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Autore: Keitharper    31/08/2020    0 recensioni
Immagina un mondo dove il tuo quirk determina la tua strada e il tuo valore.
Un mondo che non ha posto per un ragazzo quirkless.
Nonostante ciò, Izuku è determinato a diventare un eroe.
Finché non si rende conto che nessuno glielo permetterà.
Così crea accidentalmente un’utile organizzazione (criminale).
E (non così) accidentalmente ruba One for All.
Potrebbe contenere Izuku che diventa tecnicamente un villain ma sempre aiutando le persone, All Might che corre in giro come un pollo senza testa per trovare il suo quirk rubato, e All for One che si rifiuta di andarsene
Genere: Angst, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: All for One, All Might, Izuku Midoriya, Shouto Todoroki
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Note traduttrice:
Questo lavoro è una traduzione dell'omonima fanfiction di Gentrychild, che potete trovare su Archive of Our Own.
Questi sono i link:
https://archiveofourown.org/users/Gentrychild/pseuds/Gentrychild
 
https://archiveofourown.org/works/18266738/chapters/43226114

Come fanfiction è ancora in corso, quindi aggiornerò ogni due settimane circa finché non mi metterò in pari con l'originale.
 

 

 
 
 Un giorno, la fantasia divenne realtà, e il mondo precipitò nel caos.
 
Finché il governo non intervenne, portando ordine e controllo sulle nuove leggi della realtà. 
Eroi della giustizia, determinati a proteggere gli innocenti e a combattere i villain.
 
Solo gli eroi avevano il diritto di usare i loro quirk.
 
Solo i rigorosamente innocenti sarebbero stati protetti.
 
E ai villain non sarebbe stata mostrata alcuna pietà.
 
 
 
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Le persone non nascono tutte uguali
 
 
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La mattina dell’ultimo giorno della settimana degli esami di Izuku, il ragazzino quattordicenne si svegliò prima che suonasse la sveglia, intontito per la mancanza di sonno ma incapace di tornare al suo dolce sonnecchiare. Si stiracchiò. Sbadigliò. E controllò il cellulare e il Clamor server di cui era moderatore.
 
Uno dei tanti sul web, ma questo qui era leggermente differente. Era iniziato come gruppo di sostegno, un luogo virtuale dove la gente poteva sfogarsi, parlare dei propri problemi o successi, e scambiarsi consigli o almeno un qualche supporto. Ormai da un anno, era diventato qualcos’altro. 
 
Izuku scorse velocemente attraverso l’attività del server, per poi concentrarsi sulla richiesta che aveva ricevuto. 
L’utente, Harker222, era nel bel mezzo di un divorzio e sua moglie avrebbe dovuto tenere i bambini perché i loro quirk erano simili.
Di conseguenza, si applicava la Legge sui Minori Dotati di Quirk e sarebbero andati con l’adulto che dovrebbe aiutarli a sviluppare i loro quirk.
 
Era la terza volta che qualcuno chiedeva aiuto a causa di questa legge. Non c’era molto che potesse fare se l’individuo in questione non era inadatto a fare da genitore, ma se così non fosse, avrebbe dovuto contattare Gwen Defendersofthebrave, la prima per svolgere un controllo intensivo sul passato di Harker222, l’altra perché era l’ avvocatessa che aveva aiutato con i casi precedenti.
 
Izuku mandò un messaggio a Gwen. Lei era perfettamente in grado di scoprire l’identità di Harker222 e assicurare che fosse legittima. 
Non aveva mai amato correre rischi.
 
Poi, con una forza di volontà sconfinante nell’eroico, si trascinò fuori dal letto, non abituato ad alzarsi così presto. Questo era uno dei vantaggi di studiare come privatista: aveva il suo proprio orario.
 
Come sempre, la casa era silenziosa e priva di qualsiasi attività, così andò in soggiorno, accese la TV per avere un po’ di rumore, e incominciò a prepararsi.
 
La mamma di Izuku era una Chef, e una maledettamente brava per di più, attualmente a New York. Doveva viaggiare tutt’ intorno al mondo per il suo lavoro, che era grandioso ed entusiasmante – e pagava bene, cosa di cui a un certo punto avevano avuto un disperato bisogno- ma per la maggior parte del tempo stava molto lontana da casa. A Izuku lei mancava, ma sapeva che era un sacrificio necessario e quando avrebbe finito la scuola superiore, nulla gli impediva di seguirla.
 
Comunque non era nemmeno così solo.
 
Izuku indossò una maglietta bianca e dei pantaloni neri, per poi cambiarsi quando cominciò a sentirsi a disagio per la cicatrice sulla sua schiena. Una figura di Lichtenberg che iniziava dalla spalla destra e gli copriva un po’ più di un quarto della schiena, e che si poteva scorgere se uno aveva gli occhi acuti e se lui indossava qualcosa di bianco.
 
Di solito non sarebbe stato un problema. Ma solitamente Izuku evitava la sua ex scuola media come la peste, e non voleva che nessuno fosse ricordato del perché aveva lasciato.
Non che le cose sarebbero state fantastiche in ogni caso.
 
Pur avendo studiato a casa per due anni, Izuku ancora doveva recarsi alla sua vecchia scuola per svolgere gli esami, e quella era per lui l’attività meno preferita in assoluto, perché tutti là dentro sapevano che era quirkless. 
 
Le prese in giro erano interminabili.
 
 
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Izuku aveva dodici anni la prima volta che mentì riguardo il suo quirk.
Aveva smesso di andare a scuola da due mesi, smesso di nascondersi nel suo appartamento da uno, e aveva iniziato a frequentare un centro sportivo, del genere che provvedeva tutti i generi di attività fisica e allenamento per quirk.
 
