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Autore: BlueBell9    31/08/2020    9 recensioni
«A cosa devo questo piacevole silenzio?» la voce gelida di Teddy la riporta al presente.
Victoire sbatte le palpebre, allontanando gli strascichi di quelle ombre malinconiche, e lo guarda dritto in faccia. Ha la fronte aggrottata con l'irritazione di chi scopre qualcuno a ficcanasare nella sua vita.
«Pensavo» sussurra mesta.
«Che straordinaria novità» ironizza lui con spregio, gettando di lato l'asciugamano.
Lei serra la mascella, scoccandogli un'occhiata furiosa.
«Evita di fare lo stronzo» gli intima piccata, allontanandosi. Non fa nemmeno in tempo a prendere lo slancio per alzarsi che le mani di lui le bloccano i fianchi, costringendola a rimanere dov'è.
«Perché non evitiamo questo patetico teatrino e lo chiedi e basta?» domanda velenoso, con il tono di chi sta facendo una grande concessione.

[Terza classificata al contest “Old generation VS Contemporary generation VS New generation” indetto sul forum di Efp]
Genere: Azione, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Antonin Dolohov, Fenrir Greyback, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Storia partecipante al contest “Old generation VS Contemporary generation VS New generation” indetto da Zukiworld sul forum di EFP.


Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna.











Capitolo chiuso




“Quando si subisce un grave torto,
la vera soddisfazione la si può trovare in una di queste due azioni:
nel perdono incondizionato o nella spietata vendetta.
E questa non è una storia di perdono.”
Revenge





