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Autore: bacinaru    31/08/2020    5 recensioni
"“Credere non è semplice” è ciò che le ha detto una volta e Scully ne sta imparando pian piano le difficoltà, ogni dubbio un affondo nel petto come la lama di un coltello."
Mulder e Scully restano intrappolati in una città infestata dagli zombie.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dana Katherine Scully, Fox William Mulder
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: The X-Files
Personaggi: Fox Mulder, Dana Scully
Coppia: Mulder/Scully
Words: 1776
Genere: Introspettivo, Hurt/Comfort
Rating: Arancione
Contesto: post s07e17 - All things
Beta: none
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono.
Note: Partecipa alla challenge del weekend 7 e mezzo challenge indetta dal gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart







Paure a cuore

aperto





Si barricano all'interno. La casa è piccola: un quadrato di soli cinquanta, sessanta metri quadri forse. Due stanze, una per il bagno, l'altra addetta a cucina, soggiorno e stanza da letto, con un piccolo giaciglio spinto contro la parete opposta alla cucina, vicino alla porta del bagno. Distrattamente, Scully pensa che persino il divano di Mulder sembra più comodo di quel minuscolo pezzo di ferraglia. Non che le importi davvero, al momento: è solo contenta di avere un posto dove farlo sedere che non sia il pavimento.

«Almeno le lenzuola sembrano pulite.»

Mulder sorride sbilenco, ma non riesce del tutto a nascondere la smorfia di dolore che il suo volto vorrebbe invece esporre, come un segnale al neon che urla “mi fa male, fa qualcosa!”. Scully sospira, mette su la maschera di un dottore e con una mano sul gomito illeso lo spinge verso il letto.

«Siediti, Mulder.»

Esegue senza lamentarsi. Quando si siede, smette per un secondo di respirare.

«Scully» un respiro, il tono smozzicato di chi deve farsi violenza per non urlare «le finestre.»

Scully annuisce e, dopo solo un attimo di esitazione, abbandona il suo fianco per andare a controllare che il resto della casa sia ben barricato. Per fortuna ci sono solo due finestre, una accanto alla porta di ingresso e un'altra sopra il gabinetto nel bagno. Di fronte alla prima ci posiziona il frigorifero. È mezzo vuoto, quindi riesce a spostarlo, ma è ancora abbastanza pesante da offrire una sorta di protezione. Per la seconda non c'è molto da fare. È troppo piccola, però, ed è abbastanza in alto per convincerla che quelle persone non decideranno di usarla per entrare nel loro piccolo forte.

Quando ritorna nella stanza principale, nota subito che Mulder ha deciso di sdraiarsi senza troppi convenevoli. Scully sente la morsa allo stomaco farsi più stretta, ma si permette di sguazzare nelle proprie paure e preoccupazioni solo per una manciata di secondi prima di darsi da fare per accertarsi che quelle stesse paure non diventino una poi immutabile realtà.

Si siede sul bordo del letto.

«Fammi vedere, Mulder.»

Lo vede ingoiare un groppo di saliva, gli occhi fissi sul soffitto.

Gli occhi di Scully si addolciscono in simpatia e con le dita gli sfiora la mano con cui si tiene il braccio ferito stretto al petto.

«Non ti farò male, promesso.»

Mulder sbuffa una risata e le labbra di Scully guizzano all'insù. Entrambi sanno che è una bugia. Entrambi sanno che farà male, perché Scully ha bisogno di vedere l'estensione del danno e questo significa muovere il braccio, spogliarlo della giacca, procurargli intense fitte di dolore; eppure bastano quelle parole a dargli coraggio, perché Mulder sa anche che lei non gli farà mai davvero male, che tutto il dolore che potrebbe provocargli è solo al fine di farlo stare bene.