Aveva avuto bisogno del movimento. All’inizio, era stato terribile. Aveva continuato ad andare perché era un allenamento necessario per essere un eroe. E poco a poco, aveva imparato ad apprezzare l’attività fisica.
 
Ma più di ogni altra cosa, aveva bisogno di relazionarsi con altri esseri umani. Stare da solo lo stava divorando vivo.
 
E ovviamente, i suoi nuovi amici avevano chiesto del suo quirk. 
 
Non era riuscito a dir loro la verità. Il “ho un analisi quirk”  gli era uscito dalle labbra prima che avesse avuto il tempo di pensarci. Nessuno era rimasto sorpreso.
 
Era una cosa stupida. Non era come se potesse cambiare qualcosa nel registro dei quirk, a meno che non lo dimostrasse . E se i suoi nuovi amici avessero incontrato qualcuno dal suo passato, il gatto sarebbe uscito dal sacco.
 
Ma il cambiamento era stato immediato. Nessuno aveva pensato che fosse inutile o debole. 
La gente gli aveva chiesto come migliorare il proprio quirk. Erano stati ad ascoltarlo a scapito della sua giovane età. E lui li aveva aiutati, iniziando la sua attività di consulente per quirk, ma quella è una storia per un altro giorno.
 
 
 
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Teste si voltarono nella sua direzione mentre Izuku camminava lungo i corridoi della scuola media, ma poiché era l’unico senza divisa, non era sorprendente, e Izuku li ignorò.
 
Dato che Izuku aveva avuto il tempo di disabituarcisi, i suoi occhi continuavano a indugiare sui manifesti colorati appesi ai muri della scuola.
 
La strada giusta per il giusto quirk.
 
Forza, mente, quirk.
 
Unisciti agli Esemplari.
 
L’ultimo, uno dei pochi manifesti che non conteneva la parola “quirk”, era un po’ ingannevole, perché bisognava essere invitati dalla Commissione degli Eroi per entrare nel Corpo.
 
Tutte quelle strade aperte, a seconda del quirk che hai.
 
Online esistevano gruppi di sostegno per persone con quirk da villain, o con quirk semplici, ma niente per le persone quirkless. Era come se il gruppo di Izuku non esistesse. 
Quando le persone quirkless erano menzionate, era o in film dove morivano e l’eroe che non era riuscito a salvarli avrebbe pianto di quanto impotente era stato, o- il suo preferito- si scopriva che quello quirkless aveva avuto per tutto il tempo un quirk incredibilmente potente di cui non sapeva l’esistenza. Ed era un fatto comunemente ammesso che i quirkless fossero una specie morente.
 
In un mondo dove i quirk dettavano la tua strada, nessuno sapeva cosa farci dei quirkless.
 
Ciò significava che non avendo un quirk che potesse indirizzarlo verso una predeterminata strada, con sufficiente impegno poteva camminare lungo qualsiasi sentiero. Poteva scegliere.
 
E Izuku desiderava essere un eroe.
 
Quando entrò nell’aula che gli era stata assegnata, la sua vecchia classe tra parentesi, tutti erano già ai loro posti e il suo ex coordinatore di classe era davvero preoccupato per come Izuku fosse quasi in ritardo e come dovesse stare più attento, e così via.
 
Kacchan era in prima fila e quando lanciò uno sguardo furioso a Izuku, quest’ultimo subito si guardò i piedi. Con l’ex amico d’infanzia la regola era essere invisibili, ma pure quello non avrebbe salvato nessuno dalla sua collera.
 
Tuttavia il suo quirk era Explosion e tutti sapevano che era destinato a diventare un eroe. Eccezioni dovevano essere fatte per persone speciali come lui.
 
Iniziò il compito e Izuku lo svolse facilmente. La quantità dei suoi appunti era salita alle stelle da quando aveva iniziato a studiare da solo, e aveva smesso di essere nervoso durante gli esami.
 
E come sempre, finì mezz’ora in anticipo.
 
Consegnò il proprio compito all’insegnante e tornò alla sua sedia e al piccolo banco in fondo alla classe, quaderno degli appunti in mano. In realtà non gli era permesso lasciare l’aula prima della fine degli esami, ma non gli piaceva perdere tempo in quel posto.
Non voleva assolutamente avere il tempo di pensare quando si trovava in un luogo dov’era stato…beh, un luogo a cui non era mai veramente appartenuto.
 
Izuku ignorò come fosse accuratamente consapevole della cicatrice sulla propria schiena, e iniziò a lavorare sul quirk  modificatore della temperatura di cui gli erano stati dati i particolari.
Nel suo server, come SmallMight1541, la gente veniva da lui per chiedergli come migliorare i propri quirk, e lo pagavano pure, il che era un bel bonus.
 
Era riuscito a lavorare per dieci minuti quando il suo ex insegnante si avvicinò, fermandosi davanti al banco di Izuku.
 
“Midoriya…” sussurrò, o almeno quella doveva essere l’intenzione. “Mi stavo chiedendo dove avessi intenzione di andare l’anno prossimo?”
 
Perché? Perché mi stai parlando proprio qui e ora? Non sei più il mio insegnante. Dimenticati di me.  
Per favore. Ti prego. Con una ciliegina sulla torta.
 
Tristemente non ricevette il messaggio e attese la sua risposta. Oh, cosa Izuku avrebbe dato per un quirk telepatico o cancella memoria.
“Ho intenzione di provare l’esame d’ammissione alla UA” disse Izuku chiudendo il quaderno.
 