Victoire stende le labbra in un sorriso stanco mentre finisce di incartare il pacchetto, aggiungendoci anche un fiocco dorato. Non è stato facile procurarsi quei biglietti per la finale della Coppa del Mondo di Quidditch, che si terrà tra una manciata di giorni in Scozia, ma sono il regalo perfetto per il compleanno di zio Harry.
Alle sue spalle, il cigolio di una porta e dei passi attirano il suo sguardo. Teddy, con addosso solo dei pantaloni della tuta e un asciugamano per frizionarsi i capelli bagnati, sbatte un paio di volte le palpebre quando la nota seduta sul pavimento del soggiorno tra un mare di carte regalo dai colori vivaci e nastrini vari, e assume la sua solita espressione tenebrosamente insofferente.
«Quella fantasia è rivoltante» sentenzia implacabile, facendo un cenno al pacchetto che lei ha tra le mani.
«Io credo che zio Harry l'adorerà» la difende distratta, troppo concentrata nel seguire la traiettoria di una gocciolina d'acqua che dai capelli scuri è scivolata lenta e invitante sul viso, poi sulla clavicola, curvando sui pettorali fino all'addome, per svanire oltre l'orlo dei pantaloni. Il lato positivo dell'Accademia Auror, è che Teddy ha messo su un fisico niente male.
«Tsé» replica lui sprezzate, sedendosi sul divano.
Trattenendo un sorrisetto, Victoire gli si avvicina fino a sedersi a cavalcioni su di lui, coinvolgendolo in un bacio che vorrebbe essere appassionato. Teddy ricambia ma è chiaro che ha la mente altrove. Quando si allontana dal suo viso, Victoire gli sfiora con la punta dei polpastrelli le ombre violacee sotto gli occhi gialli. Si lascia sfuggire un sospiro sconsolato.
Da quando è tornato dall'ultima missione, quattro giorni prima, Teddy non è riuscito a passare una sola notte tranquilla. Si agita nel sonno, mormorando parole incomprensibili e svegliandosi più volte di soprassalto, per poi allontanarsi alla svelta dal letto.
La prima notte, quando ancora non aveva realizzato, Victoire lo aveva seguito in bagno ancora intontita dal sonno. Si era svegliata all'istante quando lo aveva visto piegato sul lavandino, i capelli di un bianco cadaverico, la schiena fradicia e il respiro spezzato e irregolare.
«Teddy» lo aveva chiamato piano, timorosa.
Lui si era voltato di scatto, sorpreso dalla sua presenza e incapace di nascondersi dietro il solito muro indecifrabile. Aveva davvero fatto fatica a credere a quello che aveva sotto gli occhi: Teddy era di un pallore malsano, i lineamenti trasfigurati dalla paura e gli occhi gialli sbarrati e febbricitanti.
«Cosa» aveva tentato di biascicare, la voce talmente debole e spezzata da non sembrare nemmeno la sua. Aveva abbassato le palpebre per cercare di scacciare il tremore che sembrava torturargli le membra e fatto dei respiri profondi. Quando era tornato a guardarla, più padrone di se stesso, il lampo di fastidio baluginato nei suoi occhi gialli era quasi riuscito a nascondere il terrore di poco prima. «Cosa ci fai ancora in piedi?»
«Ti ho sentito alzarti» era stata la risposta preoccupata di Victoire. Si era avvicinata di un passo, ma si era bloccata quando lo aveva visto scattare all'indietro, picchiando il fondoschiena contro il lavandino. «Che cosa ti succede?»
Lui l'aveva guardata in silenzio e Victoire avrebbe tanto voluto intimargli di lasciarsi andare, parlare, spiegarle, perché il suo comportamento la stava spaventando a morte.
«Niente» l'aveva liquidata lui, il tono sempre piatto e impersonale. I capelli avevano fatto fatica a tornare neri. «Torniamo a letto».
Si erano sdraiati di nuovo, vicini. Victoire lo aveva abbracciato stretto, nascondendo il viso contro la schiena dell'altro. Lui non si era mosso, non aveva cercato conforto, aveva preferito lasciarsi annegare in quella silenziosa agonia.
Sono passati quattro giorni da allora. Quattro lunghissimi e affilati giorni che straziano la mente del suo ragazzo, torturandolo nel sonno e rendendo i suoi occhi vuoti, spenti, distanti. Victoire vorrebbe sapere cosa fare per farlo stare meglio, per riavere indietro Teddy, vorrebbe stringerlo fino a soffocare tutto quell'orrore ma lui rifugge da qualsiasi contatto – scappa da lei. Lo vede consumarsi lentamente, il cuore che le sanguina nel petto, impotente. Perché una cosa l'ha sempre saputa: Teddy è il peggior nemico di se stesso. Non può salvarlo se lui si ostina ad innalzare un muro tra loro.
«A cosa devo questo piacevole silenzio?» la voce gelida di Teddy la riporta al presente.
Victoire sbatte le palpebre, allontanando gli strascichi di quelle ombre malinconiche, e lo guarda dritto in faccia. Ha la fronte aggrottata con l'irritazione di chi scopre qualcuno a ficcanasare nella sua vita.
«Pensavo» sussurra mesta.
«Che straordinaria novità» ironizza lui con spregio, gettando di lato l'asciugamano.
Lei serra la mascella, scoccandogli un'occhiata furiosa.
«Evita di fare lo stronzo» gli intima piccata, allontanandosi. Non fa nemmeno in tempo a prendere lo slancio per alzarsi che le mani di lui le bloccano i fianchi, costringendola a rimanere dov'è.
«Perché non evitiamo questo patetico teatrino e lo chiedi e basta?» domanda velenoso, con il tono di chi sta facendo una grande concessione.
Victoire si morde la lingua per reprimere il vaffanculo che minaccia di sfuggirle dalle labbra.
«Mi risponderesti sinceramente?» si limita a ribattere, stanca e dolente.
Lui respira rumorosamente. Volta il capo a destra e sembra esitare per una manciata di istanti, quasi timoroso.
«Tanto lo scopriresti comunque tra qualche giorno dal Profeta» considera asciutto, posando su di lei uno sguardo carico di fastidio. «Antonin Dolohov e Fenrir Greyback sono morti».
Victoire spalanca gli occhi, allibita. «Che cosa?»