Lo aiuta a sollevarsi a metà busto, poi gli sfila la giacca e arrotola la manica della camicia. Poco sotto il gomito c'è quello che Scully sa essere il morso di un essere umano, lo ha visto accadere, ma se così non fosse stato, a primo impatto avrebbe invece pensato fosse l'opera di una bestia. A dire il vero, in quel momento, non sa se c'è davvero una differenza. A quelle persone là fuori è rimasto davvero poco di umano. C'è un buon pezzo di pelle che manca e il sangue è sgorgato in abbondanza, anche se il flusso per ora sembra essersi fermato. La ferita però è rossa, infiammata, e un reticolo di linee nere sembra sbocciare da essa. Un virus, un veleno, non ne ha idea.

«Allora, doc? Bisogna amputare?» il tono è leggero, ma Mulder ha gli occhi serrati e gocce di sudore che gli scivolano sulle guance in sostituzione della lacrime che non si è ancora permesso di versare. Qualunque cosa gli abbia infettato il sangue agisce in fretta, a quanto pare.

«Non essere melodrammatico.»

Si alza, si avvicina al lavandino. Acqua e gas funzionano ancora e Scully deve ricordarsi che, fino a due giorni prima, quella città era ancora piena di vita. Ora sembra il villaggio fantasma di un qualche disastro naturale.

I suoi abitanti sono morti che camminano.

No, no è vero. Sono persone affette da qualche sorta di virus. Gli zombie non esistono, Scully.

Torna al fianco di Mulder con una bacinella di acqua calda e alcune pezze pulite che ha trovato in uno dei cassetti della cucina. Pulisce la ferita con scuse sussurrate tra le labbra, ad ognuna delle quali Mulder risponde con un sorriso. Quando finisce, il suo partner riesce a malapena a tenere gli occhi aperti. Volta la testa verso di lei, lo sguardo lucido di febbre.

«Resta sveglia, Scully...» biascica «... potrebbe venirmi fame» sorride a mo' di scherzo, ma Scully sa che in realtà ci crede davvero.

È tentata di roteare gli occhi, ma non lo fa, perché zombie o meno, il virus che affligge quelle persone le ha rese davvero affamate. E per quanto vorrebbe convincersi del contrario, è chiaro che anche Mulder ne è stato infettato.

«Dormi, Mulder. Andrà tutto bene» gli risponde, dopo un momento di contemplazione. Mulder, però, ha già gli occhi chiusi: si è addormentato.

Scully sospira e afferra una penna dalla tasca interna della giacca. Con una piccola x, marchia sul suo braccio il punto dove si è fermato, almeno per il momento, il reticolo di linee nere. Almeno così avrà modo di constatare con quale velocità questa cosa si diffonde. Teme che, una volta arrivata al cuore, potrebbe essere troppo tardi. Gli occhi pungono di lacrime che non si permette di versare, perché, ora come ora, l'amputazione del braccio non le sembra più nemmeno un'idea così assurda, ma non può arrendersi. Prima che le cose andassero di male in peggio è riuscita ad inviare dei campioni di tessuto e sangue a Quantico, prelevati da quello che al tempo pensava essere il corpo di un morto, ma che poi tanto morto non le è sembrato quando si è sollevato dal tavolo dove lo avevano lasciato e si è lanciato su Mulder per afferrarne un boccone. Gli ha sparato, ben tre colpi, ma solo quello alla testa sembra aver avuto effetto.

Scully lancia uno sguardo alla pistola che ha lasciato sul tavolino accanto al letto. Pensa di sparare a Mulder e le viene da vomitare. Il telefono non prende, ma fuori è buio ormai e sa che a Washington Skinner avrà già iniziato a domandarsi dove sono finiti. Al mattino verrà a prenderli, ne è sicura. Prega solo che Mulder sia in grado di resistere fino ad allora.

Torna in cucina per cambiare l'acqua della bacinella, riempendola adesso di acqua fredda. Ci immerge una pezza, la piega con cura e la adagia sulla fronte del suo partner. Poi, anche se non ha nessuna intenzione di dormire, Scully decide comunque di coricarsi al suo fianco, la pistola a portata di mano nel caso ne avesse bisogno, se una di quelle cose – persone – dovesse riuscire ad entrare. O se Mulder dovesse svegliarsi con l'improvviso desiderio di carne rossa.

