quell'odioso sorriso perfetto.

-Beh vedremo come reagirai tu quando nostro padre sceglierà un marito per te.-disse poi, sempre con quel tono gentile che Elettra non era mai riuscita a capire quanto fosse vero.

-Se riuscirà a trovare mai qualcuno così disperato...- aggiunse Melissa sottovoce

-Non penso neanche Acuzio il porcaio si abbasserebbe a tanto, e quello alle scrofe ci è abituato.- continuò Delia a voce un po' più alta. Ifigenia distolse lo sguardo, era troppo ben educata per ridere di una presa in giro alla sorella, ma le sue due amiche no. “Tanto ti ho vista mentre ridi con loro quando pensi sia troppo lontana per sentire” pensò Elettra sentendosi pizzicare in gola.

Ifigenia provò a distogliere l'attenzione:- Tu Elettra invece che ne pensi di Achille?-

-Padre ha detto che ha trovato il grande guerriero tra le danzatrici di Sciro con addosso la sottana perché aveva troppa paura di andare in guerra- rispose con un sorriso ironico fissando la sorella. Iniziò ad avvicinarsi:- Si faceva chiamare Pirra, la fulva. E ha anche detto che è come se fosse già sposato con un uomo, il Terenziade, che è stato esiliato per assassinio.- Prima che una delle ragazze potesse controbattere entrò Cilissa, seguita dalla madre.

-Principessa vieni, il bagno purificatore è pronto.- disse la vecchia badante. Clitennestra senza nemmeno guardare le altre persone nella stanza tese la mano a Ifigenia, con gentilezza e compostezza. Ifigenia annuì e si alzò dal letto, prendendo la mano della madre, seguita dalle due ancelle .

-Oh, prendi anche le tele che hai tessuto per il signore tuo padre, specie quella con la cerva bianca...meravigliose come sempre, mia cara, e va a prendere anche la tua lira.- continuò Cilissa sorridendo alla fanciulla. Si girò poi verso Elettra, la faccia che cambiò come se fosse stata una delle Erinni:-Tu hai completato il compito che ti avevo assegnato? Vai a prendere i tuoi capolavori.-

Con il prurito alla gola e agli occhi sempre più acuto, la bambina andò a prendere le sue tele, incomplete e disordinate, che dovette mettere proprio di fianco a quelle di Ifigenia.

La badante grassa le osservò per qualche secondo e disse aspra:-Non posso dire di essere delusa...e non sei neanche capace di suonare decentemente uno strumento o danzare con grazia...forse è meglio che tu non venga alle nozze di tua sorella, la metteresti solo in imbarazzo.- Elettra era ormai abituata ai commenti di Cilissa e ai sorrisi delle servette, come Ifigenia se ne stesse con lo sguardo basso. Ma quello che le faceva più male erano gli occhi di pietra della madre, che alzò appena per pizzicare con lo sguardo la secondogenita. Ogni volta che Clitennestra la guardava Elettra percepiva ogni occhiata, non di odio, non di vergogna, ma di semplice fastidio. “Non posso piangere...” si ripeteva in testa da ormai due minuti. Guardò il coltello con cui pochi minuti prima aveva tagliato la frutta per Crisotemi.

Elettra gettò con rabbia la sua tela sui piedi della sorella, e prima che qualcuno potesse fare qualcosa, strappò dalle mani della sorella di fianco la sua tela, quella con la cerva bianca su sfondo rosso, e la strappò col coltello. Poté solo vedere l'espressione di stupore e rabbia della sorella, prima che lo schiaffo della madre l'accecasse per un attimo. La madre non l'aveva mai picchiata, lo aveva sempre lasciato fare alle domestiche, e comunque mai in viso. La guancia le pulsava. Si girò verso Ifigenia. Anche l'espressione di rabbia della sorella era svanita.

-Ifigenia, portala lo stesso...farai vedere a tuo padre che razza di barbara tiene come figlia.- disse con freddezza Clitennestra, e prese di nuovo la mano della figlia, sempre con compostezza. Cilissa prese in braccio Crisotemi, anche lei confusa da quanto appena successo, e tutte le donne uscirono dalla stanza senza dire una parola, lasciando la ragazzina da sola. Solo allora Elettra si permise di piangere.



Robin03 parla a vanvera: Scusate, so che questi capitoli sono un po' noiosi sia da scrivere che da leggere, ma mi serviva per stabilire per bene la personalità di Elettra e le sue relazioni con gli altri personaggi, specie con suo padre. Spero si sia riuscito a percepire il mio odio nei confronti di Agamennone in questo capitolo, compito non facile dato che è scritto dalla prospettiva del personaggio che lo ama di più. I litigi non sono il mio forte, mi sono ispirata al rapporto tra Arya e Sansa, ma spero di aver fatto capire le personalità e i motivi delle due ragazze.

   
 
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