«Sicuro di non volerne un'altra?» chiede Lugh Lewis, il collega irlandese, alzando il boccale di birra ormai vuoto.
Teddy scuote il capo, stremato. La missione internazionale tra l'Ufficio Auror inglese e quello irlandese è terminata da un paio d'ore e Lewis ha voluto a tutti i costi trascinarlo nel primo pub disponibile per festeggiare. Non sa esattamente come è finito in un pub Babbano di una sperduta cittadina tra i monti Wicklow, in Irlanda, a bere birra scura e pesante appoggiato a un bancone di legno appiccicoso. Al momento vorrebbe solo perdere i sensi sul primo letto disponibile, in attesa della Passaporta che lo riporterà in Inghilterra l'indomani.
«Voi inglesi» lo provoca l'altro con un sorriso storto e beffardo. «Troppo tè nelle vene. Non siete capaci di reggere più di una birra».
Teddy lo ignora – è troppo stanco persino per massacrarlo verbalmente. Si limita ad appoggiare un paio di monete sul bancone e ad attirare l'attenzione del barista.
«Ti aspetto in camera» dice scostante, allontanandosi.
«Potrebbe essere un'attesa molto lunga» ribatte Lewis, ammiccando in direzione di un paio di ragazze ridacchianti.
Avanza nel locale affollato, dribblando gente troppo alticcia che agita scompostamente boccali mezzi pieni. È quasi arrivato alla porta quando urta con la spalla un tizio che si stava dando a sua volta alla fuga.
«Guarda dove vai, ragazzo» lo apostrofa rauco e sprezzante, degnandolo a malapena di un'occhiata.
La porta si richiude e la campanella posta sopra tintinna.
Teddy è fermo lì davanti, sordo al cicaleccio degli avventori, mentre un brivido di puro panico continua a serpeggiargli tra le viscere. È un miracolo che sia riuscito ad evitare che i capelli sbiancassero sul colpo, anche se stanno ancora sfarfallando dal nero al grigio chiaro ogni due secondi. Non se ne accorge nemmeno perché davanti agli occhi ha ancora il viso di quel tizio.
Quando aveva otto anni, si è imbattuto per caso in una sua foto tra i documenti di Harry. Alla richiesta di chi fosse, suo zio aveva sospirato indeciso prima di metterselo sulle ginocchia e parlare. Aveva tralasciato molti dettagli, preferendo fornirgli una versione meno cruenta della realtà.
«Ehi, Lupin» la voce di Lewis giunge da lontano. «Ti si è bruciato il cervello?» chiede apprensivo, toccandogli con cautela la spalla.
Teddy non dice nulla, nemmeno volge lo sguardo nella sua direzione. Continua a fissare ossessivamente con occhi spiritati la porta oltre la quale Fenrir Greyback è sparito.



«Dovremmo aspettare i rinforzi» bisbiglia per la terza volta Lewis vicino al suo orecchio.
Sì, così scompare per un'altra ventina d'anni, vorrebbe rispondergli Teddy, gli occhi incollati alla catapecchia nella quale Greyback è entrato.
Dopo essere tornato in sé –
 riprenditi amico, mi stai facendo preoccupare ha detto Lewis davanti alla sua cocciuta immobilità -, è corso in strada e ha intravisto la sagoma del Lupo Mannaro dirigersi verso i confini della città. Si è fermato solo il tempo necessario per permettere all'altro di lanciare un Patronus lontano dagli occhi dei Babbani per chiamare i rinforzi, poi ha sfruttato i suoi poteri di Animagus per assumere l'aspetto di un lupo e seguirlo da solo all'interno del bosco. Ha fatto attenzione a tenersi a distanza e sottovento, così che l'altro non potesse percepire il suo odore.
Greyback, però, si è voltato nella sua direzione una volta e Teddy sa bene che quel maledetto non ha bisogno della luna piena per beneficiare di un olfatto e una vista più sviluppati.
Lewis lo ha raggiunto pochi minuti dopo, seguendo le tracce che gli aveva lasciato. Si sono nascosti tra le fronde degli alberi, a una quindicina di metri da quella stramberga fatiscente, in attesa.
«Sono in due» osserva Teddy, gli occhi puntati su una finestrella lurida da cui si intravede una sagoma. È troppo magra e alta per essere Greyback, sentenzia con fredda lucidità.
«Meraviglioso» borbotta Lewis tutt'altro che entusiasta, allungando appena il collo dal suo riparo.
«Avviciniamoci» stabilisce fermo, estraendo la bacchetta dalla fodera nascosta nei pantaloni. La mano di Lewis gli afferra la spalla, strattonandolo indietro. «Cosa?» domanda insofferente, scrollandosela di dosso.
Lewis lo guarda con gli occhi sgranati dalla paura dei suoi trentasei anni.
«Scherzi, vero? Quello è Fenrir Greyback, amico. Hai idea di quanta gente abbia ammazzato o morso?»
«Credimi, lo so meglio di te» scandisce aspro, sentendo la collera divampare nel petto e infiammargli le vene. «Se hai paura, resta qua. Non ho bisogno del tuo aiuto» afferma crudele e implacabile, stroncando sul nascere un'altra protesta e dirigendosi verso la catapecchia.