Un lampo di sorpresa attraversò il viso dell’adulto. La UA era una scuola eccellente, ma conosciuta soprattutto per un corso in particolare.
“Oh, il Corso Ordinario o quello di Management?”
 
“Il corso per eroi”.
 
Lo aveva sussurrato, ma nel silenzio interrotto solamente dal rumore di penne che scrivono sulla carta non aveva altra scelta che essere udito, e diversi studenti voltarono il capo nella sua direzione, ma almeno furono discreti, malgrado l’incredulità sulle loro facce.
Cosa non discreta fu Kacchan che girava la testa verso di lui, come un gufo pazzo, per poi lanciare a Izuku uno sguardo furioso che elevò il suo girare il collo a qualcosa che avrebbe richiesto diversi esorcisti per occuparsene. 
 
L’insegnante si limitò a sorridere goffamente, imbarazzato, e se ne andò come se non avesse appena esposto Izuku davanti al resto della classe.
 
Appena finì l’esame e gli studenti iniziarono a consegnare le proprie schede, Izuku afferrò il suo zaino e iniziò a squagliarsela, ma Kacchan e i suoi amici subito si precipitarono su di lui mettendolo con le spalle al muro.
 
Kacchan sorrise. L’espressione era innaturale e vagamente terrificante, e per aggiungere al danno la beffa, l’insegnante scelse quel preciso istante per lasciare la stanza.
 
“Ehi, Deku! Ti ho appena sentito dire che andrai alla UA?”
 
Un giorno, Izuku avrebbe scoperto perché la sua mera presenza innervosiva Kacchan. Quel giorno non doveva per forza essere oggi.
 
“Sì” ammise guardandosi intorno, ma non c’era alcuna via di fuga.
 
Kacchan sospirò: “Perché ti ostini a farmi incazzare?”
 
Ma tutto ti fa incazzare.
 
“Non so neanche cosa ho fatto” gli ricordò Izuku.
 
Non stava parlando solamente di oggi. Un tempo, Kacchan e Izuku erano sempre l’uno con all’altro, anche dopo che lui fu dichiarato quirkless. E un giorno, il suo amico d’infanzia aveva iniziato a disprezzare la sua sola vista.
 
Kacchan mostrò i denti, emanando onde di puro disprezzo. “Sei un nessuno che respira la mia stessa aria. Sei inutile e non sei neanche in grado di gestire la scuola media. Perché cazzo pensi che sopravvivresti vicino a una scuola superiore per eroi?”.
 
Izuku non rispose. Si limitò a guardarlo, pronto a scattare qualora Kacchan avesse usato il suo quirk. Sarebbe sembrato ridicolo e avrebbero riso di lui, ma se poteva evitare dei petardi sulla pelle, non gli importava. 
E il suo un tempo amico quasi immediatamente gli diede ragione…
 
Il braccio di Kacchan fendette l’aria e anche se Izuku quasi schizzò fuori dalla propria pelle, non era lui il bersaglio. Kacchan agguantò il quaderno che era ancora sopra il banco, i suoi appunti e analisi, e le pagine scricchiolarono mentre i petardi iniziavano a distruggerlo.
 
Izuku poté solo fissare cosa stava facendo.
 
Prima che fosse fatto un danno irrimediabile, Kacchan si gettò il suo lavoro alle spalle senza guardare. “Se vuoi così tanto essere un eroe, perché non ti butti giù dal tetto e preghi di avere un quirk nella tua prossima vita?”
 
Un silenzio incredibile calò sulla classe, così pesante da essere quasi fisico. Gli studenti fissavano Bakugou e si guardavano tra di loro, gli occhi spalancati, disagio scritto nel linguaggio del corpo di ognuno.
 
A nessuno nella stanza piaceva Izuku, ma ognuno di loro si rese conto che Kacchan aveva appena superato un limite, ed era come se tutti stessero trattenendo il respiro.
 
Ma nessuno disse nulla.
 
Né lo fece Izuku. Raccolse quel che rimaneva del suo quaderno e lo zaino, e se ne andò senza dire una parola.
 
Vide il suo insegnate mentre usciva. L’adulto guardò il quaderno rovinato, poi i suoi stessi piedi, chiaramente a disagio, ma non disse nulla.
 
La cosa non sorprese Izuku.
 
 
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A prova che la vita aveva un senso dell’umorismo e Izuku era la battuta finale, stava ritornando al suo appartamento quando un villain cercò di ucciderlo. Ricordò di star annegando. Ricordò di aver cercato di lottare per la propria vita. 
 
E di aver fallito.
 
Poi, All Might apparve in quello che chiaramente era un sogno febbrile creato da un cervello privato troppo a lungo di ossigeno.
 
Tranne che non lo era.
 
 
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Le cose che imparò quel giorno.
 
 
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“Sono quirkless. Pensi…pensi che possa essere un eroe?”
 
Era una domanda stupida questa. Izuku ne era consapevole ancora prima di porla, ma non poteva farci niente. Era patetico, ma aveva bisogno di validazione. Aveva bisogno che qualcuno gli dicesse che sì, i suoi sogni non erano insensati. Che poteva fare qualcosa. 
 
All Might prese un respiro profondo, scuotendo leggermente la testa da destra a sinistra, e Izuku sapeva cosa avrebbe detto, perché il suo linguaggio del corpo aveva già risposto.
La speranza morì in lui prima ancora che All Might pronunciasse nulla e si preparò ad ascoltare le attuali parole.
 
“Senza potere, si può diventare un eroe? No, penso di no”.
 