Smettila, Scully.

Gli cinge la vita con un braccio e gli scosta ciocche di capelli bagnate con la mano dell'altro. Lo tiene stretto a sé: ha bisogno di sentirselo vicino.

L'improvviso desiderio di sentire le sue braccia ricambiare quella sorta di abbraccio diventa quasi insopportabile e Scully chiude gli occhi, solo per un secondo, bagnandosi delle sensazioni di un ricordo. Il ricordo di una notte soltanto, quando le paure le ha messe in un cassetto ed ha ceduto corpo e anima all'unico uomo di cui si è mai fidata abbastanza per donargli entrambe le cose. E poi lo ha spinto via, perché è quello che fa, Dana Scully che non ha paura di mostri, alieni e forze oscure, ma teme di aprire il petto per lasciare che le si tocchi troppo il cuore.

Mulder non le ha mai detto nulla. Le ha permesso di tenerlo a distanza, anche se nei suoi occhi Dana ci legge ormai da tempo la preghiera che le chiede di lasciarlo entrare.

E adesso potrebbe essere troppo tardi.


Scully passa la notte intrappolata in un incubo, gli occhi sul volto del suo partner e una mano sul petto, per accertarsi che ogni respiro e che ogni battito del suo cuore non sia l'ultimo. Non può fare nient'altro che aspettare e pian piano sente venir meno la forza che ha cercato di mantenere per ore, sente crollare la maschera che ha messo su per non farlo preoccupare e lo stringe a sé, gli accarezza i capelli, gli bacia la nuca, gli promette che andrà tutto bene mentre continua a immergere sempre più spesso la pezza in una bacinella d'acqua fredda, ma la sua temperatura continua ad alzarsi imperterrita.

Si sveglia un paio di volte, ma non è mai abbastanza coerente da intavolare una conversazione.

Sorride, però. Sorride sempre quando vede Scully al suo fianco. E ogni volta, davanti a quel sorriso, lei si sente soffocare.

Cerca di farlo bere il più possibile. Svaligia il frigo di quel poco che vi è rimasto, ma tutto il cibo che riesce a procurargli Mulder lo rigetta nel giro di mezz'ora.

Alle cinque del mattino ha smesso di muoversi.

Alle sei, Scully deve concentrarsi fin troppo per riuscire a vedere il movimento quasi impercettibilmente del suo petto.

È in ginocchio ai piedi del letto con entrambe le mani strette attorno alla sua.

«Andrà tutto bene» continua a mormorare. Ha bisogno di crederci. È ciò che ha bisogno di fare quando Mulder non è lì a credere abbastanza per entrambi. “Credere non è semplice” è ciò che le ha detto una volta e Scully ne sta imparando pian piano le difficoltà, ogni dubbio un affondo nel petto come la lama di un coltello.

Il reticolo di linee nere ha ormai raggiunto la spalla. Manca poco.

Alle otto e dieci Mulder smette di respirare. Scully si aggrappa ai pezzi del suo mondo in frantumi e respira per lui.

Alle otto e tredici minuti la porta viene buttata giù e Walter Skinner entra con una siringa tra le mani.

Senza attendere spiegazioni, Scully la afferra e pugnala il cuore del suo partner.

Un secondo in cui tutto si ferma.

E poi respira, il reticolo di linee nere inizia a recedere e Mulder apre gli occhi.

«Ouch» sussurra, la voce roca, mentre con difficoltà punta lo sguardo su Scully e la siringa che ancora regge tra le mani «mi hai appena pugnalato con quella cosa, Scully?»

Scully ride, una rasata che suona bagnata di lacrime, ma ride fino a quando le manca il respiro per farlo.

Ce l'hanno fatta, di nuovo.

A volte, forse, crederci è ancora abbastanza.

  
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