«È stata una pazzia. Una pazzia» squittisce una voce tremante e impaurita.
Greyback scoppia in una risata simile a un latrato.
«Guardati Dolohov! E tu saresti stato un Mangiamorte?» ritorce, deliziato dal terrore dell'altro.
«Massacrare un'intera famiglia» continua Dolohov, febbrilmente. «Tutta quella violenza... le urla di quei genitori mentre ti nutrivi e li seviziavi e... i bambini... Salazar, gli hai fatti annegare nel loro
 sangue
«È la luna piena, dolcezza. Mi dà alla testa».
«Avranno già mandato gli Auror ad indagare. Ci troveranno. Ci troveranno e ci rimanderanno ad Azkaban».
«Mi stai annoiando Dolohov» lo avverte Greyback con blanda minaccia. «È successo a miglia da qui. Ce ne andremo prima ancora che penseranno di pattugliare questa zona».
Teddy si scambia un cenno d'intesa con Lewis, avvicinandosi di soppiatto alla porta di legno. Attento a non fare rumore, si accosta alle assi storte e rovinate per guardare all'interno.
Accasciato su una sedia, in mezzo ad un labirinto di mobili, i capelli stopposi e grigi stretti tra le mani, c'è Dolohov. Sta piagnucolando, balbettando qualche parola sconnessa. Teddy distorce il viso in una smorfia di disgusto, prima di spostare lo sguardo sull'altro ricercato. Greyback gli dà la schiena, troppo impegnato a contemplare il fuoco del camino.
Vederlo lì a pochi centimetri da lui, sapere quello che ha
 fatto... Teddy serra le dita intorno alla bacchetta, mentre la voce di sua nonna inonda prepotentemente le sue orecchie.
«Gli ha rovinato la vita. Remus non ha mai accettato la sua condizione».
Stringe gli occhi e arriccia le labbra, mostrando i denti. È così vicino dal fargliela pagare, dall'ottenere la vendetta che suo padre non ha avuto la possibilità di attuare. Pregusta già le sue urla quando leverà la bacchetta, mentre tutto il dolore e la solitudine che ha patito sin da bambino si trasforma in una accecante furia.
In fondo, Teddy lo ha sempre saputo: lui non è Harry, non sarà altrettanto magnanimo con i suoi nemici.
Un venticello si solleva dal bosco, scompigliandogli i capelli scuri e insinuandosi tra le fessura delle porta. Greyback drizza la schiena, immobilizzandosi e annusando l'aria.
«Abbiamo compagnia» constata con un ghigno affilato e Teddy irrigidisce la mascella furioso.
Dolohov fa appena in tempo ad alzarsi dalla sedia e sguainare la bacchetta prima che la porta venga scardinata da un incantesimo. Teddy si precipita nella stanza, ignorando l'insulto di Lewis.
«Auror» indovina Dolohov, allarmato.
«Giù la bacchetta e mani ben in vista» scandisce secco Lewis, tenendo sotto tiro il mago.
Greyback ridacchia, passando la lingua sui denti appuntiti.
«Hai sentito Dolohov? Giù la bacchetta» ripete strafottente, prima di scattare di lato.
L'incantesimo non verbale di Teddy sibila vicino al suo orecchio. Lewis si distrae un attimo, quanto basta per essere ferito al fianco da un fiotto di luce. Dolohov alza di nuovo la bacchetta e Teddy lo sente chiaramente iniziare a sibilare un
 Avada Kedavra, e agisce d'istinto: un Reducto  e la lampada sulla mensola del camino esplode, ferendo il volto del Mangiamorte con le schegge di vetro.
«Grazie Lupin» borbotta Lewis, la mano sul fianco.
Teddy lo guarda per un secondo, ma è abbastanza per accorgersi all'ultimo dell'ombra che salta verso di lui. L'incantesimo scudo gli sfugge dalle labbra per riflesso, proteggendolo dietro una luce azzurrina, ma con orrore si rende conto che non era lui il vero obiettivo. Greyback lo supera ridendo, avventandosi alla gola di Lewis, affondando i denti con un gorgoglio di pura soddisfazione.
Vede gli occhi del collega ruotare all'indietro e il suo corpo afflosciarsi a terra, scomposto, mentre il Lupo Mannaro si pulisce le labbra dal sangue, leccandosi le dita.
«Così dolce» sussurra famelico. «Il tuo com'è, ragazzo?»
Teddy si irrigidisce e poi viene sbalzato contro la parete. Il colpo gli comprime i polmoni, svuotandoli dall'ossigeno, e gli fa scricchiolare le ossa. Un gemito gli sfugge dai denti e socchiude gli occhi per il dolore, maledicendosi mentalmente per aver dimenticato Dolohov.
«Greyback aiutami» strilla questo, le mani al viso, dove frammenti di vetro si sono infilati nella carne. Uno, osserva Teddy, gli ha trapassato l'occhio sinistro, facendogli lacrimare sangue.
«Subito» risponde Greyback, il tono quasi carezzevole.