Era come se tutta l’aria fosse scomparsa dai polmoni di Izuku. Anche se lo sapeva. Anche se si era preparato a sentirlo.
 
“Se desideri aiutare le persone, diventare un agente di polizia è sempre un’opzione” continuò All Might. “ E’ un lavoro ammirabile”.
 
Questo effettivamente aiutò Izuku ad ancorarsi di nuovo alla realtà.
 
A causa dell’assoluta stupidità di questo suggerimento.
 
La polizia discriminava sui quirk. Non che li usassero veramente, ma volevano che i loro membri li avessero pronti se c’era un problema, e esisteva un progetto di legge che avrebbe impedito a persone con certi quirk di arruolarsi, perciò una persona quirkless non avrebbe mai potuto avvicinarsi a quel posto di lavoro.
 
“Non è sbagliato sognare. Tuttavia, devi essere realistico, ragazzo”.
 
Fu in quel momento che Izuku realizzò cosa stava accadendo.
 
All Might non capiva. Non poteva. All Might aveva un quirk. Aveva il quirk più incredibile di cui Izuku avesse mai sentito parlare. Non poteva rendersi conto della differenza tra le loro vite. 
 
Non viviamo nello stesso mondo.
 
Dopo che se ne andò All Might, Izuku rimase a lungo sul tetto. A pensare soltanto, appoggiato al corrimano.
 
 
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Le esplosioni facevano tremare il suolo mentre Bakugou lottava per difendersi, cercando disperatamente di respirare mentre il villain di fango lo avvolgeva e tentava di entrargli dentro, e Izuku era terrorizzato perché sapeva. Sapeva intimamente cosa stava accadendo, come stava lottando per l’aria, come era impossibile combattere contro questo villain.
 
Ed era colpa sua, perché aveva accidentalmente permesso al villain di fuggire quando aveva afferrato All Might. 
 
Il corpo di Izuku si mosse da solo.
 
Stava guardando gli eroi, domandandosi cosa diamine stessero combinando mentre qualcuno veniva annegato sulla terraferma, ma poi vide quanto spaventato fosse Kacchan, e un attimo dopo era già in movimento.
 
Le sue gambe lo sostennero, e attraversò il luogo prima che qualcuno avesse il tempo di trattenerlo. A meno che non avessero uno Speed quirk, non lo avrebbero raggiunto, non quando correva ogni giorno a tutta velocità.
 
Non che Izuku avesse un piano. Sapeva solo che gli occhi del villain restavano immutati non importa quale forma assumesse, perciò li graffiò, facendolo urlare, e per un attimo Bakugou poté espirare.
 
E poi il villain di fango balzò verso Izuku, determinato a finire cosa aveva iniziato prima quel giorno.
 
Izuku sapeva di essere morto.
 
Ma All Might apparve dal nulla. Lo salvò ancora una volta, dando un pugno all’aria per colpire il villain di fango. E poi, scomparve. Senza dubbio si stava avvicinando al suo limite di tempo.
 
Scomparve lasciando Izuku da solo con Kacchan, che per una volta era silenzioso, e una dozzina di eroi che si congratulò con lui per il suo quirk e di come poteva con facilità diventare un eroe. Alcuni incoraggiarono anche Izuku, dicendogli che era stato coraggioso.
 
Almeno finché non si resero conto che Izuku era quirkless.
 
 
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“Saresti potuto rimanere ucciso!”
 
“Incosciente…”
 
“Stupido.”
 
“Fortunato a essere vivo.”
 
“Sii realistico.”
 
Era il bel mezzo della notte e Izuku stava consultando il cellulare sul tetto della sua vecchia scuola media. Entrare lì dentro era stato ridicolmente semplice, più di quanto si fosse aspettato.
 
Aveva voluto essere lontano da tutto, e da qualche parte di silenzioso, ma non il silenzio del suo appartamento. Aveva preso in considerazione il luogo dove All Might l’aveva accidentalmente portato, ma non poteva accederci, perciò la scuola senza studenti era la seconda miglior cosa. 
Ed eccolo qui, sul suo cellulare, a finire il lavoro che aveva come amministratore. Gwen aveva già svolto la sua richiesta, così contattò Defendersofthebraveper chiederle se era disposta ad aiutareHarker222. Ora Izuku stava aspettando la sua risposta.
 
Izuku stava pensando di abbandonare il server. Non avevano bisogno di lui. Gwen avrebbe probabilmente fatto un lavoro assai migliore. E non era come se le persone che conosceva nel server fossero amici veri.
 
Non era come se Izuku avesse degli amici. O altro.
 
Izuku doveva solo completare questa cosa. Doveva solamente completare questa richiesta. Poi, avrebbe potuto smettere.
 
Il piano era quello. Un ultimo lavoro. Dopo avrebbe smesso e avrebbe finito con tutto questo. Ma qualcuno si mise in contatto con lui attraverso il server. Qualcuno che non voleva parlare con l’amministratore del server, ma con SmallMight1541.
 
Izuku aveva iniziato a chattare con Snowdriftcirca un anno prima, prima perché a entrambi piaceva All Might. Poi, avevano condiviso sempre più cose. E questa volta, Snowdriftaveva davvero bisogno di parlare con qualcuno, e onestamente, a Izuku serviva una distrazione.
 
Chattarono a lungo.
 
Due ore dopo, Izuku lasciò il tetto senza guardarsi indietro. Aveva deciso di non cancellare il suo account circa dieci minuti dopo l’inizio della conversazione.
 