Si avvicina a lui a grandi passi. Il Mangiamorte continua a gemere, il busto piegato in avanti, fino a quando non gli viene spezzato il collo con un movimento secco.
«Fine dei problemi» proclama Greyback con un sorriso appagato e feroce, lasciando andare il cadavere.
Teddy, che nel frattempo si è faticosamente rialzato in piedi, porta la bacchetta di fronte a sé. È solo questione di tempo prima che Greyback tornerà a concentrarsi su di lui, lo sa.
Infatti, il Lupo si volta nella sua direzione. Sta per avvicinarsi quando corruga le sopracciglia, scrutandolo meditabondo e piegando la testa di lato. Poi un lampo di consapevolezza gli attraversa le iridi e riprende a sorridere, picchiettandosi un dito contro la punta del naso.
«Ma certo» sogghigna divertito. «Il lupacchiotto con gli occhi gialli del bosco. Strano che non abbia fatto caso prima al tuo odore. Un odore, che a ben pensarci, mi ricorda qualcuno. Ma lui è morto da tempo. In effetti, ci ha pensato Dolohov a toglierlo di mezzo» dice soprappensiero, dando un colpetto con la scarpa al corpo privo di vita del compagno. «Lupin, eh? Quindi sei qui per punirmi per quello che ho fatto al tuo vecchio» deduce mordace e divertito. «Va bene, ragazzo, allora 
giochiamo».
Teddy muove la bacchetta con un momento di ritardo. Greyback svanisce dietro una libreria sbilenca con un unico movimento rapido e fluido, schivando l'incantesimo. Sente il rumore del vetro della finestra, quella nascosta da tutti quei mobili, infrangersi e può immaginare il motivo: quel bastardo vuole spostarsi in un terreno più vantaggioso, come il bosco. Lì può nascondersi tra gli alberi, non è costretto ad affrontarlo in uno spazio ristretto e può approfittare del buio.
A fatica e dopo aver soffocato un'imprecazione, marcia verso la porta. D'accordo, se quello è l'unico modo per mettere fine alla questione, che si giochi sul campo di battaglia che ha scelto.
Il bosco è silenzioso e immerso nell'oscurità, se non fosse per i deboli raggi della luna che filtrano oltre le nuvole. Teddy tende le orecchie, pronto ad individuare anche il più piccolo rumore. Un tramestio di rami mossi e di passi attira il suo sguardo e un fiotto di luce rossa illumina per un istante quella porzione di terreno, mostrando il... nulla.
Lo capisce troppo tardi di essere caduto in una trappola. Fa appena in tempo a vederlo con la coda dell'occhio e a nulla serve tentare di difendersi: Greyback gli salta addosso con ferocia, spingendolo contro il tronco di un albero. La testa di Teddy cozza violentemente contro la corteccia, stordendolo, e la bacchetta gli scivola tra le dita.
«Che cosa speravi di fare, ragazzo?» domanda con scherno, bloccandolo in una presa dolorosa mentre una zaffata di sudore e sangue giunge alle narici di Teddy. «Ho steso tuo padre nel '79. E lui era più lupo di te».
Le unghie dell'altro affondano nella carne delle braccia, strappandogli un lamento. Teddy si dibatte, ignorando il terrore gelido che gli scivola addosso e il cuore che martella furioso nelle tempie. Si immobilizza solo quando sente il respiro di Greyback sulla pelle, all'altezza della giugulare.
«Sì, deve essere davvero dolce» constata con una voce talmente morbida da provocandogli un brivido di puro panico.
Si irrigidisce con naturalezza, pronto a sentire i denti di Greyback marchiare la sua carne da un momento all'altro. Sa che quello è il suo modus operandi: ferire, sfigurare, far sanguinare l'avversario. Invece viene scaraventato ad un paio di metri di distanza, picchiando il gomito e le costole contro qualche sasso sul terreno.
«Non ti donerò una morte indolore. Ho intenzione di divertirmi per bene. Poi passerò alla tua donna. Ha un profumo così buono, così... 
appetitoso. È un peccato che non potrai fare nulla quando griderà il tuo nome» sogghigna, grattandosi il mento. «Puoi supplicarmi. Adoro quando lo fanno».
La mano sinistra di Teddy scivola lungo il pantalone della divisa fino ad arrivare all'anfibio, le dita che si chiudono sul manico della bacchetta che si trova all'interno. Sa che non è una procedura standard averne una di scorta ma Harry gli ha fatto promettere di portarne sempre un'altra con sé. 
Per sicurezza, aveva aggiunto impacciato.
Così quando Greyback si avvicina a lui con l'aria di chi sa di avere la vittoria in pugno, la bacchetta di Remus colpisce il suo petto, squarciandoglielo e inondandogli i vestiti di rosso. Greyback barcolla, la bocca spalancata per lo stupore, prima di accasciarsi tossendo spasmodicamente.