 
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Izuku espanse il suo network. Aiutava chiunque aveva un problema, a condizione che non volessero far del male ad altri. Un favore per un favore, e iniziò a utilizzarli, conoscendo sempre più gente, ovunque.
 
Sempre più persone lo trovavano. Sempre più persone che avevano problemi perché non avevano il giusto quirk, o perché qualcun altro ne aveva uno più interessante e per quelli leggi e regole tendevano a piegarsi.
 
La maggior parte del tempo, Izuku si limitava a mettere in contatto le persone.
Facilitava scambi di servizi o transazioni. Svolgeva ricerche grazie a Gwenin modo da sapere con chi aveva a che fare e per essere certo di non star facendo del male a nessuno. Questo era il suo server, perciò era una sua responsabilità.
 
Ma non andavano da Smallmight1541, ovviamente.
Smallmight1541era un utente capace di analizzare quirk.
 
No, loro andavano dall’amministratore del server.
 
Nome utente: Anyone.
 
 
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Il giorno del diploma, Kacchan ricevette il suo invito per gli Esemplari davanti a tutta la scuola, consegnato dal preside in persona, che lo congratulò per il suo comportamento eroico. Sembrava che Kacchan volesse fare a pezzi la lettera con i denti.
 
E Izuku era lì, perché in veste di studente istruito a casa, questa scuola era dove avrebbe dovuto ricevere il suo certificato. Batté pure le mani con tutti gli altri per complimentare Kacchan. Gli Esemplari erano l’élite del corso per eroi, giovani con quirk pregevoli che mostravano talento e una forza d’animo eroica. Potevano andare in qualsiasi scuola volessero e una volta diplomati, avrebbero avuto accesso alla cima della Classifica degli Eroi. 
Scelti dalla Commissione degli Eroi.
 
E circa dieci minuti dopo che Kacchan ebbe ricevuto questo grande onore, seguì Izuku in un posto isolato.
 
“Deku…” ringhiò, avvicinandosi a lui.
 
“Congratulazioni, Kacchan” disse Izuku educatamente.
 
Cercò di afferrare Izuku per il bavero.
 
Forse per spingerlo contro il muro. Forse per fargli saltare in aria la faccia.
 
Izuku non gli lasciò mai il tempo per provarci.
 
Schivò, afferrando il polso di Kacchan, e gli calciò il ginocchio, l’articolazione che fece il suono quasi di uno schiocco sotto il suo piede. Sbilanciato, Kacchan si schiantò al suolo, e prima che potesse saltare di nuovo alla gola di Izuku, il ragazzo dai capelli verdi gli posò il piede sul polso, ma senza metterci sopra tutto il suo peso.
 
Kacchan rimase completamente immobile, e Izuku, il cuore che gli batteva fortissimo nelle orecchie, aveva il controllo completo. Lo avrebbe capito anche se il viso di Kacchan non avesse tradito quanto scioccato fosse che Izuku si stesse difendendo. Perché questo non sarebbe dovuto accadere. Kacchan era il simbolo della vittoria mentre Izuku era quirkless. Malgrado l’allenamento del ragazzo dai capelli verdi, i due stavano un mondo a parte e Izuku avrebbe dovuto essere indifeso.
 
Ma ora che Izuku si era reso conto che non aveva niente da perdere, le cose erano più semplici.
 
E con il piede sul polso di Kacchan, il suo amico d’infanzia stava diventando consapevole che c’era molto che non poteva rischiare.
 
Izuku si vide rompergli il polso. Poteva quasi udire lo scricchiolio che l’osso avrebbe fatto rompendosi, come con altri due calci, Kacchan non sarebbe mai stato in grado di usare di nuovo il suo quirk senza atroce dolore.
 
Ma Izuku non lo fece.
 
“Addio, Kacchan” disse semplicemente Izuku.
 
 
 
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Esisteva un circolo specializzato nel fornire alle persone nuove identità. Come un Programma di Protezione Testimoni per persone nate con le carte sbagliate, come l’essere imparentati con un villain, l’avere un quirk debole o da villain, ecc.
 
Izuku  ci aveva pensato a lungo. Con tutta sincerità, Midoriya Izuku non aveva futuro. Non in questo paese. Le persone quirkless non avevano lavori interessanti.
 
Midoriya Izuku, quirkless e praticamente inutile, scomparve.
 
Akatani Mikumo, ragazzo dai capelli bianchi con un analisi quirk, prese il suo posto.
 
 
 
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Cinque scuole avevano ammesso Izuku, a parte il fatto che in realtà aveva accettato Akatani Mikumo, che aveva un’analisi quirk e gli stessi voti di Midoriya Izuku. Si chiese brevemente se sarebbe stato ammesso senza un quirk, ma si astenne dall’andare oltre. Non c’era ragione.
 
Una delle scuole che lo ammise era la UA.
 
La prese in considerazione, ma non per molto. Kacchan sarebbe andato lì e se c’era una persona che poteva riconoscerlo, era il pomeranian arrabbiato camuffato da adolescente. Così scelse la Kohaku.Scuola pregevole, non lontana, programma eccellente. Inoltre c’erano un sacco di lezioni online, perciò Izuku poteva continuare a studiare da casa e godersi il suo tempo libero.
 
E lavorare come Anyone.
 
Poi, un folle piano nacque nella mente di Izuku. Qualcosa che non era basato su niente di tangibile, ma era un’opportunità. Ci pensò. Lo ponderò.
 
Poi, siccome si rese conto che non sarebbe stato in grado di portarlo a termine da solo, decise che avrebbe abbandonato l’idea se quelli che potevano aiutarlo si rifiutavano.
 
 
 
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Anyone: 
 
          | Devo avvertirvi che alcune parti di questo progetto potrebbero essere motivate da pura meschinità. |
 
 
 
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Gli essere umani sono condizionati a ignorare i rischi. Potrebbero saperlo, potrebbero prendere precauzioni per evitarli, ma non li temono finché le conseguenze non sono mature e sul punto di prenderli a pugni in faccia. 
 
Toshinori sapeva di avere sempre meno tempo con One for All, non a causa del quirk in sé, ma perché il suo corpo non riusciva a sopportare lo stress e si fermava appena raggiunti i propri limiti. Non c’era modo di eludere la cosa, così era costretto a controllare il suo tempo ancora e ancora, e a badare di non andare oltre, il che era alquanto ironico.
 
Ma funzionava. Aveva sempre funzionato.
 
Così in qualche modo, Toshinori era riuscito a convincersi che avrebbe funzionato sempre.
 
All’inizio ci fu l’incidente d’auto. Poi, qualcuno cadde dentro un fiume.
C’era stato un incidente lungo la strada perciò Toshinori fu costretto a portare lui stesso la vittima all’ospedale, perché non c’era nessun dottore sul posto. Poi una rapina in banca. Un inseguimento in auto. Persino per Tokyo, incidenti e misfatti erano ovunque in questo giorno specifico.
 
Toshinori sapeva di star impiegando troppo tempo, tempo che non aveva. Sapeva anche che c’erano altri eroi in grado di gestire tali situazioni.
 
Ma non riuscì a rallentare. Non poteva correre il rischio che qualcuno rimanesse ferito perché non era abbastanza veloce. Perché cosa sarebbe accaduto se l’eroe che doveva rispondere alla situazione non aveva il giusto quirk? E se qualcuno moriva cercando di aiutare?
 
Era nel mezzo di un cantiere chiuso quando una barra di metallo quasi gli cadde in testa, e onestamente, non era il peggio che gli fosse capitato oggi.
 
Fino a quando qualcosa non gli fece perdere l’equilibrio.
 
Era così semplice, ma quando accadde, fu come se One for All lo avesse abbandonato completamente. Si schiantò al suolo, e tutto divenne nero. Quando aprì di nuovo gli occhi, era disteso a terra, intrappolato sotto un mucchio di metallo.
 
Toshinori provò a liberarsene, ma non aveva nulla. Niente forza, niente energia, solamente un freddo intenso che non lasciava spazio a nient’altro.
 
Tranne che per la paura, ovviamente. L’ultima volta che il suo corpo era venuto meno era quasi morto.
 
“C’è nessuno lì?” chiamò qualcuno di giovane.
 
Toshinori non osò dire nulla. Era troppo spaventato per chiamare aiuto. Era lui quello che avrebbe dovuto salvare le persone, non il contrario. Ciononostante, guardò nella direzione della voce, e vide chi stava correndo verso di lui.
 
E Toshinori lo riconobbe. Giovane, capelli verdi, grandi occhi color smeraldo, e pure indossando una felpa di All Might.
 
Il ragazzo raggelò quando lo vide.
 
Diventò estremamente pallido quando guardò cosa Toshinori non poteva vedere del suo corpo da dietro i tubi di metallo.
 
Confermando ciò che le intense sensazioni di intorpidimento e dolore avevano cercato di dire a Toshinori per tutto il tempo.
 
Non so il suo nome, si rese conto Toshinori. Non aveva mai chiesto. Persino dopo il secondo attacco del villain di fango, si era aspettato di apprendere il suo nome dai notiziari, ma non era mai stato nominato. Aveva avuto intenzione di svolgere qualche ricerca, ma era stato troppo impegnato per farlo.
 
Il ragazzo guardò il disastro di metallo e tubi. Sembrava terrorizzato, probabilmente perché il suo eroe si stava avvicinando alla propria fine, e nessuno di loro poteva fare qualcosa a riguardo. Il ragazzo tirò fuori il cellulare in un secondo, chiamando aiuto. Bei riflessi, ma sembrava che fosse troppo tardi.
 
“Avvicinati, per favore” chiese Toshinori, sentendo sempre più freddo, la forza che lo lasciava.
 
E il ragazzo lo fece, sembrando ancora spaventato ma cercando di nasconderlo. Ragazzo coraggioso.
 
Ma Toshinori quello già lo sapeva. Solo qualcuno di coraggioso avrebbe corso verso un villain per salvare qualcun’altro. Perché non gli aveva parlato quel giorno? Avrebbe dovuto dire qualcosa.
 
“Mi dispiace, giovanotto. Mi dispiace averti detto che non potevi diventare un eroe”.
 
Il giovanotto sembrava sconvolto. “Dimenticatelo. Va bene così”.
 
“No, non va bene” lo corresse Toshinori. “Ero spaventato. Per te. Cosa significava per me. Ma adesso, ho bisogno del tuo aiuto. Il mio tempo è finito”.
 
E non stava parlando solamente del suo quirk.
 
“Il mio quirk…il mio quirk è chiamato One for All. Non comparve con me, capisci, ma mi è stato tramandato, come una torcia di fuoco eterno. Ho ereditato l’abilità di trasferire potere”.
 
Gli occhi del ragazzo si ingrandirono comicamente.
 
“Cosa?”
 
Ovviamente non poteva crederci.  Nessuno aveva mai sentito parlare di un quirk che potesse essere trasferito. Ma All Might aveva una responsabilità in quanto portatore di One for All, una persino più importante del combattere All for One o essere il simbolo della Pace.
 