Contro i nemici, così aveva ricordato Harry, tanto tempo prima, quando gli aveva raccontato di quell'incantesimo che aveva usato ad Hogwarts. E contro chi usarlo se con il nemico numero uno, nel momento in cui l'aveva a portata di bacchetta?
Teddy si punta la bacchetta addosso, mormorando l'incantesimo di cura e stringendo i denti quando avverte una sensazione dolorosa sulla pelle. Si alza con fatica, massaggiandosi il gomito, e ignorando il disgusto che gli sale allo stomaco all'odore di tutto quel sangue.
Greyback è steso sulla schiena, tremante, il torace che si alza lentamente. Sbatte le palpebre in continuazione, la paura che guadagna sempre più terreno nel suo sguardo e viso, e un rantolio di agonia riesce a sfuggire da quella bocca sommersa di sangue.
«Ai.. uta...mi».
Teddy inarca un sopracciglio, piegando la testa di lato e rimane fermo a guardarlo.
Sì, avevi ragione, pensa, non sarà indolore.



Victoire boccheggia, incapace di articolare alcun pensiero.
È pietrificata dalla confessione che ha ascoltato con inquietante orrore. Teddy ha parlato con lentezza, la voce inespressiva, come se fosse qualcosa di poca importanza. Non prova il benché minimo rimorso, realizza Victoire, sforzandosi di sostenere lo guardo che le ha puntato addosso per tutto il tempo per cogliere anche la sua più piccola reazione.
«Cosa si prova ad amare un mostro?»
Sussulta quando quella voce gelida le giunge alle orecchie.
«Non sei divertente» stabilisce brusca, alzandosi per il bisogno di prendere aria. Teddy non ci prova nemmeno a fermarla. «Zio Harry lo sa?» chiede ansiosa, camminando per il soggiorno e tormentandosi i capelli biondi.
Teddy scrolla le spalle, ma non smette di guardarla.
«Sa quello che ho scritto nel rapporto. Il resto lo avrà intuito» dice apatico e distante.
Victoire si gira di colpo, marciando aggressiva. Stringe i pugni lungo i fianchi per evitare di tirarlo a lui, un pugno.
«Perché?» sbotta spazientita. No, non ha nessuna voglia di lambiccarsi il cervello per scoprire quale assurda motivazione ha spinto Teddy ad agire così. Per una volta non ha affatto voglia di sforzarsi ad entrare in quella testa. «Andava tutto bene, stavamo bene. Perché diavolo devi sempre rovinare tutto?» chiede impetuosa.
Teddy spalanca gli occhi e contorce il viso in un'espressione fosca e oltraggiata, scattando in piedi in un movimento talmente rapido da farla spaventare.
«Hai anche bisogno che ti dica il perché?» ringhia lui ostile, fronteggiandola. I capelli iniziano a virare sul rosso sulle radice, segno che si sta innervosendo. «Ha maledetto mio padre, Dolohov me lo ha portato via.Che cosa avrei dovuto fare?»
Perdonare, pensa con semplicità Victoire. Dimenticare. Tutto pur di lasciarti alle spalle i tuoi demoni. Ma, in fondo, lo ha sempre saputo: Teddy è incapace di voltare pagine con il passato. Se c'è da scegliere tra sofferenza e amore, sceglierà sempre la prima perché, quando si è abituati ad essere paragonati con compatimento a chi dalla guerra non è sopravvissuto e a crogiolarsi nella propria solitudine, è difficile credere che possa esistere qualcosa di bello e luminoso come l'amore.
«Quello che io, Andromedia, zio Harry... quello che i tuoi genitori vorrebbero per te: andare avanti» afferma, sforzandosi di controllare la voce affinché risulti ferma e decisa.
Gli volta le spalle, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare per evitare di lasciarsi scappare un singhiozzo. Godric, gli ormoni in circolo la rendono una tale piattola!
È umiliante rendersi conto che nonostante tutti gli anni, l'impegno, l'amore, non è riuscita a colmare quella voragine di dolore su cui Teddy è costantemente in bilico.
«Piangi?» azzarda lui, più morbido. Lo sente prendere un profondo respiro, probabilmente per scacciare l'imbarazzo e l'irritazione di vederla in quello stato.
«Io non ti basto, vero?» bisbiglia Victoire tremante. Si gira a guardarlo e le lacrime vengono sostituite dalla collera e il risentimento. «Non importa cosa farò, non sarà mai abbastanza per strapparti da quel dolore nel quale tu insisti nell'affogare. Probabilmente non lo fai manco apposta, perché sei matto da legare, ma dimmi: è davvero così che vuoi passare il resto della vita? I tuoi genitori sono morti per poterti dare un futuro migliore e tu mandi costantemente al diavolo il loro sacrificio» sbraita irata, pungolandogli il petto con un dito accusatore.
«È proprio per questo l'ho fatto» afferma lui secco, bloccandole il polso. «Ho chiuso il cerchio. È finita. Posso andare oltre».
«Finché non arriverà qualcun altro che ti sentirai in dovere di punire» ribatte Victoire amareggiata, scuotendo la testa.
«Non dirmi che sei dispiaciuta per Greyback» insinua Teddy, spietato, corrugando le sopracciglia. «Si meritava di peggio».
«Non è per lui che sono dispiaciuta! Guarda lo stato in cui ti sei ridotto. Non riesci nemmeno a dormire» spiega con foga Victoire, agitandosi per liberarsi dalla sua presa. Sbuffa e capitola quando comprende che è tutta fatica sprecata.
Teddy la fissa per qualche secondo inespressivo, prima di scostare lo sguardo con quello che pare genuino disagio.
«Se non dormo è perché ripenso a quello che ha fatto a Lewis» borbotta esasperato. «E a quello che avrebbe potuto fare a te».
Victoire apre e richiude la bocca completamente disorientata. Le sembra di comprenderlo davvero solo ora: a differenza di quanto dica, Teddy è terrorizzato; non solo per la morte dell'assassino di Remus, ma soprattutto per le conseguenze. Ha capito di aver superato il limite, di rischiare di perdere tutto: reputazione, lavoro, lei.
Ingoia un malloppo d'aria, ignorando la vocina che nella sua mente le grida che sta per commettere un errore. Sì, probabilmente ha ragione, questo sarà il peggior sbaglio della sua vita.