“Trova Gran Torino. Ti aiuterà. Ti spiegherà tutto”.
 
“Non dire così. Starai bene!”
 
Toshinori non aveva tempo per confortarlo, perciò si strappò un capello dal capo e lo mise in mano al ragazzo. E’ un ragazzino, davvero un ragazzino. Addirittura più giovane di me quando ho perso Nana.Il ragazzo dai capelli verdi lo guardò senza capire.
 
“Per ereditare il mio quirk, devi consumare un pezzo del mio DNA” spiegò Toshinori.
 
La faccia del ragazzo divenne di colpo priva d’espressione.
 
“Fallo!” ringhiò Toshinori.
 
Il ragazzo si portò la mano al viso così in fretta che praticamente si schiaffeggiò sulla bocca e inghiottì il capello.
 
Toshinori chiuse gli occhi, sereno perché sapeva che One for All non sarebbe morto con lui. L’avrebbe gestito Gran Torino. L’aveva già fatto una volta. Sarebbe andato tutto bene.
 
E quando li riaprì, non c’era nessun metallo, né tubi,  e anche se il terreno era freddo sotto di lui, come se fosse mezzo congelato, All Might si sentiva perfettamente bene. 
 
E il suo quirk era svanito.
 
 
___________________________
 
 
 
Izuku corse, si rimise il berretto e la maschera per nascondersi il volto, evitò le telecamere, prese due autobus, e poi, allora e solo allora, inviò il segnale in modo che tutti smettessero di usare i loro quirk. 
 
Aveva bisogno di tanta distanza quanta fosse umanamente possibile tra lui e All Might quando quest’ultimo avrebbe realizzato cos’era appena accaduto, se qualcosa era accaduto davvero.
Oltre ad essere stranito per aver inghiottito un capello, Izuku non riusciva a sentire niente di diverso.
 
One for All. Una voce che pochi potevano scovare e ancor meno erano in grado di ascoltare.
 
Niente di tutto questo sarebbe accaduto senza Anyone. La massiccia operazione era stata una combinazione di quirk ed erano stati chiamati un sacco di favori. Il peggio era stato far correre in giro All Might e stremare il suo quirk in modo che fosse più facile ingannarlo. Izuku aveva scelto gli innocenti da salvare di All Might specificamente in base ai loro quirk, per essere sicuro che non fossero in reale pericolo.
 
Izuku si strofinò le braccia, cercando di riscaldarsi un po’. Aveva avuto così freddo laggiù, al fianco di All Might, ma non poteva mostrarlo perché l’eroe doveva credere che il freddo fosse dovuto alle sue ferite e non ad un ice quirk. Combinato con diversi quirk debilitanti, uno illusorio, un quirk confondi mente e una moltitudine di persone che avevano usato i propri poteri per far credere all’eroe numero 1 che stava veramente diventando più debole. Implementati da un colpo in testa quando era scivolato e caduto sul ghiaccio.
 
Quando Izuku si sentì abbastanza lontano, controllò il cellulare, e confermò con il suo teleporter per la giornata che ognuno fosse tornato a casa senza problemi, incluso Snowdrift.
 
Izuku sospirò di sollievo. Si era assicurato l’assistenza di questo teleporter perché non voleva che nessuno disposto ad aiutarlo rischiasse di subire l’ira di All Might.
 
Sì, sei tu quello che dovrà prendersi la responsabilità, lo derise una vocina nella sua testa.
 
Izuku allontanò il pensiero. Aveva appena eseguito un piano folle, era ancora vivo, e ora avrebbe volato basso per un po’.
 
Mezzo secondo dopo, una bambina piccola urtò contro la gamba di Izuku, ma poiché esistevano dei criceti più grandi di lei, Izuku non perse l’equilibrio e lei cadde, gli occhi pieni di lacrime che lo mandarono immediatamente nel panico.
 
“Stai bene?”
 
Lei sussultò quando provò a porle la mano per aiutarla a rimettersi in piedi, e Izuku rimase pietrificato, perché questa reazione era solo una goccia in un mare di allarmi. La bambina aveva forse cinque anni- Izuku non conosceva abbastanza bambini da indovinare correttamente- con capelli bianchi, occhi rossi, e un corno sulla fronte. Stava indossando quella che sembrava una camicia da notte grigiastra, insufficiente a proteggerla dal vento pungente, le sue braccia e gambe erano coperte da bendaggi, ed era scalza.
 
E sembrava terrorizzata.
 
Izuku si accovacciò lentamente, facendosi più piccolo e meno spaventoso.
 
“Hai bisogno di aiuto?” le chiese.
 
I suoi occhi rossi, come quelli di un cucciolo di coniglio, si ingrandirono e lei si guardò intorno, come se avesse paura qualcuno sentisse Izuku.
 
Sfortunatamente, aveva ragione a essere spaventata.
 
“Eri!” qualcuno chiamò dall’oscurità del vicolo, palesemente scontento.
 
Izuku si alzò giusto mentre un uomo con una maschera d’uccello usciva dal vicolo. Lanciò un’occhiata alla bambina - Eri - che era ancora a terra e Izuku si rese conto di non poterla lasciar andare via insieme a lui.
“Guarda cos’hai fatto, causare così tanto disturbo a uno sconosciuto. Torna indietro, Eri”.
 
Non era la maschera. Molte persone le indossavano in un’epoca dove le mutazioni erano comuni. Era l’assoluta mancanza di interesse nei suoi occhi. Solitamente, quando qualcuno guarda un bambino, hanno un certo calore negli occhi, una traccia che quella persona sta effettivamente vedendo qualcosa di piccolo e carino che appartiene alla sua stessa specie. Ma non in questo caso.
 