«Tienimi ancora una volta a distanza» inizia grave, guardandolo con decisione. «E ti giuro che non ti starò nemmeno ad ascoltare».
Teddy si acciglia, con sfida.
«E racconterai tutto a zio Harry» continua inesorabile, ignorandolo. «Probabilmente non ci saranno conseguenze dato che su Greyback pendeva l'ordine di catturarlo vivo o morto. Però non ti permetterò di rovinare il tuo rapporto con lo zio per via di questa... sciocchezza» è abominevole solo definirla così. Spera che il tempo sia clemente con loro, dando a Teddy la possibilità di pentirsi e a lei la forza di sostenerlo.
«D'accordo» cede lui, spazientito. «Altro?»
Victoire si morde le labbra, indecisa, ma poi sorride.
«Direi proprio di sì» mormora impacciata, portandosi una mano sul ventre.
Teddy spalanca gli occhi, pietrificato. I capelli sono di un imbarazzante giallo canarino.
«Sei...» tenta faticosamente.
Victoire annuisce, prendendogli la mano, incoraggiante.
Lui continua a fissarla allucinato, lo sguardo improvvisamente vitreo. Sbatte di continuo le palpebre, prende più volte dei profondi respiri e infine si inumidisce le labbra. Questo, in dieci minuti abbondanti.
«E il padre sarei io?» azzarda smarrito.
La risata sgorga incontrollabile da Victoire, limpida ed entusiasta.
Teddy rimane fermo e imperscrutabile per qualche secondo, poi allunga una mano e le accarezza il ventre piano, incerto. E sorride. È un sorriso minuscolo che piano piano si fa strada sul suo volto smunto, cancellando tutte quelle ombre e quell'inquietudine, e che contagia gli occhi, rendendoli straordinariamente vivi.
La bacia di slancio, con ancora quel sorriso sulle labbra, mentre le mani scivolano smaniose sul suo corpo. Victoire gli circonda il collo con le braccia, per reggersi e per attirarlo ancor di più a sé, e schiude la bocca. La stordisce il modo in cui Teddy riesca sempre a farsi strada in lei, insinuandosi sotto pelle e mandando al diavolo la sua ragione.
Lui la spinge verso la camera da letto, staccandosi solo una volta per osservare la sua espressione con lieve esitazione, e Victoire gli sorride radiosa, riprendendo a baciarlo e ignorando quella vocina che le ricorda che mancano solo una paio d'ore alla festa di zio Harry.
Rischia quasi di inciampare nei suoi piedi mentre cerca di sfilarsi la canottiera sbiadita che è solita indossare a casa, provocando un ghigno beffardo a Teddy, che però svanisce nell'istante in cui gli ghermisce i pantaloni e li slaccia. Le dita di Victoire scivolano verso il pube e lui si inarca leggermente, il respiro spezzato, quando la mano arriva alla sua erezione e l'avvolge.
Cadono all'indietro, sul letto, strappandosi con impeto gli ultimi indumenti di dosso, senza smettere di baciarsi. Teddy la sovrasta e Victoire non riesce a trattenere un gemito strozzato, sentendo le labbra di lui lambirle il collo e le dita spingersi oltre l'ombelico, fameliche.
«Non è vero che non sei abbastanza» mugugna roco, risalendo verso il suo orecchio e mordendole il lobo. «Tu sei tutto. Lo sei sempre stata, e lo sai».
Ha a malapena il tempo di registrare quelle parole che lui si spinge dentro di lei, annebbiando tutto il resto.