Eri si voltò verso l’uomo con la maschera d’uccello e esitò, palesemente non volendo andare con lui. Guardò Izuku, ma poi abbassò subito lo sguardo e pensò furiosamente. Non si aspettava che l’aiutasse. 
 
E non si aspettava che Izuku le arruffasse con gentilezza i capelli. Guardò in alto verso di lui, i suoi grandi occhi pieni di interrogativi e un po’ di sfiducia, ma Izuku non le lasciò vedere quanto fosse disorientato dalla situazione. Invece, rimase calmo. La guardò.
 
Sono qui. Andrà tutto bene.
 
Ed eccola lì. Speranza.
 
Bene. Almeno una persona crede che possa trovare una via d’uscita da questo casino.
 
“La conosce?” chiese Izuku, sorridendo come se non stesse valutando il gridare a squarciagola per allertare un eroe nelle vicinanze. Diamine, pure All Might se era necessario.
 
“E’ mia figlia” rispose l’uomo mascherato rimuovendosi un guanto. Sembrava annoiato. Senza dubbio non era appassionato dalla conversazione. “Ha un’età difficile. Scusi il disturbo”.
 
“Non le assomiglia”.
 
L’uomo mascherato lo guardò ed era come se la temperatura calasse all’improvviso.  Lo guardò come se la vita di Izuku non valesse nulla. Come se fosse un insetto, fastidioso e innocuo, e che schiacciarlo sotto il piede all’uomo non avrebbe dato problemi. L’avrebbe semplicemente fatto e sarebbe andato avanti con la sua vita senza nemmeno soffermarsi sulla sua esistenza.
 
“Muoviti, moccioso” disse l’uomo mascherato, un ultimo avvertimento, un’ ultima occasione per Izuku di cogliere il suggerimento e correre per salvarsi la pelle.
 
Mi ucciderà.
 
“Non...non penso di poterlo fare” disse Izuku debolmente.
 
Non aveva niente con lui. Certo, sapeva lottare se necessario, ma l’uomo si era appena rimosso il guanto, perciò il suo quirk era basato sul contatto e Izuku non voleva lasciargli l’occasione di mettergli la mano addosso. E c’era la piccola. Poteva darsela a gambe ma sarebbe stato abbastanza veloce se la stava portando con se?
 
Ma l’adulto era stanco di aspettare.
 
“Eri?” la chiamò, facendola trasalire. “Ricordati che questo è colpa tua”.
 
Fece un affondo verso Izuku.
 
Puro terrore riempì l’adolescente e sollevò il pugno, reagendo d’istinto perché sapeva che quest’uomo stava per ucciderlo.
 
E poi, il mondo fu annegato in un mare di dolore.
 
 
 
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Qualcuno bussò alla porta di Ao nel bel mezzo della notte e lei andò ad accoglierlo con una mazza da baseball. Non che il suo inaspettato e sgradito ospite non l’avesse avvisata del suo arrivo, ma nondimeno, c’era un determinato protocollo da seguire quando qualcuno osava svegliarla.
 
Sapeva che era Akatani. Sapeva che era accompagnato da un bambino, una piccolina con lunghi capelli bianchi e occhi rossi, come un cucciolo di coniglio.
 
 Ma si era ovviamente dimenticato di menzionare il suo braccio: completamente viola, irrimediabilmente rotto se quirk come il suo non fossero esistiti. Akatani stava respirando lentamente, come se stesse cercando di trattenere in gola un ben guadagnato urlo di dolore. Era pallido come la morte e c’erano gocce di sudore sulla sua fronte, rendendogli pesanti i ricci verdi, ma a parte quello, niente avrebbe indicato che il suo braccio era un disastro di ossa rotte.
 
“Ao?” chiese, e la sua voce era quasi calma, seppur affaticata. “Mi dispiace chiedertelo, ma penso di aver bisogno d’aiuto”.
 
 
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In una cella oscura del Tartaro, circondato da mitragliatrici, le onde cerebrali monitorate e legato a un letto con delle cinghie, l’ombra di un uomo aveva trovato rifugio dentro la propria mente. A detta di tutti, dovrebbe essere morto. Il Simbolo della Pace gli aveva strappato le braccia, distrutto il viso, e quando i suoi compagni erano a riusciti a mala pena a strapparlo all’ Aldilà, il Simbolo della Pace lo aveva trovato di nuovo, e gettato in questo purgatorio senza mostragli la misericordia di ucciderlo per sempre.
 
Non sapeva per quanto tempo era stato lì. All’inizio, era stato sedato. Quasi costantemente. Un po’ alla volta, aveva combattuto gli effetti, iniziando ad artigliarsi la via del ritorno fino alla terra del risveglio. Potrebbe essere un anno o due. Quattro al massimo. La guardia che si prendeva cura di lui e che continuava a parlare anche se il prigioniero né rispondeva né dava segni di riconoscerlo non era sembrata cambiare molto.
 
La solitudine era una tortura. Una delle cose che lo stava mantenendo sano erano le sue guardie, che tendevano a chiacchierare davanti a lui, inconsapevoli di come si stava nutrendo di ogni distrazione.
L’altra era quanto a fondo potesse immergersi nella propria mente. Come poteva quasi toccare residui provenienti da altre epoche.
 
E, in quel preciso momento, dato che era così in profondità nella propria mente, lo sentì. Il momento in cui il suo quirk, il quirk che aveva dato al suo fratellino, trovò un nuovo portatore.
 
Il nono.
 
 
 
 
   
 
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