L'unico suono è quello delle onde che si infrangono contro il Durdle Door. Teddy lo ascolta distratto, immerso in uno stato di totale serenità, le dita che sfiorano con movimenti lenti e circolari la schiena nuda di Victoire.
«A cosa pensi?» sussurra lei, strofinando il viso contro la sua spalla.
«A nulla» risponde, soffiando le parole direttamente contro le sue labbra.
È la verità. È troppo impegnato a godersi la felicità per rovinarla con stupidi drammi.






















Sarò schietta: questa storia non mi convince. Però, mi rendo conto che nelle mie attuali – e misere – condizioni, è il meglio che potevo fare. Quindi, ben vengano le critiche.
Andiamo alla coppia. Ultimamente sono in fissa per la TeddyxVictoire. Lo so, qui Teddy può sembrare un malato di mente – saranno gli strascichi del sangue Black – ma non trovo così assurdo credere che la mancanza dei genitori gli abbia condizionato la vita. Le scelte che ha fatto chiaramente sono discutibili.
Ho ripreso da Tonks l'abilità di cambiare il colore dei capelli in base allo stato d'animo. Sì, essere un metamorfusmagus deve essere una figata pazzesca, ma ti becchi pure i contro.
Non serve specificare l'incantesimo usato contro Greyback, vero?

Bene, direi che posso levare le tende. Anche perché sono molto imbarazzata.
Alla prossima,
Blue



   
 
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